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Dancer in the Dark  è la metafora della vita di Selma, operaia arrivata in America dalla Cecoslovacchia, minata da una cecità progressiva che diventerà totale, e che fantastica, appunto, sui musical. Lavora tutti i turni in fabbrica, si porta a casa altri lavori, non ha svaghi, non ha amori, non ha niente, tranne un figlio che ha la sua stessa malattia, ma che potrà essere operato. Selma risparmia il denaro per l’operazione centesimo dopo centesimo. Quando un poliziotto (Morse) che le sembrava amico le ruba i soldi, tutto precipita, il film diventa un altro film. La donna finisce con l’uccidere il poliziotto, viene arrestata, processata, condannata a morte, potrebbe evitare l’esecuzione pagando un avvocato, ma dovrebbe usare i soldi dell’operazione del figlio. Dunque preferisce farsi impiccare, e l’impiccano, con tanto di rumore del collo che si spezza. La persona più buona e generosa subisce le cattiverie e le ingiustizie peggiori della storia del cinema.

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