Ho finora descritto le istituzioni totali dal punto di vista degli internati
e, brevemente, dal punto di vista dello staff. Ogni punto di vista ha, come
elemento cruciale, l'immagine che un gruppo si costruisce dell'altro. Sebbene
questa immagine dell'altro esista, raramente essa porta ad una identificazione
simpatetica - tranne forse nel caso di quegli internati, descritti in precedenza,
che assumono all'interno dell'istituzione un ruolo di fiducia e seriamente «si
identificano con l'aggressore». Quando si verificano intimità e
rapporti non contemplati nella linea staffinternato, si sa che possono seguirne
cicli di coinvolgimento e le più sgradevoli conseguenze (162), con un
sovvertimento dell'autorità e della distanza sociale che, ancora una
volta, dà l'impressione come se all'interno dell'istituzione si attuasse
un incesto proibito.
Oltre agli illeciti o discutibili legami «personali» che possono
attraversare la linea staff-internato, può verificarsi un secondo tipo
di contatto irregolare. Lo staff, diversamente dagli internati, mantiene alcuni
settori della propria vita separati dalla istituzione, anche se questi possono
venire dislocati all'interno o nelle vicinanze dell'ospedale. Contemporaneamente
è evidente agli internati stessi quanto poco valga il tempo che essi
dedicano al lavoro, e come possa essere soggetto ai desideri dello staff. In
queste circostanze è difficile mantenere la netta separazione e gli internati
si trovano a prestare allo staff umili servizi personali: giardinaggio, imbiancare
o pulire la casa, badare ai bambini. Poiché questi servizi non fanno
parte dello schema ufficiale dell'istituto, lo staff è costretto a prendere
in considerazione i suoi servitori e non può mantenerli alla distanza
abituale. Le restrizioni usuali della vita istituzionale rendono, di solito,
gli internati abbastanza contenti di aprirsi in questo modo un varco nello schieramento
internato-staff. Lawrence ce ne dà un esempio militare:
"Il sergente maggiore diede un esempio di abuso, quando portò l'ultimo uomo di fatica del corpo a casa della moglie, gli fece dipingere il cancello e badare ai bambini, mentre lei faceva la spesa. «Mi ha dato un pezzo di crostata», si vantava Garner, dimenticando i pianti del bambino per il fatto di essersi riempito la pancia" (163).
In aggiunta a queste possibilità casuali di «attraversare la linea»,
ogni istituzione totale sembra sviluppare una serie di pratiche istituzionalizzate
- sia spontanee che di imitazione - attraverso le quali lo staff e gli internati
si avvicinano fra di loro, tanto da ottenere l'uno dell'altro un'immagine in
qualche modo favorevole, tale da identificarvisi reciprocamente. Queste pratiche
esprimono unità, solidarietà, ed un impegno univoco nei confronti
dell'istituzione, piuttosto che differenze fra due livelli.
Questo «incontro» istituzionalizzato è caratterizzato da
un abbandono delle formalità e dei ruoli che determinano il rapporto
internato-staff, e da un ammorbidimento della dimensione autoritaria abituale.
Spesso la partecipazione è relativamente volontaria. Dati i ruoli usuali,
queste attività ne rappresentano un «rilassamento» (164);
naturalmente, conoscendo l'effetto determinante a tutti i livelli della distanza
internato-staff, ogni modifica tendente ad esprimere una certa solidarietà,
rappresenta automaticamente un rilassamento dei ruoli. Si potrebbe indagare
sulle molte funzioni di questo «incontro», ma le spiegazioni sembrano
meno sorprendenti di quanto non lo sia il modo singolare in cui queste pratiche
continuano ad aumentare, in qualsiasi tipo di istituzione totale, in quello
cioè che potrebbe apparire il terreno più povero per un tal genere
di esperienze. Si è portati a pensare che ci debba essere una buona ragione
per l'esistenza di queste pratiche, anche se sembra difficile individuarla.
Una delle forme più comuni delle cerimonie istituzionali è il
giornale interno, di solito un settimanale o una rivista mensile. Generalmente
i collaboratori sono reclutati fra gli internati, dal che risulta una specie
di presa in giro del rapporto gerarchico, dato che la supervisione e la censura
sono invece affidati ad un membro dello staff relativamente vicino agli internati
e, ciononostante, abbastanza leale verso i compagni. Il contenuto stampato è
tale da disegnare un cerchio intorno all'istituto, dando un accento di realtà
pubblica al mondo interno.
