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Scavi
e ricerche sul Paleolitico. Dina Rina -
architetto
Visita
guidata venerdì 24 luglio 2015
Museo Archeologico di Scario, San Giovanni a Piro
(SA)
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La
testimonianza della presenza dell'uomo da tempi lontanissimi, la
dove oggi è la costa di Scario, è emersa nella campagna di scavi
risalente al 1984, promossa dal Dipartimento di Archeologia e
Storia dell'Università di Siena e dalla Soprintendenza
archeologica di Salerno. Molte tracce dei nostri lontani
progenitori sono state rinvenute: manufatti litici, residui di
cibo costituito da ossa di animali, focolari visibili in molti
strati sovrapposti, che testimoniano la continuità della presenza
umana.
Il
reperto sicuramente più interessante è costituito da una
mandibola attribuita ad un bambino di circa 3-4 anni d'epoca
neanderthaliana, fatta oggetto di studio e di restauro dal Museo
Preistorico ed Etnografico "L. Pigorini" di Roma. LA
mandibola che proviene dalla base dello strato a focolari,
conserva quattro molari di latte; i rami ascendenti, i canini e
gli incisivi sono andati perduti dopo la morte, e la parte destra
si è leggermente deformata per il peso degli strati soprastanti.
I resti sono difficili da ritrovare. I caratteri arcaici, e la
collocazione stratigrafica all'interno del deposito, fanno
ipotizzare un'età fra gli 80 mila e 90 mila anni dal presente.
Nel Cilento, oltre alla mandibola della Molara (la grotta dista
circa 2 miglia da Scario), gli unici altri resti nenderthaliani
fin'ora rinvenuti sono quattro denti isolati della Grotta Taddeo,
a Marina di Camerota (Salerno).
I
ritrovamenti del riparo della Molara (localmente chiamata anche
del "Molare") sono di una tale importanza scientifica
che, nel 1989, apparve un dettagliato servizio sull'"Amreican
Journal of Physical Anthropology". Negli anni 1991-1992,
i reperti venuti alla luce furono ordinati in una pregevole mostra
allestita a Siena, presso l'accademia dei Fisiocratici, sotto
l'insegna "Scavo a Scario".
La
mostra permanente del museo scariota, intitolata "Centomila
anni prima di Scario", composta dal calco dello scavo e di
parte della paleosuperficie del Riparo della Molara, oltre che da
una serie di pannelli in cui sono illustrati i dati archeologici
dell'area dello scavo, è impreziosita da un ricco e interessante
corredo iconografico. Un percorso guidato di grande rilevanza
dittaco-scientifica.
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Ecomuseo
Virtuale Paleolitico. Rosanna Mazzeo, responsabile MUVIP
Visita
guidata venerdì 31 luglio
2015 loc. Marina, Camerota (SA)
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Il
Museo Virtuale del Paleolitico (MUVIP) posto a Marina di Camerota,
di recente realizzazione, nasce con l'obiettivo di trasmettere a
tutti l'importanza storica, naturalistica, geologica ed
archeologica delle grotte di Marina di Camerota, e di favorire,
attraverso l'elaborazione di una serie di percorsi tematici, la
conoscenza delle frazioni interne del Comune: Marina, Licusati e
Lentiscosa.
La
struttura è dunque sia centro di informazioni turistiche che
luogo di approfondimento per conoscere uno degli elementi
archeologici di maggiore importanza di tutto il territorio: le
Grotte frequentate dall'uomo preistorico.
Si
compone di una sala immersiva dove il visitatore è in grado di
scegliere il percorso preferito per iniziare un viaggio virtuale
all'interno delle grotte, e di una postazione informativa del
territorio, che grazie all'ausilio di un plastico dell'intera area
di Camerota, permette di conoscere ed approfondire le bellezze
paesaggistiche e culturali delle sue frazioni.
Il
MUVIP è completo di un punto informazioni che offre ai turisti e
ai visitatori materiali cartacei, dedicati sia agli adulti che ai
bambini, e la possibilità inoltre di consultare il portale
turistico dedicato.
