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Cosa vogliamo? Tutto... ma innanzitutto SPAZIO! Spazio per vivere, comunicare e pensare. Spazio per giocare, studiare e costruire. Spazio per respirare, ballare e opporci. Spazio per parlare, sognare e muoverci. Spazio per informare, imparare e socializzare. Spazio per condividere, lottare e creare. Spazio per riappropriarci delle nostre vite. Dalla provincia vesuviana (Portici, S. Giorgio a Cremano, Ercolano, Torre del Greco) per aggregare gruppi, collettivi e singoli individui attorno ad un progetto di riconquista degli spazi.















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Tra conflittualita' e richiami al sistema

Lo sguardo rivolto ai momenti storici in cui sono state ottenute importanti conquiste sociali, economiche e sindacali (in piena era democristiana) e all’attuale momento politico/sindacale deve indurre una riflessione all’ area del sindacalismo e del movimento antagonista (in tutte le sue componenti e diversità politiche). Lo sciopero generale del 18 ottobre 2002 ha spaccato ulteriormente una ipocrita e impossibile unita’ sindacale con organizzazioni da sempre filogovernative quali la Cisl e la Uil. Tale sciopero ha segnato una linea di demarcazione della politica della Cgil rispetto agli ultimi dieci anni di asservimento concertativo in nome dell’ulivo e del super stato Europa. La discussione sulla buona fede della Cgil non puo’ dare significativi sviluppi, in quanto saranno i fatti, i comportamenti reali futuri di tale sindacato a determinare cosa in questi mesi e’ avvenuto, cioè se ci siamo trovati di fronte ad un ripensamento verso una politica più sociale, o ad un tentativo di alzare il proprio prezzo in attesa degli sviluppi legislativi inerenti le pensioni, il tfr, i fondi pensione obbligatori privati o ad un azione politica volta a preparare la scesa in campo di Cofferati nella prospettiva di una riorganizzazione della classe dirigente dell’ulivo. Solo in quel momento sara’ possibile capire da chi potranno essere difesi gli interessi della classe lavoratrice dipendente, dei precari stanziali o migranti che siano, dei disoccupati, degli studenti, dei pensionati. Compito dell’antagonismo sociale e sindacale e’ quello di lavorare in stretta sintonia con la base degli iscritti al maggior sindacato confederale al fine di rendere impossibile che si verifichino le derive liberiste del passato, rendendo massimalista, non concertativa e conflittuale la massa dei lavoratori che in questi mesi di lotta ha ripreso un percorso rivendicativo che ormai appariva dimenticato. Le rivendicazioni inerenti la generalizzazione dell’art 18 a tutti i lavoratori (al di la’ della soglia minima dei 15 dipendenti), il ripristino della scala mobile al fine della conservazione di un vero potere di acquisto rispetto all’inflazione reale, il rifiuto dell’obbligatorieta’ dell’esproprio padronale del tfr in direzione di fondi privati, una riduzione generalizzata dell’orario lavorativo a parita’ di salario, la cancellazione di contratti palesemente antisociali quali quello interinale e quelli a tempo determinato, l’introduzione di un reddito di cittadinanza che non sia elemosina, l’introduzione di reali forme di democrazia sindacali (contratti collettivi obbligatoriamente sottoposti a referendum vincolanti fra lavoratori; abolizione della quota del 33% riservata ai confederali nell’ambito dell’elezione delle RSU; diritto di partecipazione reale assicurato ai sindacati di base), dovrebbero essere costantemente poste all’attenzione dei lavoratori, affinche’ costituiscano una forza di pressione che non consenta alla FIOM e alla CGIL di tornare indietro sulla via di un collateralismo che ha portato indietro di anni la dignità e le tutele dei lavoratori. Tale opera di massimalizzazione della lotta deve essere portata avanti non solo tramite cortei, ma mediante assemblee a partecipazione plurale (lavoratori, disoccupati, migranti, studenti, pensionati) e con la costituzione di reti di contatto permanente con la base dei lavoratori nelle fabbriche. Partire dalle fabbriche però non significa dimenticare quella che è l’attuale frammentazione del proletariato, diviso nelle più diverse forme di sfruttamento. Quindi necessariamente allargare il fronte della lotta sociale dove oggi è assente o poco influente a causa della ricattabilità in cui versano milioni di lavoratori incastrati economicamente in contratti interinali, a tempo determinato e in contratti di collaborazione continuativa. Fondamentale per il successo della lotta è respingere l’assalto che verrà fatto da parte delle forze capitalistiche di riportare la cgil al tavolo della trattativa(o meglio della resa). Se una parte dei DS ha assunto posizioni circa l’unità confederale sindacale non becere (rifare l’unità sindacale ma sulla base di posizioni di lotta), la maggioranza DS (formata anche di gente in odor di CISL e UIL) e il resto dell’ulivo spingono per una rinnovata unità sindacale ma schiacciata sulle posizioni concertative e filogovernative di CISL e UIL, mettendo di fatto una firma sul PATTO PER L’ITALIA. E’ in nome di un sindacalismo conflittuale che si deve rifiutare la trasformazione della funzione storica del sindacato da organismo di lotta a un mero ente bilaterale di servizi, non conflittuale, concertativo, corporativo, gestore di soldi altrui (tfr e fondi pensione obbligatori).