Vi sono due tipi di materiale che appaiono nel giornale interno. Primo, le «notizie
locali». Queste comprendono rapporti sulle recenti cerimonie istituzionali,
riferimenti ad eventi «personali», come compleanni, promozioni,
gite e morti, che accadono ai componenti l'istituzione, in particolare agli
esponenti più autorevoli e più in vista dello staff. I testi esprimono
congratulazioni e condoglianze, manifestando quanto l'intera istituzione partecipi
alla vita individuale di ogni suo componente. Qui è evidente un aspetto
interessante del gioco del ruolo di chi è segregato: dato che i ruoli
istituzionalmente rilevanti di un membro (per esempio un medico) tendono a metterlo
in risalto di fronte ad una intera categoria di altri membri (per esempio infermieri
e pazienti), essi non possono venir usati come veicolo per esprimere solidarietà
istituzionale; a tale scopo si tende invece ad usare ruoli non rilevanti, in
particolare i ruoli dei parenti o delle mogli, immaginabili, se non possibili,
per tutte le categorie.
Secondo, c'è un materiale che può riflettere un intento editoriale.
Esso comprende: notizie dal mondo esterno che hanno a che fare con la condizione
legale e sociale dell'internato e dell'ex internato, accompagnati da un commento
appropriato; articoli originali, brevi storie e poesie; editoriali. Gli articoli
sono scritti dagli internati, ma esprimono l'opinione ufficiale sulle funzioni
dell'istituto, la teoria sulla natura umana sostenuta dallo staff, una versione
idealizzata dei rapporti internati-staff e la posizione che il paziente ideale
dovrebbe assumere: in breve, presentano la linea istituzionale.
Il giornale interno tuttavia si mantiene su un equilibrio molto delicato. Lo
staff si lascia intervistare, lascia che si scriva di lui, consente che ciò
che viene scritto sia letto dagli internati, sottoponendosi ad un leggero controllo
degli scrittori e dei lettori; nello stesso tempo, agli internati viene data
l'opportunità di dimostrare di essere abbastanza in alto nella scala
umana, da adoperare con competenza il linguaggio e la linea ufficiale (165).
D'altra parte, i collaboratori garantiscono di seguire l'ideologia ufficiale,
presentandola in qualità di internati agli altri internati. E' interessante
notare come coloro che fanno questa alleanza con lo staff, spesso non cessano
di ribellarsi. Essi inseriscono qualunque critica aperta all'istituzione sia
loro consentita, avvalendosi di un modo di scrivere ambiguo o velato e di vignette
pungenti; con gli amici possono anche assumere atteggiamenti cinici nei confronti
di ciò che fanno, affermando di collaborare al giornale soltanto perché
si tratta di un lavoro «leggero», o di una buona occasione per guadagnarsi
raccomandazioni utili, in vista della dimissione.
Sebbene i giornali interni siano in uso già da molto tempo, è
solo recentemente che altre forme di rilassamento dei ruoli cominciano ad apparire
nelle istituzioni totali; mi riferisco qui alle forme di «autogoverno»
e alla «terapia di gruppo». Praticamente gli internati espongono
le proprie idee e un membro opportunamente scelto dello staff ne fa la supervisione.
Si riforma dunque un tipo di alleanza fra internati e staff. Gli internati si
trovano a godere del privilegio di trascorrere un po' di tempo in un ambiente
«non strutturato» ed egualitario, godendo insieme del diritto di
presentare lamentele. In cambio gli si richiede di rinunciare alle ribellioni
e di essere più docili all'ideale-del-sé che lo staff definisce
per loro.
L'uso che gli internati fanno del linguaggio ufficiale e della filosofia dello
staff nelle discussioni e negli articoli, è un gioco ambiguo per lo staff.
Gli internati possono manipolare la stessa razionalizzazione che lo staff fa
dell'istituzione e mettere in pericolo, con questo mezzo, la distanza sociale
fra i due gruppi. Di qui l'interessante fenomeno che si riscontra negli ospedali
psichiatrici di sanitari che usano una terminologia psichiatrica stereotipata
nel parlare fra loro e con i pazienti, ma che irridono questi ultimi accusandoli
di essere «intellettuali» o addirittura rifiutando di discutere
con loro, qualora anch'essi usino il medesimo linguaggio. Forse il fatto più
caratteristico, a proposito di questa forma di rilassamento dei ruoli istituzionali
prodotta dalla terapia di gruppo, è che molti professionisti del mondo
accademico sono interessati al riguardo, tanto che c'è ora più
letteratura su questo aspetto delle istituzioni totali che sulla maggior parte
degli altri aspetti messi insieme.