Le
grotte preistoriche, raggiungibili a piedi con una splendida
passeggiata dal centro di Marina di Camerota verso la spiaggia di
Lentiscelle, sono le grotte della Cala, del Poggio e della
Serratura, mentre la grotta del Noglio e quella degli Infreschi
possono essere viste attraverso una piacevole gita in barca.
Le
profondità di queste caverne hanno custodito strumenti di pietra
scheggiata, focolari, ossa di animali, contenitori in ceramica,
ciottoli dipinti e ami da pesca in osso che hanno permesso di
ricostruire la vita dell'uomo preistorico, le sue attività, ma
anche l'ambiente nel quale viveva.
Grotta
della Cala, Grotta del Poggio, Grotta della Serratura e Grotta del
Noglio sono solamente alcuni dei silenziosi testimoni che hanno
raccontato agli archeologi le vicende umane e le trasformazioni
climatiche degli ultimi 200.000 anni. Nel corso di questo lungo
periodo, infatti, sono avvenute frequenti e intense variazioni
climatiche, con un'alternanza di periodi caldi e freddi che hanno
trasformato il paesaggio, la vegetazione e la composizione della
fauna.
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Velia
Teatro spettacolo Le Rane - Aristofane. Compagnia
"Kerkis. Teatro Antico in Scena"
Ascea
(SA)
mercoledì 5 agosto 2015
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Nel
programma del "Il golfo di Policastro nella storia"
abbiamo voluto inserire una tappa della rassegna Velia Teatro,
giunta ormai alla XVIII edizione. Non avendo, per il periodo
greco, siti o resti archeologici ben visibili si è voluto
testimoniare l'importante passaggio e permanenza della cultura
greca nel nostro territorio partecipando allo spettacolo Le Rane
di Aristofane
Introdotto
da Elisabetta Matelli, docente di Storia del Teatro Greco e Latino
all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e presidente
dell'Associazione "Kerkis. Teatro Antico In Scena".
Il
racconto: un viaggio nell’oltretomba. Un dio, Dioniso,
travestito da eroe. Un servo. Questi gli elementi iniziali di un
viaggio avventuroso e ricco di colpi di scena, fatto di incontri
con personaggi del mito, mostri multiformi, animali stravaganti,
alla ricerca dell’unica risposta alla crisi che attanaglia la
città: fare risorgere il teatro, riportando tra i vivi Euripide,
sommo poeta. Dall’Atene del 405 a.C., un testo carico di
riflessioni politiche, morali, poetiche, escatologiche, capace di
parlare ancora, anche a un pubblico contemporaneo
Scene
e maschere a opera della Scuola di Scenografia dell'Accademia di
Belle Arti di Brera in collaborazione con Zorba Officine Creative.
In
scena la compagnia Kerkis: Federica Gurrieri, Giulia Quercioli,
Lorenzo Matino,Stefano Rovelli, Vito Sisto,Federica Scazzarriello,
Marta Banfi, Chiara Arrigoni, Simone Mauri, Livia Ceccarelli,
Federica Dagonese, Eleonora Fedeli, Erica Gallesi, Annachiara
Fanelli, Susanna Folegatti.
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Greci
e indigeni tra fiume Noce e Lao. Cristina Florenzano -
guida turistica
Visita
guidata venerdì 14 agosto 2015 Museo di Archeologia, Rivello (PZ)
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L'insediamento indigeno di "Serra città" a Rivello. Ad
attirare l'attenzione degli archeologi moderni sulla collina
di "Serra Città" (che per gli abitanti del luogo è
sempre stata semplicemente "la Città", e che già vari
autori del sette-ottocento avevano citato come luogo di
ritrovamento del materiale antico) fu, nel 1949, Paola Zancani
Montuoro.
