IL MONDO DELLO STAFF.
1.
Molte istituzioni totali, il più delle volte, sembrano funzionare come
un semplice luogo di ammasso per internati, ma, come si è già
detto, usano presentarsi al pubblico come organizzazioni razionali, designate
consapevolmente e specificamente al raggiungimento di alcuni fini ufficialmente
collegati e approvati. Ma è stato anche detto che un obiettivo ufficiale
frequente è la riabilitazione degli internati secondo un modello comune.
Questa contraddizione fra ciò che l'istituzione fa e ciò che sostiene
di fare, costituisce il significato fondamentale dell'attività quotidiana
dello staff.
In questo contesto, la prima cosa da dire sullo staff è che il suo lavoro,
quindi il suo stesso mondo, ha unicamente a che fare con persone. Questo genere
di lavoro il cui oggetto è costituito da persone, non è come un'attività
che implica rapporti con il personale o quella di chi si occupa di relazioni
di servizio; qui gli oggetti e i prodotti del lavoro sono uomini.
Nella loro qualità di materia di lavoro, le persone possono assumere,
talvolta, le medesime caratteristiche degli oggetti inanimati. I chirurghi preferiscono
operare persone magre piuttosto che grasse, perché su quelle grasse gli
strumenti risultano scivolosi, e ci sono strati in più da tagliare. I
necrofori negli ospedali psichiatrici preferiscono le donne magre agli uomini
grassi, perché i cadaveri pesanti sono difficili da muovere e gli uomini
devono essere rivestiti con le giacche, che è molto difficile infilare
sulle braccia e sulle mani irrigidite. Inoltre, maltrattamenti fatti ad oggetti
animati o inanimati potrebbero lasciare segni tali, da rivelarli agli occhi
dei dirigenti. Come un articolo, che passa attraverso un impianto industriale,
deve essere accompagnato da una nota che testimoni ciò che è stato
fatto e da chi, ciò che ancora si deve fare, e chi è da ritenere
responsabile al riguardo; analogamente un oggetto umano che si muove, per così
dire, all'interno del sistema istituzionale psichiatrico, deve essere accompagnato
da una serie di annotazioni informative, che spiegano ciò che è
stato fatto al paziente e da parte del paziente, e chi è da ritenersi
responsabile del caso. La stessa presenza o assenza di un paziente a pranzo
o alla sera, deve essere segnalata, così che si possa tenere il conto
delle spese, con gli opportuni aggiornamenti. Nella carriera dell'internato,
dal momento dell'ammissione a quello della morte, persone diverse dello staff
aggiungeranno le loro annotazioni al caso, quando egli si trova a passare temporaneamente
sotto la loro giurisdizione e a lungo, dopo la sua morte fisica, egli sopravviverà
come un'entità manipolabile nel sistema burocratico dell'ospedale.
Date le caratteristiche fisiologiche dell'organismo umano, è ovvio che
occorre soddisfarne alcuni bisogni, se si vuol fare un certo uso costante delle
persone. Il che è anche il caso degli oggetti inanimati: la temperatura
di un magazzino deve essere regolata sia in rapporto alle persone che agli oggetti
immagazzinati. Inoltre così come nelle miniere di stagno, nelle fabbriche
di pittura, o negli impianti chimici , gli operai possono andare incontro a
particolari rischi di lavoro, c'è (almeno lo ritiene lo staff ) un margine
di rischio anche in certi tipi di attività il cui oggetto sia costituito
da persone. Negli ospedali psichiatrici lo staff ritiene che i pazienti possano
picchiare o offendere il personale «senza alcun motivo»; alcuni
infermieri pensano che un contatto prolungato con pazienti mentali possa avere
un effetto contagioso. Nei sanatori per T.B.C. e nei lebbrosari il personale
curante si sente particolarmente esposto a malattie pericolose.
Mentre si riconoscono queste affinità fra un tipo di lavoro che ha per
oggetto gruppi di uomini e quello che ha a che fare con oggetti reali, ciò
che determina la particolarità dell'attività dello staff è
proprio il fatto di dover agire sugli uomini, come se si trattasse di un materiale
di lavoro.
Le persone sono quasi sempre considerate come fine a se stesse, secondo i principi
morali della società di cui l'istituzione totale fa parte. Così
si trova, quasi sempre, che alcuni modelli di manipolamento, "tecnicamente"
non necessari, devono invece essere mantenuti con materiale umano. Il mantenere
ciò che si ritiene un tipo di vita umano, viene definito come parte della
«responsabilità della istituzione», ed è probabile
corrisponda a ciò che l'istituzione garantisce all'internato in cambio
della sua libertà. Il personale addetto alle carceri è obbligato
a frustrare i tentativi di suicidio del detenuto e ad assicurargli una completa
assistenza medica, anche se ciò significa dover posporne l'esecuzione.
