Circa sei anni fa, come risultato
di un forum organizzato dalla stragrande maggioranza delle organizzazioni
politiche, sociali e sindacali basche allo scopo di studiare il significato
degli accordi di Stormont fra fra Stato inglese e forze politiche del
Nord Irlanda, ed eventuali applicazioni alla situazione di Euskal Herria,
le stesse organizzazioni firmarono un accordo, che sarebbe potuto diventare
di portata storica, se condotto a termine con coerenza ed onestà
da tutti i contraenti. Si trattava dell'accordo di Lizarra - Garazi,
dal nome delle località in cui era stato siglato. I termini fondamentali
consistevano nel considerare per prima cosa come fallito, esaurito,
lo Statuto di autonomia; come secondo punto fondamentale, il fatto che
la decisione sul futuro di Euskal Herria, spettasse solo ed unicamente
a cittadine i cittadini di Euskal Herria stessa.
La presentazione di questo accordo, oltre a sollevare pareri e estremamente
positivi in tutto il mondo, aveva come prima grande conseguenza, incassato
la proclamazione di una tregua generale unilaterale, a tempo indefinito,
da parte di ETA. Preludio a questo cessate il fuoco erano stati incontri
segreti, poi resi pubblici da ETA, col PNV, che si era impegnato, cosa
che poi negherà salvo trovarsi di fronte all'evidenza della pubblicazione
dei documenti firmati, a compiere passi concreti e sostanziali in direzione
del conseguimento di quanto prospettato dall’Accordo di Lizarra
- Garazi. Proprio il PNV, con il suo immobilismo, e la sua ambiguità
di sempre, era stato una delle maggiori cause del fallimento questo
progetto, con la conseguente rottura della tregua da parte di ETA. Non
ha detto per inciso che nessun patto di conciliazione era mai stato
neppure abbozzato dallo Stato spagnolo che, anzi, aveva dato il via
ad una escalation repressiva contro la Sinistra Abertzale che perdura
ha tuttora.
Questo stesso PNV, grande responsabile del crollo delle illusioni e
delle speranze generate dall’Accordo di Lizarra - Garazi, si ripresenta
ora alla società basca con la proposta nota come "piano
Ibarretxe". Si dovrebbe trattare in apparenza dell'attualizzazione
delle richieste da parte basca di superare lo Statuto auto non dico,
mentre nella realtà si può facilmente vedere come rappresenti
solo una proposta di riadeguamento dello stesso, un mantenere in vita
uno status istituzionale ormai screditato dai fatti, ed un gioco al
ribasso sulle legittime richieste del popolo basco.
Già il garantire "l'impegno di non esercitare unilateralmente
il diritto di autodeterminazione ed il riconoscimento esplicito dell'obbligo
di aprire un processo di negoziazione e accordo con lo Stato",
costituisce un sostanziale passo indietro rispetto quanto evidenziato
ai tempi di Lizarra - Garazi circa il diritto inalienabile del popolo
basco di decidere sul proprio futuro. Questo pone già l'asse
della discussione nelle mani dello Stato spagnolo in quanto riconosciuto
detentore del potere. Anche il parlare della volontà di formalizzare
un "patto politico di convivenza" con lo Stato spagnolo "basato
sulla libera associazione", presuppone un rinunciare al diritto
all'autodeterminazione, continuando a lasciare in mani altrui il governo
di Euskal Herria. Questo fatto è reso evidente dalle competenze
che il piano prevede di lasciare nelle mani dello Stato: competenze
riguardanti l'unificazione della dottrina e la risoluzione dei conflitti
di competenza e giurisdizionali; nazionalità spagnola, legislazione
per stranieri e diritto d'asilo; difesa e forze armate; regime di produzione,
commercio, detenzione e d'uso di armi ed esplosivi; sistema monetario;
regime doganale; marina mercantile, registrazioni navali e di immatricolazione
di aeromobili, controllo dello spazio aereo; relazioni internazionali;
penale, penitenziaria e processuale.
Tutte queste politiche e materie "restano riservate allo Stato
con carattere esclusivo".
In cambio di tanta grazia, sarebbe il caso di dire come sovrapprezzo,
"la Comunità di Euskadi concorrerà a gli oneri generali
corrispondenti alle politiche esclusive dello Stato nel suo ambito territoriale,
mediante il versamento di una quota globale nell'ambito dell'accordo
economico". Tutto questo suona in maniera evidente come un riconoscimento
di sudditanza continuato nei confronti dello Stato spagnolo. Nessuna
delle decisioni sostanziali che spettano ad un popolo quando gode del
diritto di autodeterminazione, viene rivendicata per il popolo basco.