Un genere, in qualche modo diverso, di cerimonia istituzionale è la festa
annuale (spesso tenuta più di una volta all'anno) alla quale staff e
internati intervengono «mescolandosi» in forme di sociabilità
standardizzate come mangiare insieme, partecipare a giochi e balli. In queste
circostanze lo staff e gli internati hanno la licenza di prendersi alcune libertà
attraverso la linea di frontiera che li separa, e questi contatti sociali possono
esprimersi anche in rapporti sessuali (166). In alcuni casi questa libertà
può arrivare fino al punto di provocare un'inversione rituale dei ruoli,
durante la quale lo staff serve a tavola gli internati e fa loro altri piccoli
servizi (167).
Nelle istituzioni totali la festa annuale è spesso collegata alla celebrazione
di Natale. Una volta all'anno gli internati addobbano l'istituto con decorazioni
facilmente asportabili, procurate in parte dallo staff, scacciando in tal modo
dalle stanze dove abitualmente vivono, ciò che uno specialissimo pranzo
scaccerà poi dalla tavola. Vengono distribuiti fra gli internati piccoli
doni e favori; alcune prestazioni abituali sono soppresse; le visite possono
trattenersi più a lungo e le restrizioni sulle licenze vengono ridotte.
In generale i rigori della vita istituzionale per gli internati sono mitigati
per un giorno. E' qui il caso di citare la descrizione di una prigione inglese
al proposito:
"Le autorità fecero del loro meglio per rallegrarci. La mattina
di Natale ci sedemmo per una colazione di fiocchi d'avena, salsicce, pancetta,
fagioli, pane fritto, margarina, pane e marmellata. A mezzogiorno ci fu maiale
arrosto, il dolce di Natale e caffè; e a cena dolce e caffè, invece
della solita tazza di cacao.
Le sale furono decorate con stelle filanti, palloni e campanelle, ognuna con
il suo albero di Natale. Ci furono rappresentazioni cinematografiche extra,
in palestra. Due degli ufficiali mi regalarono un sigaro ciascuno. Mi fu concesso
di mandare e di ricevere alcuni telegrammi di auguri e, per la prima volta da
quando sono in prigione, ebbi abbastanza sigarette da fumare" (168).
In America, a Pasqua, il 4 luglio, la vigilia di Ognissanti e il giorno del
Ringraziamento può ripetersi una versione diluita della cerimonia di
Natale.
Un'interessante cerimonia istituzionale, spesso unita con la festa annuale e
la celebrazione di Natale, è il teatro istituzionale (169). Di solito
gli internati recitano e lo staff ne è l'organizzatore; ma talvolta si
trovano casts «misti». Il testo è scritto normalmente da
membri dell'istituzione, staff o internati, la rappresentazione può quindi
essere piena di riferimenti locali dando così, attraverso l'uso privato
di una forma di comunicazione pubblica, un particolare senso della realtà
degli eventi interni all'istituzione. Molto spesso lo spettacolo consiste in
sketches satirici che prendono in giro gli esponenti più noti dell'istituto,
in particolare i componenti dello staff (170). Se, come è frequente,
la comunità degli internati è di un solo sesso, allora è
probabile che alcuni attori recitino travestiti, nel ruolo burlesco di membri
dell'altro sesso. Spesso si mettono alla prova i limiti della licenza, dato
che la presa in giro supera quanto alcuni membri dello staff riterrebbero tollerabile.
Melville, commentando il rilassamento della disciplina durante e immediatamente
dopo una rappresentazione teatrale, a bordo di una nave, dice:
"A questo punto Giacchetta Bianca deve un po' moralizzare. L'insolito spettacolo di file di ufficiali confusi con il <popolo>, nell'atto di applaudire un semplice marinaio come Jack Chase, mi riempì allora delle più piacevoli emozioni. Dopotutto è bello, pensavo, vedere questi ufficiali dimostrare nei nostri confronti un sentimento di fratellanza umana; è bello apprezzare cordialmente i molti meriti del mio impareggiabile Jack. Ah! Sono tutti nobili compagni, dopotutto, e forse talvolta ho fatto loro torto nei miei pensieri" (171).
Oltre agli sketches satirici, vi possono essere delle rappresentazioni drammatiche
che raccontano gli orrori passati di simili istituzioni totali, in contrasto
con il presente che si presume migliore (172). Il pubblico di questo genere
di spettacoli sarà costituito sia da internati che dallo staff, benché
spesso separati ecologicamente; e, in alcuni casi, può essere permesso
anche ad «esterni» di parteciparvi. Il fatto che lo spettacolo teatrale
sia talvolta presentato ad un pubblico esterno, senza dubbio fornisce, sia agli
internati che allo staff, uno sfondo contrastante sul quale possono avvertire
un reciproco senso di unità. Anche altri tipi di cerimonie istituzionali
assolvono a questa funzione, spesso più direttamente. Va aumentando,
ad esempio, l'abitudine di aprire, una volta all'anno, l'ospedale; occasione
in cui i parenti degli internati e anche il pubblico in generale possono essere
invitati ad ispezionarlo: in questo modo possono rendersi direttamente conto
dell'alto livello di vita umano che vi si mantiene. In questa circostanza lo
staff e gli internati tendono a mostrare esplicitamente di essere in buon rapporto
fra di loro, il che viene ricambiato abitualmente con una riduzione della usuale
rigorosità.