Qualcosa di simile si dice accadesse nei campi di concentramento tedeschi, dove
gli internati ricevevano talvolta l'assistenza medica, anche se erano già
stati destinati alle camere a gas.
Una seconda caratteristica, tipica nel mondo dello staff, è che gli internati
conservano una condizione sociale e legami con il mondo esterno, di cui si deve
tener conto. Ciò naturalmente dipende dal fatto - già accennato
- che l'istituzione deve rispettare alcuni diritti degli internati in quanto
si tratta di persone. Anche con un malato mentale cronico, ormai spogliato di
ogni diritto civile, resta sempre da fare un gran lavoro di carteggio. I diritti
di cui il paziente mentale è stato privato vengono di solito trasferiti
ad un parente, ad un comitato o al sovrintendente dell'ospedale stesso, che
diventa allora la persona legale la cui autorizzazione occorre ottenere per
ogni faccenda che riguardi l'esterno dell'istituzione: indennità rilasciate
dalla sicurezza sociale, tasse, manutenzione di proprietà, versamenti
per assicurazioni, pensioni, dividendi di azioni, conti del dentista, impegni
legali precedenti all'internamento, permessi di rilasciare le cartelle di casi
psichiatrici a compagnie di assicurazione o a procuratori, permessi per visite
speciali da parte dì persone che non sono parenti eccetera. Di tutto
questo è l'istituzione che deve occuparsi, anche se si tratta solo di
trasmettere le decisioni a coloro che hanno la figura legale per metterle in
atto.
Lo staff viene invitato a ricordare i suoi obblighi nei confronti del tipo di
vita cui hanno diritto i pazienti, non solo da parte dei superiori da cui dipende,
ma anche da parte di agenzie investigative della società esterna e dei
parenti degli internati. Il materiale stesso su cui lavorano può, dunque,
giocare questo ruolo. Alcuni infermieri di ospedale psichiatrico preferiscono
lavorare in reparti per regrediti, dato che qui i pazienti tendono a far perdere
meno tempo con domande ed esigenze, di quanto non accada in altri reparti con
pazienti che conservano un buon contatto. Ci sono inoltre espressioni usate
dallo staff come quella che si adopera in marina «avvocato di mare»,
per definire un internato che richiede un trattamento «secondo la legge».
i parenti, come fonte di critiche, presentano un problema particolare perché,
mentre gli internati possono venire istruiti sul prezzo che si troveranno a
pagare qualora facciano richieste per proprio conto, essi sono meno controllabili
al riguardo, e possono scivolare in domande a favore degli internati che questi
ultimi non oserebbero mai fare.
La molteplicità dei modi in cui gli internati possono essere considerati
fine a se stessi, e il loro grande numero, costringono lo staff ad impegnarsi
in uno dei classici dilemmi che devono affrontare coloro che governano. Poiché
l'istituzione totale lavora in qualche modo come uno stato, lo staff ha i medesimi
problemi che preoccupano i governanti.
Nel caso di ogni singolo internato, l'assicurazione che un certo tipo di vita
verrà mantenuto nel suo stesso interesse, può richiedere la rinuncia
ad altri; ma in ciò è implicita una difficile scelta dei fini.
Ad esempio, se si deve tener in vita un paziente suicida, il personale curante
può giudicare necessario costringerlo ad una costante sorveglianza, o
anche legarlo ad una sedia in uno stanzino chiuso a chiave. Se si deve impedire
ad un paziente mentale di lacerarsi ferite già molto irritate, e di ripeterne
all'infinito la medicazione e la successiva lacerazione, il personale curante
potrebbe ritenere necessario impedirgli ogni movimento delle mani. Un paziente
che rifiuta di mangiare, può esservi costretto dall'umiliante alimentazione
forzata. Se gli internati dei sanatori per T.B.C. devono guarire, può
risultare necessario imporre una riduzione alla loro libera opportunità
di svaghi (142).
Il tipo di trattamento che un internato ha il diritto di esigere potrebbe essere
in contrasto, naturalmente, con quello desiderato da un altro; il che dà
l'avvio ad un genere di problemi, tipici di chi governa. Infatti, negli ospedali
psichiatrici, se il cancello che delimita l'area dell'istituto deve essere tenuto
aperto per coloro che hanno il permesso di uscire, altri pazienti, cui si potrebbe
consentire un grado di libertà all'interno dell'ospedale, dovranno invece
essere tenuti in reparti chiusi. Se un bar o la cassetta delle lettere deve
risultare facilmente raggiungibile per coloro che girano liberi nell'area dell'ospedale,
allora pazienti sottoposti a dieta rigorosa, oppure altri che scrivono lettere
minatorie o oscene, avranno negata la libertà di circolazione.
