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marzo, domenica sera, alcuni compagni mentre si recano al “Tipota”, un locale
del ticinese frequentato abitualmente dai ragazzi dei centri sociali della
zona.
Fuori ad aspettarli tre neofascisti del quartiere armati di lame: li colpiscono
ripetutamente in punti vitali lasciandone due stesi al suolo. Scatta l'allarme,
nel giro di pochi minuti una decina di compagni arriva sul posto; la situazione
appare subito gravissima. L'ambulanza tarda ad arrivare, mentre immediatamente
sopraggiungono tre pattuglie di polizia e una di carabinieri. In quelle
strade strette le auto delle forze dell'ordine ostruiscono “strategicamente”
la via, bloccando la circolazione e contribuendo ad un ulteriore ritardo
dei soccorsi.
Intanto il sangue scorre e Davide non arriverà
vivo in ospedale. E' morto.
L'altro
compagno sarà operato nel corso della nottata e tuttora la prognosi
è riservata, ma è fuori pericolo di vita. Poco dopo la partenza
delle ambulanze arriva davanti al locale anche una camionetta di celere;
i poliziotti scendono già con i caschi in testa; ma bastano le urla
di rabbia e dolore di una decina di compagni a farli battere in ritirata.
Ancora incerti sulle condizioni dei ragazzi, una quindicina di persone comincia
a raggiungere il Pronto Soccorso dell'ospedale S.Paolo, già pattugliato
da alcune volanti.
I medici ci comunicano che il compagno è morto; l'hanno ammazzato.Disperazione,
incredulità, rabbia….Allontaniamo la polizia che si insinua provocatoriamente
tra noi.
Dopo poco arrivano i rinforzi, sia di polizia che di carabinieri; chiudono
l'ingresso e danno il via a feroci cariche sia all'interno dell'ospedale
che all'esterno.
Si apre la caccia all'uomo, inseguimenti e pestaggi al grido di “comunisti
bastardi…vi ammazziamo tutti….”; una decina di compagni vengono gravemente
feriti: 40 punti di sutura sul viso, denti rotti, teste aperte, facce sfigurate
e sangue dappertutto.
Molti
vengono ammanettati e picchiati duramente, compaiono addirittura mazze da
baseball, tubi di ferro ed estraibili, alcuni vengono portati in Questura
e denunciati a piede libero, altri gettati in strada a qualche centinaio
di metri dal S.Paolo, altri interrogati seduta stante. Lo scenario di questa
notte rievoca le cronache dell'irruzione alla scuola Diaz a Genova 2001;
la brutalità poliziesca che, da Napoli in poi, ricorre ai danni di
chi pratica l'opposizione sociale. Più in generale, essa si associa
alla repressione verso qualsiasi insorgenza di conflitto sociale. La polizia
(e chi la comanda) che ha massacrato questa notte, è la stessa che
preleva gli immigrati e li deporta in via Corelli, è la stessa che
sfratta militarmente chi per necessità occupa una casa, è
la stessa che picchia lavoratori e disoccupati in lotta, come di recente
a Napoli.
Che
coincidenza, morire di marzo, proprio il giorno prima dell'anniversario
della morte di altri due compagni assassinati impunemente dai fascisti.
Era il 1978, erano Fausto e Iaio.
Oggi,
25 anni dopo, una nottata insanguinata dalle lame di fascisti e dai manganelli
della polizia; un compagno ucciso, l'altro in fin di vita e decine di feriti.
Anche in città si prepara il clima per il via alla guerra. Fascisti
e polizia, tutori di un potere che scatena guerre, fame e distruzione in
tutto il mondo, colpiscono in maniera criminale chi tenta di opporsi alla
logica della guerra.
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