Apr 102012
Torino, 4 aprile 2012, una giornata piovosa, una giornata importante. Elena Garberi (“Nina”) e Marianna Valenti, attiviste NO TAV arrestate nella notte tra il 9 e il 10 settembre durante una manifestazioni alle reti del “non cantiere” a Chiomonte, affrontano la prima udienza del processo. Sono accusate di resistenza e lesioni a p.u., aggravate da concorso (erano più di 10 le persone coinvolte, come specifica il PM Nicoletta Quaglino nella sua introduzione).
Erano state in carcere fino al 21 settembre, per poi scontare lunghe misure cautelari restrittive fino a fine ottobre (domiciiari e obbligo di dimora). Ancora oggi a Nina è fatto divieto d’ingresso a Chiomonte, dove ha il suo alloggio e dove i figli vanno a scuola.
Nella prima fase dell’udienza le parti presentano i documenti e l’elenco dei testimoni, notiamo subito un’incertezza del PM Quaglino quando tenta di giustificare l’assenza del verbale di sequestro relativo alla perquisizione di Marianna. C’è, infatti, il verbale di perquisizione, ma sembra mancare quello di sequestro. Strano, soprattutto se si pensa che in qualche modo dovrebbe essere documentato il ritrovamento addebitato (nell’accusa) proprio a Marianna di uno zaino contenente pietre. Poi tocca agli avvocati della difesa, che chiedono vengano messi agli atti molti documenti volti a dimostrare il senso ed il contesto nel quale si sono svolti i fatti, quindi ordinanze prefettizie, documenti dell’LTF che dimostrano la mancanza di un progetto esecutivo e provano l’illegalità del cantiere contestato dai manifestanti, perché “nel nostro diritto esistono le reazioni legittime agli atti arbitrari”, ma non il giudice, Dott.ssa Trovato, che spiega che “qui si discute del fatto che la Garberi abbia lanciato pietre e bombe carta contro forze dell’ordine” e “che questo si inserisca nel contesto di una manifestazione non ha rilevanza”. Per questo motivo anche le richieste di accettare tra i testimoni esperti come il Prof. Tartaglia ed il Prof. Zucchetti finisce con l’acquisizione di alcune relazioni che vengono messe agli atti. Il PM aveva posto come obiezione la possibilità di invitare, nel caso fossero ammessi i due docenti, contro-testimoni del calibro di Virano, Fassino e dei sindacati di polizia.
Tra i testimoni della difesa una in particolare irrita il PM Quaglino, si tratta di una manifestante ferita da lacrimogeno e soccorsa proprio da altri NO TAV, una prova importante perché si comprenda il senso delle bende ritrovate nello zaino di Nina. Ed è più o meno a questo punto del dibattimento che il PM Quaglino riesce a fare un’affermazione che lascia tutti di stucco: “Lanciano lacrimogeni? Basta spostarsi!”. Non ci avevamo pensato. In fondo era facile. Non servono le bende, il ghiaccio istantaneo, il succo di limone: basta spostarsi!
I testimoni dell’accusa
I primi testimoni dell’accusa, secondo l’elenco del PM, avrebbero dovuto essere gli agenti che avevano effettuato direttamente l’arresto di Elena e Marianna. Tuttavia per qualche problema non è possibile rispettare l’ordine, iniziano quindi alcuni carabinieri del Terzo Battaglione di Milano, più volte in servizio a Chiomonte per periodi di 7 o 10 giorni, durante l’estate.
Salvatore P. offre una testimonianza molto incerta, sono più i “non so, non ricordo, non ne sono certo” che le risposte chiare ed esaustive, cosa che in più momenti mi sembra irritare sia il PM Quaglino che la Dr.ssa Trovati. Le domande del PM sono più o meno le stesse ripetute poi anche ai testimoni successivi. Si tratta, in sostanza, di raccontare i fatti: dove si trovava l’agente in quel momento, cosa è successo, ovvero cosa ha visto con i suoi occhi, quanti erano i manifestanti nella zona dove si trovava, se attaccavano e come, in che orari, in quanti, chi e perché ha ordinato l’uscita, si trattava di una carica di alleggerimento, ha visto le imputate commettere atti violenti, etc.