L'apertura dell'ospedale è una possibilità di successo, se non
un successo garantito, poiché si verifica entro i limiti in cui l'istituzione
accetta di esporsi. Talvolta questa esposizione della facciata è diretta
ad un pubblico interno, per la maggior parte alti esponenti del personale curante,
come riferisce un ex paziente mentale:
"Finita la colazione, alcuni pazienti si vestirono e lasciarono il reparto, riapparendo poco dopo armati di stracci e scope, con cui incominciarono, in modo stranamente meccanico, a pulire i pavimenti; come robot appena caricati. Questa improvvisa attività mi sorprese. Altri balzarono fuori portando nuove tovaglie da mettere sulle tavole pulite. Come per magia, uno o due sorveglianti fecero una tardiva apparizione e i fiori di mezza estate sbocciarono intorno improvvisamente. Il reparto era irriconoscibile, tanto sembrava diverso. Mi domandavo se i medici lo avessero mai visto nella sua abituale nudità, e fui ugualmente sorpreso quando, dopo la loro visita, tutto questo splendore sparì, così rapidamente come era apparso" (173).
Il più delle volte la messa in scena istituzionale sembra preparata per i visitatori. Talvolta ne è occasione la visita ad un particolare internato da parte di un particolare visitatore. Spesso i visitatori non hanno avuto alcuna iniziazione alla vita ospedaliera e, come ho già detto in precedenza, potrebbero fare domande imbarazzanti. In questo caso l'internato stesso si trova a giocare un ruolo importante nella presentazione dell'istituzione. Un medico, studioso di ospedali psichiatrici, ne dà un esempio:
"La situazione risultava evidente se si chiedeva che cosa succedesse quando un paziente riceveva una visita. Il visitatore era annunciato per telefono dall'ufficio centrale dell'ospedale. Il paziente interessato veniva quindi tirato fuori dal reparto chiuso, lavato e vestito. Quando era pronto per la scena, veniva portato nel parlatorio dal quale non si poteva vedere il reparto. Se il paziente risultava troppo intelligente per potersi fidare di lui, non lo si lasciava mai solo con il visitatore. Tuttavia anche con queste precauzioni si destavano, talvolta, dei sospetti ed era allora compito degli infermieri del reparto tenere la situazione sotto controllo" (174).
Il «parlatorio», in alcune istituzioni totali, ha una funzione
molto importante. Sia l'arredamento che il comportamento generale sono qui molto
più vicini ai moduli di vita esterni, che non a quelli che prevalgono
nei luoghi in cui vive realmente l'internato. Ciò di cui i visitatori
vengono a conoscenza del mondo del ricoverato, serve a far diminuire la pressione
che essi potrebbero altrimenti esercitare sull'istituzione. E' una constatazione
umanamente molto melanconica riconoscere che, dopo un certo tempo, tutte e tre
le parti interessate - internato, visitatore e personale curante - si rendono
conto che il parlatorio non offre che una visione travestita delle cose: l'uno
realizza che anche l'altro ne è perfettamente conscio e tuttavia continuano
tacitamente la finzione.
La «messa in scena» istituzionale può anche essere diretta
ai visitatori in genere, allo scopo di offrire loro un'immagine dell'organizzazione,
atta a dissipare il vago terrore che essi provano nei confronti delle istituzioni
coatte. Mentre i visitatori riterranno di aver ispezionato tutto, saranno stati
invece accompagnati soltanto fra gli internati più cordiali e collaborativi,
e nelle zone più accoglienti dell'istituto (175). Nei grandi ospedali
psichiatrici, nuove terapie come il psicodramma o la danza possono giocare,
come ho già suggerito, un ruolo particolare al riguardo, dato che il
terapista e il gruppo con cui lavora rivelano la capacità di recitare
di fronte a degli estranei: il che è il risultato tipico di un allenamento
costante. Inoltre, un piccolo gruppo di internati preferiti, può per
anni avere il compito di scortare i visitatori attorno al villaggio Potemkin
dell’istituzione. I visitatori possono facilmente interpretare la fedeltà
e la capacità sociale di questi addetti alle visite, come esempio dell'atteggiamento
generale di tutti gli internati. Il diritto dello staff di limitare, ispezionare
e censurare la posta che esce dall'ospedale, e la regola frequente di proibire
di scrivere contro l'istituzione, aiuta a conservare l'opinione che il visitatore
si è fatta dell'organizzazione ospedaliera, contribuendo però
ad alienare gli internati da coloro ai quali non possono scrivere liberamente.
