Antagonismo, conflittualita' sociale, ulteriori dosi di precarieta'
Il ripetersi a scadenze fisse di eventi ormai stantii per idee e
prospettive impone un tentativo di riflessione sull’attuale situazione
del movimento dei movimenti, sugli spostamenti e sulle aperture dei
partiti istituzionali che si relazionano col mondo extraparlamentare e
sui possibili metodi dell’agire politico che possano chiarire i
reali schieramenti in campo, schieramenti uniti o contrapposti dal
merito delle questioni e non dal qualunquismo o dalla vaghezza di
qualche slogan ben riuscito per la sua mediaticità. L’analisi
potrebbe partire dalle parole di Leyla Dakhli (citate sul Manifesto)
inerenti gli slogan su cui si fonda l’unità del movimento e la
capacità e volontà rappresentativa dello stesso. La
Dakhli (facente parte di un gruppo antagonista di base francese) pone
innanzi tutto il problema , troppo evaso, del merito delle questioni su
cui dovrebbe aprirsi un dibattito. Generico, vago, discrezionale,
questi sono gli aggettivi possibili per lo slogan principe: UN ALTRO
MONDO E’ POSSIBILE ! Sicuramente un altro mondo è possibile, ma
a quale mondo si riferiscono le diverse anime movimentiste e
partitiche? Ad un mondo in cui le storture del sistema capitalistico
sono attenuate tramite la concessione di un qualche ammortizzatore
sociale? Ad un mondo in cui i licenziamenti senza giusta causa
sono vietati solo nei confronti dei lavoratori di grandi aziende? Ad un
mondo in cui il potere d’acquisto dipende dalla buona
volontà e dagli interessi di un sindacato confederale? Tali
interrogativi vanno posti alle diverse componenti del movimento che si
accingono a regalare anni di lotta a gruppi istituzionalizzati (nel
senso peggiore della parola). Nomi e cognomi a partire dall’area
diessina : 1) il movimento dei girotondi , totalmente proiettato sulla
difesa della legalità, come si pone rispetto ad altre
tematiche a sfondo sociale? Sorto in supplenza di una opposizione
carente su determinati temi, portato avanti criticando la nullafacenza
ulivista , si appresta a delegare la battaglia “democratica” a
quegli stessi soggetti(DS) che sono stati la causa della loro nascita.
Delega in bianco a chi ti ha costretto a venire allo scoperto . 2) La
sinistra DS (il correntone Cofferati, Salvi, Folena , Mussi,
Berlinguer), i Verdi e i Comunisti Italiani , la Cgil come si
posizionano rispetto agli accordi del luglio 93’ , al pacchetto Treu
del 97’, all’estensione dell’art 18 a tutti i lavoratori dipendenti,
all’estensione dei diritti sindacali ai lavoratori di unità
produttive con meno di 15 dipendenti, rispetto fin anche al ripristino
della scala mobile scelleratamente abrogata in nome della concertazione
confederali/confindustria? 3) Rifondazione Comunista decide o
meno di intraprendere un percorso politico che la porti fuori dalle
sorda mure delle sue sedi, iniziando una opposizione sociale di strada,
pratica che la vede sempre più carente, proiettata su un
parlamento sempre meno rappresentativo (a causa del sistema
maggioritario e del quasi raggiunto bipartitismo/bipolarismo)? Decidono
o meno i suoi militanti di base di inondare la protesta sociale
di strada con la loro presenza e oggettiva forza? 4) Il movimento dei
disobbedienti, al di là della critica che gli si può
rivolgere sul non volere incidere realmente sui rapporti di forza
all’interno di uno scontro politico, mistificando il tutto con
rappresentazioni teatrali della conflittualità, ha davvero
deciso di concedersi pienamente a quelle forze sindacali e partitiche
che tanto arretramento hanno portato ai lavoratori tramite politiche
liberiste e guerrafondaie ?
