Come giovani studenti universitari associati a Rethinking Economics Pisa, non siamo soliti esporci politicamente: non è questo il nostro obiettivo. Tuttavia, riteniamo che sia importante esprimere il nostro punto di vista a riguardo di tematiche di attualità, imprescindibile quindi dalla politica. Questo articolo tuttavia non vuole invitare il lettore a votare Sì o No, vuole solamente riportare fatti che a, prescindere dal voto, sono evidenti e reali.
Il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Il Parlamento si riunisce in seduta comune [cfr. artt. 63 c. 2, 64 cc. 2, 3] dei membri delle due Camere nei soli casi stabiliti dalla Costituzione [cfr. artt. 83, 90 c. 2, 91, 104 c. 4, 135 cc. 1, 7]. [Costituzione, Parte Seconda, Titolo I, art.55]
Mancano pochi giorni all’esito del Referendum Costituzionale confermativo del testo della legge costituzionale concernente «Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari», approvato in seconda votazione a maggioranza assoluta, ma inferiore ai due terzi dei membri di ciascuna Camera. Oggi i membri del nostro Parlamento, a sistema bicamerale, sono 945, 630 deputati e 315 senatori, con la vittoria del Sì avremmo rispettivamente 400 deputati e 200 senatori.
Il tanto atteso “taglio delle poltrone” è giunto alla stazione d’arrivo. Riforma composta da un testo unificato di tre disegni di legge differenti e cavallo di battaglia soprattutto del Movimento Cinque Stelle. Partiti favorevoli al taglio dei parlamentari fin dalla prima proposta del Senatore Quagliarello (FI), oltre che al M5S, sono soprattutto Lega e Fratelli di Italia, Forza Italia (non omogeneo, alcuni parlamentari hanno votato no). Con il governo Conte bis si ha il colpo di scena: il Partito Democratico accetta che il taglio dei parlamentari fosse inserito nel programma di governo, nonostante nelle precedenti votazioni in Parlamento fosse tra quei partiti a votare no.
Dagli anni ’70 ad oggi: tanti tentativi, nessun risultato. Perché?
Dalla fine degli anni ’70, vari tentativi di riforma costituzionale in materia di riduzione dei parlamentari sono stati portati avanti, sia come riflessione giuridica e politologica, sia in sede parlamentare. Ciò sostiene la tesi dei promotori del Sì per cui sia presente da tempo un consenso sia dalla classe politica che dall’opinione pubblica. Quindi perché i vari tentativi non sono giunti a buon termine? Ad esempio, la riforma proposta da Berlusconi nel 2006 e la riforma Renzi Boschi del 2016 sono state bocciate dal corpo elettorale.
Esiste un numero ideale di parlamentari?
Al seminario “Meno parlamentari, più democrazia? Incontro sulla riforma costituzionale” organizzato dagli Allievi della Scuola Superiore Sant’Anna a Pisa, il Professor Emanuele Rossi ci illustra un punto fondamentale riguardante il numero dei parlamentari: non c’è un numero ideale, ci sono delle valutazioni di carattere politico, sociale e di contesto storico e culturale da dover considerare. Ad esempio, la riforma del 1963 definisce un numero fisso dei Parlamentari, quello attuale, codificando la regola che i Senatori siano l’esatta metà dei deputati, e la scelta ricadde su 630 deputati e 315 senatori perché “fotografia del momento esistente”, data la popolazione in crescita. La rappresentanza era 1 deputato ogni 81.000 abitanti, 1 senatore ogni 162.000.
