All’orizzonte una quindicina di decreti d’accusa, ma…
Ticinonline – 13.11.21
Individuate la metà delle persone che hanno occupato lo stabile Vanoni prima della distruzione dell’ex macello
Videocamere, droni e fotografie per redigere un Rapporto non ancora giunto in Procura
Dovrebbero essere almeno una quindicina i decreti di accusa contro i ‘molinari’ per violazione di domicilio e danneggiamenti. L’inchiesta per i fatti accaduti la sera del 29 maggio scorso a Lugano – alla fine della manifestazione degli ‘autogestiti’ e qualche ora prima che si abbattesse la loro sede, il Macello – dovrebbe essere chiusa tra fine e inizio anno. Ma già ora dalle indagini di polizia trapelano importanti indiscrezioni, sebbene un Rapporto definitivo e ufficiale non sia ancora giunto ai magistrati.
Delle quaranta-cinquanta persone che quella sera occuparono l’ex istituto Vanoni (stabile in disuso da tempo), sino ad ora ne sono state individuate almeno una quindicina. Ma il lavoro degli investigatori non è terminato. Ci si è avvalsi dei filmati delle videocamere di sicurezza, di quelle dei droni della polizia e anche di fotografie.
Le difficoltà delle indagini – Subito si è compreso che il lavoro non sarebbe stato semplice, sia per gli investigatori sia per gli inquirenti. Difficile individuare tutte le persone che quella sera – saranno state le 19.30 – ritornando in corteo dal centro città hanno simbolicamente occupato, per un’ora o poco più, il terreno dello stabile Vanoni. Alcuni sono anche entrati nel palazzo.
Mancavano poche ore all’abbattimento dell’ex Macello. Una distruzione su cui per ora non è stata fatta piena luce, tanto che alcuni giorni fa – come si ricorderà – la procura ha annunciato un decreto di abbandono. I reati ipotizzati, contro le autorità politiche e amministrative e la polizia locale e Cantonale erano gravi: abuso di autorità e ‘messa in pericolo dell’integrità delle persone’ (fra le macerie c’era dell’amianto ma non in quantità tale, ha stabilito recentemente una perizia, da minacciare la salute di chi era presente quella notte).
E per l’abuso di autorità, quali sono state le considerazioni dei magistrati? La procura ha spiegato che l’inchiesta non ha permesso di ricostruire con esattezza quanto accaduto. Le comunicazioni nella ‘catena di comando’ nel pomeriggio, la sera e la notte di sabato 29 maggio… erano confuse. Contraddittorie. A determinare i fatti, stando a quanto emerso e non emerso, sono stati equivoci e incomprensioni. Io ho detto, ma lui invece ha capito… Insomma, un vero caos.
Sentenze paradossali – Rispetto alle polemiche di questi mesi, paradossalmente la vicenda potrebbe chiudersi con la condanna di coloro che hanno fortemente denunciato l’abbattimento dell’ex Macello: gli inquilini, i ‘molinari’. E con l’assoluzione (decreto d’abbandono) di politici, funzionari amministrativi e polizia.
Fra i corridoi dei Palazzi… da settimane, commentando le indagini in corso, ci si chiede perché, perché mai giunti a questo punto la proprietà dello stabile Vanoni – quasi a voler concretizzare un gesto di ‘pacificazione sociale’ – non ritiri la denuncia per violazione di domicilio. Una denuncia che la sera del 29 maggio giunse tempestiva. La polizia telefonò infatti al vice presidente della fondazione per informarlo su quanto stava accadendo nella loro proprietà, in via Simen a Lugano. Riccardo Caruso fu invitato a sporgere denuncia al posto di polizia di Noranco. Cosa strana, pensò immediatamente, tanto da telefonare all’allora sindaco di Lugano, Marco Borradori. Strano, commentarono i due. Strano quest’invito a raggiungere Noranco per sporgere querela.
Una soluzione diplomatica – Una stranezza. Una singolarità quell’invito alla denuncia, così si è commentato per settimane e per mesi. Soprattutto in questi ultimi giorni, dopo l’annuncio del decreto d’abbandono per il reato di ‘abuso di autorità’ di politici e polizia. E soprattutto pensando ad un altro paradosso. Lo stabile Vanoni quando avvennero i fatti aveva davanti a sé giusto giusto due mesi di vita. L’abbattimento era in programma per fine luglio. La fondazione da tempo aveva progettato un nuovo istituto. Ecco anche perché quella denuncia per violazione di proprietà privata oggi stride con la situazione. Stride con la necessità di trovare una soluzione ‘diplomatica’, indolore per le parti coinvolte. Una soluzione che possa essere l’inizio di una fase di dialogo tra ‘autogestiti’ e autorità politiche.
Ad entrare nella proprietà Vanoni furono una cinquantina di persone. Le immagini recuperate dai video e dalle fotografie hanno permesso di ‘tratteggiare’ i volti di una quarantina di persone, ma solo di quindici-venti di queste – quantomeno così emerge dalle ultime indiscrezioni – le indagini hanno consentito di risalire alle loro identità. Grazie anche o soprattutto al fatto che si tratta di persone di ‘prima fila’, cioè ‘molinari’ noti alla polizia. Coinvolti in passato in altre vicende.