Lo stesso obbligo dello staff a mantenere un tipo di trattamento umano per gli
internati, presenta problemi; ma un'ulteriore serie di problemi particolari
viene ad evidenziarsi nel costante conflitto fra l'esigenza di un livello di
vita umano, da un lato, e dall'altro l'efficienza istituzionale. Citerò
solo un esempio. Le proprietà personali di un individuo sono una parte
importante del materiale da cui egli ricava la propria costruzione del "sé",
ma, in qualità di internato, la facilità con cui può essere
manipolato dallo staff è direttamente proporzionale al grado in cui è
stato privato delle sue proprietà. La notevole efficienza con cui un
reparto di ospedale psichiatrico può affrontare l'entrata in carico giornaliera
di pazienti dipende dal fatto che coloro che entrano ed escono dal reparto,
non entrano ed escono con qualche proprietà personale, ma semplicemente
portando se stessi, senza alcun diritto di scegliere dove saranno trasferiti.
Inoltre, la facilità con cui i vestiti dei pazienti possono essere tenuti
puliti e lavati, è legata al fatto che i vestiti sporchi di ognuno sono
ammucchiati indiscriminatamente in un fagotto, e i vestiti lavati sono ridistribuiti,
non secondo un criterio di proprietà, ma secondo una misura approssimativa.
Analogamente ciò che può garantire che i pazienti liberi di uscire
nell'area dell'istituto siano ben coperti, è costringerli a passare per
il luogo dove sono ammucchiati i cappotti del reparto, senza permettere di scegliere
se indossarne uno e quale, e imponendo loro, sempre per gli stessi motivi igienici,
di rinunciare a quei vestiti di tutti, al momento del rientro in reparto. La
forma stessa del vestito può essere studiata in funzione dell'efficienza
e non in vista di un miglioramento personale; il che è evidente dal seguente
avviso pubblicitario:
"ALLEGRI, LACERATORI! ECCO UNA NUOVA TUTA COMPLETAMENTE AUTOMATICA!
Vestito tutto intero, disegnato ed esperimentato da istituzioni per pazienti
e ritardati mentali. Impedisce l'impulso a spogliarsi, resiste alle lacerazioni.
Si infila dalla testa. Non occorre reggiseno o altro sottoindumento.
Automatici all'incrociatura per andare al gabinetto. Piacevoli modelli in due
colori, con scollo rotondo, a V o quadrato. Non si stira" (143).
Così come le proprietà personali possono interferire con il buon andamento della vita istituzionale e, per tal motivo, essere espropriate, parti del corpo potrebbero rivelarsi in contrasto con l'efficienza organizzativa, contrasto che viene abitualmente risolto a favore dell'efficienza. Se gli internati devono avere la testa pulita ed essere facilmente individuabili, sarà utile rasarli completamente, anche se la cosa non risulta molto estetica. Su questa base alcuni ospedali psichiatrici hanno trovato utile estrarre i denti ai pazienti che mordono, fare un'isterectomia alle pazienti che vivono in promiscuità e sottoporre a lobotomia i cronici violenti. La fustigazione come forma di punizione sulle navi da guerra, esprime esattamente il contrasto fra interessi organizzativi e umani:
"Uno degli argomenti avanzati dagli ufficiali di marina in favore della punizione corporale è che può essere inflitta in un attimo, non fa perdere tempo; e quando il prigioniero si rinfila la camicia, è finito tutto. Se invece questo tipo di punizione venisse sostituito da un altro, probabilmente provocherebbe un enorme spreco di tempo e un'infinità di guai, oltre al fatto che contribuirebbe a dare al marinaio un'idea inesatta ed eccessiva della sua importanza" (144).
Ho già ricordato come il lavoro il cui oggetto è costituito da
persone, differisce da ogni altro tipo di attività, a causa della mescolanza
di condizioni diverse e di legami che ciascun internato porta con sé
nell'istituzione, e per il tipo di vita umano che deve essere mantenuto. Una
diversità si evidenzia nel caso di internati che hanno il permesso di
uscire dall'ospedale, poiché l'istituzione risulta responsabile dei guai
che essi potrebbero provocare nel mondo esterno. Data questa responsabilità,
è comprensibile come molte istituzioni totali tendano a vedere poco favorevolmente
le libere uscite dei ricoverati. Altra diversità, forse la più
importante fra questo tipo di lavoro e gli altri , e che sotto lo stimolo della
minaccia, del premio e della persuasione gli oggetti umani possono venire educati
ed istruiti, tanto da potersi fidare che portino a termine da soli direttive
date. Naturalmente, il tempo necessario per arrivare a fidarsi che questi «oggetti»
riescano a portare a termine certe azioni stabilite senza un controllo, sarà
variabile ma, come ci insegna l'organizzazione sociale dei reparti per regrediti
negli ospedali psichiatrici, una buona dose di fiducia è possibile anche
nel caso limite di schizofrenici catatonici. Soltanto le più complicate
attrezzature elettroniche condividono questa capacità.