Alla domanda su che tipo di ordine fosse stato dato (carica di alleggerimento o semplice uscita) la risposta è poco chiara, ma una frase mi colpisce in particolare: “siamo usciti e…c’erano questi “personaggi”…. e nel rincorrere queste persone qualcuno è caduto, QUINDI abbiamo avuto l’opportunità di prenderlo e di portarlo all’interno del sito per generalizzarlo”.
Il PM Quaglino chiede di specificare che cosa lanciavano e, se stavano facendo qualcosa vicino alla rete, cosa stavano facendo. “…di sicuro ci arrivavano delle pietre e delle biglie dure e forse qualcuno ha provato pure a forzare questa rete metallica… “.
“Quante erano le persone al di là della rete?” “Non lo so”, risponde, “perché essendo notte si vedeva pochissimo”. Si chiede un ordine di grandezza, ovvero di definire se si trattava di una folla o se erano “quattro gatti”. Non ha dubbi, Salvatore P., si trattava di una folla (per una volta non siamo i soliti 4 gatti!).
Il PM Quaglino passa quindi ad un argomento più sicuro e, poiché si tratta di uno degli agenti feriti e refertati, chiede di precisare quali ferite e come sono andati i fatti. Il teste parla di due lesioni, una al ginocchio e una al torace, per un totale di 7 giorni di prognosi, ma si tratta di due ferite distinte, perché “la ferita al ginocchio è stata causata da una pietra, mentre quella al torace in seguito ad una caduta.” Il discorso torna poi sull’uscita dal cancello 4 e sul prché di questa uscita.“Semplicemente”, risponde Salvatore P., “di uscire da questo cancello per, immagino, IMMAGINO (ripete per ben due volte) fare allontanare queste persone in modo che...” Il Giudice interrompe e precisa: “Lei non immagini nulla, lei ha ricevuto un ordine? E che ordine era?”. “Uscire dal sito”, risponde Salvatore P.. “Per fare che cosa? Vi è stato spiegato? Lei che cosa sapeva”, incalza la Trovati. “La squadra doveva uscire per fare allontanare queste persone”, risponde Salvatore P.. “E in che modo dovevate allontanarli?” “Sicuramente con la nostra presenza, perché vedendo la squadra uscire sono scappati un po’ tutti tranne qualuno che è inciampato”. “Quindi”, riassume la Trovati, “alla vostra uscita i manifestanti sono scappati e avete preso quelli che sono caduti”.
Il Giudice chiede poi una descrizione dell’equipaggiamento standard, e Salvatore P precisa che non aveva lacrimogeni in dotazione, non sa chi fosse quella sera l’addetto ai lacrimogeni, non ricorda. Alla fine, non solo non ricorda chi fosse, ma ammette di “non ricordare neppure se era proprio lui.”
Davvero incredibile!
Alla domanda se siano stati usati di idranti, Salvatore P. parla di idranti “improvvisati, tubi d’acqua che prendevano l’acqua dalla centrale…”
Marco P., Carabiniere, 3° Battaglione Lombardia. Secondo la sua testimonianza intorno alle 22:30 i manifestanti avrebbero iniziato a tentare di “entrare, tagliare le reti”, a gruppi di 6,7 a volte anche 10 persone, arrivavano, attaccavano la rete, poi facevano delle pause, e poi arrivavano di nuovo. Ammette di avere visto le tenaglie, ed il tagio delle reti.
PM Quaglino: “ E dopo questo taglio delle reti?”
Marco P. “Noi cercavamo con il lancio di lacrimogeni di impedire che si avvicinassero, loro lanciavano pietre e bombe carta e noi rispondevamo con lacrimogeni”. “Poi andando avanti, e indietro, sono caduto, un po’ per il terreno, e poi perché era pieno di sassi, lanciavano sassi in continuazione”.
PM Quaglino: “Questo lancio di pietre quanto è durato?”
Marco P.: “Circa 3, 4 ore.” [n.d.r. è l’unico testimone a parlare di lanci durati 3-4 ore]
Anche Marco P. è tra i “feriti” (lesione al polpaccio destro, 10 gg.) addebitati a Elena e Marianna, racconta che è caduto “perché ha messo male il piede… su un sasso” lasciando intendere che quel sasso era stato tirato dai manifestanti. Il Giudice, Dott.ssa Trovato, fa notare che si trovavano su un terreno di montagna, “che è fatto di pietre, terriccio, arbusti, e come poteva distinguere le pietre arrivate e quelle che già si trovavano li’?”. La risposta di Marco non soddisfa: “No, non so distinguere, però lì c’era continuo passaggio di mezzi…e il terreno era abbastanza piano, quindi le pietre diciamo non si vedevano....”
