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antiproibizionismo
droga che farsi
I
16/11/1996, manifestazione a Torino sulla Droga.
Parole d'ordine, d'Ordine: legalizzare, depenalizzare.
Questue a Parlamenti che non parlano d'altro che di se', della mancanza
di menti.
Legalizzare = Ricondurre sotto il segno dell'ordine o della disciplina
legale.
Pero', carramba che demenza, risultava che gli autogol fossero involontari,
qui sembrano organizzati.
Quali movimenti di liberazione, li' s'apprestano quelli di ibernazione.
Di intelligenza e di capacita' critica.
Legalizzare vuoi dire farsi inculare dalla Legge e dalla Giurisprudenza.
Non saremo mai favorevoli alla dipendenza dalle sostanze impropriamente
dette stupefacenti, che' di stupefazione non ne offrono alcuna.
Non saremo mai acquiescenti alle sodomie dei diritto e dei potere.
Eroina si', no, forse, se dei caso. A gusto.
Polizia, Stato, Manconi, Pisapia, P.d.S., mai.
II
I Manconi e i P.d.S. organizzano, e pure male, parate che plaudono alle
loro puttanate demorepressive.
Per la riduzione dei danno.
Del danno della riduzione di vita che spacciano impunemente.
A questa logocrazia occorre ribellarsi.
E' chiara l'intenzione ruffiana ed ammiccante di chi ciarla di riduzione
dei danno.
Chi puo' essere mentore di un incremento dei danno?
Quegli sporcaccioni giocano su questa verita' parziale, famosamente
una totale menzogna.
Occorre urlarglielo e sputarglielo in gola che il danno sono loro, che
la droga sono loro, che era dal Ventennio che non si vedeva il governo
manifestare in piazza pro se'.
Che i porci seppelliscano i porci.
Che nessuna buona parola venga spesa per il potere.
Anche se di sinistra. Soprattutto se di sinistra e democratico.
Basta, per favore, con le litanie democratiche.
Basta con stocazzo di popolo che esercita il potere, che non e'
vero e che deogratias che non e' vero.
Basta con il potere tout court, si parva, si magna, licet.
III
Ancora basta.
Basta con la favola per minus habentes della droga della CIA e dei poteri
occulti, spacciate ad hoc per vincere i conati di ribellione.
I fratelli Grimm avevano piu' fantasia.
Altro che subdole tentazioni dei perfidi strateghi capitalisti.
"Son gia' sazia
fatemi grazia
non ho piu' voglia
di un'altra foglia".
Davanti ad un processo di massificazione della produzione e dei consumo
di sostanze psicotrope avvenuto in tutto l'occidente per fini, guarda
un po' in una societa' capitalista, di profitti e di guadagni -
lo capirebbe anche un bambino - in Italia invece no. Si voleva, te pensa,
distruggere e annientare una generazione di ribelli.
La bufala e' fin troppo evidente.
Vero e' che negli anni Settanta qui vi e' stata una lunga
brace dei Sessantotto.
Ma in Svizzera, nel Principato di Monaco, ad Andorra, nel Liechtenstein?
V'erano forse in quel tempo eserciti di rivoluzionari? Certo che no.
Vi sarebbero stati in seguito eserciti di tossicofili? Certo che si'.
Sostenere che in Italia, in fine degli anni Settanta la rivolta e'
stata sconfitta dall'invasione di fiumi di eroina nelle vite dei pretesi
rivoltosi e' come dire che il socialismo reale e' crollato
perche' i comunisti mangiavano i bambini.
Chi muove da questi argomenti e' sicuramente animato da lubricita'
cratiche.
Chi muove delle pedate lubriche verso questi argomenti cratici e'
sicuramente animato da qualcosa di meglio.
O di qua o di la'.
O con l'antiproibizionismo, o con la negazione di ogni proibizione, quelle
meno infide dei proibizionismo e quelle piu' sozze di chi dissimula
il bastone come carota.
Le droghe si sono affermate come verita' di mercato.
I democratici vogliono falsificarle come verita' di Stato.
Finche' vi saranno degli amici delle verita' dello stato delle
cose presenti, ebbene, e' certo che gli andra' male.
