Domande e risposte dentro una ferita che brucia
SEGNALIAMO QUESTA INIZIATIVA:
Mercoledì 23 giugno, ore 20.00, Aula magna USI, via Buffi 13 Lugano – Iscrizione qui (attenzione, i posti disponibili sono in via di esaurimento)
Non smette di sollevare interrogativi anche inquietanti e di generare contrapposizioni spesso laceranti la vicenda della demolizione dell’ex-Macello di Lugano; una vicenda che si finisce regolarmente per confinare dentro una condizione di “irresolutezza” o “insolubilità”.
Così, dentro un contesto che vede al lavoro procuratori e commissari sia a livello comunale che cantonale, ogni occasione ufficiale di aggiornamento, ogni nuova “rivelazione” da parte degli organi di informazione porta regolarmente a lasciare sospesa la grande domanda: “ed ora, che fare?”.
Una domanda giusta, per carità, ma troppo spesso brandita retoricamente per sostenere, in fin dei conti, che una nuova fase può nascere soltanto da un dialogo non tanto da “ritrovare”, ma da “inventare”, che si fondi sui principi istituzionali di rispetto della legalità e che trovi negli autogestiti una forma di rappresentanza che per definizione l’autogestione non contempla e non considera.
Proprio negli scorsi giorni un intenso reportage del settimanale informativo televisivo “Falò” ha dato voce a chi finora non aveva preso la parola, ricostruendo i fatti con le storie e le testimonianze di chi l’esperienza dell’autogestione la stava (e la sta) vivendo dall’interno; un contributo di conoscenza significativo, che ha però, in un certo senso, anche ribadito (a maggior ragione dopo quel che è successo) quanto sia difficile immaginare oggi una disponibilità “antagonista” ad un dialogo con istituzioni (comunali, cantonali, di polizia) responsabili delle macerie.
Dunque, che succede? Che se nulla si muove è perché le logiche del CSOA non lo permettono, il concetto stesso di “antagonismo” porta all’impossibilità di comunicare. E via di seguito, riproponendo princìpi e luoghi comuni, invocando mediazioni o task force, mentre in corso vi è pure una raccolta di firme dal sapore talmente interlocutorio da chiamarsi “Adess basta”.
Una classe politica (comunale e cantonale) che ne fa peggio di Bertoldo impugna argomenti come “legalità” ed “illegalità” (degli altri, naturalmente) per giustificare e qualificare i termini di un impasse grave e preoccupante.
Quella che il Rettore dell’USI Boas Erez ha definito come una “ferita” nel tessuto sociale cittadino e cantonale è percepita con disorientamento, sconcerto financo fastidio a livello di opinione pubblica: basta leggere le innumerevoli “lettere” ai giornali di semplici cittadini.
Il fatto è che si tratta di una ferita aperta che fa male, a tutti. E nel dolore, con il dolore che legittimamente tutti possono vivere e provare, è difficile proporre una “medicina” fatta di presa di distanza, ragionamento, riflessione. Eppure…
Eppure, su questa zattera, da cui in proposito ci si è ampiamente espressi, viene l’invito a cercare una risposta cominciando col farsi una serie di domande, che giacciono non solo sul tavolo di Commissioni e Procure e nemmeno solo sotto le macerie, ma forse, proprio dentro quella ferita, quell’incisione improvvisa e dolente nel tessuto sociale e nell’idea di “convivenza” con i valori della legalità e della democrazia.
Princìpi emblematicamente messi in discussione, magari in crisi, dagli avvenimenti di queste settimane e che in quanto tali meritano doverosamente una riconsiderazione, una riflessione comune.
Ecco perché Naufraghi/e si fa promotore di una serata pubblica ospitata dall’USI nella propria Aula Magna mercoledì 23 giugno alle 20.00: per provare a porre domande che aiutino ad affrontare alcuni temi cruciali, che bruciano dentro questa ferita: Lugano vuole davvero essere la nona città svizzera? E che città vuole essere, Lugano? In che misura, in quanto città, sa accogliere ed includere forme alternative, antagoniste, di pratica democratica, affrontandole in modo democratico? Quanto può insegnare, in termini di pratica democratica, l’esperienza dell’autogestione? Come può l’autogestione, nella propria concezione autarchica ed estrema, dirsi realmente “democratica” quando attacca pubblicamente non solo l’autorità, ma anche i suoi stessi simpatizzanti?
E infine: quanto di queste e tante altre questioni è rintracciabile nella storia di mezzo secolo e più di antagonismo politico in Svizzera? Anche su questo piano, i discorsi ricorrenti nelle ultime settimane ribadiscono approssimativamente e genericamente che altrove (Zurigo, Berna, Bienne) l’autogestione è una realtà accettata ed integrata. Ma in che senso? Con quale storia? Attraverso quale processo? Ecco altre domande, che la serata di “Naufraghi” intende proporre con la proiezione di un documentario del regista urano Felice Zenoni intitolato “La spia e gli anarchici”, consacrato alle vicende dell’autogestione a Zurigo (ne abbiamo parlato qui).
Un documento, proposto in versione originale con sottotitoli in italiano, che nel racconto in prima persona di due protagonisti, su fronti opposti, dei fatti di Zurigo, aiuterà a porre e porsi altre domande, in un confronto necessario con la storia e con la consapevolezza che quanto è avvenuto e sta avvenendo a Lugano, potrebbe trovare proprio in altre analoghe e passate esperienze, elementi utili per immaginare scenari inediti per il futuro del Molino e della sua specifica storia.
IDEE DI DEMOCRAZIA – Principi, regole e derive del confronto democratico fra modelli istituzionali e realtà antagoniste è un evento che intende invitare tutti gli interessati ad intervenire e dibattere, nella speranza di creare un terreno più consapevole di confronto non solo sui destini del Molino e dei molinari, ma anche sulle capacità della “Città Ticino” di gestire e sviluppare in forme nuove e moderne pratiche diverse di democrazia e legalità.
Assecondando doverosamente le norme sanitarie vigenti, l’Aula Magna dell’USI potrà accogliere al massimo 100 persone. Si suggerisce dunque agli interessati di annunciare qui la propria presenza.
Sempre nel nostro sito sarà anche possibile seguire la serata in diretta video.
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