Mentre i materiali umani non possono essere altrettanto insensibili quanto quelli
inanimati, la loro stessa capacità di percepire e di seguire i piani
dello staff, assicura che essi sono anche in grado di ostacolarli più
di quanto non possano farlo gli oggetti inanimati, dato che questi ultimi non
possono, di proposito e intelligentemente, frustrare i nostri piani (sebbene
capiti talvolta di reagire nei loro confronti, come se avessero una tale capacità).
Per questo nelle carceri e nei reparti «migliori» degli ospedali
psichiatrici, i guardiani devono essere pronti a far fronte a tentativi di fuga,
provocazioni, accuse e disordini da parte degli internati; né l'ansietà
che ne consegue è alleviata dal fatto di sapere che gli internati possono
agire in tal modo, semplicemente per conquistare il proprio rispetto di sé
o per liberarsi dalla noia (145). Anche un vecchio, debole paziente mentale
ha un enorme potere al riguardo. Ad esempio, col semplice espediente di chiudere
i pollici nelle tasche dei calzoni, può frustrare con successo gli sforzi
che l'infermiere fa per spogliarlo. Questo è uno dei motivi per cui il
personale curante tende a nascondere le decisioni prese nei riguardi del destino
degli internati; perché, qualora l'internato venga a conoscenza di ciò
che si prepara per lui, potrebbe apertamente e intenzionalmente ostacolare la
realizzazione di ciò che è stato progettato; così per esempio
a malati mentali pronti per un trattamento di shock, si raccontano storie gentili
e talvolta si impedisce di vedere la stanza nella quale subiranno il trattamento.
Una terza differenza generale fra il materiale umano e gli altri tipi di materiale,
con conseguenti problemi particolari, è che a qualsiasi distanza si ponga
lo staff, questo materiale può diventare oggetto di comprensione e di
affezione. C'è sempre il pericolo che l'internato appaia sotto un profilo
umano; in questo caso se il paziente viene sottoposto a qualche privazione,
lo staff più comprensivo ne soffrirà. (Il che, in fondo, corrisponde
alla spiegazione che gli ufficiali adducono per mantenere le distanze dai soldati).
D'altra parte, se un internato infrange una regola, il fatto che lo staff lo
consideri un essere umano potrebbe aumentare la percezione di essere stato direttamente
ferito nel proprio mondo morale: se si aspetta una risposta ragionevole da una
creatura ragionevole, lo staff potrebbe sentirsi personalmente irritato, offeso
e provocato, quando l'internato non si comporti correttamente.
La possibilità che gli internati diventino oggetto di simpatia e di comprensione
da parte dello staff, è legata a ciò che può definirsi
una sorta di ciclo di coinvolgimento, di cui talvolta si parla nelle istituzioni
totali. Partendo da un dato punto di distanza sociale dagli internati (punto
dal quale non sia facile intravedere le privazioni totali di cui sono oggetto,
e i disordini istituzionali), coloro che appartengono allo staff non hanno alcun
motivo per impedirsi di intrecciare un rapporto più diretto e affettivo
con alcuni internati. Tuttavia questo lasciarsi coinvolgere li può portare
ad essere colpiti da ciò che fanno e soffrono i pazienti, mettendoli
in una posizione che può risultare minacciosa nei confronti della «distanza»
mantenuta, invece, dagli altri membri dello staff. Come conseguenza, il membro
dello staff che si lascia prendere da legami affettivi con gli internati, può
avvertire di essere stato «scottato» sentendo quindi il bisogno
di ritirarsi, limitandosi alla semplice prestazione di pratiche, di servizi,
o al lavoro di routine richiesto dal suo ruolo. Una volta allontanato il pericolo
di un contatto con gli internati, può gradualmente arrivare a sentire
di avere ragione ad essere prudente, così che il ciclo contatto-difesa
continuerà a ripetersi.