La Trovati chiede se sia riuscito a vedere in faccia i manifestanti, visto che ha affermato che fossero “più o meno sempre gli stessi”, ma Marco P. risponde che non li ha visti in faccia, e che arrivavano sempre in gruppi… e sembravano più o meno gli stessi. A questo punto la Trovati fa alzare Nina e Marianna e chiede al teste se in quell’occasione, quella sera, può dire di averle viste oppure no e la risposta arriva senza esitazioni: “No”.
Stefano M., Capitano Carabinieri Susa.
Specifica che il dirigente del servizio quella sera era la Dr.ssa Lavezzano, e che l’uscita dal cancello 4 era stata ordinata per una “carica di alleggerimento”. Secondo la sua testimonianza si trattava di una trentina di manifestanti, in quell’area, che cercava (più o meno dalle 22:00) di avvicinarsi alle reti per tentare di tagliarle, erano travisati (quindi irriconoscibili) con maschere anti-gas o altri materiali, lanciavano pietre e poi ripiegavano.. fino a decidere l’uscita dal cancello 4. Tra le domande relative alla carica, durante la quale sono stati effettuati gli arresti di Elena e Marianna, alcune sono particolarmente importanti, non solo per il discorso sul “taglio simbolico”, ma, soprattutto, perché si introduce la questione denunciata da tempo dal movimento NO TAV, sulle irregolarità nel “lancio” dei lacrimogeni:
Stefano M. “ l’uscita è stata intorno alle 23:30, 23:40… era già iniziato verso le 22 ad esserci i primi tafferugli….la prima comparsa delle persone che hanno cominciato a tirare i sassi o che hanno tentato di arrivare alla rete per fare un taglio simbolico, chiaramente.
Dr.ssa Trovati: “fare un taglio simbolico?”
Stefano M. “ è una mia supposizione, nel senso che…. “
PM Quaglino: “No, no, ci dica se ha visto qualcuno tagliare”
Stefano M.: “Non lo ricordo, però ricordo che qualcuno aveva delle tronchesi”
Dr.ssa Trovati: “e perché parla di taglio simbolico?”
Stefano M.: “per il numero delle persone rispetto all’apparato di vigilanza.. ritengo che anche se avessero tagliato e cercato di entrare tutti e trenta, non so come sarebbe stato possibile… “
PM Quaglino: E avete risposto solo con questa carica di alleggerimento o anche con altro?
Stefano M.: “No abbiamo lanciato anche lacrimogeni, prima”
Nella notte del 9 settembre su La Gallery di La Stampa.it viene pubblicata questa foto: idranti in azione!
Sull’uso degli idranti, il Capitano di Susa non ricorda. Molto strano, perché il giorno dopo fu proprio LA STAMPA a pubblicare le immagini degli scontri (e non di repertorio), mostrando in particolare un idrante in movimento nella parte alta delle recinzioni, proprio vicino al cancello 4.
Il Pubblico Ministero vuole approfondire la questione lacrimogeni, e il Capitano M. spiega che “come da ordinanza della questura di torino l’uso dei lacrimogeni viene autorizzato dal dirigente del servizio di OP e in base alle disposizioni o al rapporto che viene fatto su quel momento viene autorizzato l’uso di lacrimogeni”. Precisa che ci sono fucili lancia-lacrimogeni appositi, ma le domande del PM Quaglino sono ancora più precise: “come devono essere lanciati, è una mia deformazione professionale dovuta al fatto che mi occupo di infortuni sul lavoro e allora considero il carabiniere / poliziotto come un collaboratore a cui se si dà in mano qualcosa di pericoloso deve essere spiegato come funziona”
Stefano M.: viene caricato il congegno, si spara ad un’altezza diciamo di 45° o un po’ più in alto, il lacrimogeno è un bozzolo che contiene dischetti di materiali, di sostanza, nel momento in cui viene sparato i lacrimogeni si aprono… a pioggia….
PM Quaglino: “va lanciato a 45°, quindi verso il basso, parallelo o verso l’alto?”