IV
Particolarmente odiosi si parano poi i discorsi dei riformismo neogoscista
dei movimento che s'ammantano di tronfio realismo.
«Vabbe' e finche' non si fa la rivoluzione cosa fare
dei poveri tossici e dei poveri cannaioli?»
Tre evidenze sulla poverta'.
a) La poverta' dei tossici non sta nella loro dipendenza dalle polveri,
che e' un palese effetto, ma nella causa: la poverta' di vita,
la miseria di un'esistenza vuota di senso da riempire in qualche modo.
b) La poverta' dei cannaioli e', nella maggior parte dei casi,
ancora piu' acuta.
Desiderando una qualche forma d'evasione dalle galere dei proprio quotidiano,
si limitano a forme di sballo soft, non incompatibili con tutte le altre
droghe sociali (lavori, famiglie, vacanze eccetera).
Ritengono, per lo piu', che la sera sia bello aprire le porte della
percezione dopo aver tenuto ben spalancato di giorno il buco dei culo.
c) La poverta' di chi non ha null'altro di meglio da fare, che fare
dell'aiuto ai "poveri" una professione.
Si tratta per la piu' parte di tossicodipendenza da solidarieta'
pelosa cagionata da endovenose di cattocomunismo.
Alle star della bonta' e alle loro macabre carriere edificate sulle
sofferenze e sui cadaveri altrui, ai Ciotti e ai Gelmini e ai loro ricatti
da sacrestia, che vadano tirati una buona volta dei doverosi calci nel
sedere.
Alle ragioni della generosita', che si opponga la generosita'
della ragione, quella che non ne vuole piu' sapere di simili sanguisughe.
Alle unita' di strada, che si opponga l'unita' della strada
verso la liberazione da tutte le dipendenze, compresa quella dalle molestie
dei pretazzi.
Per il rovesciamento dell'esistente, attraverso il rovesciamento dei genitivo
e dopo il definitivo rovesciamento dei genitali.
V
La legalizzazione rimanda direttamente a diminuzioni di liberta'.
Il passaggio da un controllo penale ad uno amministrativo e', di
per certo in prima approssimazione, portatore di minori fastidi ed incomodi.
Ma anche di alcune insidie.
Qui, per sveltezza espositiva, si vuole evidenziare la principale.
L'eventuale possibilita' di comprarsi il "fumo" dal tabaccaio
o di chiedere al medico della mutua l'"impegnativa" per l'acquisto
controllato di droghe pesanti vengono spacciate dai legalizzatori come
promesse di liberta'.
L'attuale societa' neomoderna, fondata sull'irregimentazione e l'intubamento
d'ogni respiro dei vivente, qualche fumus di liberta', qualche chance
di respirare deve pur farla almeno vagheggiare.
Il proibizionismo drogastico e' servito storicamente alla creazione
di valore aggiunto ad una merce che di per se' valeva quanto l'insalata
e i pomodori, e quindi all'accumulazione di enormi capitali.
L'antiproibizionismo legalizzatore vuole oggi servire all'accumulazione
di consenso e di credibilita' di un sistema a corto di cortine fumogene.
Lo spaccio di illusioni di false liberta' e' la via obbligata
di chi anela alla amministrazione di potere oggi.
Quel che nessuno dice, quel che quasi tutti celano, costringendoci a metter
da parte la nostra naturale inclinazione all'ozio, e' che questo
e' il vero spaccio di droghe pesanti.
Cos'e' la droga? Una polvere o un rapporto di potere?
Chi spaccia la droga? Un narcotrafficante o un politicante o un reverendo?
Chi e' un drogato? Un consumatore di sostanze psicotrope o chi accetta
supinamente l'esproprio della propria vita in forme "legali"?
Legalizzare, l'abbiamo gia' detto e lo ripetiamo vuoi dire statalizzare.
Anche in tal caso o di qua o di la'.
O amanti dello Stato.
O nello stato di amanti.
Noi, forse parra' strano di questi tempi, siamo ancora degli appassionati.
VI
Corollario.
Le trombe dei tromboni legalizzatori sfiatano: «Meglio la legalizzazione.
Con la totale liberalizzazione la droga finirebbe nel libero mercato e
quindi nelle fauci dei Berlusconi».