Spesso la distanza materiale dell'ospedale dalle abitazioni dei parenti degli
internati serve, non solo a dissimulare le condizioni all'interno, ma anche
a trasformare una visita di famiglia in qualcosa di simile ad una gita festiva,
così da lasciare il tempo allo staff di fare tutti i preparativi necessari.
Il visitatore potrebbe anche essere naturalmente un ispettore, un esponente
ufficiale dello staff, che cura i rapporti dell'istituzione con l'organizzazione
responsabile del controllo di una intera classe di istituzioni; in questo caso
il tipo di «preparativi» potrà essere particolarmente elaborato.
Un esempio della vita di una prigione inglese (secondo il gergo abituale delle
prigioni usato dallo scrittore) può essere qui citato:
"Ogni tanto in questa galera, come in tutte le galere del paese, c'era la visita di un commissario. Ora, questo è un gran momento nella vita dei galeotti e dei direttori. Il giorno prima dell'arrivo incominciano a fare grandi pulizie, si lavano i pavimenti, si lucidano gli ottoni, e anche gli angoli più nascosti vengono vuotati e ripuliti. Il cortile viene scopato, vengono spazzate le aiuole dalle erbacce, e ci raccomandano di pulire e tenere in ordine le celle. Alla fine arriva il gran giorno. Il commissario di solito porta un cappotto nero ed un cappello nero alla «Antony Edden» anche d'estate; spesso porta l'ombrello. Non so davvero perché facciano tanta confusione per lui; tanto, non fa altro che venire a mangiare con il direttore, dare una occhiata in giro alla galera, salire sulla macchina e andarsene. Talvolta succede che venga in giro proprio quando noi stiamo mangiando, e allora può capitare che ti domandi: «Com'è il cibo?» «Nessuna lagnanza?» Tu guardi il direttore ed il capo-turno (sono sempre con lui finché resta nella galera) e poi rispondi: «Niente da dire, signore»" (176).
Qualsiasi vantaggio portino queste visite alla vita quotidiana dell'istituto,
servono a ricordare a ciascuno che l'istituzione non è un mondo a sé
ma ha qualche rapporto, burocratico e subordinato, con le strutture del mondo
esterno. La «messa in scena» istituzionale, qualunque sia il pubblico,
può riuscire a convincere gli internati stessi di trovarsi nella migliore
istituzione di quel tipo. Ed essi sembrano straordinariamente pronti a crederlo.
Così, attraverso tale credenza, possono presumere di possedere uno status
nel mondo libero, anche se è la condizione stessa che li esilia a concederglielo.
Le modalità della «messa in scena istituzionale» ci dicono
qualcosa del processo di simbolizzazione. Primo, la facciata che l'istituzione
abitualmente mostra è probabilmente la parte nuova, moderna, che cambierà
ogni qual volta saranno apportati ammodernamenti e aggiunte. Così, quando
viene costruito un nuovo reparto in un ospedale psichiatrico, lo staff di quella
che era in precedenza la «nuova» costruzione, può sentirsi
sollevato nel sapere che il ruolo di persone «modello» e di coloro
che ricevono ufficialmente i visitatori, è stato passato ad altri. Secondo,
la «messa in scena» non ha bisogno di essere strettamente legata
ad aspetti apertamente cerimoniali dell'istituzione, come aiuole e tende inanimate,
ma spesso punta su attrezzature come l'ultimo tipo di cucina, o un complesso
apparato chirurgico; infatti la funzione rappresentativa che l'attrezzatura
verrà ad assumere può essere uno dei motivi che ne determina l'acquisto.
Infine, ogni oggetto di scena avrà necessariamente implicazioni autonome;
sebbene queste possano non corrispondere all'impressione che l'oggetto crea,
possono tuttavia risultare significative. L'esposizione di fotografie all'entrata
delle istituzioni totali, raffiguranti il ciclo di attività che il malato
ideale svolge insieme allo staff ideale, spesso ha poco a che fare con i fatti
reali della vita istituzionale, ma almeno alcuni internati hanno passato una
mattinata piacevole, posando per il fotografo. I muri dipinti dagli internati
che prigioni, ospedali ed altri istituti mostrano con orgoglio nelle zone in
vista del fabbricato, non significano che gli internati, in gruppo, siano stati
incoraggiati al lavoro artistico o si siano sentiti creativamente coinvolti
nell'organizzazione, ma ci fanno presumere che almeno un internato abbia potuto
dedicarsi ad un'attività (177). Il cibo servito il giorno della ispezione
o il «giorno di apertura» può consentire, almeno per una
volta, una certa varietà rispetto al solito menù (178). Il fatto
che l'istituto veda di buon occhio attività come il giornale interno
e le rappresentazioni teatrali, porta almeno qualche vantaggio, sul piano del
ritmo di vita, al piccolo gruppo di internati che se ne occupano. In un'istituzione
psichiatrica il reparto ammissione a pagamento dispone di stanze confortevoli,
che possono provvedere ai visitatori un'impressione esatta per ciò che
riguarda una parte della popolazione degli internati.
