...O CHI VORREMMO ESSERE...
Siamo la generazione frutto del capitalismo
a sfruttamento avanzato, della società del controllo, delle
multinazionali, e dei piani di ristrutturazione del Fondo Monetario
Internazionale, nati nel bel mezzo dell'era dello smantellamento
dello stato sociale e della decostruzione della socialità
in percorsi di individualismo competitivo. Soggetti che si trovano
o si troveranno senza nessuna garanzia sociale, oggetti mercificati
dalle logiche della privatizzazione e del profitto a tutti i costi.
Educat* dal percorso formativo alla piena disponibilità a
vendersi come forza-lavoro a basso costo. Ragazzi e ragazze nelle
mani della merce, sottoposti alla fluttuazione del mercato: oggi
servi domani non servi più.
Studenti o lavoratori cosiddetti "atipici" ma tutti accumunati
dal desiderio di una vita libera alle dipendenze di niente e di
nessuno, siano esse le necessità di un lavoro o i vincoli
familiari; tutti accumunati dalla difficoltà oggettiva di
compiere questo passo. Impossibile pagarsi un affitto con lo stipendio
dei lavori a tempo determinato, di apprendistato o da collaboratore
occasionale, quasi impossibile studiare con la miseria di borsa
di studio che l'università delle autonomie finanziare eroga
e con le tasse altissime che invece richiede. Il costo della vita
è semplicemente inacessibile ed un giovane che lavora a singhiozzo
è sotto la soglia della povertà. Le possibilità
che questa società ti offre sono obbligate: costringerti
a rimanere in famiglia fino a 30 anni, quando forse sarai riuscito
a costruirti uno stipendio decente, oppure costringere la famiglia
ad indebitarsi ed aprire un mutuo per pagare la tua libertà
nel ventre grasso dell'occidente.
Noi abbiamo cercato di rispondere a questo processo di precarizzazione,
che investe non solo i giovan*, ma tutte le fasce sociali più
deboli, riappropriandoci direttamente della casa, occupando case
sfitte. Di fronte ad un mercato immobiliare in mano alle agenzie
immobiliari e alla portata solamente dei ricchi turisti: impossibile
trovare un appartamento a meno 1000 euro, una stanza singola a 300
euro e un posto letto 270 euro, l'unica risposta possibile diventa
l'occupazione di immobili abbandonati, lasciati a marcire con il
fine di far lievitare il mercato degli affitti.
Per noi occupare una casa significa riappropriarci indirettamente
di salario (non pagando l'affitto), risparmiare tempo da sottrarre
a quello di un lavoro, soddisfacente solo per il datore. Sottrarre
tempo allo sfruttamento capitalista per diminuire la nostra condizione
di ricattabilità. Riappropriarci di uno spazio per sottrarlo
alle logiche di speculazione e di messa a profitto, garantire che
questi spazi rimangano pubblici e ad accessibilità totale,
come i progetti che ci costruiamo dentro. Sottrarre spazi fatiscenti
dalle speculazioni della riqualificazione urbana, significa anche
impegnarci in opere di consolidamento architettonico degli spazi
a basso costo. Le nostre case vogliono essere luoghi in cui si sperimenta
una socialità al di fuori della mercificazione, fuori dall'autoritarismo
e il razzismo che le metropoli moderne ci mettono quotidianamente
sotto gli occhi. La modalità con cui si attuano queste sperimentazioni
ha come elemento cardine la collettività, l'assemblea come
strumento di orizzontalità per prendere le decisioni che
riguardano il vivere insieme ed il lottare per l'emancipazione dalla
nostra condizione. La collettività, il sistema assembleare,
sono gli strumenti con cui cerchiamo di combattere la parcellizzazione
delle relazioni sociali e l'egoismo che ne deriva, per ricostruire
forme di solidarietà, che la società della competizione
ha eliminato. La nostra non vuole essere una battaglia corporativa
che rivendichi i bisogni esclusivi di studenti o di altre figure
parziali, ma riconosciamo in quello che ci attende la ristrutturazione
di un capitalismo che porterà tutt* a non avere nessun tipo
di garanzie per il futuro. Per questo che cerchiamo di legare la
nostra condizione a quella più generale dei precari e dei
lavoratori flessibili su cui si sperimentano e si realizzano, oggi,
i metodi e le tecniche più avanzate di sfruttamento, da parte
del sistema delle imprese.
In questo senso le nostre lotte sono direttamnete legate a quelle
degli immigrati o dei lavoratori messi in cassa-integrazione o dei
licenziati a 50 anni per i piani di ristrutturazione aziendale operati
dalle mutinazionali. Il nostro futuro sarà legato ai fondi
pensioni privati ad una vecchiaia di esclusione e difficoltà
ed è per questo che ci sentiamo vicini a tutte le fasce sociali
più deboli e la nostra lotta non è solamente quella
della riappropriazione dello spazio (che pure significa tanto).
Vogliamo essere autonomi non solo economicamente per questo che
cerchiamo di costruire dei percorsi di autorganizzazione e autogestione
che siano in grado di sviluppare, con processi di intelligenza collettiva,
la riappropriazione di ciò che la società del profitto
e delle privatizzazioni ci sta togliendo, processi di autorganizzazione
che siano in grado di ricomporre i soggetti che condividono con
noi non solo un'età, un modo di vestire, gusti musicali ma
soprattutto una condizione sociale.
Per tentare di costruire tutto questo ci siamo dotati di uno strumento
come oMMe, dove si socializzano competenze di qualsiasi tipo: legali,
manuali fino alle esperienze politiche che abbiamo accumulato in
quasi due anni di attività. Uno strumento che vuole essere
prima di tutto inclusivo, in cui non è richiesto un livello
di coscienza o di appartenenza prestabilito, bensì è
richiesta la volontà di discutere sulla base dei progetti
e dei fatti.
|