"L'immanenza: una vita..."
L'ultimo scritto di Gilles Deleuze (testo integrale)

"L'immanenza: una vita...", qui pubblicato integralmente, è l'ultimo scritto di Gilles Deleuze. Esprime il nucleo principale e l'approdo di una vita filosofica.

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L'IMMANENZA: UNA VITA...[1]
Cos'è un campo trascendentale? Un campo trascendentale si distingue dall'esperienza in quanto non si riferisce a un oggetto né appartiene a un soggetto (rappresentazione empirica). Inoltre, si presenta come pura corrente di coscienza a-soggettiva, coscienza pre-riflessiva impersonale, durata qualitativa della coscienza senza io. Può sembrare curioso che questi dati immediati possano definire il trascendentale: si parlerà di empirismo trascendentale, in contrapposizione a tutto ciò che costituisce il mondo del soggetto e dell'oggetto. C'è qualcosa di selvaggio e di possente in un simile empirismo trascendentale. Non è certo l'elemento della sensazione (empirismo semplice), poiché la sensazione è solo un taglio nella corrente di coscienza assoluta. È piuttosto, per quanto due sensazioni possano essere vicine, il passaggio dall'una all'altra come divenire, come aumento o diminuzione di potenza (quantità virtuale). Bisogna allora definire il campo trascendentale attraverso la pura coscienza immediata senza oggetto né io, in quanto movimento che non comincia né finisce? (Anche la concezione spinoziana del passaggio o della quantità di potenza si richiama alla coscienza).

Ma tra il campo trascendentale e la coscienza c'è solo un rapporto di diritto. La coscienza diventa un fatto solo se un soggetto si produce simultaneamente al suo oggetto, entrambi fuori campo e come fossero "trascendenti". Al contrario, finché la coscienza attraverso il campo trascendentale a una velocità infinita diffusa ovunque, non c'è niente che la possa rivelare.[2] Essa infatti si manifesta solo riflettendosi su un soggetto che la rinvia a degli oggetti. Per questo il campo trascendentale non può essere definito dalla sua coscienza che, pur essendogli coestensiva, sfugge a qualsivoglia rivelazione.

Il trascendente non è il trascendentale. In mancanza di coscienza, il campo trascendentale si caratterizza come un puro piano di immanenza, in quanto si sottrae a ogni trascendenza, tanto a quella del soggetto che a quella dell'oggetto.[3] L'immanenza assoluta è in sé: non è in qualche cosa, "a" qualcosa, non dipende da un oggetto e non appartiene a un soggetto. In Spinoza l'immanenza non è "alla" sostanza, ma la sostanza e i modi sono nell'immanenza. Quando il soggetto e l'oggetto, che sono esterni al piano di immanenza, vengono considerati come soggetto universale o oggetto qualsiasi "ai quali" l'immanenza viene attribuita, siamo di fronte a un completo snaturamento del trascendentale, ridotto soltanto a duplicare l'empirico (così in Kant), e una deformazione dell'immanenza che si ritrova in tal modo contenuta nel trascendente. L'immanenza non si riferisce a un Qualcosa come unità superiore a ogni cosa, né a un Soggetto come atto che opera la sintesi delle cose: solo quando l'immanenza non è altro che immanenza a sé si può parlare di un piano di immanenza. Il Piano di immanenza non è definito da un Soggetto o da un Oggetto capaci di contenerlo, non più di quanto il campo trascendentale sia definito dalla coscienza.

Diciamo che la pura immanenza è UNA VITA, e nient'altro. Non è immanenza alla vita, ma l'immanente che non è in niente è una vita. Una vita è l'immanenza dell'immanenza, l'immanenza assoluta: è completa potenza, è completa beatitudine. La filosofia più tarda di Fichte, nella misura in cui supera le aporie del soggetto e dell'oggetto, intende il campo trascendentale come "una vita", che non dipende da un Essere e non è sottoposta a un Atto: coscienza immediata assoluta, la cui attività non rimanda più a un essere, ma non cessa di porsi a una vita. [4] Il campo trascendentale diventa allora un vero e proprio piano di immanenza che reintroduce lo spinozismo nel più profondo dell'operazione filosofica. Non capitò forse qualcosa di simile a Maine de Biran, nella sua "ultima filosofia" (quella che era troppo stanco per portare a buon fine), quando scoprì sotto la trascendenza dello sforzo una vita immanente assoluta? Il campo trascendentale è definito da un piano di immanenza, e il piano di immanenza da una vita.

