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Cosa vogliamo? Tutto... ma innanzitutto SPAZIO! Spazio per vivere, comunicare e pensare. Spazio per giocare, studiare e costruire. Spazio per respirare, ballare e opporci. Spazio per parlare, sognare e muoverci. Spazio per informare, imparare e socializzare. Spazio per condividere, lottare e creare. Spazio per riappropriarci delle nostre vite. Dalla provincia vesuviana (Portici, S. Giorgio a Cremano, Ercolano, Torre del Greco) per aggregare gruppi, collettivi e singoli individui attorno ad un progetto di riconquista degli spazi.















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Se pure fosse vero (e lo è nella misura in cui una resistenza prevede l’utilizzo di oggetti atti ad offendere) che a Genova e Napoli tutti hanno provato a difendersi dalle forze dell’ordine, e che per farlo abbiano lanciato sassi, bastoni, eretto barricate e quant’altro potesse servire a tenere lontano chi davvero era in piazza per picchiare (ovvero le forze dell’ordine), è altrettanto vera ed evidente la gravità del tipo di accuse che pendono sul movimento tutto.

Lo schema oggi sotto gli occhi di tutti è chiaro e, non per questo, meno inquietante: il movimento oggi è all’apice della sua grandezza, quanto meno per il milione di persone scese in piazza a Firenze non su una chiamata dei sindacati confederali.

C’è bisogno di alzare la tensione, c’è bisogno di accuse gravissime, c’è bisogno di repressione.

Perché, anche se, come qualcuno giustamente ipotizza, questa manovra può sembrare avventata e fuori dalla logica, senza apparenti vantaggi per il governo, almeno un obiettivo lo ha raggiunto.

Basta leggere il manifesto per accorgersi che le lotte dei lavoratori della Fiat sono relegate in quinta pagina, per dare largo (e legittimo) spazio alla repressione subita dai 42 compagni colpiti da provvedimenti.

La forza del movimento, oggi, è dunque quella di non cadere in questa trappola “giornalistica”, è quella di lasciare l’evento ai giornali, di riappropriarci della nostra libertà di associazione, sia essa pure sovversiva [art.270 c.p.], perché, è vero, sovvertire è rivoluzionare, cambiare, abbattere un ordine economico [art.270 c.p.], turbare l’esercizio del governo [art.270 c.p.], infrangere le leggi di un ordine che non riconosciamo [ex art.415 c.p.], effettuare propaganda sovversiva [art.272 c.p.] (a noi piace chiamarla controinformazione), occupare edifici [art.633 c.p.] per riappropriarci di spazi liberati di socialità e del diritto alla casa, resistere a pubblici ufficiali [art.337 c.p.] che usano violenza contro chi decide di esprimersi contro un ordine economico e sociale allo stesso tempo madre e figlio di sfruttamento e povertà.

La forza del movimento e, allo stesso tempo, l’atto di solidarietà più grande che possiamo dare a chi ha subito in prima persona questa repressione, la risposta più incisiva a quest’attacco nonché l’atto più sincero di coscienza, non può che essere il rilancio e la costruzione delle lotte.

A chi vuole farci abbassare la testa, risponderemo con le lotte sui nostri bisogni, sui nostri diritti, sulla nostra vita quotidianamente repressa.

Fuori i compagn* dalle galere.






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