Si può aggiungere che le dinamiche di apparenza coinvolgono più
del semplice contrasto fra rappresentazione e realtà. In molte istituzioni
totali si distribuiscono punizioni non legittimate dalle regole. Queste penalità
sono di solito somministrate in celle chiuse, o in qualche altro luogo appartato
dagli occhi della maggior parte degli internati e dello staff. Sebbene queste
azioni possano non essere frequenti, tendono a verificarsi in modo strutturato,
come conseguenza, nota o suggerita, per un certo tipo di trasgressioni. Questi
eventi sono, nel ciclo quotidiano istituzionale, ciò che il ciclo quotidiano
istituzionale è nei confronti della rappresentazione costruita per i
visitatori, e tutti e tre gli aspetti della realtà - ciò che si
nasconde agli internati, ciò che si rivela loro e ciò che si mostra
ai visitatori - devono essere considerati come parti di un intero, in buon rapporto
fra di loro, con funzioni diverse.
Ho già sostenuto che le visite individuali, il giorno di apertura e le
ispezioni consentono ai visitatori di rassicurarsi sul buon andamento generale
dell'istituto. Altre pratiche istituzionali offrono la medesima opportunità.
C'è, ad esempio, una combinazione interessante fra le istituzioni totali
e gli attori di teatro, dilettanti ed ex professionisti. Da un lato l'istituzione
provvede un palcoscenico e garantisce un pubblico attento; dall'altro gli attori
offrono uno spettacolo gratuito. Gli uni possono avere un tal bisogno dei servizi
degli altri, che passando oltre ai propri gusti personali, dànno origine
ad una sorta di relazione simbiotica (179). In ogni caso, mentre i membri dell'istituzione
assistono alla rappresentazione, gli attori possono rendersi conto del tipo
di rapporto che lega staff e internati; tanto armonioso cioè da consentire
di riunirsi per ciò che appare ai loro occhi come una serata divertente,
cui possono partecipare volontariamente tutti coloro che lo desiderano.
Le cerimonie istituzionali che si verificano per mezzo di canali di comunicazione
come il giornale interno, le riunioni di gruppo, il giorno di apertura dell'istituto,
e spettacoli di beneficenza, è probabile assolvano ad alcune funzioni
sociali latenti; alcune di queste sembrano particolarmente evidenti in un altro
tipo di cerimonie istituzionali, gli sports che si svolgono nell'ospedale. La
squadra è costituita da un gruppo di internati, scelti fra quelli che
si sono dimostrati i migliori in competizioni interne. Attraverso la competizione
con gli esterni i «campioni» si trovano ad assumere un ruolo che
esce evidentemente dallo stereotipo di ciò che è un internato
- lo sport di squadra richiede infatti qualità come intelligenza, bravura,
costanza, collaborazione, e senso d'onore - qualità che vengono ostentate
in queste occasioni agli occhi degli osservatori esterni e del personale che
vi assiste. Inoltre la squadra esterna e tutti i fans che riesce a portare con
sé, sono spinti a vedere l'ospedale come un luogo naturale dove accadono
cose naturali. In cambio del fatto di avere la possibilità di mostrarsi
sotto questa luce, gli internati rivelano, attraverso la loro squadra, qualcosa
dell'istituzione. Nell'esercitare questa attività che può essere
ritenuta volontaria, la squadra degli internati dimostra infatti ai visitatori
e ai compagni spettatori che almeno in questo contesto lo staff non è
tirannico, che una squadra di internati è in grado di rappresentare l'intera
istituzione e che le è permesso farlo. Inoltre attraverso le grida di
incoraggiamento per la squadra dell'istituto, sia lo staff che gli internati
rivelano di essere entrambi coinvolti nell'entità istituzionale (180).
Talvolta lo staff non si limita ad istruire le squadre di internati, ma vi partecipa
occasionalmente, dimenticando, per la durata del gioco, le differenze sociali,
così come spesso accade nelle competizioni sportive. Nelle istituzioni
in cui non si praticano sports fra squadre interne ed esterne all'ospedale,
essi possono essere sostituiti da competizioni sostenute fra squadre interne,
di fronte ad un pubblico formato da esterni che agiscono come una sorta di gruppo
simbolico con la funzione di assistere, far da arbitro e consegnare premi (181).