La legge schiavista…
La riduzione in schiavitù dei migranti si è concretizzata tramite la peggior legge del governo Berlusconi:la legge Bossi-Fini .
Tale abberrazione normativa si concretizza nel suo nucleo centrale nell’obbligatorieta’ per il migrante dello sfruttamento lavorativo, pena l’epulsione/esclusione dal civilizzato occidente. Poco importa se ci si riferisce a esseri umani che hanno intessuto relazioni, fatto amicizie,pagato contributi; il significato non celato è lavora per noi, alle nostre regole, non alzare la testa, altrimenti ti licenziamo e ti espelliamo in quanto schiavo riluttante… Tale bestemmia sociale diverrà col tempo oltretutto un elemento contrattuale usato per ricattare anche i lavoratori stanziali non accettanti imposizioni padronali, ricattabili con l’arma del possibile utilizzo da parte dell’ azienda dello schiavo di turno. Le lotta per i fratelli migranti deve far parte di quel processo di innalzamento delle rivendicazioni, non più difensiviste e minimaliste, ma rivendicative di vita e lavoro degni come non lo sono mai stati.

FIAT:
La natura del capitalismo nostrano ha portato ad un dramma annunciato e intuibile da una semplice osservazione degli ultimi anni del mondo Fiat:il perseguimento di spropositati profitti familiari, la totale non presa in considerazione di programmi di investimento in ricerca tecnologica,il continuo outsourcing interno (devoluzione di servizi all’interno delle fabbriche italiane ad imprese esterne) ed esterno (spostamento di intere produzioni al di là dei confini nazionali al fine di una costante riduzione del costo lavoro), l’assenza di progetti futuri sull’auto non inquinante, l’impossessamento di fondi pubblici (rottamazione) ripagati con cassa integrazione invece che con aumento dei livelli occupazionali, l’opera di alleggerimento interno (licenziamenti) al fine di costituire un più appetibile boccone per il gigante americano (General Motors) dove potevano portare se non alla dismissione di interi stabilimenti (Arese, Termini Imerese)? L’unica via di uscita da questo dramma industriale ,economico e sociale è la nazionalizzazione di un impresa che per i fondi pubblici che ha ricevuto già dovrebbe essere tale. L’investimento pubblico in tal senso non è neanche osteggiato dal diritto comunitario, e l’esperienza della Wolkswagen e della Renault dimostrano la validità dell’ impresa pubblica rispetto alla fameliche fauci del padronato privato.Ad osteggiare questo processo di nazionalizzazione non potevano che esserci il ghota del capitalismo:istituti bancari creditori, la General Motor e la stessa Fiat, il governo privo di fondi e fautore della privatizzazione del tutto conoscibile, il grande traghettatore in Europa dell’Italia (l’ulivo) e la Cisl, terrorizzata dall’assenza di fondi attuativi lo scellerato patto: l’ulivo. Tutto questo a rimarcare l’ampiezza dello schieramento avversario e le ragioni della necessaria elaborazione di una nuova coalizione politica anticapitalista, conflittuale, organizzata dal basso, priva di gerarchie partitiche destinate a svilire la lotta in nome di interessi personali. Ed e’ dalla fase embrionale e movimentistica che bisogna costruire in tale direzione, al fine di evitare la creazione di sovrastrutture imbriglianti di cui già se ne intravedono le ombre.






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