Se si unisce l'obbligo dello staff a mantenere un tipo di trattamento umano
per gli internati, al fatto che si può arrivare a considerarli individui
ragionevoli e capaci di essere coinvolti in un rapporto emotivo, si ha il quadro
di alcune delle particolari difficoltà che si presentano, in un lavoro
il cui oggetto sia costituito da persone. Negli ospedali psichiatrici sembra
ci siano sempre pazienti che agiscono in modo drammatico contro il loro stesso
interesse: bevono acqua che hanno appena insudiciata, mangiano troppo al giorno
del Ringraziamento e a Natale, cosicché in quei giorni ci saranno sicuramente
ulcere rotte ed esofagi occlusi; corrono a testa in giù contro il muro;
strappano le suture dopo una piccola operazione; buttano giù per il gabinetto
la dentiera senza la quale non potranno mangiare e che impiegheranno mesi a
riottenere; o rompono occhiali senza i quali non possono vedere. Nel tentativo
di frustrare questi atti evidentemente autodistruttivi, i membri dello staff
possono essere obbligati a manipolare questi pazienti, presentandosi ai loro
occhi come duri e autoritari, proprio nel momento in cui tentano di impedire
loro di fare contro se stessi ciò che nessun essere umano dovrebbe fare
ad alcuno. E' quindi evidente quanto sia difficile, per lo staff, controllare
le proprie emozioni.
2.
Le particolari esigenze di questo tipo di lavoro che ha per oggetto persone,
stabiliscono l'attività giornaliera dello staff; attività che
viene effettuata in un particolare clima morale. Lo staff è incaricato
di far fronte alle ostilità e alle richieste degli internati, e ciò
contro cui gli internati devono in genere scontrarsi, sono gli scopi e le finalità
razionali che l'istituzione si prefigge. Dobbiamo perciò analizzare queste
finalità.
Gli scopi espliciti delle istituzioni totali non sono molti: il raggiungimento
di mete economiche, educazione e addestramento; trattamento medico e psichiatrico;
purificazione religiosa; protezione della comunità dalle corruzioni;
e, come ci suggerisce uno studioso delle carceri,... «"inabilitazione,
punizione, minaccia, e riabilitazione"...» (146). E' ben noto come
le istituzioni totali manchino di una buona misura i loro scopi ufficiali. Ciò
che è meno noto è che ciascuna di queste finalità e programmi
ufficiali sembra perfettamente adatto a provvedere una chiave di volta, una
spiegazione del fatto che lo staff, e a volte gli internati, possono dissimulare
ogni crepa nell'azione dell'istituzione. Infatti un presupposto medico non è
semplicemente una prospettiva secondo la quale si può prendere una decisione
relativa al dosaggio medico e renderlo significativo; si tratta di una prospettiva
che deve servire ad ogni tipo di decisione, come ad esempio la scelta dell'ora
in cui i pasti vengono serviti, o il modo in cui la biancheria viene ripiegata,
nell'ospedale. Ogni scopo che ci si prefigga dà origine ad una teoria,
con i suoi inquisitori e i suoi martiri, e all'interno delle istituzioni non
pare vi sia alcun impedimento naturale alla libertà di interpretarla
che ne risulta. Ogni istituzione non deve limitarsi a tentare di realizzare
i suoi scopi ufficiali, ma deve anche proteggersi, in qualche modo, dalla tirannia
di una loro ricerca affannosa, per evitare che l'esercizio dell'autorità
si converta in una caccia alle streghe. Il fantasma della «sicurezza»
nelle carceri e le azioni dello staff che vengono giustificate in suo nome,
sono esempi di questi pericoli. Paradossalmente quindi, mentre le istituzioni
totali sembrano essere il meno teorizzabile dei luoghi, è proprio qui
che, almeno recentemente, l'interesse per le ipotesi e le concettualizzazioni
teoriche, ha incominciato a giocare un ruolo molto importante.
Lo schema interpretativo delle istituzioni totali incomincia a agire, automaticamente,
al momento dell'entrata dell'internato, in quanto lo staff sa che l'internamento
di un individuo è, "prima facie", l'evidenza del suo essere
il tipo di persona per il cui trattamento l'istituzione è stata creata.
Il prigioniero politico deve essere un traditore; il detenuto comune deve aver
infranto la legge; il ricoverato in un ospedale psichiatrico deve essere malato.
Se non è un traditore, un criminale, un malato, per quale altra ragione
si troverebbe lì?
Questa automatica identificazione dell'internato non è semplicemente
nominale; è al centro di uno dei principali mezzi di controllo sociale.
