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Marx e la pena 8. "Rodolfo, «il mistero svelato di tutti i misteri»".

Il mezzo miracoloso, con il quale Rodolfo opera tutte le sue redenzioni e tutte le sue cure miracolose, non sono le sue belle parole, ma il suo denaro contante. Così sono i moralisti, dice Fourier. Sarebbe necessario essere un milionario per poter imitare i loro eroi.
La morale è l'«impuissance mise en action». Tutte le volte che combatte un vizio, essa soccombe. E Rodolfo non si eleva neppure al punto di vista della morale autonoma, la quale si basa almeno sulla coscienza della dignità umana. La sua morale poggia invece sulla coscienza della debolezza umana. Egli è la morale teologica. Noi abbiamo seguito fin nei particolari e abbiamo dimostrato essere buffonate le gesta eroiche che egli compie con le sue idee fisse, cristiane, alla cui stregua misura il mondo, con la «charité», il «dévouement», l'«abnégation», il «repentir», con i «bons» e i «méchants», l'«isolement», il «salut de l'âme» eccetera. Ora abbiamo a che fare ancora solo con il carattere personale di Rodolfo, con il «mistero svelato di tutti i misteri», o con il mistero svelato della «critica pura».
L'opposizione del «bene» e del «male» si presenta all'Ercole critico, già quando era giovane, in due personificazioni; Murph e Polidori sono entrambi maestri di Rodolfo. Il primo lo educa al bene ed è «il buono», il secondo lo educa al male ed è «il cattivo». Affinché questa concezione non ceda in nulla in banalità a concezioni simili di altri romanzi morali, «il buono», Murph, non può essere né un «savant», né «particolarmente dotato intellettualmente». Egli è, invece, onesto, semplice, taciturno; di fronte al male si fa grande con le parole vergognoso, vile, ed ha horreur per ciò che è basso. Per dirla con Hegel, egli pone onestamente la melodia del bene e del vero nella eguaglianza dei suoni, cioè in una sola nota.
Polidori, per contro, è un miracolo di intelligenza, di conoscenze e di cultura, e inoltre è dell'«immoralità più pericolosa», e in particolare possiede ciò che Eugenio Sue, in quanto membro della giovane borghesia devota della Francia, non poteva dimenticare: «le plus effrayant scepticisme». L'energia spirituale e la cultura di Eugenio Sue e del suo eroe si possono giudicare dal terrore panico di fronte allo scetticismo.

«Murph», dice il signor Szeliga, «è nello stesso tempo la colpa del 13 gennaio resa eterna e la cancellazione eterna di questa colpa mediante un amore e un sacrificio incomparabili per la persona di Rodolfo».

Così come Rodolfo è il deus ex machina e il mediatore del mondo, Murph è il deus ex machina personale e il mediatore personale di Rodolfo.

«Rodolfo e la salvezza dell'umanità, Rodolfo e la realizzazione delle perfezioni essenziali dell'uomo, sono, per Murph, un'unità inscindibile, un'unità alla quale egli si dedica non con la devozione stupida, canina, dello schiavo, ma con coscienza e autonomia».

Murph è quindi uno schiavo illuminato, cosciente e autonomo. Come ogni servitore di prìncipi, egli personifica nel suo signore la salvezza dell'umanità. Graun adula Murph con l'appellativo «intrépide garde du corps» (11). Rodolfo stesso lo chiama «modèle d'un valet», ed egli è veramente un servitore modello. Come riferisce Eugenio Sue, dava a Rodolfo scrupolosissimamente, nel tte-à-tte, il titolo di Monseigneur. In presenza di altri, a causa dell'incognito, lo chiama con le labbra Monsieur, ma con il cuore Monseigneur.

«Murph solleva i veli dei misteri, ma solo per amore di Rodolfo. Egli lo aiuta nel lavoro di distruggere la potenza dei misteri».

La densità del velo che nasconde a Murph le situazioni del mondo più semplici si può giudicare dalla sua conversazione con l'ambasciatore Graun. Dalla legittimità legale dell'autodifesa in caso di necessità egli conclude che a Rodolfo è stato lecito, come giudice segreto, accecare il matre d'école incatenato e «inerme». La sua descrizione del modo in cui Rodolfo, davanti alle assise, racconterà le sue «nobili» azioni, esibirà frasi eloquenti, e lascerà andare il suo grande cuore, è degna di uno studente ginnasiale che ha appena letto i "Masnadieri" di Schiller. Il solo mistero che Murph dà da risolvere al mondo è la questione se egli abbia annerito il suo viso con polvere di carbone o con colore nero, quando rappresentava la parte dello charbonnier.