Partendo
da un passo di Plinio, nel quale lo storico menzionava tra le
popolazioni della Lucania interna i Sirini, ed
osservando i dati toponomastici dell'area circostante
Rivello (dove un massiccio montuoso e un piccolo lago si chiamano
entrambi Sirino), la studiosa - dopo una ricognizione che l'aveva
portata anche sulla "Serra" - individuava sul sito un
insediamento indigeno. Andava però oltre: proponeva che una seria
di monete incuse con sui due lati nomi di città attribuite
anzichè alla colonia ionica di Siris a due centri indigeni,
Sirino e Pixunte, (da localizzare rispettivamente nei pressi di
Rivello ed a Policastro Bussentino) che sarebbero stati legati da
un'alleanza sotto l'egida di Sibari, come indicato dal tipo
monetale del toro retrospiciente.
Premesso
che sino ad ora non disponiamo di documenti archeologici a riprova
della proposta denominazione del sito, la ricerca di scavo, che -
salvo sporadici episodi nel corso degli anni sessanta - è
iniziata in modo sistematico a partire dal 1980, e prosegue
tutt'ora, ha confermato che sulla "Serra" - esiste un
insediamento già nel corso del VI sec. a.C. e che - a differenza
di molti altri siti indigeni - esso continua ad esistere nel
secolo successivo.
In età
classica, esso assume anche una forma organizzata, dotandosi tra
l'altro di un apparato difensivo; la vita s'interrompe nella parte
iniziale del III secolo a.C., sebbene materiali sporadici
segnalino una parziale frequentazione ancora in età romana.
La
mostra permanente di Rivello è allestita nel convento di S.
Antonio, edificato nel 1515 dall'Ordine dei Frati Minori
Osservanti di Basilicata, la visita è quindi proseguita nella
conoscenza di questa architettura restaurata nel 1993 e che ancora
conserva in buona parte le decorazioni pittoriche tra le quali
l'affresco del 1559 di Giovanni Todisco da Abriola in cui viene
rappresentata l'Ultima Cena.
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Enotri
e Lucani al Museo di Blanda. Fabrizio Mollo- archeologo,
ricercatore Dipartimento delle Civiltà Antiche e Moderne
Università di Messina
Visita
guidata venerdì 21 agosto 2015
Mausoleo
del Pergolo, Tortora (CS)
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Nella
seconda metà del V secolo a.C., in seguito a vari eventi storici
che provocarono la crisi di alcune colonie greche e
l’indebolimento delle comunità enotrie, la popolazione dei
Lucani scende verso Sud dalle contrade interne del Sannio e si
impossessa di numerose aree della Basilicata e della Calabria.
A Tortora l’arrivo dei Lucani è documentato a partire
dall’inizio del IV secolo a.C. dalla sovrapposizione di tombe
con caratteristiche diverse rispetto ai sepolcreti enotri e dalla
costruzione delle mura di fortificazione di Blanda sul Palecastro.
Poco
sappiamo delle vicende di Blanda nel corso del III secolo a.C.; le
aree di necropoli sembrano esaurirsi verso la fine del IV secolo
a.C. e lasciano ritenere che la comunità sia sicuramente entrata
in crisi già al tempo della spedizione di Pirro.
La
definitiva capitolazione ai Romani avviene tuttavia nel corso
della guerra annibalica; lo storico romano Tito Livio racconta,
infatti, che nel 214 a.C. il console romano conquistò la città
di Blanda che diviene civitas foederata.