Le funzioni religiose e i divertimenti domenicali sono talvolta messi l'uno
in opposizione all'altro; nelle istituzioni totali questo può, in parte,
essere recepito come un doppione superfluo di funzioni. Così come gli
eventi sportivi e gli spettacoli di beneficenza, un servizio religioso è
infatti un momento in cui si può far intravedere l'unione dello staff
e degli internati dimostrando che, in certi ruoli non rilevanti, entrambi fanno
parte dello stesso pubblico, vis-à-vis con lo stesso attore esterno.
In tutte le cerimonie istituzionali cui ho accennato, lo staff si trova a giocare,
con molta probabilità, più di un ruolo di controllo. Spesso un
esponente ufficiale di alto grado le presenzia, in rappresentanza della direzione
e (si spera) dell'intera istituzione. Nel qual caso si veste bene, si commuove
per l'occasione, sorride, parla, dà strette di mano. Inaugura nuove costruzioni
e nuove attrezzature, giudica gare e consegna premi. Mentre recita questo ruolo,
il suo modo di rivolgersi agli internati sarà particolarmente fraterno;
essi dimostreranno nei suoi confronti imbarazzo e rispetto, ed egli li ricambierà
con un interesse da vecchio zio. Una delle funzioni degli internati più
conosciuti nell'istituzione, è quella di fornire ad un gruppo di membri
dello staff, alcune persone cui siano abbastanza legati da poter giocare, nei
loro confronti, il ruolo di vecchi zii. Nei nostri grandi ospedali psichiatrici,
paternalisticamente organizzati, le persone più qualificate dello staff
possono essere invitate a passare buona parte del loro tempo nel presenziare
a queste cerimonie occasionali, offrendoci così una delle ultime occasioni
nella nostra società di osservare il ruolo di «signore del castello».
Il fatto di poter analizzare in queste cerimonie un ruolo che risulta avvicinabile
a quello del «nobile che si concede», non dovrebbe essere sottovalutato,
dato che il modello originario può essere fatto risalire alla festa annuale
che riuniva i servi e i signori di una «grande casata», in occasione
di mostre di fiori, avvenimenti sportivi e perfino feste danzanti in una mescolanza
particolare (182).
Si dovrebbero ora aggiungere alcuni commenti conclusivi su queste cerimonie
istituzionali. Esse tendono a verificarsi con una periodicità abbastanza
costante, dando luogo ad una sorta di movimento sociale. Tutti gli strati dell'istituzione
vi partecipano, al di fuori della loro posizione e del loro rango, ma nello
stesso tempo viene fissato loro un posto che ne esprime la condizione. Queste
pratiche cerimoniali si adattano bene all'analisi di Durkheim: una comunità
profondamente separata in internati e staff, può, attraverso queste cerimonie,
mantenersi unita. Il contenuto stesso di tali cerimonie favorisce questo tipo
di interpretazione funzionale. Ad esempio, c'è sempre, in queste occasioni,
un tentativo o moto di ribellione da parte degli internati; attraverso un timido
articolo, uno sketch satirico, o la troppa familiarità dimostrata durante
il ballo, accade talvolta che il subordinato prenda confidenza con il superiore.
Qui possiamo concordare con l'analisi di Max Gluckman e arguire che la tolleranza
stessa di queste sconvenienze è segno della forza dell'istituzione:
"Poiché agire sui conflitti, direttamente, indirettamente o secondo altre forme simboliche, enfatizza la coesione sociale nella quale i conflitti si manifestano" (183).
Mostrare la propria ribellione all'autorità in un momento in cui tale
ribellione è accettata come legittima, è scambiare l'espressione
per una cospirazione.
Tuttavia una semplice analisi funzionale di alcuni riti istituzionali non convince
pienamente, tranne per l'effetto, che evidentemente risulta occasionale, della
terapia di gruppo. In parecchi casi è già molto se questo rilassamento
dei ruoli riesce a creare una solidarietà fra personale curante ed internato.
Lo staff si lamenta, di solito, della noia di queste cerimonie e del fatto di
essere obbligati a parteciparvi per il loro "noblesse oblige" o, peggio
ancora, per quello dei superiori. Gli internati spesso vi partecipano perché,
ovunque si svolga la cerimonia, saranno sempre più comodi e meno ristretti
di quanto lo sarebbero altrove. Inoltre, talvolta vi partecipano per guadagnarsi
il favore del personale curante e ottenere prima la dimissione. Un'istituzione
totale ha probabilmente bisogno di queste cerimonie collettive in quanto è
qualcosa di più di un'organizzazione formale; ma le sue cerimonie risultano
spesso miserevoli e monotone, forse perché l'istituzione è qualcosa
meno di una comunità.