Cos'è l'immanenza? Una vita... Nessuno meglio di Dickens ha raccontato cos'è "una" vita, dove l'articolo indeterminativo è indice del trascendentale. Una canaglia, un cattivo soggetto disprezzato da tutti, è ridotto in fin di vita; ed ecco che quelli che se ne prendono cura mostrano una sorta di sollecitudine, di rispetto, di amore per il minimo segno di vita del moribondo. Tutti si danno da fare per salvarlo, al punto che nel più profondo del suo coma il malvagio sente qualcosa di dolce penetrare in lui. Ma, via via che si riprende i suoi salvatori diventano sempre più freddi, e lui riacquista tutta la sua volgarità, la sua cattiveria. Tra la sua vita e la sua morte c'è un momento in cui "una" vita gioca con la morte e nient'altro. La vita dell'individuo ha lasciato il posto a una vita impersonale, e tuttavia singolare, che esprime un puro evento affrancato dagli accidenti della vita esteriore e interiore, ossia dalla soggettività e dall'oggettività di ciò che accade. "Homo tantum" di cui tutti hanno compassione e che conquista una sorta di beatitudine. È un'ecceità, che non deriva più da una individuazione, ma da una singolarizzazione: vita di pura immanenza, neutra, al di là del bene e del male, poiché solo il soggetto che la incarnava in mezzo alle cose la rendeva buona o cattiva. La vita di questa individualità scompare a vantaggio della vita singolare immanente a un uomo che non ha più nome, sebbene non si confonda con nessun altro. Essenza singolare, una vita...

Non bisognerebbe limitare una vita al semplice momento in cui la vita individuale affronta l'universale morte. "Una" vita è ovunque in tutti i momenti attraversati da questo o quel soggetto vivente e misurati da tali oggetti vissuti: la vita immanente porta in sé gli eventi o le singolarità, e questi non fanno che attualizzarsi nei soggetti e negli oggetti. Questa vita indefinita non ha momenti, per quanto vicini siano gli uni agli altri, ma soltanto frat-tempi, fra-momenti. Non sopraggiunge né succede, ma, presenta l'immensità del tempo vuoto dove si vede l'evento ancora a venire e già arrivato, nell'assoluto di una coscienza immediata. L'opera romanzesca di Lernet Holenia mette l'evento in un frat-tempo che può inghiottire interi reggimenti. Le singolarità o gli eventi costitutivi di "una" vita coesistono con gli accidenti della vita corrispondente, ma non si raggruppano né si dividono allo stesso modo. Comunicano tra di loro in modo del tutto diverso dagli individui. E inoltre si vede come una vita singolare possa fare a meno di ogni individualità, o di ogni altro concomitante che la individualizzi. Per esempio i neonati si somigliano tutti e non possiedono affatto individualità; ma hanno singolarità, un sorriso, un gesto, una smorfia, eventi che non sono caratteri soggettivi. I neonati sono attraversati da una vita immanente che è pura potenza, e anche beatitudine attraverso le sofferenze e le debolezze. Gli indefiniti di una vita perdono ogni indeterminazione nella misura in cui riempiono un piano di immanenza o - il che è, a rigore, la stessa cosa - costituiscono gli elementi di un campo trascendentale (la vita individuale al contrario resta inseparabile dalle determinazioni empiriche). L'indefinito come tale non denota una indeterminazione empirica, ma una determinazione di immanenza o una determinabilità trascendentale. L'articolo indeterminativo è l'indeterminazione della persona, ma è anche la determinazione del singolare. L'Uno non è il trascendente che può contenere anche l'immanenza, ma l'immanente contenuto in un campo trascendentale. Uno è sempre l'indice di una molteplicità: un evento, una singolarità, una vita... Si può sempre sostenere che un trascendente è esterno al piano di immanenza, oppure se lo attribuisce; resta però il fatto che ogni trascendenza si costituisce unicamente nella corrente di coscienza immanente propria a questo piano.[6] La trascendenza è sempre un prodotto di immanenza.