In questo quadro , compito dell’antagonismo sociale è
evidenziare le contraddizioni di tali scelte, far emergere
completamente chi stà con chi, chi vuole tutelare gli interessi
dei lavoratori e chi produce per loro solo arretramento e
precarietà, chi rifiuta la guerra senza condizioni e chi la
concepisce in presenza di determinate condizioni (avalli
sovranazionali dell’ONU). Compito ancor più importante è
dare voce, rendendole soggetti politici autonomi e autoorganizzati,
tutte quelle realtà emarginate e dimenticate non solo dalla
politica parlamentare ma anche dagli stessi movimenti. Diffondere
autoorganizzazione fra disoccupati, senza casa e sfrattati,
emarginati, lavoratori migranti e studenti, lavoratori precari e
pensionati. Diffondere l’idea della conflittualità politica come
unico mezzo per il soddisfacimento dei propri bisogni, ignorati e
calpestati dall’intero arco politico. Far comprendere come solo l’
autorganizzazione e il rifiuto di ogni delega possono andare nella
direzione della riappropriazione dei diritti .Costituire reti di
incontro di tutte le realtà autorganizzate, aprire il confronto
con i militanti dei partiti comunisti al fine di farli evadere dalla
logica delle gerarchie interne, delle deleghe, delle mozioni, del
centralismo democratico e dei principi maggioritari interni ai partiti.
Riportare tutti i compagni incastrati in logiche attendiste nel pieno
della lotta, con i modi che loro vorrano, liberi da frustanti vincoli.
Ridare autonoma progettualità politica a chi fino ad ora ha solo
atteso un via dall’alto per agire e lottare. Contrapporre quindi ad una
politica determinata dalle alte sfere una politica costruita dal basso
, collettivamente, basata sulla forza dei bisogni dei soggetti in
questione e lontana dal remissivismo, dal minimalismo, dalla
tendenza a concepire tutto l’esistente come un qualcosa di dato ed
immutabile. Creare autorganizzazione, creare autonomia dei soggetti
politici , reclamare tutto quello di cui abbiamo bisogno, non porci
freni, aggredirli mentre lor signori ci vogliono morti o inclini ad
accettare elemosina. Un movimento di massa , proiettato sui bisogni dei
meno abbienti , dei nullatenenti, dei precari in genere, un
movimento in rivolta …
Fronti di lotta:
Fondamentale è invertire una linea di tendenza che ha
caratterizzato le politiche dei diversi esecutivi nazionali (diversi
formalmente ma tutti protratti alla realizzazione di tutto ciò
che è pianificato in ambito sovranazionale da FMI , Banca
Mondiale , WTO…su indicazione delle superpotenze) non arroccandosi su
posizioni difensive di baluardi sindacali(art 18) ma riiniziando a
reclamare ciò che è andato perso e sembra essere fuori
della discussione politica. L’appoggio al referendum sull’ art 18
è importante per diverse ragioni : se dovesse passare sancirebbe
una vittoria della sinistra parlamentare , della sinistra
extraparlamentare e del sindacalismo di base nei confronti non solo di
una destra e di un centro-sinistra palesemente capitalisti e
antipopolari ma, anche nei confronti di una area
riformista (cofferatiana,da correntone DS) che pretende di mettere
cappelli sul movimento ,di attenuare la conflittualità
sociale, di rimpiazzare l’attuale dirigenza ulivista (magari al
fine di ripercorrerne le orme in discesa, senza la minima opposizione
sociale e sindacale visto le origini dei suoi probabili leaders).
Inoltre un vittoria del SI sull’art’18 sarebbe in controtendenza con la
progressiva attenuazione dei diritti lavorativi e sindacali , potrebbe
in sostanza essere un’ argine a politiche economiche e lavorative
basate sui soli criteri della competitività e del profitto. Una
vittoria determinerebbe una presa di coraggio e coscienza da parte di
quei lavoratori oggi più ricattabili, aprendo nuovi scenari
possibili di lotta. Partendo dalla giusta causa ci si inizierebbe a
concentrare sull’estensione dei diritti sindacali a tutti i lavoratori.
La tematica potrebbe essere ampliata ponendo l’accento sul recupero
automatico del potere di acquisto tramite la reintroduzione della scala
mobile , non delegando così le sorti di milioni di
famiglie a concertazioni confederali, per altro finte o nel
migliore dei casi di poche prospettive . Quello del recupero automatico
rispetto all’ inflazione reale è un tema osteggiato per ovvie
ragioni dalla confindustria, ma anche più subdolamente da un
sindacato che ne perderebbe decisamente in potere e ruolo. Promuovere
nuove campagne politiche e innescare nuove conflittualità avendo
come comune impulso la lotta alla precarietà diffusa.