Ma c'è di più.
Già il sopra citato Accordo di Lizarra - Garazi descriveva EUSKAL
HERRIA come una nazione composta di sete herrialdes, o province. Il
piano Ibarretxe lei riduce a 3, non a caso quelle già compreso
nello Statuto di Autonomia, con il continuamento di esclusione della
Navarra e delle tre province di Iparralde. L'esclusione d'altra parte
non è vista, cosa che sarebbe assurda vita come adesione al punto
di vista degli stati spagnolo e francese, che non riconoscono Navarra,
Zuberoa, Lapurdi e Navarra Behera come province basche, bensì,
il che è gravissimo, come accettazione di una in posizione in
tema territoriale. Questa accettazione è resa palese quando si
parla della "Comunità di Euskadi, come parte integrante
del popolo basco". Soltanto si chiede la possibilità di
"stabilire i vincoli politici e le relazioni interne al livello
municipale, territoriale" con le escluse. Poco cambia dunque fra
l'attuale situazione e la visione prospettata da Ibarretxe di uno "Stato
composito plurinazionale ed asimmetrico". La cittadinanza per non
avrebbe spagnola, anche se affiancata dalla facoltà di cittadinanza
basca, ma solo per i residenti o ex residenti, delle tre province incluse.
Come a ripetere in materia di nazionalità di obbrobri attualmente
vigenti in tema di lingue, che vedono il basco facoltativo, cioè
amministrativamente emarginato, e lo spagnolo lingua ufficiale. E poco
cambia anche con le richieste in tema di potere giudiziario.
Quello che fanno nella pratica il "piano Ibarretxe" è
attendere una mano al Governo spagnolo per aiutarlo a resuscitare il
cadavere dello Statuto Autonomico. Vale a dire, il gioco di sempre da
parte del PNV. Per quanto riguarda il popolo basco, questo già
aveva espresso, per il tramite delle sue organizzazioni politiche, sociali,
culturali e sindacali, la sua volontà reclamando il diritto allo
autodeterminazione, all'integrità territoriale, ad utilizzare
la propria lingua e la propria cultura. Come pure si era espresso su
un tema volutamente trascurato da Ibarretxe, quello del rimpatrio dei
prigionieri.
Anche il fatto di riconoscere la legittimità dell'esercito e
delle forze armate spagnole in EUSKAL HERRIA, non solo non va in direzione
della soluzione del conflitto, ma ancora di più, richiede al
popolo basco una resa con ben poche condizioni.
Il fallimento delle proposte di soluzione negoziata fin qui presentate,
fra l'altro, sempre e solo da forze della Sinistra Abertzale, è
stato dovuto al fatto che mai lo Stato spagnolo ha accettato di cessare
l'uso della violenza. Addirittura, la Direzione Nazionale di Herri Batasuna
è stata inflazionata per aver divulgato una di queste proposte,
la Alternativa Democratica, che a tutt'oggi, a dispetto del mercatino
messo in piazza dal "piano Ibarretxe", rappresenta l'unica
proposta sensata di soluzione del conflitto:
-cessazione della violenza da ambo le parti;
-riconoscimento del diritto all'autodeterminazione di EUSKAL HERRIA,
nelle sue sette province;
-liberazione dei prigionieri politici frutto del conflitto;
-allontanamento graduale e progressivo delle forze armate spagnole;
-riconoscimento della lingua e della cultura basche;
-riconoscimento del diritto per il popolo basco a decidere sul proprio
futuro e da costruire una società basca, pluralista, e basata
sulla solidarietà.
Per ultimo, una "bizzarria" alquanto di cattivo gusto. Nel
suo discorso al Parlamento basco, Ibarretxe ha rivolto un appello alla
Sinistra Abertzale affinché "non si limiti alla risorsa
demagogica e facile del no". Ha chiesto loro di essere coraggiosi
e presentare "la vostra alternativa, avete la legittimità
di 143.139 voti". Particolare curioso. Durante la campagna per
le ultime elezioni, è stata la polizia comandata dal PNV a sequestrare
le schede elettorali stampate da Autodeterminaziorako Bilgunea, ad arrestare
chi le distribuiva. Come è stata la stessa Ertzaintza a chiudere
le sedi di Batasuna, le Herriko Tabernak ecc.. Questo appello, questo
riconoscimento di voti dei quali, fra l'altro, il PNV si è impossessato
grazie all'esclusione della Sinistra Abertzale, appaiono decisamente
in malafede.
SOLIDALI CON EUSKAL HERRIA
- GENOVA