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quel che resta del vetro
SPACCA TUTTO PER BENE!!!
E' una verita' elementare che le vetrine siano state inventate
per essere rotte: un diaframma frangibile, visibilmente frangibile, posto
tra noi e cio' che ci puo' servire, o che possiamo desiderare.
Oggetti esibiti, a portata di mano, protetti da un nonnulla. C'e'
di che rendere desiderabile l'insulso, il superfluo, persino l'orripilante.
Poiche' le vetrine sono state inventate per essere rotte, poiche'
non invitano ad altro che al saccheggio, poiche' sbeffeggiano chi
non osa soddisfare il proprio desiderio, poiche' rendono patetico,
lacrimevole come il famoso nasino schiacciato contro il vetro della pasticceria,
ogni sguardo desiderante, per tutte queste ragioni ed altre ancora il
fatto veramente straordinario, eccezionale, incomprensibile e' che
nonostante tutto questo le vetrine restino intatte. Come se un pesciolino
indifeso attraversasse indisturbato un mare infestato di squali famelici.
Possiamo dunque avvicinarci ancora di un passo alla morale invetriata
in queste parvenze del paesaggio metropolitano. Le vetrine sono state
inventate per essere rotte, ma affinche' non lo siano. Con la loro
evidente fragilita' intatta esse mettono in scena la potenza sconfinata
dell'Ordine. Le vetrine sono l'esatto contrario delle banche, ma altrettanto
inviolabili. Tentazione repressa, rispetto delle regole, timore della
punizione, ogni vetrina che giunga intatta alla chiusura della serranda,
o attraversi addirittura senza danno la notte della metropoli, parla di
questo. Piu' che le merci le vetrine esibiscono l'inviolabilita'
dell'ordine attraverso cui esse circolano. Le vetrine intatte e piene
sono la prova piu' eloquente della stabilita' dell'ordine
costituito.
Ecco perche' non puo' darsi alcuna seria aggressione all'
ordine costituito, alcuna sensata protesta che, in un modo o nell'altro,
guardi oltre le compatibilita' di sistema, nessuna presenza di piazza
capace di denunciare una qualche iniquita', nessuna volonta'
radicale di trasformazione, che possa lasciare intatte le vetrine nella
loro fragile, beffarda potenza. Il casseur e' l'interprete appassionato,
disinteressato, autentico, di questa elementare verita'. Rompere
per rompere casseur di nome e di fatto, non ha altri obiettivi, non intende
punire nessuno, se ruba lo fa distrattamente, senza interesse e senza
passione, non si batte ne' contro "il consumismo" ne'
a suo favore, ha "rotto", semplicemente, percepisce che se quelle
vetrine rimanessero intatte non sarebbe successo nulla. Il casseur capisce
il linguaggio della vetrina e lo parla a sua volta, intende il linguaggio
dell'Ordine e lo contraddice. Certo non e' la rivoluzione, ma senza
di lui non ci sarebbero rivoluzioni.
Sul Kurfuerstendamm, negli anni '60, sui larghi marciapiedi del corso
berlinese, troneggiavano famose cubiche vetrine, infinite volte distrutte,
infinite volte ricostruite. Non servivano ad esporre la merce, erano una
sorta di barometro dell'ordine sociale.
dal sito del Laurentinokkupato
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