Una vita contiene solo virtuali. È fatta di virtualità, eventi, singolarità. Il virtuale non è qualcosa che manchi di realtà, ma è ciò che si inserisce in un processo di attualizzazione seguendo il piano che gli dà la sua realtà propria. L'evento immanente si attualizza in uno stato di cose e in uno stato vissuto che lo fa accadere. Anche il piano di immanenza si attualizza in un Oggetto e in un Soggetto ai quali è attribuito. Ma, per poco che siano separabili dalla loro attualizzazione, il piano di immanenza stesso è virtuale, così come gli eventi che lo popolano sono virtualità. Gli eventi o singolarità danno al piano tutta la loro virtualità, e il piano di immanenza dà agli eventi virtuali una piena realtà. L'evento considerato come non-attualizzato (indefinito) non manca di nulla. Basta metterlo in rapporto con i suoi concomitanti: un campo trascendentale, un piano di immanenza, una vita, le singolarità. Una ferita si incarna o si attualizza in uno stato di cose e in un vissuto; ma è un puro virtuale sul piano di immanenza che ci porta in una vita. La mia ferita esisteva prima di me...[7] Non una trascendenza della ferita come attualità superiore, ma la sua immanenza come virtualità sempre interna a un ambito (campo o piano). C'è una grande differenza tra i virtuali che definiscono l'immanenza del campo trascendentale, e le forme possibili che li attualizzano e che li trasformano in qualcosa di trascendente.

NOTE
[1] G. Deleuze, "L'immanence: une vie...", "Philosophie", 47, 1995, pp. 3-7; tr. it. F. Polidori, "L'immanenza: una vita...", "aut aut", 271-272, 1996, pp. 4-7.

[2] Henri Bergson, "Materia e memoria" (1896, 1911), trad. di F. Sossi in "Opere", a cura di P. A. Rovatti, Mondadori, Milano 1986, p. 166: «come se riflettessimo sulle superfici la luce che ne emana, la quale, in quanto non cessa di propagarsi, non sarebbe mai stata rivelata».

[3] Cfr. Jean-Paùl Sartre, "La trascendenza dell'Ego" (1936), trad. di R. Ronchi, Egea, Milano 1992. Sartre pone un campo trascendentale senza soggetto, che rimanda a una coscienza impersonale, assoluta, immanente: in rapporto a essa, il soggetto e l'oggetto sono dei "trascendenti" (pp. 63-73). - Su James, cfr. l'analisi di David Lapoujade, "Le flux intensif de la coscience chez William James", "Philosophie", 46, giugno 1995.

[4] Già nella Seconda introduzione alla "Dottrina della scienza" ["Zweite Einleitung in die Wissenschaftslehre fur Leserditi schon ein philosophisches System baben", in "Philosophischer Journal einer Gesellschaft tetitscher Gelehrten", vol. VI, fasc. I, 1797]: «l'intuizione dell'attività pura che non è niente di fisso, ma progresso, non un essere, ma una vita», "Oeuvres choisies de philosophie premiere", Vrin, Paris, p. 274. Sulla vita secondo Fichte, cfr. "Initiation à la vie bienheureuse" ["Guida alla vita beata" (1806), a cura di A. Cantoni, Principato, Milano-Messina 1950], Aubier, Paris e il commento di Gueroult, p. 9.

[5] Charles Dickens "Il nostro amico comune", Garzanti, Milano 1962.

[6] Lo riconosce anche Husserl: «L'essere nel mondo è necessariamente trascendente alla coscienza, anche nella evidenza originaria, e resta necessariamente trascendente. Ma questo non modifica assolutamente il fatto che ogni trascendenza si costituisce unicamente nella "vita della coscienza", in quanto inseparabilmente legata a questa vita...», "Meditazioni cartesiane" (1950), trad. di F.Costa, Bompiani, Milano 1989, p. 88 [trad. modificata]. Sarà il punto di partenza del testo di Sartre.

[7] Cfr. Joe Bousquet, "Les Capitales", Le Cercle du livre, Paris 1955.