Comunque, qualsiasi vantaggio offra ai membri di un'istituzione totale, la cerimonia
istituzionale presenta qualcosa di apprezzabile agli studiosi di questo tipo
di organizzazioni. Il fatto stesso che la «cerimonia» modifichi
temporaneamente la relazione abituale fra internato e staff, dimostra che la
differenza fra i due gruppi non è inevitabile e immodificabile. Per quanto
monotona e funzionale, la cerimonia segna una sospensione o anche un capovolgimento
del dramma sociale usuale, ricordandoci che ciò che è stato accantonato
ha un carattere drammaturgico e non materiale. Analogamente l'intransigenza,
la presa in giro collettiva dello staff, e i coinvolgimenti personali nella
linea staff-internato fanno pensare che la realtà sociale nell'istituzione
totale sia precaria. Io ritengo che non si dovrebbe stupire di questi rilassamenti
nella netta definizione delle distanze sociali; quanto piuttosto del fatto che
non vi appaiono ancora fratture più profonde.
Date alcune finalità, regolamenti, servizi, regole di base, ogni tipo
di istituzioni sembra gradualmente aggiungere intensità e colore a questi
ordinamenti. Mansioni e compensi economici vengono assegnati così come
sono assegnati, allo stesso tempo, il carattere e l'essere di ognuno. Nelle
istituzioni totali gli elementi che, all'interno di una mansione, definiscono
il "sé" sembrano essere portati ad un estremo. Nel momento
in cui si fa parte di un'istituzione, si viene vissuti come in possesso di alcuni
tratti e qualità di carattere, essenziali; tratti che differiranno radicalmente
a seconda che si appartenga al gruppo curante o al gruppo degli internati.
Il ruolo dello staff e quello dell'internato coprono ogni aspetto della vita.
Ma queste caratterizzazioni definite, devono essere sostenute da persone seriamente
preparate in altri ruoli civili e in altre possibilità di rapporto. Quanto
più l'istituzione incoraggia l'idea che il personale curante e gli internati
appartengono a categorie umane completamente diverse (ad esempio per mezzo di
regole che proibiscono rapporti sociali informali fra di loro), tanto più
profondo risulterà il dramma della differenza tra staff e internati,
tanto più incompatibile diventerà la «scena» che essi
dovranno recitare usando un repertorio tipico della vita civile, e tanto più
essa risulterà smascherabile.
Ci sono quindi motivi per dichiarare che una delle principali realizzazioni
delle istituzioni totali è la dimostrazione della diversità di
due categorie definite di persone; diversità che si rivela nelle qualità
sociali e nel carattere morale, nella percezione di sé e dell'altro.
Ogni ordinamento sociale sembra quindi puntualizzare la profonda differenza
che esiste in un ospedale psichiatrico tra medico e paziente; nelle prigioni
tra funzionari e detenuti; in unità militari (specialmente quelle di
élites) tra ufficiali e soldati. Il che è una notevole realizzazione
sociale, anche se si presume che la somiglianza dei partecipanti al gioco che
le cerimonie istituzionali vogliono mostrarci, possa creare alcuni problemi
relativi all'allestimento del gioco stesso e quindi stati di tensione individuali.
Vorrei ora ricordare un sintomo di questi problemi di allestimento. Nelle istituzioni
totali si riferiscono, abitualmente, aneddoti di identità. Gli internati
raccontano del tempo in cui erano stati confusi per membri dello staff e ne
avevano sostenuto per un po' la parte o di quando avevano confuso un membro
dello staff per un internato; analogamente, membri dello staff riferiscono di
quando erano stati presi per internati. Altri errori d'identità si verificano
quando un membro di un gruppo imita un membro dell'altro, o tratta un membro
del suo gruppo come uno dell'altra categoria, per puro divertimento. Le satire
annuali fatte alle spalle dello staff sono la fonte di queste prese in giro;
ne sono altra occasione i momenti in cui non si sa che cosa fare durante il
giorno. Inoltre si riscontrano drammi d'identità nel caso di persone
che, essendo originariamente membri dello staff, cadono per qualche motivo in
disgrazia e si trovano a diventare membri del gruppo degli internati della medesima
istituzione. Io credo che questi problemi relativi all'identità mettano
a fuoco la difficoltà di sostenere la drammatica diversità fra
persone che, in molti casi, potrebbero rovesciare i ruoli e passare l'uno dalla
parte dell'altro. (In realtà esse sono impegnate in una parodia di rovesciamento
di ruolo). Non è chiaro quali problemi queste cerimonie riescano a risolvere,
è tuttavia chiaro ciò a cui mirano.