Lo sfiato esala dalla manifestazione torinese, pressoche' con certezza
proveniente dall'ala giovanilista e di "movida" di Rifondazione
comunista.
Questa, beninteso, non e' un'infamia, cosi' come non sono
infamie il pescare trote, giocare a golf, o cantare "Faccetta nera".
Sostenitori come siamo di ogni liberta' siamo altresi' riottosi
ad ogni forma di censura.
Ma non di critica radicale e di comportamenti conseguenti qualora si renda
necessario.
E' la differenza tra il metodo democratico, dove ogni sciocchezza ed ogni
ignominia hanno buona dignita', ed il nostro metodo, quello acrata.
Ora, sostenere coram populo che lo Stato e' meglio dei Berlusconi
e' divenuta una balordaggine che non si riesce piu' a sopportare.
Berlusconi senza Craxi sarebbe un nessuno.
Agnelli senza lo Stato che gli pagava e gli paga le Casseintegrazioni
sarebbe fallito da un pezzo.
I liberi mercati non sono mai esistiti se non nelle fanfaluche di qualche
Smith e di qualche Ricardo.
Stato e imprese sono in simbiosi mutualistica. Cosi' come Stato
e mafia e mafia e impresa.
Agnelli si pena per le automobili, Debenedetti per i telefonini, Bertinotti
per le nuances dei suoi vestiti, Cuccia per trovare i soldini e D'Alema
acciocche' tutto cio' appaia plausibile.
In simile quadro dire di un Cossutta statalista buono (ma i maggiori statalisti
sono Fini e i fasci) e di un Berlusconi liberista cattivo e' roba
da chiacchiere dal pizzicagnolo.
Gli uni e gli altri stanno abbracciati, poi qualche fola la devono raccontare.
Come Marcos. Quel campione dell'opposizione al liberismo e ancor piu'
campione nel mestiere di starlette del ribellismo a' la page. (Significativo
il turismo "rivoluzionario" d'agosto appo costui di chi le ideologie
le va a cercare col lanternino e con le agenzie di viaggio).
Cocacola no, icone di guerriglia si'.
Come i solerti legalizzatori che dicono Berlusconi no, Stato si'.
Dove ci sono spillette di Che Guevara di certo non c'e' piu'
liberta'.
Dove c'e' piu' Stato di certo non c'e' piu' liberta'.
Berlusconi e Pisapia son la stessa porcheria.
Legalizzazione e depenalizzazione sono interni al progetto di riorganizzazione
di societa' neomoderna.
Il progetto e' di quelli ambiziosi: farsi' che dominio e servitu'
non siano piu' conosciuti con il loro vero nome.
VII
Ce n'e' anche per le ideologie neolibertarie.
Il nascente movimento per la legalizzazione ha un substrato in un movimento,
di un certo successo, che vuole contrabbandare l'alterazione della coscienza
per panacea delle dolorose mancanze di vita.
Altrove dove?
"Ah, l'anima si libra in alto, urra'.
Ma il corpo, lui rimane sul sofa'"
(T. W. Adorno, Minima Moralia).
Dall'underground all'overground.
La questione della coscienza da teoretica diventa neomodernamente tecnica.
Una storia di analisi della coscienza e della critica della falsa coscienza,
lunga due secoli, passando per Hegel, Marx e Freud, svilita a roba di
Funghetti e Carciofini.
Alla parodia dell'alienazione della coscienza, della fuga nel verde, delle
fughe dei film di Salvatores meno riusciti, di una incredibile fuga dal
quotidiano.
Della fuga verso n uovi spazi da aprire.
Ma quali spazi hanno oggi da aprirsi se non quelli dei centri commerciali?
Spiace registrare questa involuzione di molti compagni di strada.
Spiace rampognare loro la pateticita' dell'assimilizione di essere
e coscienza.
Il fatto che siano soggettivamente mossi da istanze per la liberta'
e la liberalizzazione delle sostanze, nulla toglie alla spiacevole circostanza
che sono oggettivamente, con la vincente geremia sul nuovo uso di droghe,
portatori di una pericolosa legittimita' dei movimenti per la legalizzazione
ed il controllo.
Al potere piacciono le fughe.
Soprattutto dalle critiche teoriche e pratiche che gli vengono portate.