«Gli angeli usciranno e separeranno i cattivi dai giusti» (Matteo, XIII, 49). «Tribolazione e angoscia a tutte le anime degli uomini che fanno il male, ma gloria e onore e pace a tutte le anime che fanno il bene» (Paolo, Rom., II, 9-10).

Rodolfo trasforma se stesso in uno di questi angeli. Egli se ne va nel mondo per separare i cattivi dai giusti, per punire i cattivi, per ricompensare i buoni. La rappresentazione del bene e del male si è così impressa nel suo debole cervello che egli crede nel satana in carne e ossa e vuole prendere vivo il diavolo come un tempo il prof. Sack di Bonn. Da un altro lato egli cerca invece di copiare in piccolo l'opposizione del diavolo, Dio. Egli ama «jouer un peu le rle de la providence». Come, nella realtà, tutte le distinzioni si fondono sempre più nella distinzione fra povero e ricco, così, nell'idea, tutte le distinzioni aristocratiche si risolvono nell'opposizione del bene e del male. Questa distinzione è l'ultima forma che l'aristocratico dà ai suoi pregiudizi. Rodolfo considera se stesso come un buono, e i cattivi esistono solo per assicurargli il godimento della propria eccellenza. Consideriamo «il buono» un po' più da vicino.
Il signor Rodolfo pratica una beneficenza e una prodigalità quali all'incirca praticava il califfo di Bagdad nelle "Mille e una notte". E' impossibile che egli possa mantenere questo regime di vita senza spremere fino all'ultima goccia, come un vampiro, il suo piccolo feudo tedesco. Secondo ciò che riferisce il signor Sue, egli sarebbe uno dei principi tedeschi mediatizzati, se la protezione di un marquis francese non lo avesse salvato dall'abdicazione involontaria (12). La grandezza del suo feudo è da valutare in base a tale dichiarazione. Quanto criticamente Rodolfo giudichi le sue proprie condizioni si può vedere poi dal fatto che egli, il piccolo serenissimo tedesco, crede necessario conservare a Parigi un mezzo incognito per non suscitare scalpore. Egli porta con sé un cancelliere, espressamente per questo motivo critico, perché rappresenti «le cté théâtral et puéril du pouvoir souverain»; come se un piccolo serenissimo, oltre a sé e al suo specchio, avesse bisogno di un terzo rappresentante del lato teatrale e puerile del potere sovrano. Rodolfo ha saputo mettere la sua gente nello stesso critico disconoscimento di se stessa. Così il servitore Murph e l'ambasciatore Graun non notano che l'homme d'affaires parigino, monsieur Badinot, li prende in giro quando finge di ritenere i loro incarichi privati affari di Stato, quando chiacchiera sarcasticamente a proposito dei

«rapports occultes, qui peuvent exister entre les intérts les plus divers et les destinées des empires». Egli ha anzi, riferisce l'ambasciatore di Rodolfo, «addirittura l'impudenza di dirmi talvolta: 'Quante complicazioni sconosciute al popolo nel governo di uno Stato! Chi direbbe, signor barone, che le note che io Le comunico hanno senza alcun dubbio la loro parte di influenza sull'andamento degli affari europei?'».