Precarietà determinata dalla legalizzazione del caporalato
tramite l’ istituzione del lavoro interinale, dalla diffusione
esponenziale dei contratti a tempo determinato, dall’ulteriore
flessibilizzazione dei contratti part-time e dalle nuove figure
contrattuali come quella della collaborazione continuativa(co.co.co),
del job on call, del job sharing e dello staff leasing. Intendere
inoltre il superamento della precarietà solo come un primo passo
verso una diversa qualità della vita, e quindi in tal senso
lottare per una drastica riduzione dell’orario lavorativo a
parità di salario. E ancora, lottare per un reddito di
cittadinanza al fine sia di sottrarre dalla povertà interi
gruppi sociali sia per non rendere i senza lavoro un elemento
contrattuale nelle mani dei padroni. In nome della solidarietà
umana, prima ancora che politica, abbattere la legge repressiva e
fascistoide Bossi/Fini. Opporsi ad ogni tentativo di riforma
previdenziale comportante innalzamenti dell’età
pensionabile e obblighi di versamento del TFR nei fondi
pensione gestiti da sindacati di servizio e gruppi assicurativi
privati. Infine sottrarre dal mercato interi settori quali la
sanità, la scuola, la previdenza, l’edilizia pubblica. Sulla
base del merito di tali questioni determinare percorsi politici accanto
all’uno o all’altro soggetto politico, sulla base di piattaforme comuni
(per lo meno tendenti nella stessa direzione) costruire coalizioni
anticapitaliste , antimperialiste , popolari, di base, antagoniste.
ULTIMI AGGIORNAMENTI DAL MONDO DEI FARAONI:
Un parlamento già privo di rappresentatività (a causa di
sistemi maggioritari, di premi di maggioranza, di nefasti bipolarismi
ed eccessive lunghezze delle sue legislature e per assenza di mandati
imperativi) si appresta ad essere completamente evirato del suo
potere legislativo in una materia di cruciale importanza quale quella
lavorativa. L’ attuale maggioranza stà concedendo, in un clima
monopolizzato dall’ aggressione imperialista statunitense al popolo
iracheno ,una delega pressocche’ in bianco al governo affinché
emetta decreti legislativi che renderanno esecutivo il libro bianco sul
lavoro.Si darà una ulteriore spallata ad un organizzazione
del lavoro che invece di essere basata sui diritti e sulla sicurezza
sociale, lo sarà sulla precarietà permanente. Il concetto
stesso di diritto al lavoro verrà abolito. Figure contrattuali
come quella del job sharing (condivisione fra più lavoratori di
uno stesso lavoro)vanno in questa direzione. Facile prevedere che fra i
soggetti invischiati in tali figure contrattuali si innescheranno gare
di rendimento al fine della riconferma al termine previsto dal
contratto. E così anche il job on call,tramite cui non si ha
diritto ad un reddito, ma ad un indennità di
disponibilità nei momenti di non lavoro e a chiamate occasionali
secondo le esigenze dell’impresa . Tali meccanismi creano appositamente
conflittualità fra gli stessi lavoratori, innescano processi
mentali di subordinazione e di sfinimento alla ricerca della massima
prestazione che possa far emergere l’uno sull’altro. Insomma una
conflittualità fra quei soggetti che dovrebbero invece lottare
insieme, uniti da una comunione economica , sociale ,etica. E’ in atto
un processo di disarticolazione di ogni possibile unita’ operaia.
Contro tale rimodellamento sociale ed economico la lotta deve essere
durissima, senza tregua, non conciliabile con riformismi ,minimalismi,
e slogan di facile presa. Mentre loro cercano di dividerci, abbiamo il
dovere di riunire queste centinaia di migliaia di lavoratori che
sembrano essere figli di un dio minore molto lontano dalle
“tutele”sindacali. Autorganizzare i precari, convincerli che confronti
pacati fra esponenti in doppio petto non emanciperanno di una virgola
le loro vite.Il lavoro per una area antagonista è immenso… |