Riceviamo e diffondiamo l’invito a questo appuntamento. Scarica qui il file per stampare la locandina.
Il 30 gennaio 2017 presso il tribunale di Roma si terrà l’ulteriore replica di uno spettacolo cui siamo stati costretti ad assistere già troppe volte negli ultimi tempi. Una commissione di giudici dovrà valutare se le carte presentate dalla Questura contengono prove sufficienti ad applicare le misure restrittive previste dall’ordinanza di Sorveglianza Speciale nei confronti di un compagno.
Questo è solamente l’ultimo di una lunga serie di casi che negli ultimi anni hanno visto compagni e compagne di varie città d’Italia involontari protagonisti della stessa messa in scena: a Bologna, Rovereto, Torino, Teramo, Pisa, Genova, Saronno, Cagliari, Cremona, Roma, Venezia si sono infatti succedute varie richieste per la Sorveglianza Speciale.
Le scelte di vita, le relazioni politiche e personali, il passato di una persona nonché la propria quotidianità… tutto viene assemblato e interpretato con lo scopo di dipingere un quadro criminoso che giustifichi tale richiesta di controllo preventivo.
A dire il vero la Sorveglianza speciale di pubblica sicurezza è una misura di prevenzione nella quale da sempre i compagni si sono imbattuti, fin da quando è stata formulata nel dicembre del 1956, in perfetta continuità con la legislazione fascista e l’Articolo 1.
E’ necessario inoltre precisare che la Sorveglianza Speciale non ha un’accezione politica in senso stretto ma è un provvedimento molto utilizzato nell’ambito della cosiddetta delinquenza comune, della microcriminalità e per alcuni reati giudicati di stampo mafioso. Viene utilizzata quindi nei confronti di chi, compagno o meno, nella vita percorre la strada dell’illegalità.
L’elemento di novità che non vogliamo sottovalutare è la frequenza con la quale lo stato negli ultimi anni sta facendo di nuovo ricorso a questa misura nei contesti dei compagni e delle compagne.
Il processo di rinnovamento e di sperimentazione degli strumenti repressivi in ambito di movimento e di lotte sociali non conosce soste, ma attraversa momenti di rallentamento ed accelerazione. Non riteniamo sia una dinamica legata in maniera direttamente proporzionale alla capacità offensiva dei soggetti antagonisti. Semmai il contrario. Lo stato, affilate le armi, le utilizza tanto più quanto i soggetti e i movimenti che solitamente scelgono il piano dello scontro dimostrano poca forza e poca incisività. In altre parole, quando i rapporti di forza tendono a loro favore, Stato, Magistratura e Polizie si permettono di osare laddove in altri periodi non avrebbero potuto.
Infatti l’utilizzo massiccio che la magistratura sta facendo di misure preventive di vario tipo e in tutti gli ambiti di lotta (ormai sono centinaia gli avvisi orali, gli obblighi e i divieti di dimora, i fogli di via emessi nei confronti dei compagni in tutta Italia) non è certo una risposta ad un periodo di conflittualità e mobilitazione particolarmente accesa. Chiaramente nello specifico vengono colpite le situazioni e gli individui più combattivi e considerati per questo pericolosi, ma nel panorama generale non possiamo dire che nel nostro paese oggi il conflitto goda di chissà quale buono stato di salute, tutt’altro.
A ben guardare, questo uso della Sorveglianza Speciale ripropone una già nota modalità di giudizio: non si guarda tanto a ciò che il diretto interessato fa -o meglio, ha fatto-, ma piuttosto a ciò che è. Se in tribunale di solito si giudicano gli atti, nei casi di sorveglianza speciale si giudicano le persone. Ad una compagna ad esempio il PM attribuiva una «naturale e innata attitudine a delinquere», facendone una questione di… DNA?!
Purtroppo allo stato attuale, difficilmente siamo in grado di produrre iniziative all’altezza di esprimere una forza capace di cambiare di segno a questa dinamica. Ma in quanto compagni e compagne non possiamo sottovalutare il problema.
Sono passati vari mesi da quando, anche a Roma, alcuni compagni hanno dovuto confrontarsi con le richieste di Sorveglianza, e pensiamo che questo tempo possa essere servito per farsi un opinione e monitorare un andamento generale della repressione.
Ora però crediamo sia necessario confrontarci, scambiarci informazioni ed esperienze, discutere per creare una adeguata consapevolezza collettiva di questi processi e per iniziare a sviluppare un agire che ponga le basi per un’opposizione forte ed efficace a venire.
Per questo ci incontriamo il 14 gennaio alle 16 presso l’Ex aula consiliare, via dell’acqua bullicante 2
NED/p.s.m.