Un vecchio studio su una comunità ospedaliera psichiatrica ne dà
un esempio:
"Lo scopo principale della cultura degli infermieri è di riuscire ad avere il controllo dei pazienti - controllo che deve essere mantenuto senza preoccuparsi della loro assistenza. Questo scopo si chiarisce bruscamente quando vengono manifestati desideri o richieste da parte dei degenti. Desideri e richieste (non importa se espressi ragionevolmente, con calma e gentilezza) sono sempre visti come sintomo di disordine mentale. La normalità non viene mai riconosciuta da un infermiere, in un ambiente dove l'anormalità è ciò che normalmente ci si aspetta. Anche se la maggior parte di questi tipi di comportamento viene riferita ai medici, questi ultimi sostengono per lo più il giudizio degli infermieri. In questo modo i medici stessi aiutano a perpetuare l'idea che il carattere essenziale del trattamento di pazienti mentali stia nel loro controllo" (147).
Quando all'internato viene concesso di avere rapporti personali con lo staff,
il rapporto si presenta spesso sotto forma di «lamentele» o di richieste
da parte dell'internato, e di giustificazioni per il trattamento prevalentemente
restrittivo, da parte dello staff; tale è, ad esempio, la struttura generale
dell'interazione paziente-staff negli ospedali psichiatrici. Avendo da controllare
gli internati e da difendere l'istituzione in nome dei suoi fini espliciti,
lo staff si appella al tipo di identificazione globale degli internati che lo
consentirà. Il problema dello staff èqui quello di trovare un
crimine che sia adatto alla punizione.
Inoltre, i privilegi e le punizioni che lo staff distribuisce, sono spesso espressi
in un linguaggio che riflette gli obiettivi legali dell'istituzione, come quando
nelle prigioni l'isolamento viene definito come una «meditazione costruttiva».
Gli internati o lo staff meno qualificato avranno il compito particolare di
tradurre questo frasario ideologico nel semplice linguaggio di un sistema di
privilegi, e viceversa. L'analisi di Belknap su ciò che accade quando
un paziente mentale rompe una regola ed è punito, ce ne dà un
esempio:
"In casi del genere l'impudenza, l'insubordinazione. e l'eccessiva familiarità sono tradotte nei termini, più o meno professionali, di «disturbato» o «eccitato», e vengono riferite dall'infermiere al medico come espressione della condizione di salute del paziente. Il medico deve allora revocare ufficialmente o modificare i privilegi di cui il paziente gode nel reparto, o escogitarne il trasferimento in altro reparto dove dovrà ricominciare tutto daccapo, dal livello più basso. Secondo la cultura degli infermieri un «buon» dottore è quello che non fa troppe complicazioni sulla traduzione di questi termini medici" (148).
La finalità istituzionale è applicata anche ad azioni non chiaramente o abitualmente soggette a disciplina. Orwell riferisce che nel suo collegio, bagnare il letto era visto come un segno di «sporcizia» e di cattiveria (149), e che un simile giudizio era applicato a disturbi anche più evidentemente fisici.
"Avevo i bronchi difettosi e una lesione ad un polmone che non fu scoperta che molti anni dopo. Quindi non solo avevo una tosse cronica, ma correre era per me un tormento. In quei giorni tuttavia la «tosse» o il «male di petto» come veniva chiamato, era diagnosticato come un male immaginario oppure era considerato essenzialmente come un disordine morale, causato dal mangiar troppo. «Soffi come una concertina, - diceva Sam (il direttore) disapprovando, mentre stava in piedi, dietro la mia sedia. - T'ingozzi sempre di cibo, ecco perché»" (150).
Si dice che i campi di «riforma del pensiero» cinesi abbiano portato
all'estremo questo processo interpretativo, traducendo gli innocui eventi giornalieri
del passato del prigioniero, in sintomi di azione controrivoluzionaria (151).
Sebbene ci siano teorie psichiatriche sul disordine mentale e teorie sulla criminalità
e le attività controrivoluzionarie che le ritengono come il risultato
di una particolare influenza ambientale (tendono cioè entrambe a liberare
l'offendente dalla responsabilità morale della sua offesa), le istituzioni
totali non possono consentire che in parte questo particolare tipo di determinismo.
Gli internati devono essere spinti ad autodeterminarsi in un modo manipolabile,
e, perché ciò possa essere ottenuto, si deve definire sia la condotta
desiderata che quella indesiderata, come derivanti dalla volontà e dal
carattere personale dell'internato stesso; qualcosa dunque su cui egli stesso
può agire. In breve, ogni atto istituzionale contiene una moralità
personale, e in ogni istituzione totale si può vedere in miniatura lo
sviluppo di qualcosa di simile ad una versione funzionalista di vita morale.