Spiace vedere tante pulsioni antagoniste tuffarsi, forse ingenuamente,
per i mari della Cultura. Anche e soprattutto di Droghe.
La Cultura, la prima forma storica di Merce.
La prima della lista fra i nemici del sapere, dell'amore, dell'umano.
VIII
Legalizzare il mercato delle droghe
Legalizzare i centri sociali
Legalizzare gli extracomunitari
Legalizzare le famiglie di fatto
Legalizzare il sistema degli appalti
Legalizzare il lavoro nero
Legalizzare l'evasione fiscale
Dopo la sbornia di deregulation anni Ottanta, voila' questo ansioso
eccesso di domande di legalizzazione.
Turbe di extralegali che bramano d'essere ricoverati sotto il tetto caldo
della legge.
Il timore delle polizie e delle repressioni c'entra fino a un certo punto.
Quello c'e' sempre stato, mentre non c'e' sempre stata la
smania morale di non essere al di fuori della legge.
Un tratto distintivo dell'epoca neomoderna che ci e' spettata, e
i Borrelli e i Di Pietro ben lo sanno, e' proprio questo: il trionfo
del Diritto e della Giustizia allorche' i Rovesci (di senso) e le
Ingiustizie (d'ogni risma) non sembrano piu' destare alcuno scandalo.
IX
Cosa puo' fare quella maggioranza di viventi che non ne puo'
piu', fronte al frastuono e al giogo di tanti disgustosi spettacolisti,
dai giudici ai politici, ai giornalisti, agli estremisti, ai volontariati,
ai santaromanachiesa e ai compagnia cantante?
Non sappiamo, non possiamo e non vogliamo rispondere.
Farsi le pere, forse.
Avendolo fatto con metodo dobbiamo francamente avvertire che non e'
granche'.
Certo, meglio che manifestare per legalizzarsi.
Provare ad assaltare tutto l'esistente sembra piu' interessante,
se non altro per sbarazzarsi di tutto l'insopportabile, che e' poi
ormai il tutto.
Poi si vedra'.
Per l'intanto, comprendere e criticare alla radice questo tutto e'
un viatico necessario per il suo superamento.
A nordovest non si passa con la lingua biforcuta.
X
Ecco allora quell'essenziale che c'e' da dire sulla riproposizione
della legalizzazione delle "droghe leggere" e la medicalizzazione
delle "pesanti", in irrisolvibile inimicizia con i mistificatori
ed i confusionisti interessati della politica.
Ci ripugna tracciare il quadro di tutte le posizioni che si sono contese
la scena sapientemente approntata. Notiamo peraltro che posizioni diametralmente
opposte e assolutamente incompatibili non solo si sono confrontate in
un patetico dibattito democratico, non solo si sono divise lo spazio in
cortei e documenti comuni, ma sono addirittura state sostenute contemporaneamente
dalle stesse persone.
Significativo in questo senso l'esempio di un giovane studente, portavoce
di un collettivo universitario antagonista (antagonismo esercitato in
special modo verso la logica), che si e' dichiarato, in uno, a favore
sia della liberalizzazione delle droghe che della lotta all'eroina.
D'altra parte, lo sapevamo da un pezzo: quando il gioco si fa confuso
i confusi cominciano a giocare.
Simili idiozie si commentano da se'.
La legalizzazione non fa altro che prendere atto di una pratica diffusa,
disciplinarla, ricondurla all'ordine e utilizzarla come terreno di sfruttamento
e di estorsione del consenso proprio quando essa, coinvolge una fascia
di persone tanto vasta da non potere piu' essere considerata antisociale
senza mettere a rischio la credibilita' stessa della socialita'.
Il pacchetto legalizzatore proposto da D'Alema e soci - controllo della
distribuzione di "fumo", distribuzione controllata dalla polizia
medica di "roba" - presenta le nuove caratteristiche delle trappole
della democrazia. La proposta di depenalizzazione non puo' essere
ne' approvata ne' appoggiata in quanto tale, ma trascina con
se' ben altri cazzi: impone l'accettazione di una ideologia della
droga falsa e mistificatoria, la capziosa distinzione tra droghe leggere
e pesanti (rectius: buone e cattive), la riconduzione della tossicodipendenza
nell'ambito della malattia e quindi dei trattamento sanitario-terapeutico;
l'accettazione, piu' in generale, della funzione dell'intervento
dello Stato come rimedio ai mali che esso stesso produce.
