Giu 052014
 

riceviamo e diffondiamo:

RIBALTIAMO QUESTO MONDO

:::Dove stare insieme oggi? Dove potersi incontrare e riconoscere, nel gioco, nel dolore, nella resistenza? Non più i quartieri, non più la grande fabbrica, non più piazze e università di massa. La vita nelle grandi metropoli si è fatta decisamente più alienante e disgregata […] Il centro e i suoi dispositivi di potere e controllo si diramano molto più capillarmente lungo le periferie, pronti a spezzare ogni episodio di incontro e assembramento abitativo Altro.:::

Martedì 3 giugno, Torino.
111 indagati, 29 misure cautelari, 11 compagn* in carcere, 6 ai domiciliari, 4 obblighi di dimora, 4 divieti di dimora, 4 obblighi di firma. Questi i numeri della maxi operazione messa in campo dal solito Rinaudo contro la lotta agli sfratti nella città di Torino. Lotta che negli ultimi due anni ha caratterizzato la vita quotidiana di molti compagni e compagne e non solo.
In contemporanea, a Roma, viene sgomberata l’occupazione di Torre Spaccata, uno stabile riaperto nello  Tsunami Tour del 9 aprile scorso.
Le due operazioni si svolgono a centinaia di chilometri di distanza ma nonostante ciò l’attacco è chiaro e netto: esistono oggi territori di conflitto reali e concreti e prima che lo scontro assuma una consistenza incontrollabile occorre sgomberare il campo da ogni possibile resistenza. La questione dell’abitare è uno di questi territori. Ognuno sceglie le proprie modalità di lotta ma tutti subiscono la stessa sorte.
Questa volta nessun reato associativo, ma un attacco diretto a tutti quelli e quelle che hanno scelto di lottare.
Comuni pratiche di lotta vengono criminalizzate al fine di sgomberare la città di Torino da presenze scomode in vista delle prossime date di lotta e di asciugare quel mare in cui nuota chi lotta quotidianamente.
Quando siamo seduti a un tavolo, con la calma di chi di questo mondo è solo un ospite, le idee si scontrano e le differenze diventano evidenti e insormontabili. Ma spesso nella lotta tutto tende a sfumare, per fortuna. E allora questa operazione colpisce tutti quei solidali e quelle solidali incontrate nelle lotte contro gli sfratti che hanno scandito gli ultimi due anni. Quei solidali e quelle solidali che spesso sono presenti anche nelle mobilitazioni contro il carcere e i Cie. Quei solidali e quelle solidali che in carcere e nei Cie ci finiscono sempre più spesso.

:::Se ripensiamo a tutti gli incontri avvenuti con i reclusi del Cie e contiamo chi è rimasto, un dato appare subito lampante. Quelli rimasti tra noi a lottare, o comunque che ancora vediamo e frequentiamo, sono quelli che ad un certo punto hanno occupato casa insieme a noi. Questo è accaduto a Milano, in maniera più sporadica, ma soprattutto questo sta accadendo a Torino.
L’arrivo degli Harraga a Torino e l’esistenza di un luogo altro dal centro, una casa occupata, disposto ad ospitarli, ha messo in moto qualcosa di importante. La scelta di occupare insieme una casa di ringhiera in piena Porta Palazzo ha fatto il resto. Una porta si è aperta nel margine, varcarne la soglia è entrare in un territorio nuovo. Di qui in poi gli incontri si sperimentano quotidianamente, in tutta la loro “durata”.:::

L’esperimento è coraggioso. Occupare, occupare e ancora occupare. E resistere, con ogni mezzo necessario sperimentando nella pratica l’autorganizzazione.
Compagni e compagne vengono da molte città per sostenere l’appuntamento dell’ultimo martedì di ogni mese. Il sito macerie.org ne riporta le cronache appassionate condite da episodi di resistenza quotidiani portati avanti in varie zone della città. Per due anni molte famiglie, molti uomini e donne hanno trovato un tetto sotto cui vivere e delle persone solidali con cui condividere un pezzo della loro vita.
Ed è proprio questo l’obiettivo di questa operazione. Ci diciamo spesso che alla repressione si risponde con la solidarietà. Ma se fosse la repressione a colpire proprio quelle solidarietà che vede organizzarsi? E allora la memoria non può non provare a ricordare tutto quello che è successo nel corso degli anni. Chiunque abbia percorso anche solo un passo verso un altro modo di vivere è stato colpito con durezza e fermezza. Inutile elencarle tutte, chiunque, negli ultimi anni, ha imparato a conoscere le mosse del nemico e tutti e tutte noi ora sappiamo che il carcere e la follia dei tribunali non sono poi così lontani dalla nostra quotidianità.
Ci siamo organizzati, ma non è ancora abbastanza.
Il giorno stesso, dopo la notizia degli arresti e quella dello sgombero un corteo molto partecipato ha attraversato una parte della città di Roma gridando a gran voce per la libertà di tutti e tutte e mentre la cronaca quotidiana si riempie della retorica sulla corruzione e la malapolitica, discorsi alieni a chi lotta veramente, i volti dei poliziotti che circondano, nel vero senso della parola, la nostra vita, si fanno sempre più minacciosi e odiosi.
Ce l’hanno con chi si schiera apertamente da una parte della barricata. La guerra è aperta e chi ancora si rifiuta di vederla non fa altro che il gioco di questo governo e di tutti quei bravi cittadini indignati che il 15 ottobre 2011 davano dei fascisti a chi aveva deciso di non stare più al gioco della democrazia.

Un’ultima parola su tutti quegli strumenti giudiziari che si affiancano al carcere e i domiciliari. Mai come negli ultimi tempi abbiamo visto un fiorire di misure alternative. Misure che spesso rivelano la loro efficacia proprio per il fatto di essere sottovalutate. Obblighi di dimora e divieti di dimora, firme, avvisi orali e quant’altro sembrano essere misure di minore impatto. Misure economiche per lo stato che praticamente reprime a costo zero ma che vanno a incidere proprio su quei legami di lotta solidali che sono una delle armi più importanti a nostra disposizione.
Le nostre relazioni e le vite che pratichiamo sono già quello che vogliamo e proprio per questo sono la cosa più pericolosa per chi vuole che tutto resti uguale. Sono già quell’essere nel mondo che è semplicemente ingovernabile. Solidarietà allora non è solo combattere la macchina della repressione ma è anche e soprattutto costruire quei legami e quelle complicità che trasformano ogni momento della nostra quotidianità in terreno di conflitto.

:::Da questo punto di vista la casa può essere qualcosa di più di un diritto negato, può essere un punto di partenza, un campo di riappropriazione aperto laddove l’espropriazione si fa più insopportabile, una posizione da cui cercare di costruire uno spazio mancante.
Durante la difesa delle case di ognuno di noi, facendo la spola tra un picchetto antisfratto e una casa sotto sgombero, impariamo l’esistenza di uno spazio altro che comprende tutte le nostre case. In questo modo da difensiva la nostra lotta diventa una lotta offensiva ed espansiva, capace di estendere i confini di “casa” e non solo di difenderli.
Qui sta il baricentro di questa lotta, nella creazione di uno spazio di resistenza comune.:::

Questa la nostra idea di solidarietà.
Questa la nostra idea di lotta.

Solidarietà a tutti gli/le indagat*
Libertà per tutti e tutte
Compagni e compagne di Roma


[I paragrafi tra i ::: fanno parte di alcune riflessioni scritte da un compagno attualmente detenuto]

Roma, 5 giugno 2014