Stefano M.: “verso l’alto” e poi cadono i dischetti che contengono il gas”.
Alle domande del PM Quaglino su come sono stati lanciati i lacrimogeni quella sera Stefano M. risponde che, per quanto lui abbia potuto vedere, sono stati lanciati come previsto dalla normativa.
Si passa poi alla questione del verbale di sequestro che manca agli atti, perché proprio dagli atti si comprende che “Marianna aveva qualche cosa addosso poi “a disposizione” delle pietre e dobbiamo chiarire proprio questo punto…”
Tra gli oggetti sequestrati Stefano M è in grado di ricordare “di aver visto la maschera antigas da verniciatura con doppio filtro, gli occhialini di quelli che si possono mettere in moto , mi sembra un paio di guanti e poi una boccetta di succo di limone, poi nel posto dove era stata fermata, prima di rientrare era stata trovata una sacca, una borsa nera con delle pietre all’interno”.
Il Capitano ha visto che riportavano la sacca, che era stata trovata nei pressi del basamento in cemento, ma non c’è nulla per ricollegare la sacca alla Valenti.
Sull’equipaggiamento il Capitano di Susa è più preciso: “un corpetto protettivo, jacket, che copre la tuta, un casto protettivo, lo scudo e delle protezioni individuali che sono dei paragoniti, omerali e tibiali, e per coprire ginocchia.”. Quindi anche le ginocchia erano riparate. Strano che si sia ferito proprio al ginocchio, il primo teste, nonostante queste protezioni!
Questo non sembra essere un lancio a 45°
A questo punto gli avvocati della difesa mostrano alcuni video, il primo è relativo al 9 settembre, ore 00:20, si vede la fiammata di quello che è, presumibilmente, il lancio di un lacrimogeno, ma lanciato ad un’angolazione decisamente inferiore alla regola che prevede un’altezza di 45°.
Stefano M.: “Sembra un candelotto, un bossolo di lacrimogeno
Avv. Vitale: “quindi sarebbe uno di quei lacrimogeni lanciati però in maniera, se ho ben capito, non secondo la regola definita perché si infila perfettamente nella rete.… “
Stefano M. : “Se è un lacrimogeno non è lanciato nella maniera regolamentare”.
Mi sorge un dubbio. Cos’altro ci sparavano addosso quella notte, con armi così potenti da fare una fiammata, se non lacrimogeni?
Testimonianza del Maresciallo Francesco I.
La testimonianza del Maresciallo Francesco I. parla di circa 30 persone, ma non è sicuro per via del buio, conferma di aver visto “arrivare” le pietre, ma di non aver visto chi le lanciasse, parla di una “carica di alleggerimento” ma non ha preso parte alla carica.
Testimonianza dell’Appuntato Alberto C.
Secondo l’Appuntato Alberto C il gruppo di manifestanti che tiravano oggetti (pietre, bulloni) era composto da circa 40 persone, delle quali 20 o 30 lanciavano… avvicinandosi a “ondate” e “alternandosi tra loro”, secondo la sua testimonianza gli attacchi hanno avuto inizio dalle ore 23:00 in avanti.
Testimonianza di Valter F., Digos Torino
Anche lui al cancello 4, parla di un gruppo di 40-50 manifestanti “persone, travisate, con maschere antigas, caschi, si avvicinano e iniziano a lanciare verso di noi oggetti di vario genere: bombe carta, razzetti di segnalazione” “Alcuni di loro poi si avvicinano alle reti, cercando di tagliare con delle cesoie, tenaglie, oggetti per tagliare le reti, io ricordo una grossa cesoia”.
PM Quaglino: “hanno tentato di tagliare o l’hanno tagliata? Dica quello che ha visto”
Valter F: “non sono in grado di dire.. ho visto solo il tentativo….”
Anche lui non ricorda l’uso di idranti (automezzi), ma ricorda i manicotti, e spiega che “lungo tutto quanto il cantiere c’è una rete di tubi ai quali potevano essere collegate queste manicotte, sia per uso cantieristico che per ordine pubblico”.
Non ricorda se siano stati usati prima i lacrimogeni o gli idranti, afferma che anche i lacrimogeni avevano un “effetto relativo perché erano di fatto muniti di maschere anti-gas, anche quelle usate dai verniciatori, penso una protezione sufficiente a resistere, a respirare, a potersi muovere”.
