fonte: Macerie
Aggiornamento 19/6/14:
Nico martedì non è rientrato dall’aria. I secondini lo hanno riportato dunque di peso in cella. L’ispettore lo ha minacciato di fargli “rapporto” e così, mercoledì, Nicolò ha iniziato lo sciopero della fame.
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Dalla sezione D del carcere delle Vallette un comunicato di Nico, arrestato anche lui per l’ inchiesta del 3 giugno.
Domenica 15 Giugno 2014, carcere delle Vallette, Torino.
«Mi chiamo Nicolò Angelino. Sono stato arrestato martedì 3 giugno a Torino durante un’operazione di polizia mirata a stroncare la più bella avventura della mia vita.
Vana illusione della procura.
Da quel giorno sono chiuso in una cella singola del blocco D. Pulita, ritinteggiata e profumata. Da voltastomaco. Il blindo è aperto ma il cancelletto è chiuso 23 ore al giorno. Si apre e si richiude solamente quando vado a fare la mia ora d’aria.
Parlare con gli altri detenuti attraverso le sbarre è avvincente e malgrado siano molto simpatici il disagio è visibile da entrambe le parti. Qui al piano non ho complici e non ho la speranza di trovarli. Alcuni sono in isolamento sotto terapia 24 ore su 24, gli altri, quelli che vedo, sono lavoranti. Hanno il massimo dei privilegi che una Amministrazione Penitenziaria puo’ offrire e non si metteranno in gioco per me.
I capi di imputazione per cui sono sottoposto a misure cautelari sono così lievi che parlano da soli: sono detenuto e sottoposto a un regime para-speciale per le mie idee, per isolarmi, rendermi inoffensivo e impedirmi di lottare.
Domani lunedì 16 giugno non rientrerò volontariamente dall’aria per pretendere che la mia cella sia aperta durante il giorno o che io sia trasferito in una sezione comune. Lo stesso succederà per i due giorni successivi. Se durante questa protesta sarò punito con l’isolamento o la privazione dell’aria oppure non otterò il risultato sperato mercoledì 18 inizierò lo sciopero della fame. Non perché le mie condizioni detentive siano disumane, contrarie a qualche convenzione di diritti umani o perché il mio trattamento è un abuso dell’amministrazione penitenziaria ma perché semplicemente a me non va.
Non ho più voglia di chiedere ad un secondino se posso avere della frutta. La voglio prendere da solo, quando mi va, come fanno gli altri. Voglio parlare con gli altri detenuti senza delle sbarre di mezzo.
So che lo strumento dello sciopero della fame non mi porta su un terreno di lotta esaltante. Però in questo isolamento, assenza di complici e strapotere delle guardie, è l’unico strumento che può ribaltare il rapporto di forza con i miei portachiavi.
Lotterò a testa alta e sicuro del vostro calore, con la stessa rabbia e la stessa serenità chi in altri tempi e in altri luoghi si è lanciato verso oceani in tempesta ben più grandi della tinozza in cui mi trovo.
Comunque vada questa poca acqua finirà nello stesso mare e poco importa se otterrò o meno quello che voglio.
Solo lottando voglio vivere.
Un caloroso abbraccio a tutti prigionieri
Tutti liberi
Fuoco alle galere»