L'ambasciatore e Murph non trovano l'impudenza nel fatto che si pretenda da loro un'influenza sugli affari europei, ma nel fatto che Badinot idealizzi a tal punto il suo basso ufficio.
Richiamiamoci anzitutto alla memoria una scena della vita domestica di Rodolfo. Rodolfo racconta a Murph di «essere in uno dei suoi momenti di orgoglio e di felicità». Subito dopo dà in escandescenze perché Murph non vuole rispondere a una sua domanda. «Je vous ordonne de parler». Murph non vuole lasciarsi comandare. Rodolfo gli dice: «Je n'aime pas les réticences». Egli eccede fino alla volgarità di avvertire Murph che egli gli "paga" tutti i suoi servizi. Il ragazzo non si calma finché Murph non gli ricorda il 13 gennaio. Poi, la natura servile di Murph, che per un istante era venuta meno, si afferma. Si strappa i «capelli», che fortunatamente non possiede, si dispera di avere trattato un po' rudemente l'alto signore che lo chiama «il modello dei servitori», il suo buono, il suo vecchio, il suo fedele Murph.
Dopo questi saggi del male che c'è in lui, Rodolfo ripete le sue idee fisse sul «bene» e sul «male», e riferisce sui progressi che egli fa nel bene. Egli chiama elemosina e compassione le consolatrici caste e pie della sua anima ferita. Prostituirle con esseri abietti, indegni, sarebbe orribile, empio, sarebbe un sacrilegio. E' chiaro che compassione ed elemosina sono consolatrici della sua anima. Profanarle sarebbe quindi un sacrilegio. Sarebbe «insinuare un dubbio su Dio, e colui che dà è necessario che faccia credere in Lui». Dare l'elemosina a un essere abietto... un pensiero che non è da approfondire!
Per Rodolfo, ognuno dei moti della sua anima è di importanza infinita. Perciò egli li valuta e li osserva continuamente. Lo stolto si consola, per esempio, di fronte a Murph, con il fatto che Fleur de Marie lo ha commosso. «Io ero commosso fino alle lacrime, e mi si accusa di essere altezzoso, duro, inflessibile!». Dopo avere dimostrato in questo modo la sua bontà, egli esalta se stesso rispetto al «male», rispetto alla malvagità della madre sconosciuta di Maria, e con tutta la possibile solennità si rivolge a Murph: «Tu le sais, certaines vengeances me sont bien chères, certaines souffrances bien précieuses». E nello stesso tempo fa smorfie così diaboliche che il fedele servitore, spaventato, esclama: «Hélas, Monseigneur!». Questo grande signore somiglia ai membri della "giovane Inghilterra", che, anch'essi, vogliono riformare il mondo, compiono nobili azioni e sono soggetti a simili attacchi di isterismo (13).
E' nella natura avventurosa di Rodolfo che noi troviamo anzitutto la spiegazione delle avventure e delle situazioni alle quali egli si espone. Egli ama «il piccante del romanzo, la distrazione, l'avventura, i travestimenti»; la sua «curiosità» è «insaziabile»; egli sente il «bisogno di emozioni vivaci, pungenti»; è «avido di eccitazioni nervose violente».
Questa sua natura è aiutata dalla mania di rappresentare la provvidenza, di ordinare il mondo secondo le sue immaginazioni fisse.
Il suo rapporto con terze persone è mediato o da un'idea astratta, fissa, o da motivi del tutto personali, casuali.
Egli libera, per esempio, il medico negro David e la sua amata, non per la simpatia immediatamente umana che queste persone gli ispirano, non per liberare queste persone, ma per fare la parte della provvidenza di contro al proprietario di schiavi Willis e per punire la sua mancanza di fede in Dio. Allo stesso modo, il matre d'école gli appare come una cuccagna inaspettata per applicare la sua teoria penale da lungo tempo escogitata. Da un altro lato, la conversazione di Murph con l'ambasciatore Graun ci permette di cogliere nel profondo i motivi puramente personali che determinano le nobili azioni di Rodolfo.
L'interesse di Monseigneur per Fleur de Marie deriva, come Murph dice, «à part» la compassione che la poveretta ispira, dal fatto che la figlia, la cui perdita egli sente così amaramente, avrebbe ora la stessa età. L'interessamento di Rodolfo per la marchesa d'Harville, «à part» i suoi capricci filantropici, ha il motivo personale che, senza il vecchio marchese d'Harville e senza la sua amicizia con l'imperatore Alessandro, il padre di Rodolfo sarebbe stato eliminato dalla schiera dei sovrani tedeschi.
La sua beneficenza verso madame George e il suo interesse per il figlio di lei, Germain, hanno lo stesso motivo. Madame George appartiene alla famiglia d'Harville.

«Cest non moins à ses malheurs et à ses vertus qu'à cette parenté que la pauvre Madame George a d les incessantes bontés de son Altesse».