Assicurare un equilibrio soddisfacente tra le istanze di efficienza e quelle di rappresentanza (Marida Dentamaro 4 Novembre 1997, Relazione Commissione D’Alema)
La Commissione D’Alema nel 1997 “…si è orientata, quanto alla Camera, per l’indicazione di un numero flessibile compreso tra quattrocento e cinquecento deputati, intendendo evitare che una scelta secca di riduzione drastica potesse essere intesa come genericamente ispirata a istanze antiparlamentaristiche e comunque ad intenti demagogici. Il numero flessibile è sicuramente compatibile con qualsiasi sistema elettorale ed anzi meglio adattabile ad eventuali sistemi che prevedano premi di maggioranza; gli estremi fissati, tra i più bassi rispetto agli standards dei paesi europei assimilabili all’Italia per consistenza demografica, sembrano assicurare un equilibrio soddisfacente tra le istanze di efficienza e quelle di rappresentanza, principio la cui realizzazione deve essere adeguatamente garantita con un sufficiente grado di diffusione della rappresentanza stessa”. 1
La scelta di un numero flessibile coglie l’attenzione per il contesto storico e politico necessaria per una buona rappresentanza. Nella relazione della Commissione d’Alema del 1997, riscontriamo giustificazioni e rischi che sono tutt’oggi sono alcune argomentazioni che riscontriamo nel dibattito per il taglio dei parlamentari per la riforma 2020.
Si sostiene infatti che una linea di anti-parlamentarismo sia sottointeso alla riforma, dubbio indotto anche dal fatto che il taglio dei parlamentari sia fortemente voluto specialmente da voci politiche populiste.
Inoltre il rischio di una minore rappresentanza è caratterizzante anche in questa riforma.
Con la riforma 1 deputato ogni 153.685 abitanti e un senatore per 301.223, mentre il testo originario della Costituzione prevedeva infatti, per la Camera, un deputato ogni 80.000 abitanti (o frazioni superiori a 40.000); per il Senato, un senatore ogni 200.000 abitanti (o frazioni superiori a 100.000). Oggi in Italia abbiamo 16 parlamentari per 1 milione di abitanti. Post riforma ne avremmo 10. 2
D’altro canto, riscontriamo nella relazione anche motivazioni per il Sì in quanto un minor numero di parlamentari migliorerebbe l’efficienza degli iter legislativi.
A tal fine, il Partito Democratico che, con il governo Conte bis, ha accettato la riforma come parte del programma di governo, ma sotto la condizione di implementare la riforma con correttivi integrativi, come una nuova legge elettorale, riforma dei regolamenti parlamentari, per sopperire ai lati negativi riguardanti la mancata rappresentanza e per ottenere un maggiore snellimento dei procedimenti legislativi.
Tuttavia, dobbiamo far presente che tali correttivi che non sono stati ancora approvati ad oggi 19 settembre.
Non si stravolge la Costituzione per un beneficio tanto irrisorio: farlo non è solo pericoloso, è stupido. (Carlo Cottarelli)
Altro obiettivo della riforma è il taglio delle spese della politica.
Principale cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle che stima un risparmio di 1 miliardo in 10 anni spendibili in 133 nuove scuole, assunzione di medici e infermieri.
È veramente questo il risparmio atteso ?
La stima del Movimento Cinque Stelle si basa sullo stipendio lordo di ogni deputato, composto da indennità parlamentare e buoni spesa.
Tuttavia, Carlo Cottarelli evidenzia che dovremmo analizzare il risparmio nul netto: 57 milioni di euro l’anno, metà della stima del M5S, che risparmio 0.007% della spesa pubblica. Carlo Cottarelli in un’intervista a Repubblica dichiara:
Manomettere la Costituzione per una cosa davvero poco rilevante costituisce un precedente molto rischioso. Significa che domani chiunque abbia una maggioranza in Parlamento si può svegliare una mattina e cambiare la nostra Carta fondamentale senza un motivo serio, quasi per capriccio. 3
Dal bilancio della Camera emerge come il costo di ciascun deputato, tra indennità e rimborsi vari, sia pari a 230mila euro all’anno, mentre in base al bilancio del Senato, ciascun senatore costa allo Stato 249.600 euro annui.
Con il taglio di un terzo dei parlamentari, il risparmio complessivo per le casse statali sarebbe pari a 81,6 milioni di euro ogni anno: quasi 53 milioni di euro alla Camera, e 28,7 milioni al Senato. Secondo i calcoli del Codacons, ciò si tradurrebbe in un risparmio annuo pari a 3,12 euro a famiglia, ossia 1,35 euro a cittadino.
Un importo del «tutto irrilevante per i bilanci degli italiani, che subiscono un danno, quello sì evidente, dagli sprechi che si annidano nelle spese folli degli enti locali come Regioni, Province e Comuni» secondo Carlo Rienzi, presidente del Codacons.