La traduzione del comportamento dell'internato in termini moralistici, adattati
agli scopi espliciti dell'istituzione, conterrà necessariamente qualche
ovvio presupposto come quello del carattere della natura umana. Dati il tipo
di internati che hanno in carico, e il trattamento cui devono sottoporli, lo
staff tende a sviluppare ciò che potrebbe essere definito come una teoria
della natura umana. Implicitamente presente nella finalità istituzionale,
questa teoria razionalizza le attività, provvede un mezzo sottile per
mantenere la distanza sociale dagli internati, e un giudizio stereotipato su
di loro, giustificando il trattamento cui sono sottoposti (152). In definitiva
la teoria serve a coprire le «buone» e le «cattive»
possibilità di condotta dell'internato, le forme che prende il suo ricorrere
ad azioni di disturbo, il valore educativo dei privilegi e delle punizioni,
e la differenza «essenziale» fra lo staff e gli internati. Nell'esercito,
gli ufficiali avranno una teoria sul rapporto fra la disciplina e l'obbedienza
dei soldati al fronte, le qualità specifiche e il «punto di rottura»
degli uomini, e la differenza fra la malattia mentale e chi la simula. E saranno
istruiti secondo una particolare concezione della loro natura, come suggerisce
una ex guardia della regina, nell'elencare le qualità morali degli ufficiali:
"Mentre la maggior parte della preparazione era inevitabilmente orientata verso un'efficienza fisica, c'era tuttavia una convinzione fortemente radicata secondo cui un ufficiale, che fosse in forma o no, avrebbe dovuto sempre avere quel tanto di orgoglio (o di «fegato») per non ammettere mai un'insufficienza fisica, finché non fosse caduto morto o svenuto. Questa convinzione veramente significativa era mistica sia per la sua natura che per l'intensità. Durante un estenuante esercizio alla fine del corso, due o tre ufficiali uscirono dalle file lamentandosi a causa di qualche vescica o altra lieve indisposizione. Il capo istruttore, un uomo civile e comprensivo, li denunciò in termini decisi. Un ufficiale, disse, semplicemente non può rompere, e non rompe le fila. La forza di volontà, se non altro, dovrebbe trattenerlo dal farlo. Era tutto una questione di «fegato». C'era un'implicazione, non dichiarata, secondo la quale se qualche soldato poteva uscire dai ranghi (anche se spesso si trattava di uomini più forti fisicamente) l'ufficiale non poteva farlo, perché apparteneva ad una casta superiore. Ho riscontrato più tardi che gli ufficiali avevano la convinzione di poter sopportare fatiche o disagi fisici, senza aver bisogno di prepararsi o allenarsi come era necessario ai soldati semplici. Per esempio non avevano bisogno di esercizi di ginnastica: semplicemente non ne avevano bisogno; erano ufficiali e resistevano fino alla fine, anche se erano entrati in campo venendo direttamente dall'infermeria o da un bordello" (153).
Nelle prigioni troviamo un conflitto corrente fra le interpretazioni psichiatriche
sulla criminalità e quelle che enfatizzano la debolezza morale del delinquente.
Nei conventi troviamo teorie sui modi in cui lo spirito può essere debole
o forte e su come i suoi cedimenti possano essere vinti. Gli ospedali psichiatrici,
in questo caso, predominano perché qui il personale curante si definisce
esplicitamente come specialista nella conoscenza della natura umana che, in
base a questa sua conoscenza, diagnostica e cura. Di qui il fatto che nei libri
di psichiatria ci sono capitoli sulla «psicodinamica» e sulla «psicopatologia»
che provvedono formulazioni precise ed affascinanti sulla «natura»
della natura umana (154).
In molte istituzioni totali, una parte importante della teoria della natura
umana, è la convinzione che qualora il nuovo internato sia indotto a
mostrare un'estrema deferenza nei confronti dello staff, immediatamente dopo
il suo arrivo, risulterà in seguito più docile - nel sottomettersi
a queste imposizioni iniziali, la sua «resistenza» e il suo «spirito»
saranno in qualche modo spezzati. (Questa è una delle giustificazioni
alle cerimonie tendenti ad indebolire la volontà e alle pratiche di «benvenuto»
già in precedenza riferite). Naturalmente, se gli internati condividono
la medesima interpretazione sulla natura umana, il punto di vista dello staff
al proposito ne sarà confermato. Recenti studi sul personale dell'esercito
americano, fatto prigioniero nella guerra di Corea, ce ne dànno un esempio.
In America c'è la convinzione corrente secondo la quale, una volta che
un uomo sia stato portato al «punto di rottura», non sarà
più in grado di opporre resistenza. Questo giudizio sulla natura umana,
rinforzato da un tipo di istruzione che tende a scongiurare il pericolo di ogni
cedimento, portò infatti alcuni prigionieri a rinunciare ad ogni resistenza,
una volta fatta una piccola confessione (155).