L'apologeta Murph cerca di nascondere l'ambiguità dei motivi di Rodolfo con espressioni come: «surtout, à part, non moins que».

Tutto il carattere di Rodolfo si riassume, infine, nell'ipocrisia «pura» con la quale egli sa presentare a se stesso e agli altri le esplosioni delle sue cattive passioni come esplosioni contro le passioni dei cattivi, proprio in modo simile a quello con cui la critica critica presenta le stupidità sue proprie come stupidità della massa, i suoi rancori astiosi contro lo sviluppo del mondo fuori di lei come rancori del mondo fuori di lei contro lo sviluppo, e finalmente il proprio egoismo, che crede di avere assorbito in sé tutto lo spirito, come opposizione egoistica della massa contro lo spirito.
Noi mostreremo l'ipocrisia «pura» di Rodolfo nel suo comportamento verso il matre d'école, la contessa Sarah MacGregor ed il notaio Jacques Ferrand.
Rodolfo ha spinto il matre d'école a compiere un'irruzione nella sua casa per attirarlo in trappola e impadronirsene. In ciò, egli ha un interesse puramente personale e non universalmente umano. Infatti, il matre d'école è in possesso del portefeuille della contessa MacGregor e Rodolfo ha un grande interesse a impadronirsi di questo portefeuille. In relazione al tte-à-tte con il matre d'école si dice espressamente:

«Rodolphe se trouvait dans une anxiété cruelle; s'il laissait échapper cette occasion de s'emparer du matre d'école, il ne la retrouverait sans doute jamais; ce brigand emporterait les secrets que Rodolphe avait tant d'intért à savoir».

Rodolfo si impadronisce quindi, nel matre d'école, del portefeuille della contessa MacGregor; si impadronisce del matre d'école per interesse personale; lo acceca per passione personale.
Quando Chourineur racconta a Rodolfo la lotta del matre d'école con Murph e motiva la resistenza di lui con il fatto che egli sapeva che cosa lo aspettava, Rodolfo risponde: «Non lo sapeva» e dice questo «d'un air sombre, les traits contractés par cette expressìon presque féroce, dont nous avons parlé». Gli passa per la testa il pensiero della vendetta; egli anticipa il godimento, selvaggio che gli procurerà la barbara punizione del matre d'école.
Allo stesso modo, anche quando entra il medico negro David, che egli ha destinato a strumento della sua vendetta, Rodolfo grida:

«'Vengeance!... Vengeance!' s'écria Rodolphe avec une fureur froide et concentrée».

Un furore freddo e concentrato lavorava in lui. Poi mormora a voce bassa il suo piano all'orecchio del medico, e poiché questi indietreggia spaventato, egli sa subito sostituire alla vendetta personale un motivo teorico, «puro». Si tratta, egli dice, solo dell'«applicazione di una idea», che è passata già spesso per il suo sublime cervello, e non dimentica di aggiungere untuosamente: «Egli avrà ancora davanti a sé l'orizzonte sconfinato del pentimento». Rodolfo imita l'inquisizione spagnola, la quale, dopo il rinvio alla giustizia mondana di coloro che erano stati condannati al rogo, aggiungeva una preghiera ipocrita di usare misericordia verso, i peccatori pentiti.
E' chiaro che il grazioso signore, quando devono avere luogo l'interrogatorio e l'esecuzione della pena del matre d'école, sta seduto in un confortevolissimo gabinetto con una lunga, nerissima, veste da camera e con un pallore interessantissimo e, per copiare fedelmente la corte di giustizia, ha davanti a sé un lungo tavolo con le prove di accusa. Ora, egli deve necessariamente perdere anche l'espressione di ferocia e di vendetta, con la quale aveva comunicato a Chourineur e al medico il piano dell'accecamento, e deve presentarsi «calmo, mesto, risoluto», con il portamento comicissimo, solenne, del giudice di un giudizio universale di sua inverviene.
Per non lasciare il minimo dubbio sul «puro» motivo dell'accecamento, l'ingenuo Murph confessa all'ambasciatore Graun:

«La punizione crudele del matre d'école aveva soprattutto il fine di vendicarmi dell'assassino».

In un tte-à-tte con Murph Rodolfo si esprime così:

«Ma haine des méchants... est devenue plus vivace, mon aversion pour Sarah augmente en raison sans doute du chagrin que me cause la mort de ma fille».

