Anarchist world
AnArKids
 
:: Chi siamo?
:: Cosa c'e' di nuovo?
:: Mobilitazioni
:: Sabotaggio
:: Antifascismo
:: Antipsichiatria
:: Antiproibizionismo
:: Boicottaggio
:: Risorse
:: Immagini
:: Link
:: Contatti

contro la scienza, per la liberta'

"Bisogna avere fiducia nella scienza dal punto di vista etico e della conoscenza perche' la sua finalita' non e'solo la scoperta del mondo che ci circonda, ma anche quello di guardare al futuro che ci minaccia."
Rita Levi Montalcini

I sostenitori degli O.G.M. sostengono che le loro "invenzioni" sono necessarie per sfamare il mondo, per dare una possibilita' a tutti, anche a coloro che vivono nei paesi del "Terzo Mondo". Purtroppo questi scienziati "benefattori" dimenticano che il mondo non e' quel sistema meccanico a cui l'hanno ridotto nelle loro menti. Non e' un asettico laboratorio nel quale si gioca a far tornare questo e quello in una realta' ricostruita apposta in modo piu' semplice, resa piu' misera, uniforme e prevedibile. Nel mondo esterno, quello vero, i conti della scienza tornano sempre meno, le sue verita' scricchiolano sempre di piu' a suon di morti. Si cerca di conseguenza di uniformare e controllare il mondo intero, dove non e' possibile si fa piazza pulita. Piu' estinzioni meno biodiversita'. Gli irreversibili danni sono solo per gli uomini e per la natura: per l'economia essi significano l'opportunita' di aprire nuovi mercati che le permetteranno, rinnovando le attivita', di proseguire la sua crescita e di andare avanti verso obiettivi sempre nuovi.

Lo sviluppo inevitabile di contraddizioni, ogni problema non considerato, dallo sviluppo industriale di una tecnica, crea il bisogno di un nuovo palliativo di una nuova "soluzione tecnica". Nessuna contraddizione e' in grado di indurre il dominio a riflettere su se stesso: quando invasioni di parassiti, infezioni ripetute, la sterilita' del suolo o la percentuale di tumori gli segnalano un evidente errore di metodo, invece di tener conto di questi avvenimenti e modificare i metodi, esso cerca di distruggere l'avvertimento che lo contraddice; si inventano un nuovo insetticida per contenere i parassiti sempre piu' coriacei selezionati sulla base di quella resistenza, nuovi antibiotici, la coltura fuori suolo e terapie favolose per rallentare l'avanzata delle metastasi.

E' proprio questo moto perpetuo che fa sprofondare le popolazioni in una dipendenza sempre piu' accentuata nei confronti del dominio e della sua ricerca scientifica.
Che cosa soddisfano le biotecnologie? Non solo il mercato e il controllo, ma un oscuro desiderio delle persone: quello di una razza artificiale, programmata ed adatta ad un ambiente artificiale; la sicurezza di sentirsi integrati in questa societa'. Figli programmati, trapianti d'organi, eliminazione genetica di malattie e "squilibri mentali", screening per conoscere il proprio futuro dai geni sono solo alcuni risultati. Risulta difficile opporvisi, soprattutto se non si ha nient'altro da proporre, se ci si limita a denunciare pericoli e richiedere controlli. Ma l'integrita' dell'essere vivente ha ancora senso? La natura e la sua evoluzione, processo che ha portalo avanti l'ecosistema terrestre per millenni, ha senso?

Il dominio non dovra' piu' temere la natura. Non ci sara' piu' natura e vita al di fuori di questa societa'. "Questo e' il mondo, non ci sono alternative", e' la proposta del dominio. Tutta la vita sara' assoggettata al volere dell'uomo. Di pochi uomini.
Non ci sara' piu' da temere il caso: sapremo se siamo predisposti a malattie, se e quando moriremo, sapremo che la scienza puo' cambiarci i pezzi rovinati, che la natura ostile fuori dalla citta' e' stata sedata e trasformata in luoghi di villeggiatura, che dovunque decidiamo di andare dei cartelli ci indicheranno la strada e saremo rintracciabili. L'imprevedibile diventera' notizia eclatante, e la vita un copione gia' scritto: nei geni viene identificato il canovaccio dal dominio viene l'interpretazione di tale traccia. Diventeremo attori della nostra vita.

Non e' solo per via dei progressi della medicina scientifica che gli uomini non si rassegnano piu' a morire; e' soprattutto perche' hanno la certezza di essere dimenticati subito dopo, di non lasciare nulla dietro di loro, per non aver trasmesso nulla, per non scorgere intorno a loro alcun discendente intelligibile, per non essere stati altro durante la vita che parti staccate assolutamente intercambiabili all'interno della macchina sociale, che non conservera' alcun ricordo del loro "passaggio".
Se ormai vivere significa essere niente, morire significa non essere mai stati: questa triste ovvieta', cui e' difficile rassegnarsi, e' una delle principali determinazioni della soggettivita' moderna e della sua tendenza depressiva; ovvieta' che le fa accettare, con la promessa di qualche anno supplementare "in piena forma", di restare per tutta la vita alle dipendenze di una societa' organizzata in cui ci troviamo rinchiusi.

Rimane dunque come distinzione, come netta separazione, tra chi desidera e accetta rinnovazione biotecnologica e chi invece vi oppone fermamente la determinazione o meno a fare propria la vita a disposizione. Quindi la stessa distinzione tra chi vuole accettare o meno il gioco del potere. Motivo per cui una critica alla biotecnologia non puo' prescindere da una critica del potere, tutte le altre sono parziali allarmismi.
Una critica quindi che non settorializzi queste tecnologie, che non distingua tra "buone" e "cattive", che non abbia timore di toccare punti difficili e affrontare le aspettate critiche. Perche' dovremmo solo occuparci di piante e campi lontani e non di noi, di quello che avverra' al nostro corpo. Scardinare dunque le teorie e le situazioni che possono rendere alienanti tali proposte.

Il rischio e' di vedersi tacciati come cinici e disumani, ma vogliamo guardarci intorno e notare chi realmente sta rendendo la gente disumana, chi la sottomette, la schematizza, la rende succube del benessere e della tranquillita', chi la rimbecillisce, la rende incapace di vedere oltre al prosciutto accuratamente posto sugli occhi.
Questa societa' e'il cancro, e la sua cura puo' essere la sua distruzione. Cura che deve venire da noi e da nessun altro.

[tratto dall'opuscolo "Biotecnologie. La scomparsa della diversita' della vita e le nuove tecniche del dominio per il controllo della natura", Il Silvestre]