Gli sprechi delle amministrazioni pubbliche ammontano a 30 miliardi l’anno in beni materiali, 1.250 euro a famiglia. 4
Non solo taglio alla poltrone “made in Italy”
Ulteriore argomento che ha presa sul consenso è il confronto con gli altri paesi.
La riforma italiana fa parte di un trend comune agli altri paesi europei: la Germania sta promuovendo il taglio dei membri del Bundestag tramite il taglio dei distretti da 298 a 280 , la Francia con l’Assemblée Nationale da 577 a 404, quindi da 0.9 parlamentari per 100.000 abitanti a 0.6. Anche la Gran Bretagna si sta muovendo nella stessa direzione.
Post riforma, l’Italia passerebbe da 1 deputato ogni 100.000 abitanti a 0.7, rapporto più basso presente oggi in Europa. 5
Ulteriore obiettivo: migliore selezione della classe politica
Dobbiamo tuttavia sottolineare la differenza con altri paesi rispetto al numero dei parlamentari a tempo pieno e pieni poteri e non.
In Italia, molti parlamentari sono professionisti, sindaci, quindi non svolgono l’attività di parlamentari a tempo pieno. Altri invece sono tecnici, non parlamentari, chiamati al Governo. Tali numeri andrebbero sottratti quindi dai 400 deputati e i 200 senatori e dobbiamo tenerne conto in termini di efficienza nell’operatività del Parlamento.
Negli USA, ad esempio, il Congresso è composto da soli 100 senatori e 435 rappresentanti, ma a tempo pieno e pieni poteri.
In questo senso, emerge un tema significativo di tale riforma a riguardo del peso dei partiti e la capacità nella selezione della classe politica.
I promotori del taglio dei parlamentari sostengono che con un minor numero di parlamentari si otterrebbe un maggior controllo sull’operato del governo e che la selezione dei membri nei partiti sia più stringente e più attenta.
Mentre, i promotori del No sostengono che per ottenere una selettività migliore all’interno dei partiti, è necessaria una legge sui partiti che garantisca una selezione delle candidature, del tutto assente oggi.
La riforma costituzionale è il mezzo giusto per raggiungere lo scopo?
Le motivazioni sono valide, d’altro canto dobbiamo pur cominciare da qualche parte. Tuttavia i promotori del no propongono vie alternative per migliorare l’efficienza mettendo mano sui regolamenti parlamentari e riformare la legge elettorale, ottenere una migliore selezione nei partiti tramite legge ordinaria, tagliare i costi della spesa pubblica intervenendo sullo stipendio, sull’indennità e i vitalizi e non sul numero dei parlamentari e sulle spese eccessive della politica, nelle amministrazioni locali e nei procedimenti legislativi.
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L’autrice
Linnea Nelli, studentessa magistrale al secondo anno di Economics. Femminista convinta anche perché se no sua madre svedese la disereda. Non si capacita di vivere in una società con discriminazione di genere, infatti ancora deve capire come viene calcolato questo diavolo di gender gap. Non si astiene da dire quello che pensa e non si vergogna di urlarlo se deve.
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http://leg13.camera.it/_dati/leg13/lavori/stampati/pdf/39310A.pdf Marida DENTAMARO, Relatrice sul Parlamento e le fonti normative e sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea. 4 novembre 1997 ↩︎
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https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/09/13/taglio-dei-parlamentari-al-referendum-votero-no-e-ho-dieci-ragioni-valide-per-farlo/5928622/ ; https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/09/13/taglio-dei-parlamentari-al-referendum-votero-no-e-ho-dieci-ragioni-valide-per-farlo/5928622/ ↩︎
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https://www.open.online/2020/09/04/cottarelli-taglio-parlamentari-referendum/ ↩︎
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https://codacons.it/taglio-dei-parlamentari-cottarelli-incide-solo-sullo-0007-della-spesa-pubblica-risparmi-esigui/ https://codacons.it/gli-sprechi-della-pubblica-amministrazione/ ↩︎
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https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/09/01/le-riforme-degli-altri-anche-in-europa-provano-a-sforbiciare/5916201/ ↩︎