Prosegue: “si tentano queste sortite, se ne tentano più d’una… e anche queste sortite effettivametne inchiodano, nel senso che si apre il cancello, un certo numero di personale in divisa e anche noi in borghese usciamo di fuori…. Usciamo ed effettivamente queste persone si allontanano, in particolar modo arretrano per lo più scendendo il sentiero che è a 10-20 metri dal nostro cancello e che porta verso l’area della baita clarea. Chiaramente usciamo, si allontanano, quando noi rientriamo questi si riavvicinano. Nell’allontanarsi continuano a lanciarci oggetti, pietre… Queste sortite si ripetono per due o tre volte, non ricordo quanto nel dettaglio. Ad un certo punto, verso le 23:40, l’ennesima sortita, probabimente proprio perché riusciamo a prenderli in contropiede apriamo il cancello e usciamo in gruppo. Usciamo in gruppo e nella ns sortita in quell’occasione siamo riusciti a fermare due manifestanti che materialmente tra gli ultimi sono quelli che più si attardano rispetto agli altri perché tutti gli altri scappano.. e sono Valenti Marianna e Elena Garberi. In questa sortita ero con Scarpello, De Mar, altro personale dei Carabinieri in borghese….. Io partecipo materialmente all’arresto e al fermo della Garberi”
PM Quaglino: “Lei che cosa ha visto fare alla Garberi in particolare e alle persone che erano di fianco?“
Dr.ssa Trovato: “lei ha visto fare qualche cosa direttamente dalla Garberi?”
Valter F: “Nel dettaglio NO, non ho visto la Garberi lanciare oggetti in quell’occasione contro di noi. (…) La Garberi era posizionata, rispetto alla nostra prospettiva, più sul lato sinistro, non tra quelli più vicini al sentiero che porta al Clarea. Nell’occasione all’apertura del cancello, seguendo il Dott. Scarpello usciamo dal cancello e ci portiamo a sinistra passando a fianco delle vasche sul lato sinistra. A quel punto il Dott. Scarpello si AVVENTA sulla signora Garberi e, probabilmente nella foga della situazione, anziché dirigersi direttamente verso il sentiero che va alla baita si dirige dalla parte opposta in direzione di un sentiero.. che sale. Il Dott. Scarpello l’afferra materialmente, da dietro, la signora cambia lato e si riporta in direzione del sentiero per scendere… noi dietro interveniamo e la blocchiamo in quell’area praticamente alle spalle delle vasche idriche, circa a metà…. “
Valter F., dopo aver precisato che Elena Garberi indossava la maschera anti gas al momento dell’arresto, spiega che anche dopo gli arresti, le ondate di “attacchi” sono proseguite per un po’, ma a quel punto lui non ha più seguito perché si è occupato degli arresti.
La dr.ssa Trovato chiede poi precisazione circa il gruppo che si avvicinava alla rete, a turno, e chiede se la Garberi facesse parte di questo gruppo (si avvicinava? Tirava oggetti?). Valter F. conferma che “non ha visto in particolare la Garberi nel gruppo che avanzava”, perché “in quel momento il gruppo era piuttosto compatto, quindi non c’era in quel momento qualcuno più avanti…”
La Testimonianza di Piero Franco D.M., Digos
Le domande sono più orientate a capire i momenti prima dell’uscita dal cancello 4, e cosa stessero facendo i manifestanti:
Piero Franco D.M.: “Si presentano sempre con gli scudi, con le maschere e lanciano oggetti contundenti, sono azioni che si ripetono… qualcuno si avvicina anche alla rete. La rete del cantiere ha una doppia recinzione, si avvicinano nelle ultime volte… arrivano a ridosso delle reti… per cercare di tagliarle, tant’è che vengono utilizzate le manichette d’acqua per cercare di allontanarli, io vedo perché sono in prossimità del varco 4… tentano materialmente di tagliare le reti ma con la forza del getto d’acqua vengono allontanati..”
Il PM torna alla “carica di alleggerimento”.
