«La storia della filosofia è segnata da caratteri nazionali o piuttosto "nazionalitari", simili a delle "opinioni" filosofiche»
(Esempio VIII)
«Se è vero che noi, uomini moderni, deteniamo il concetto ma abbiamo perso di vista il piano di immanenza, il carattere francese in filosofia tende ad adattarsi a questa situazione sostenendo i concetti con un semplice ordine della conoscenza riflessiva, un ordine delle ragioni, una "epistemologia". È come il censimento delle terre abitabili, civilizzabili, conoscibili o conosciute, che si misurano in base a una "presa" di coscienza, a un cogito; anche se, per coltivare le terre più ingrate, il cogito deve diventare preriflessivo e la coscienza non-tetica. I Francesi sono come dei proprietari terrieri la cui rendita è il cogito; si sono sempre riterriorializzati sulla coscienza. La Germania, al contrario, non rinuncia all'assoluto: si serve della coscienza ma come un mezzo di deterritorializzazione. Vuole riconquistare il piano di immanenza greco, la terra sconosciuta che ora avverte come la propria "barbarie", la propria "anarchia" abbandonata ai nomadi dopo la scomparsa dei Greci. Di conseguenza essa deve continuamente spianare e rassodare il terreno, ossia fondare. Una smania di fondazione e di conquista ispira questa filosofia; ciò che i Greci ottenevano attraverso l'autoctonia, essa l'otterrà con la conquista e la fondazione, in modo da rendere l'immanenza immanente "a" qualcosa, al proprio Atto di filosofare, alla propria soggettività filosofante (il cogito assume dunque un senso completamente diverso, quello di fissare e conquistare il suolo).
Da questo punto di vista, l'Inghilterra è l'ossessione della Germania; gli Inglesi sono infatti dei nomadi che trattano il piano di immanenza come un suolo leggero e mobile, come un campo di esperienza radicale, un mondo a forma di arcipelago dove essi si limitano a piantare le loro tende, di isola in isola sul mare. Gli Inglesi vivono da nomadi sull'antica terra greca fratturata, frattalizzata, estesa a tutto l'universo. Non si può neanche dire che abbiano i concetti, come i Francesi o i Tedeschi; essi piuttosto li acquisiscono, credono solo a ciò che viene acquisito. E questo, non perché tutto proverrebbe dai sensi, ma perché si acquisisce un concetto abitando, piantando la propria tenda, contraendo un'abitudine. Nella trinità Fondare-Costruire-Abitare, i Francesi costruiscono, i Tedeschi fondano, ma gli Inglesi abitano. A loro basta una tenda. Si fanno dell'abitudine un'idea straordinaria: si acquisiscono delle abitudini contemplando e contraendo ciò che si contempla. L'abitudine è creatrice. La pianta contempla l'acqua, la terra, l'azoto, il carbonio, i cloruri e i solfati e li contrae per acquisire il proprio concetto e riempirsene ("enjoyment"). Il concetto è un'abitudine acquisita contemplando gli elementi da cui si procede (ne consegue la grecità molto particolare della filosofia inglese, il suo neoplatonismo empirico). Noi siamo delle contemplazioni, quindi delle abitudini. "Io" è un'abitudine. C'è concetto dovunque vi sia un'abitudine, e le abitudini si fanno e si disfano sul piano di immanenza dell'esperienza radicale: sono delle "convenzioni". Per questo la filosofia inglese è una libera e selvaggia creazione di concetti. A quale convenzione rinvia un data proposizione, qual è l'abitudine che ne costituisce il concetto? È la domanda del pragmatismo. Il diritto inglese è di costume o di convenzione, mentre il francese è di contratto (sistema deduttivo) e il tedesco è di istituzione (totalità organica). Quando la filosofia si riterritorializza sullo Stato di diritto, il filosofo diventa professore di filosofia, ma il Tedesco lo è per istituzione e fondamento, il Francese lo è per contratto, l'Inglese lo è solo per convenzione.»
("Che cos'è la filosofia?", di Gilles Deleuze e Felix Guattari)