Fonte: https://nantes.indymedia.org/articles/38349
https://paris-luttes.info/hambourg-ete-2017-j-y- suis-j-y-8550
Lettera di un detenuto del G20 del giorno 14.08.2017,
dal carcere di Billwerder ad Amburgo.
È passato quasi un mese e mezzo da quando sono stato arrestato durante
il dodicesimo vertice del G20, ad Amburgo, in una città assediata e
presa in ostaggio dalle forze dell’ordine, ma che ha anche visto nascere
per l’occasione una contestazione locale e popolare molto importante.
Decine di migliaia di persone, se non di più, affluendo da tutta
l’Europa, se non da più lontano, si sono incontrate, organizzate e si
sono trovate insieme a discutere, sfilare per più giorni in un grande
slancio di solidarietà e coscienti di poter subire in ogni momento la
violenza e la repressione della polizia. Per l’occasione è stato
costruito, addirittura, un immenso tribunale di polizia, in un
prefabbricato, allo scopo di sanzionare nel più breve tempo possibile
ogni tipo di contestazione contro questo vertice internazionale.
Il mio arresto, come quello di molti/e compagni/e, si basa solo sulla
sacrosanta parola della polizia, quella di una brigata addestrata per
infiltrarsi, osservare e pedinare “le sue prede”(quarantacinque minuti
nel mio caso, per un presupposto lancio di oggetti..), finché una volta
isolate, trovano la possibilità di arrestarle mandando colleghi che
intervengono velocemente, violentemente, senza lasciare nessuna
scappatoia.
Eccomi quindi rinchiuso in questo luogo primordiale per il buon
funzionamento di un ordine sociale globale, utilizzato come strumento di
controllo e di gestione della miseria, essenziale per il mantenimento
della loro “pace sociale”. Il carcere agisce come spada di Damocle al di
sopra di ogni individuo cosicché sia pietrificato davanti all’idea di
trasgredire le regole e al diktat di un ordine stabilito
“metro, lavoro, consuma, dormi”, al quale nessun dominato dovrebbe sfuggire
per così essere alienato dalla propria vita, sempre in orario, senza mai
battere ciglio. Così anche durante il secondo turno delle presidenziali,
nel corso delle quali si aspettavano da noi che stessimo “En Marche”
oppure che morissimo, preferibilmente in maniera lenta e silenziosa.
Il diritto non avendo vocazione ad assicurare il bene generale e nemmeno
a essere neutro è l’espressione di una dominazione sempre più
aggressiva, istituita dai potenti per garantire loro proprietà e
sicurezza e quindi paralizzare, sanzionare, emarginare chi non vede le
cose allo stesso modo o chi non si piega.
Al di là dei casi di militanti/e detenuti/e, in genere abbastanza
sostenuti/e e messi/e in primo piano in queste situazioni, perdurano
anche e sopratutto i casi di uomini e donne abbandonati/e alla brutalità
e alla crudeltà della reclusione carceraria.
Qui il lavoro è retribuito un euro all’ora, di cui la metà è percepibile
solo una volta liberati/e. Nella mia sezione i detenuti in detenzione
provvisoria o per pene brevi (dai sei mesi ai quattro anni) sono
principalmente rinchiusi per un motivo solo: la loro condizione e
origine sociale.
A parte il personale, pochissimi provengono dal paese ospite, tutti sono
stranieri, rifugiati e/o precari, poveri, indeboliti dalla vita. Il loro
crimine: non sottomettersi alle “loro” regole del gioco, nella
maggioranza dei casi rivolgendosi alla vendita di stupefacenti o
commettendo scippi, truffe, in solitaria o in gruppi organizzati a
diversi livelli.
La reclusione è un pilastro primordiale di questo sistema e non si può
criticarla senza attaccare la società che la produce. Il carcere, non
funzionando in autarchia, è il tassello perfetto di una società basata
sullo sfruttamento, la dominazione e la divisione sotto svariate forme.
“Il lavoro e la prigione sono due pilastri essenziali del controllo
sociale, il lavoro essendo la migliore delle polizie e il reinserimento
un ricatto permanente.”
Un pensiero per i compagni/e italiani/e colpiti/e da un’ennesima ondata
repressiva, in particolare agli imputati nell’indagine “sull’ordigno
esplosivo” innescato davanti a una libreria legata a Casapound.
L’estrema destra così utile e complementare agli Stati che si nutrono
delle sue aspirazioni, dei suoi deliri securitari e dell’incessante
stigma dello “straniero” deve essere affrontata con una risposta
organizzata, popolare e offensiva.
Un pensiero anche ai compagni che a settembre affronteranno il processo
relativo all’episodio avvenuto il diciotto maggio dello scorso anno in
cui una macchina degli sbirri è stata bruciata, a Parigi, durante il
movimento sociale contro la “loi travail”. Molte persone sono passate
dal carcere e tuttora due sono ancora dentro. Forza a loro!
Ringraziamenti ai compagni di qui che a volte organizzano presidi
davanti al nostro carcere, iniziative molto apprezzate, che spezzano la
routine e lo stato di letargia al quale siamo costretti. Ringraziamenti
anche a tutti/e quelli/e che, da vicino o da lontano, ci sostengono.
Per i Bro’, 161, MFC, OVBT, jeunes sauvages, quelli che BLF e altri/e
amic(he)i…
Compagni, forza !
Liberiamo i/le detenuti/e del G20 e tutti/e gli/le altri/e!
Non siamo soli!
Un detenuto tra tanti altri,
Carcere di Billwerder, Amburgo.
14.08.2017