Per Gianluca ed Adriano, per quello di cui sono accusati, sui processi in videoconferenza.
Le vite di chi lotta, nella molteplicità dei percorsi di liberazione da ogni forma di dominio e sfruttamento, spesse volte tendono ad incontrarsi tra loro.
Accade nelle strade di una città, nei sentieri di una montagna, in ogni spazio che viene autogestito, in ogni luogo dove “quella spinta” porta ad esserci.
Accade anche, purtroppo, all’interno di un carcere o nelle aule di un tribunale.
Il 26 Maggio, presso la Corte d’Assise di Roma, si svolgerà la prima udienza del processo che riguarda Gianluca ed Adriano, anarchici dei Castelli Romani, prigionieri dal passato 19 Settembre: su di loro c’è l’accusa di associazione con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico, oltre quelle di incendio, furto aggravato in concorso, deturpamento ed imbrattamento di cose altrui.
Il processo che riguarda Gianluca ed Adriano segue soltanto di pochi giorni quello che vede coinvolti Mattia, Claudio, Chiara e Niccolò, prigionieri NO TAV: in entrambi i casi il capo di imputazione più “pesante” parla di terrorismo.
Gianluca, Mattia e Niccolò sono stati tutti detenuti nel carcere di Alessandria.
Adriano e Claudio in quello di Ferrara.
Come nel caso di Chiara, trasferita a Roma, sono stati tutti segregati in quelle sezioni speciali riservate a uomini e donne la cui prima colpa loro imputata è il pensiero di cui sono portatori.
Tanto nei momenti di lotta, di iniziativa e di socialità, quanto in quelli più duri come quando si è prigionieri e prigioniere, l’incontrarsi e l’avere a fianco dei compagni e delle compagne ci fa sentire “dalla stessa parte”, non fa sentire soli.
La solidarietà è un’arma forgiata sulla compartecipazione, sia ideale, che pratica: nei momenti più difficili si fa sentire ancora più forte.
In Val di Susa come ovunque, in ogni caso, terrorista è chi devasta e saccheggia. Terrorista è lo Stato.
Per Gianluca ed Adriano, in occasione dell’udienza del 26 Maggio, il Pm si è assunto la responsabilità di disporre che il processo si svolga in videoconferenza, come già successo per Claudio nell’udienza dell’1 Aprile. Il fatto che si cominci ad applicare una misura di questo tipo segna una passaggio netto nei modi con cui gli inquirenti vogliono affrontare processi in cui sono coinvolti i compagni e le compagne.
Alla base di questa tendenza, c’è chiara l’intenzione di rendere impossibile l’incontro tra solidali: si vuole isolare ancora di più i prigionieri, per farli sentire soli, innanzitutto su un piano emotivo.
I sabotaggi imputati a Gianluca ed Adriano, conditi dall’accusa di associazione finalizzata al terrorismo, sono stati rivolti ad obiettivi diversi tra loro: le tredici azioni realizzate nei confronti di alcune banche, di una pellicceria, di sedi distaccate di Eni ed Enel e della discarica di Roncigliano esprimono l’idea che la supremazia del potere su ogni forma di vita estende i suoi tentacoli su una molteplicità di aspetti del quotidiano, che, seppur variegati, sono tutti collegati tra loro.
Non si può rimanere indifferenti a nulla.
In solidarietà con Gianluca ed Adriano,
compartecipi dei gesti che mettono in discussione ogni forma di sfruttamento ed oppressione sulla vita e sulla terra,
per rompere l’isolamento che si vorrebbero imporre attraverso strumenti giudiziari come la videoconferenza,
Lunedì 26 Maggio, dalle ore 10,
Presidio presso la Corte d’Assise di Roma a piazzale Clodio.
Compagni e compagne solidali con Gianluca ed Adriano