Privacy: bene da difendere o da distruggere?
Preoccupazioni diffuse dopo il rischio per la
riservatezza dei 30.000 utenti di Autistici/Inventati e di altri server
indipendenti
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“Non una questione privata, una questione di
privacy”: questo il titolo-slogan diffuso nei giorni scorsi
dall’associazione telematica Autistici/Inventati
per sintetizzare l’assurda vicenda in cui si è venuta a trovare.
Stavolta a farne le spese sono stati i circa 30.000 utenti dell’omonimo
server, da oltre un anno trasformati in potenziali “sorvegliati
speciali” a loro insaputa. L’ennesimo episodio in perfetto stile Big
Brother, a conferma della costante necessità di vigilare (e
auto-organizzarsi) a tutela della privacy online. Un trend che, sulla
scia di normative “anti-terroriste” e pressioni industriali, va
ampliandosi ben oltre i confini italiani per penetrare sempre più fondo
negli scenari statunitensi e mondiali. Il bello (si fa per dire) è che,
complici nuovamente certi silenzi dei grandi media, ci si vorrebbe far
credere che simili violazioni siano inevitabili e anzi necessarie, sia
per la tanto sbandierata sicurezza generale che per il grande
business.
“I servizi di crittografia
offerti dal server di Autistici/Inventati, collocato presso la webfarm
di Aruba, sono stati compromessi in data 15.06.04. Ne veniamo a
conoscenza il giorno 21.06.05. Un anno dopo. La Polizia Postale,
nell'ambito di un'indagine su una singola casella di posta (crocenera
anarchica), ha potenzialmente potuto spiare per un anno le
comunicazioni personali di tutti gli utenti del server
autistici.org/inventati.org e realisticamente è quello che stanno
ancora facendo”. Questo il succo della nota diffusa dall’Associazione
all’indomani della spiacevole “scoperta”, dandosi poi da fare per
riattivare i propri servizi su un altro server “pulito”, dopo averli
posti in “condizioni di non sicurezza” per una decina di giorni.
Va
ricordato che stiamo parlando di un’entità senza fini di lucro nata nel
marzo 2001, la cui “gestione del server avviene su base
volontaria e nessuno dei gestori ricava un soldo dal proprio impegno”.
Obiettivo centrale di Autistici/Inventati rimane la fornitura di
servizi di comunicazione elettronica non commerciali, riservando
particolare protezione, appunto, alla riservatezza e alla libertà di
espressione in Rete. Di pari passo allo sviluppo di “campagne sulla
privacy, l'anonimato, l'utilizzo critico e consapevole degli strumenti
informatici, sull'accesso ai saperi, sulla critica al controllo”. Un
progetto che collega un’ampia gamma di realtà e individui a livello
nazionale interessati in queste dinamiche sempre più cruciali per un
equilibrato sviluppo dell’odierna società dell’informazione. Soggetti
che si sono invece trovati (e si trovano?) potenzialmente sotto una
sorveglianza tanto stretta quanto segreta. Motivo per cui, ancora una
volta, la stessa Associazione si vede purtroppo costretta a invitare
tutti “a utilizzare in prima persona, senza affidarsi ciecamente ad
altri, strumenti di crittografia forte (gpg per esempio) tanto per la
posta quanto per la salvaguardia dei dati sui propri dischi”.
Da parte sua Aruba ha replicato
con un comunicato pubblico in cui respinge ogni addebito, sottolineando
come si sia “limitato ad eseguire alla lettera il provvedimento
notificatogli dalla Polizia Giudiziaria e le altre direttive da essa
impartite” e di non essere in “alcun modo autorizzato ad informare il
cliente dell'attività svolta dalla Polizia Giudiziaria senza incorrere
a sua volta in responsabilità penali”. Al pari di altri carrier,
dunque, anche i provider/hosting internet avrebbero le mani
completamente legate, insiste la nota di Aruba: “Invero, ogni giorno
l'Autorità Giudiziaria dispone decine e decine di intercettazioni
telefoniche ma i gestori della telefonia coinvolti si guardano bene dal
darne comunicazione ai clienti interessati”.
Eppure... è forse possibile dimenticare ad esempio, quell’operazione eclatante
e indiscriminata (“Hardware 1”) che puntando a colpire una non meglio
identificata banda di “pirati informatici” nel 1994 fece invece tabula
rasa della nascente telematica amatoriale del nostro Paese? Oppure, notizia dell’ultima ora, ignorare un altro caso di manomissione dopo quello di Autistici/Inventati? Stavolta gli amministratori del server del Flug
(Firenze Linux User Group) e del Progetto Winston Smith hanno
riscontrato “prove di manipolazione non autorizzata dell'hardware”. Di
nuovo, si tratta di servizi di Anonymous Remailer e comunque garanti
della riservatezza delle comunicazioni elettroniche. Anzi, recentemente
il Progetto Winston Smith era salito alla ribalta per i premi di Orwell
consegnati a chi viola la privacy.
Nonostante
gli anni trascorsi, gli errori giudiziari commessi e le complesse
dinamiche innescate dalla rivoluzione digitale, ci si ostina tuttora a
considerare come unica “arma di difesa” il braccio repressivo della
legge. Con l’aggravante non da poco che nell’occhio del mirino paiono
trovarsi situazioni indipendenti e pubblicamente note per la propria
attività a difesa dei diritti civili dei cittadini elettronici. I
quali, riprendendo la posizione del senatore verde Fiorello Cortiana,
hanno comunque il diritto ad essere informati dei provvedimenti
giudiziari in atto e la cui privacy non va calpestata da norme
anti-terrorismo utilizzate non di rado in modo arbitrario.
Anche
perché non sembra avere gran senso seguire a occhi bendati il trend
repressivo in atto soprattutto negli Stati Uniti. Dove non ci contano
le conseguenze negative, a livello individuale e collettivo, innescate
da diffuse violazioni della privacy riguardo, ad esempio, abitudini
d’acquisto, itinerari di viaggio o usi di Internet nelle biblioteche
pubbliche. Fenomeni nefasti, pur se consentiti dalle attuali normative
e sottovalutati da media e industria, ancor più se associati alle
rampanti sparizioni di dati personali e di carte di credito, oppure ai
furti d’identità generalizzati dovuti in gran parte alle
“disattenzioni” della grande industria, come spiega l’ultima cover story di Newsweek Magazine.
Dall’Italia
al resto del mondo, lo scenario appare dunque assai preoccupante, pur
senza scivolare (ancora?) nella paranoia o in assurde conspiration
theory. E sul quale si fa urgente aprire un dibattito a tutto tondo,
coinvolgendo i molteplici soggetti sociali e smettendola di delegare
certe “protezioni” unicamente alle operazioni repressive (e segrete).
Appunto: la privacy è tutt’altro che una questione privata.