Il 24 giugno saremo sotto le mura del carcere di Poggioreale per ribadire la nostra solidarietà a Maurizio Alfieri ed a tutti i carcerati che nelle gabbie di stato non chinano la testa e quotidianamente si battono per la propria dignità.
Maurizio è stato trasferito a Poggioreale dal carcere di Opera a Milano, è stato deportato per punizione dopo aver lottato con gli altri carcerati. Hanno dato vita ad una protesta, raccogliendo tra l’altro centinaia di firme per ottenere migliori condizioni di vita per tutti senza cedere al ricatto della premialità. Nelle carceri anche solo una doccia calda può rappresentare una conquista da ottenere con dure lotte. Ecco perché chi continua a battersi in galera viene represso con trasferimenti a centinaia di chilometri di distanza da casa, con pestaggi e con l’applicazione del famigerato 14 bis, una misura di ulteriore isolamento all’interno del carcere che è ancora più restrittiva del 41 bis ma che colpisce indiscriminatamente tutta la popolazione carceraria. Il trasferimento a Poggioreale non è casuale, il carcere napoletano è uno dei peggiori d’Italia come ben sanno i carcerati e i loro familiari. Per l’arrivo di Maurizio è stato riaperto il sotterraneo del padiglione Avellino, celle destinate a chi deve scontare un regime di isolamento molto rigido.
All’interno delle antiche mura borboniche sono stipati circa 2000 prigionieri in condizioni di sovraffollamento insostenibile, i “suicidi” sono all’ordine del giorno e la psichiatrizzazione tramite un bombardamento massiccio di psicofarmaci abbrutisce centinaia di carcerati. Oltre a tutto ciò i prigionieri ogni giorno devono vedersela con l’arroganza e l’infamia dei secondini che non tollerano chi non si piega alla loro vigliaccheria. Un trattamento che chi è passato dalle patrie galere ben conosce e che ha colpito anche Maurizio. Come ci scrive in una sua recente lettera: “…la meschinità e la codardia delle guardie non hanno limiti. Quando passo non posso dare una sigaretta o un bicchiere d’acqua a nessuno. Chiudono blindi e spioncini. Di questo si servono per farmi passare per pentito. Nonostante questo ho trovato tantissimi solidali”.
Noi crediamo che il carcere e la società che ne ha bisogno vadano distrutti, siamo convinti che ciò si può ottenere solo battendoci, dentro e fuori, continuando ad intrecciare rapporti e a seminare solidarietà, a compiere azioni dirette contro chi vuole ogni giorno renderci sottomessi ed incapaci di reagire.
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