Piero Franco D.M.: “ La carica di alleggerimento: il gruppo di manifestanti arretra, poi ritorna, per 3 o 4 volte, tant’è che per far cessare quest’azione viene deciso di cercare di uscire dal varco numero 4 per cercare di prendere qualche manifestante perché queste azioni terminassero.. e in quel contesto io e altri del mio ufficio, in particolare il commissario Scarpello, riusciamo a bloccare, trattenere una manifestante, poi identificata per Garberi.”
E qui una versione che cambia un po’ il quadro precedente. Non si parla più di “alleggerimento” ma si ammette esplicitamente l’uscita per cercare di prendere qualche manifestante… non importa quale, presumibilmente (come affermato dal Giudice al termine delle prime testimonianze) “alla vostra uscita i manifestanti sono scappati e avete preso quelli che sono caduti”.
Anche Piero Franco D.M. non può “dire di vedere la Garberi lanciare oggetti, sicuramente era travisata, aveva una maschera anti-gas quando la blocchiamo”. Ma cosa abbia fatto prima di essere bloccata, Piero Franco non lo sa, perché “non la distingueva dagli altri”.
Dr.ssa Trovato: “ Quindi è sicuro di averla vista prima, non ha visto fare azioni particolari, l’ha vista nel gruppo?”
Piero Franco D.M.: “Esatto”
CONCLUSIONI
abbiamo agenti feriti che dichiarano di essere stati “colpiti da una pietra al ginocchio” nonostante il Capitano di Susa abbia spiegato che tra le varie protezioni c’erano anche quelle per le ginocchia, abbiamo una ferita al torace dovuta ad una caduta, perché il terreno in montagna è pieno di buche e pietre, poi uno strappo muscolare dovuto ad una caduta ed il ferito “è certo che quella pietra non fosse li’ prima dell’arrivo dei manifestanti”. Nessuno è in grado di dire se Marianna o Elena abbiano commesso gesti “violenti”, lanci di oggetti o tentativi di taglio delle reti. Contraddizioni anche sui reali obiettivi dell’uscita (e sul numero delle uscite – “si tentano queste sortite, se ne tentano più d’una, Valter F.), cariche di “alleggerimento” o uscite per “prendere qualche manifestante perché queste azioni terminassero”, come afferma con sicurezza l’agente della Digos Piero Franco D.M.
Grave anche l’assenza del verbale di sequestro dello zaino con pietre, inizialmente addebitato a Marianna Valenti, manca quindi un elemento importante per collegare questo ritrovamento proprio a Marianna.
Stonano anche le incertezze sull’uso di idranti, e le omissioni sulle quantità di lacrimogeni utilizzati verso i manifestanti, oltre che sulle modalità, visto che molti dei presenti ricordano lanci ad altezza uomo (come mostrato anche nel video). Se poi inquadriamo questo uso massiccio di armi nel contesto in cui si parla al massimo di 30-40 manifestanti che tentavano di avvicinarsi alle reti, ben inquadrato dal Capitano di Susa che parla, infatti, di “taglio simbolico”, e l’agente Piero Franco della Digos ricorda che c’era la doppia recinzione, c’è davvero da chiedersi se questa enorme “macchina repressiva” non fosse spropositata rispetto alle forze in campo e non avesse proprio l’obiettivo di rispondere alle pressanti insistenze di politici che a gran voce, per mesi, ormai, avevano chiesto di “isolare i violenti”, il che tradotto significa, per le forze dell’ordine, “ARRESTATELI”!
E poi almeno una cosa utile l’abbiamo imparata: “Lanciano lacrimogeni? Basta spostarsi!”
Le domande molto attente, sia del Giudice che del PM Quaglino, per il momento fanno ben sperare, le incertezze vengono colte, le domande sono volte a ricercare elementi precisi a carico delle imputate o a farne emergere l’assenza. Un cammino ancora lungo, per Elena e Marianna. Come lo è e lo sarà per i tanti compagni ancora in carcere o ai domiciliari, e per le tante denunce che continuano ad arrivare in questi giorni, in tutta Italia, a seguito di blocchi o contestazioni.
Sui media tradizionali non una parola per questa prima udienza. Ancora una volta sta a noi diffondere l’informazione, raccontare la storia di due donne alle quali vogliono dare condanne “esemplari”, perché sono due donne che vorremmo fossero un esempio per tutte, un esempio di onestà, generosità, determinazione, resistenza!
La prossima udienza è fissata per il 7 maggio alle 11:30.
Simonetta Zanziri