La teoria sulla natura umana è soltanto uno degli aspetti dello schema
interpretativo offerto dall'istituzione totale. Un'altra area coperta dalle
prospettive istituzionali è quella che riguarda il lavoro. Dato che nel
mondo esterno il lavoro, di solito, viene fatto in vista della paga, di un profitto
o per motivi di prestigio, la perdita di queste motivazioni significa la perdita
di alcune interpretazioni dell'azione intrapresa, così che risulta necessario
trovarne di nuove. Negli ospedali psichiatrici c'è ciò che viene
ufficialmente conosciuto come «terapia industriale» o «ergoterapia»;
i pazienti devono svolgere attività, di solito molto umili, come rastrellare
foglie, servire a tavola, lavorare in lavanderia o pulire i pavimenti. Sebbene
la natura di questi compiti derivi dalle necessità dell'istituto, la
spiegazione abitualmente data al paziente è che queste attività
lo aiuteranno a reinserirsi nella società e che la capacità e
la buona volontà che dimostrerà, sarà presa come evidenza
diagnostica del suo miglioramento (156). Il paziente stesso può vedere
il lavoro sotto questa luce. Un processo analogo, tendente a ridefinire il significato
del lavoro, è riscontrato nelle istituzioni religiose, come ci suggerisce
il commento di una clarissa:
"Questa è un'altra cosa meravigliosa del vivere in obbedienza. Nessuno sta mai facendo nulla di più importante di ciò che è, se sta obbedendo. Una scopa, una penna, un ago sono lo stesso davanti a Dio. L'obbedienza della mano che li tiene e l'amore nel cuore della suora che li usa, sono ciò che fa una eterna differenza di fronte a Dio, alle altre suore, e a tutto il mondo" (157).
Gli uomini, in questo mondo, sono costretti ad obbedire a leggi fatte dall'uomo
e a restrizioni giornaliere. Le suore di clausura scelgono liberamente di obbedire
ad una legge monastica, ispirata da Dio. La ragazza che scrive a macchina non
può che farlo per qualche dollaro e desidererebbe poterne fare a meno.
La clarissa che scopa i chiostri del monastero lo fa per la causa di Dio e preferisce,
in quel momento particolare, scopare a qualsiasi altra occupazione al mondo
(158).
Benché gli scopi altamente istituzionalizzati, come il profitto o l'economia,
possano essere ossessivamente perseguiti nelle organizzazioni commerciali (159),
questi stessi scopi, e i presupposti in essi impliciti, possono tuttavia funzionare
in modo da impedire altri tipi di interpretazione. Quando non possono venir
invocate le razionalizzazioni in uso nella società, il campo diventa
allora pericolosamente aperto ad ogni tipo di interpretazioni e di eccessi e,
di conseguenza, a nuovi tipi di tirannia.
Vorrei aggiungere un punto finale sulle prospettive istituzionali. Il manipolamento
degli internati è infatti razionalizzato secondo i fini o le funzioni
ideali dell'organizzazione, che comporta un servizio tecnico ad uso di persone.
Sono abitualmente pagati dei professionisti per assolvere questi servizi, anche
soltanto per evitare di mandare gli internati a lavorare fuori dall'istituto,
essendo poco saggio «per dei monaci uscire dal monastero, poiché
la cosa non risulta salutare alle loro anime» (160). E' probabile che
i professionisti che collaborano, su questa base, ad un'organizzazione istituzionale,
ne siano poco soddisfatti, non potendo qui esercitare bene la loro professione,
ed essendo usati come dei «prigionieri», costretti ad aggiungere
sanzioni professionali ad un sistema di privilegi. Questa sembra la lamentela
classica (161). In molti ospedali psichiatrici c'è un gran numero di
psichiatri malcontenti che asseriscono di voler andarsene, ché almeno
potranno dedicarsi alla psicoterapia. Spesso viene introdotto un servizio psichiatrico
speciale (psicoterapia di gruppo, psicodramma, o terapia d'arte) con grande
vantaggio dell'organizzazione ospedaliera; l'interesse viene trasferito lentamente
altrove, ed il professionista incaricato al riguardo trova che, gradualmente,
la sua attività va tramutandosi in una sorta di lavoro di "public
relations", poiché alla sua terapia si dà importanza soltanto
quando ci sono visitatori e l'autorità istituzionale è preoccupata
di mostrare come siano aggiornate le attrezzature di cui l'istituto dispone.
I professionisti non sono naturalmente l'unico gruppo di staff in conflitto
con gli scopi ufficiali dell'istituto. I membri dello staff in continuo contatto
con gli internati, possono avvertire quanto anche la loro azione sia contraddittoria,
dato che devono costringere gli internati all'obbedienza dando, insieme, l'impressione
che sia mantenuto un livello di vita umano e che le finalità razionali
dell'istituzione vengano realizzate.