La richiesta delle planimetrie – L’ultima manifestazione che richiese un importante intervento degli agenti fu a marzo 2021, nei pressi della stazione ferroviaria. E fu questa manifestazione a dare il la all’ordine di sgombero dell’ex Macello (furono tre le ingiunzioni) e, a fine maggio, all’abbattimento.
Già a fine marzo la polizia chiese agli uffici amministrativi della Città le planimetrie dell’ex Macello. Da mesi ormai si sa che l’eventualità di un abbattimento (o di un parziale abbattimento) si affiancava a quegli ordini di sgombero dati dal Municipio a partire da fine marzo. Tanto che da tempo non un segreto che prima della manifestazione del 29 maggio la polizia avesse allertato alcune imprese edili. Per fare che cosa? Demolire il tetto dell’ex Macello, in parte pericolante, così da evitare che durante eventuali tafferugli qualcuno salisse e si facesse male? O demolire il tutto, ipotesi di “lavoro” già da marzo? Prova ne sia, appunto, la richiesta delle planimetrie fatta dalla polizia.
L’abbattimento del Vanoni – In questa vicenda, contorta e quindi poco chiara, è stato per ora impossibile comprendere la dinamica dei fatti. Anche per quanto riguarda le procedure relative alle ‘licenze’ necessarie per un abbattimento (o anche solo un parziale abbattimento) dello stabile o del tetto.
Non è tutto.
Ecco un altro paradosso? Per ironia della sorte lunedì 26 luglio, lo scorso luglio, erano iniziati i lavori per l’abbattimento dello stabile Vanoni. Il giorno dopo sono stati interrotti. “L’impresa non aveva notificato per tempo l’inizio dei lavori”. Il cantiere si è immediatamente fermato in attesa del rilascio dell’autorizzazione. Così non è accaduto per l’ex Macello la notte tra il 29 e il 30 maggio.
C’era una licenzia edilizia? No. C’era una perizia sul pericolo potenziale dell’amianto presente? No.
La “catena di comando” – L’inchiesta penale, come ufficializzato dalla procura nei giorni scorsi, non ha portato risultati chiari. Ma, se così si può dire, al centro c’è stato il vertice della ‘catena di comando’ che il 29 maggio ha gestito la sicurezza e le operazioni. Prima per la manifestazione e il corteo, poi per occupazione del Vanoni, contemporaneamente per lo sgombero dell’ex Macello e successivamente per l’abbattimento.
Ai vertici operativi della ‘catena’ c’erano i due vice comandanti della polizia locale e della Cantonale. L’inchiesta è confluita soprattutto sulle responsabilità della polizia cittadina. Telefonate, indicazioni, ordini. Quelli dati dal vice.
Polizia e politica – Le indagini hanno cercato di fare luce anche, se non soprattutto, sulle comunicazioni tra la polizia di Lugano e la responsabile del Dicastero sicurezza della Città, Karin Valenzano Rossi. Gli interrogatori sono stati numerosi. ‘Persone informate sui fatti’. Ma non solo.
Sotto inchiesta, quindi interrogato come accusato, è stato anche un alto funzionario di polizia. Nulla o poco si sa della posizione processuale – prima, appunto, dell’annunciato decreto d’abbandono – dei politici. Soprattutto della municipale che più di altri, dato il ruolo, ha svolto una parte importante la sera e la notte del 29 maggio. A Karin Valenzano Rossi è toccato far da ‘ponte’, nelle concitate telefonate di quel giorno, tra la polizia e i colleghi di Municipio. Ogni decisione, come si ricorderà, è stata presa informando chi aveva preventivamente detto sì ad un eventuale sgombero. Quindi tutti i municipali meno la socialista Cristina Zanini Barzaghi e il liberale Roberto Badaracco.
Il ruolo della municipale – La posizione di Karin Valenzano Rossi è stata certo la più delicata, anche rispetto a quella dell’allora sindaco, Marco Borradori. Le sue deposizioni non sono state facili. Come non è stato semplice per gli inquirenti trovare una linearità o una mancanza di linearità nelle sue dichiarazioni.
Il fatto che per tutti gli interrogati non sia stato possibile individuare delle responsabilità penali – e anche questo trapela dai Palazzi – non significa che non siano stati commessi errori e che le procedure siano sempre e comunque state eseguite correttamente. Le motivazioni del decreto di abbandono annunciato dal procuratore generale, Andrea Pagani, riusciranno forse a gettare un po’ di luce su quel che accadde. Nulla, come si suol dire in questi casi, di ‘penalmente rilevante’ (troppi malintesi, troppi equivoci), ma errori procedurali ce ne sono stati. E qualcuno li avrà certamente commessi, seppur avvolto nella ‘nebbia’ delle incomprensioni.
L’attesa del Rapporto – La chiusura del Rapporto di polizia sull’occupazione dello stabile Vanoni (ma anche sui ‘danneggiamenti’, soprattutto imbrattamenti di alcuni muri lungo il percorso del corteo) arriverà probabilmente a inizio anno. Ma potrebbe… essere inutile per l’inchiesta penale se nel frattempo la Fondazione Vanoni dovesse ritirare la denuncia. In caso contrario la magistratura sarà forse costretta ad emettere quei decreti di accusa. Forse quindici, forse di più. Sarà la procura, dopo la polizia, a stabilire se effettivamente quei volti sono “individuabili con assoluta certezza”.
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