Rodolfo ci informa della maggiore vivacità che ha acquistato il suo odio contro i cattivi. E' chiaro che il suo odio è un odio critico, puro, morale, è l'odio contro i cattivi, perché sono cattivi. Egli considera perciò questo odio come un progresso, che egli stesso compie nel bene.
Nello stesso tempo, però, egli svela che questo accrescimento dell'odio morale non è altro che una sanzione ipocrita con la quale maschera l'aumentare della sua avversione personale per Sarah. L'immaginazione morale indeterminata, l'aumentare dell'odio verso i cattivi, è solo l'involucro del fatto immorale, determinato, dell'aumentare della sua avversione per Sarah. Questa avversione ha un motivo molto naturale, molto individuale: la sua preoccupazione personale. Questa preoccupazione è la misura della sua avversione. Sans doute!
Un'ipocrisia ancora più ripugnante si manifesta nell'incontro di Rodolfo con la contessa MacGregor morente.
Dopo la rivelazione del mistero che Fleur de Marie è la figlia di Rodolfo e della contessa, Rodolfo le si avvicina, «l'air menaant, impitoyable». Essa gli chiede grazia. «Pas de grâce», egli risponde, «malédiction sur vous... vous... mon mauvais génie et celui de ma race». Egli vuole vendicare dunque la «race». Seguita poi a riferire alla contessa come, per espiazione del tentato assassinio di suo padre, egli si sia imposto la vita terrena, l'andare nel mondo a ricompensare i buoni e a punire i cattivi. Rodolfo tormenta la contessa, si abbandona alla sua irritazione, ma ai suoi propri occhi egli assolve solo il compito, che si è posto dopo il 13 gennaio, di «poursuivre le mal».
Quando egli se ne va, Sarah grida:

«'Pitié! Je meurs!', 'Mourez donc, maudite!' dit Rodolphe effrayant de fureur».

Nelle ultime parole, «effrayant de fureur», sono svelati i motivi puri, critici, morali del suo modo di agire. E' proprio questo furore che gli ha fatto sguainare la spada contro suo padre "di felice memoria", come lo chiama il signor Szeliga. Anziché combattere questo male in se stesso, egli, in quanto critico puro, lo combatte negli altri.
Infine, Rodolfo stesso sopprime la sua teoria penale cattolica. Egli voleva abolire la pena di morte, trasformare la pena in espiazione, ma solo fino a che l'assassino assassina gente estranea e lascia tranquilli i membri della famiglia rodolfiana. Rodolfo adotta la pena di morte appena l'assassino colpisce uno dei suoi; egli ha bisogno di una legislazione duplice, una per la sua propria persona e una per le persone profane.
Da Sarah egli apprende che Jacques Ferrand ha causato la morte di Fleur de Marie. Dice a se stesso:

«No! non è abbastanza!... che ardore di vendetta! ... che sete di sangue!... che furore calmo e riflesso!... Fino a che non sapevo che una delle vittime di questo mostro era mia figlia, io mi dicevo: la morte di quest'uomo sarebbe infruttuosa... la vita senza denaro, la vita senza la soddisfazione della sua sensualità frenetica sarà una lunga e duplice tortura... Ma si tratta di mia figlia... Ucciderò quest'uomo!».

E si precipita per ucciderlo, ma lo trova in uno stato che rende superfluo l'assassinio.
Il «buon» Rodolfo! Con l'ardore febbrile del desiderio di vendetta, con la sete di sangue, con il furore calmo e riflesso, con l'ipocrisia che maschera casisticamente ogni istinto cattivo, egli possiede proprio tutte le passioni del male, a causa delle quali acceca gli occhi agli altri. Solo casi fortunati, denaro e rango salvano il «buono» dal bagno penale.
«La potenza della critica» fa di questo don Chisciotte, a compenso della sua restante nullità, il «bon locataire», «bon voisin», «bon ami», «bon père», «bon bourgeois», «bon citoyen», «bon prince», e quante altre cose comprende quella scala che il signor Szeliga va salmodiando. Ciò è più di tutti i risultati che «l'umanità ha conseguito in tutta la sua storia». Ciò basta perché Rodolfo per due volte salvi «il mondo» dalla «rovina»!


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