Sulle recenti dichiarazioni del Ministro Cingolani e dell’Onorevole leghista marchigiano Patassini in tema di trivellazioni
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Due provvedimenti del governo Draghi hanno riacceso l’attenzione sulla questione delle trivellazioni: l’ approvazione del Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee (PiTESAI) e il Decreto legge recante misure urgenti per il contenimento dei costi dell’energia elettrica e del gas…”.
L’approvazione del Pitesai rinnova tutte le concessioni di ricerca e coltivazione sia di petrolio che di gas in essere “fino a fine vita” e pone fine alla moratoria del 2019 che bloccava circa 50 permessi di ricerca e i provvedimenti di Via in materia, per un totale di quasi 30 mila chilometri quadrati tra terraferma e aree marine costiere.
Nello specifico per la nostra Regione le aree interessate sono all’incirca la metà del proprio territorio e la quasi totalità del litorale costiero.
Il nuovo Decreto Bollette spazia invece su vari campi stanziando 7,5 miliardi di euro per contrastare il caro energia, sostenere le imprese energivore e prefigurare un sistema che attraverso l’intermediazione del Gse, l’ente pubblico che gestisce i servizi energetici, incentiverebbe la produzione nazionale e in loco di gas da parte delle compagnie concessionarie, nel tentativo di aumentare lo stoccaggio di riserva e assicurare il suo approvvigionamento a prezzi equi e calmierati per le imprese italiane più colpite.
Smontiamo alcuni luoghi comuni partendo da una certezza: Cingolani già all’indomani della sua nomina a Ministro nei fatti aveva chiarito la sua particolare predilezione in favore del businness estrattivista, specie se dell’Eni, a maggior ragione se nelle Marche.
Lo scorso aprile aveva approvato una decina di provvedimenti di Via lungo tutto l’Adriatico in barba alla moratoria del 2019 con evidenti forzature legislative, sbloccando due nuove trivellazioni nelle Marche. La perforazione del pozzo Calipso 5 Dir nell’ambito della concessione esistente BC14AS dell’Eni tra Falconara e Ancona, e la Donata 4 DIR nella Concessione di estrazione di gas e petrolio B.C3.AS, sempre di Eni, a largo tra San Benedetto e Martinsicuro, proprio davanti alla Riserva naturale regionale Sentina e nonostante fosse interna alla soglia limite delle 12 miglia di mare.
Il Pitesai produrrà nuove trivellazioni nelle Marche come altrove, senza le quali la previsione di quasi triplicare l’attuale produzione nazionale annuale di metano dagli odierni 3,5 miliardi di metri cubi ai paventati 7 o 10 non potrà essere raggiunta con la sola produzione a pieno regime degli impianti attuali, il che tra l’altro aumenterebbe i rischi legati alla sicurezza e la probabilità di incidenti. Ma sia per una questione di tempistiche di approvazione e cantierizzazione di nuove coltivazioni di idrocarburi (in media 4 anni), sia per l’incidenza del potenziale aumento di produzione nazionale su di un fabbisogno energetico di 70 miliardi di metri cubi di gas annuo (dato al 2021), circa il 10 %, queste misure non possono incidere sui prezzi energetici in bolletta e sulla crisi inflattiva che stiamo attraversando ora.
Non esiste alcuna clausola antipetrolio. E’ fuorviante sostenere che questi provvedimenti impediscano di estrarre petrolio ma solo gas metano, sia perchè la normativa in vigore non prevede una concessione differenziata, sia perchè le tecniche di prospezione e ricerca sono le stesse per entrambi i combustibili fossili. Tra l’altro il metano è un pericoloso gas serra, climalterante e responsabile del riscaldamento globale tanto quanto il petrolio.
Si annuncia la priorità di estrarre a casa nostra per liberarsi dalla dipendenza energetica estera.
Come se la ricerca e l’estrazione di idrocarburi fosse un’impresa pubblica nazionalizzata e non un libero mercato dove le grandi multinazionali che trivellano a casa nostra lo fanno sulla base di permessi che non incidono sul sistema dei prezzi, nè su alcun altro meccanismo di favoritismo preferenziale, ma esclusivamente per il profitto: le compagnie del gas e del petrolio vendono indistintamente a stati come a privati terzi, e di converso comprare gas prodotto a casa nostra da privati o sul mercato estero incide poco sul prezzo finale.
A pagare e a perderci sono gli utenti finali e il settore pubblico che continua ad indebitarsi per rattoppare falle qua e là, con interventi spot, mentre le multinazionali guadagnano sulle quotazioni al rialzo del gas e dell’energia sui mercati internazionali.
Se Eni (che nel bel mezzo di questa crisi energetica, ha dichiarato un utile di bilancio nel 2021 di 4,7 miliardi, il più alto dell’ultimo decennio) dovesse accettare la proposta avanzata dal Decreto bollette di cui sopra (aumentare la produzione e lo stoccaggio di gas in Italia) avrebbe comunque una forbice di incassi aggiuntivi tra 1,5 miliardi di euro vendendo il gas all’attuale prezzo di mercato, o “solo” di 600 milioni con quello più calmierato al ribasso.
Trivelle Zero Marche, 20 febbraio 2022
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