Avallare tutto cio' puo' anche favorire situazioni che presentano
lati apparentemente desiderabili, ma comporta altresi' la rinuncia
a qualunque ipotesi di scontro proprio sopra quei terreni su cui il potere
non riesce a soffocare le contraddizioni infelicitanti che causa con la
sua continua censura della vita.
La manifestazione di Torino e' stata dunque in realta' non
solo la spinta verso una legislazione migliore (questo aspetto c'e'
ma e' secondario) bensi' la ricerca di una sintesi di consenso
intorno al potere. Prova ne sia l'eleganza con cui, chi s'era il giorno
precedente esposto in prima persona, ha saputo liberarsi dei proprio fallimento.
Resosi conto che il grosso del corteo era composto da realta' che,
sia pure confusamente, vi cercavano altro che una buona legge, il Verde
Viale ha starnazzato: «non e' andata niente bene». Al
suo Verme dire, infatti, c'erano solo ragazzi dei centri sociali, notori
consumatori di droga, che partecipavano solo per potersi drogare in santapace.
Il buon senso, famosamente e a differenza dei Verde Verme Viale, suggerisce
che occorre invece considerare le sostanze stupefacenti alla stessa stregua
di tutte le altre sostanze, poiche' di differenze sostanziali non
ve ne sono.
Risibile e' dunque il parallelo, in voga nell'ultrasinistra moralista,
che le vuole equiparare all'alcol o al tabacco: vanno anche assimilate
al pesce spada, alle mutande, alla marmellata al tamarindo.
Sostanza tra le sostanze e merce tra le merci, la sostanza stupefacente
stupefa', alla fine della fiera, come la marmellata al tamarindo.
Le caratteristiche chimiche e le discipline legali sono dispositivi con
cui scientismo e giustizia sostengono e avvalorano turpi neomodernita':
le commistioni continue di valore e ideologia.
XI
Ecco allora quell'essenziale che c'e' da dire su legalizzazione
e liberalizzazione di sostanze psicotrope in irrisolvibile inimicizia
con la menzogna organizzata dai paladini del neoliberismo e del neostatalismo.
L'abbiamo gia' sostenuto tempo fa per far luce fra le brume di chi
in quella confusione ci marcia, ancorche' ben sapendo che sono tempi
bui per i troppo chiari: «Ridicola e' la giustificazione addotta
dagli statalizzatori: bisogna procedere a piccoli passi, oggi e'
gia' difficile una campagna per la legalizzazione, figuriamoci una
per la liberalizzazione.
E' ridicola perche' offre pseudosoluzioni miserabili, ma, nel contempo,
cerca di negare le basi materiali su cui tutto cio' si fonda: la
societa' mercantil-spettacolare. Sostenere, come sosteniamo, che
le droghe andrebbero vendute in drogherie ed affermare risolutamente che
questo solo fatto risolverebbe molti dei problemi accessori determinati
dal suo attuale status, non significa affatto che noi amiamo il libero
mercato, ne' il mercato tout court; ne' che ci siamo convertiti
ad una qualche ideologia liberista. Significa semplicemente dire le cose
come stanno e porre i presunti riformatori davanti alle loro responsabilita'.
Nessuna battaglia, almeno da parte nostra, per il trionfo della merce.
Ma una battaglia durissima contro tutti coloro che pretendono che la droga
sia e continui ad essere una merce eccellente, con tutti i guasti che
conosciamo.
Se la liberta' reale sara' la fuoriuscita dal mondo della
merce, e' pur vero che la schiavitu' reale sta nel non chiamare
le cose con il loro nome» (Quel ramo dell'ago di Narco, 415, 1993).
XII
Legalizzare la droga, una ragionevole proposta di sperimentazione, dicono
loro.
Legalizzare la droga, una irragionevole proposta di neorepressione, diciamo
noi.
Andare in culo a questi mascalzoni e a chi non glielo dice, una ragionevole
proposta. E basta.
Torino, Novembre 1996
opuscolo edito da "Quattrocentoquindici"
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