Dopo
due secoli di vita stentata (assai scarsamente documentata dai
resti archeologici), sul colle Palecastro, sede della città
lucana fortificata, in seguito ai provvedimenti legislativi con i
quali tra il 90 e il 50 a.C. la cittadinanza romana venne estesa a
tutti gli italici, nacque il municipium di Blanda Julia; ad
esso è dedicata l’ultima sezione del museo (sala 5). Gli scavi
sul Palecastro hanno permesso di portare alla luce sulla sommità
del colle la piazza del foro con il Capitolium, il tempio dedicato
alla triade capitolina: Giove, Giunone e Minerva. leggi
di più
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I
Lucani di Roccagloriosa. Anna Maria Tripari - dott. in
archeologia
Visita
guidata domenica 30 agosto
2015 loc. Rocchetta,
Roccagloriosa (SA)
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La dorsale del Monte Capitenali, dove sorge Roccagloriosa,
costiruisca uno spartiacque fra la Valle del Mingardo e la Valle
del Bussento e rappresenta un punto di controllo strategico
dell'intera regione. A parire dal V sec. a. C., i rinvenimenti
archeologici dall'area di Roccagloriosa, sia pur scarsi,
permettono di delinerare un quadro meno ipotetico degli sviluppi
storico-culturali dell'area. Gli elementi già acquisiti
traspirare l'esisitenza di importanti fenomeni di trasformazione
socio-economica dell'area, che sembra lecito mettere in relazione
con quanto sappiamo dalle fonti scritte sul processo di "sannitizzazione"
di vaste zone dell'Italia meridionale e l'emergere sulla scena
della storia politica della Magna Grecia di un ethonos lucano,
il quale ci appare già con una sua caratteristica organizzazione
cantonale nel corso del successivo IV sec. a.C.
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Da
Pixus a Policastro passando per Buxentum. Elena Santoro e Lara
Marelli – archeologhe associazione Etruria Nova
Visita
guidata, sabato 19 settembre 2015 Santa
Marina (SA)
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Posto sulla cima di un colle prospiciente una insenatura marina
che, nell’antichità, rappresentava uno dei porti più sicuri
lungo il tratto di costa tra Napoli e lo Stretto di Messina e, al
tempo stesso, affacciato sul fiume Bussento, che
offriva una pratica ed economica via di contatto con le risorse e
i mercati dell’entroterra, l’abitato di Policastro è
caratterizzato da una straordinaria continuità di vita, che
costituisce una preziosa chiave di lettura per la storia della
Campania costiera.
Questo è quanto continua a emergere dagli scavi in corso,
condotti dall'Università di Genova e l'associazione Etruria Nova,
di cui non è stato pubblicato ancora nulla ma che potremmo
conoscere in questa visita, guidata da chi ha scavato.
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La
Pompei della Basilicata: Grumentum. Danila Scaldaferri -
dott. in lettere
Visita
guidata sabato 17 ottobre
2015 Museo Archeologico Nazionale e scavi, Grumento Nova (PZ)
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La catena dei Monti della Maddalena costituisce
lo spartiacque tra il Vallo di Diano e la Val d’Agri, oggi
ricompresi in due regioni differenti, Campania e Basilicata, ma un
tempo rientranti entrambi nella regione storica della Lucania.
Accomunate dalle stesse radici, le due aree conservano importanti
tracce di un glorioso passato: proprio in Val d’Agri si trovano
infatti i ruderi della cittadina romana di Grumentum, oggi Parco
archeologico del comune di Grumento Nova (PZ). Citata a volte come
la "Pompei lucana", il nome di Grumentum è rimasto
dimenticato per lunghi secoli, finché l’interesse antiquario
prima e quello archeologico poi hanno riportato ..... leggi di più
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Evidenze
geoarcheologiche della variazione del livello del mare in epoca
storica. A Case Study: la villa marittima di epoca romana di Santa
Croce. Metodologia e tecnologie applicate. Romeo Toccaceli
- Geologo, presidente
del Gruppo Archeologico Sapri
Intervento
sabato 24 ottobre Sapri (SA)
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Indagini geoarcheologiche sono state effettuate
in un importante settore costiero del Golfo di Policastro, con
immersioni subacquee, rilevamento geologico e geomorfologico, così
come analisi stratigrafiche con carotaggio nella "Villa" e
le annesse strutture portuali datate, approssimativamente, dal II-I
sec. a.C. al I-II sec. d.C. I dati geoarcheologici e subacquei
acquisiti fino a questo momento, suggeriscono alcune considerazioni
sulle modificazioni ambientali legate alle recenti variazioni del
livello del mare.
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Organizza
ass. A.U.S.S.
INFO
www.inventati.org/auss/ - 338.8261497 / 347.5051022
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