riceviamo e diffondiamo
Come Campagna “Pagine contro la tortura” abbiamo deciso di lanciare un presidio davanti al carcere di Cuneo per sabato 8 giugno. Certamente, come abbiamo fatto in altre occasioni, per ribadire il fatto che il 41bis è tortura, ma ci sentiamo di condividere altre riflessioni alla base di questa mobilitazione.
Si tratta innanzitutto di supportare e dare voce a chi, tra enormi difficoltà, trova il coraggio e la forza di opporsi da dentro a questo regime, a quanti osano ribellarsi agli abusi quotidiani pur consapevoli delle conseguenze cui vanno incontro: pensiamo alle mobilitazioni tramite scioperi della fame e battiture effettuate nella sezione maschile del 41bis a L’Aquila contro le vessatorie limitazioni sull’uso della tv, così come lo sciopero della fame da parte degli internati al 41bis di Tolmezzo (carcere in cui era stata da poco trasferita in blocco – e qui non funzionante – la “casa lavoro” dal carcere de L’Aquila), per il ripristino del minimo di attività lavorative necessarie alla cessazione della misura di sicurezza cui sono sottoposti pur avendo terminato di scontare la pena. Abbiamo sostenuto e seguito da vicino la protesta della compagna Nadia Lioce, processata (e assolta…) per una serie di battiture motivate dalla sottrazione di alcune carte processuali; di fatto le sue dichiarazioni rese al processo e le memorie difensive, oltre a dimostrarsi un boomerang nei confronti dell’amministrazione penitenziaria, hanno contribuito a squarciare il velo rispetto alle angherie e ai soprusi di chi è recluso nelle sezioni 41bis, in questo caso del carcere de L’Aquila.
La sezione 41bis di Cuneo, riaperta di recente, è una delle “peggiori” come conferma Alessio Attanasio, sepolto nelle sezioni 41bis ininterrottamente dal 2002, nelle pagine del suo libro, “L’inferno dei regimi differenziati”. Frutto di una serie di corrispondenze, dopo anni di sforzi e difficoltà, è riuscito a essere pubblicato. Il testo, una preziosa testimonianza dell’inferno del 41bis e dei regimi differenziati, ci ha sollecitato, come Campagna, a supportare la sua lotta attraverso presentazioni del libro in diverse città.
Ci sembra utile riportare degli estratti dal “Rapporto tematico sul regime detentivo speciale ex art 41bis dell’O.P. (2016-2018)” che danno una descrizione della sezione 41bis del carcere di Cuneo.
“(…) Gravemente critiche le condizioni strutturali della sezione 41-bis o.p. della Casa circondariale di Cuneo, riaperta a marzo del 2018 a seguito della chiusura della sezione della Casa circondariale di Ascoli Piceno con il trasferimento di tutti i detenuti provenienti da tale Istituto. La precedente generale situazione di degrado dei locali, che aveva portato alla chiusura del reparto due anni prima, a maggio 2016, per necessarie ristrutturazioni al fine di renderlo adeguato ai parametri internazionalmente stabiliti, non ha trovato una soluzione accettabile nei lavori realizzati per permetterne la riapertura. (…) Sulle condizioni generali degli ambienti, la visita all’Istituto di Cuneo ha confermato le molte criticità segnalate al Garante nazionale in decine di reclami ex articolo 35 o.p.: infissi delle finestre che non chiudono, con grande dispersione di calore in inverno, in una città a clima rigido come Cuneo; bagni privi di acqua calda e senza porta e dotati di uno spioncino sul corridoio di circa 15 x 40 cm e inevitabile mancanza di privacy; lavandini molto piccoli (25 x 40 cm) da usare anche per lavare i vestiti; docce comuni in numero ridotto (una per sezione) con attivazione a tempo (7 minuti per ogni doccia); acqua calda insufficiente rispetto alle esigenze; interruttori della luce delle stanze detentive esterni alla stanza stessa; materassi con data di scadenza il 2015. A questo si aggiunge la scarsa qualità del materiale utilizzato per dipingere le pareti che ‘sfarinandosi’ determina un persistente pulviscolo che viene respirato da personale e ristretti. (…)
Un discorso a parte meritano poi le sale colloqui: nell’Istituto di Cuneo, contrariamente a quanto previsto dalla più volte citata circolare (Circolare DAP n. 3676/6126 del 2 ottobre 2017, articolo 16, capoverso 4), sono cabine di 1x 1,5 m, chiuse fino al soffitto, con una fascia di vetro alta 50 cm che costringe le persone che fanno il colloquio a stare piegate per vedere in volto, seppure oltre il vetro, i propri familiari. Le pareti divisorie delle cabine non isolano dai rumori, lasciando passare le voci (…)”.
Questo presidio s’inserisce in un contesto di duro attacco a chi tenta di resistere – e a volte anche solo di “rivendicare la propria esistenza” – all’interno delle carceri, come dimostrano i sempre più numerosi “suicidi”. Censura della posta sempre più frequente, pestaggi, trasferimenti punitivi a centinaia di chilometri di distanza dai luoghi di origine o di residenza, ricorso alla sorveglianza particolare (14 bis) e in genere all’isolamento sono solo alcuni degli strumenti utilizzati per continuare a punire, mantenere “esterno”, lontano dagli occhi e isolato, questo pezzo di società che nonostante tutto si oppone, in alcuni casi anche con pratiche radicali come avvenuto nel carcere di Trento dove neanche un anno fa i detenuti hanno distrutto un’intera sezione.
Un duro attacco che si estende anche a chiunque porti avanti la propria opposizione contro lo stato di cose attuali, lottando contro devastazioni ambientali, sgomberi di spazi e case occupate, licenziamenti sul lavoro, opposizione alle espulsioni di immigrate e immigrati e la loro reclusione nei campi d’internamento.
Sta diventando infatti sempre più frequente, per chi si espone nelle lotte, l’accusa di associazione sovversiva e quindi la carcerazione in sezioni di alta sicurezza (AS2) – sezioni “dedicate”, per come previsto dalla circolare del DAP (n. 6069 del 2009), a chi è accusato di 270, 270-bis, 270-ter, 270-quater, 270-quinquies, 280, 280-bis, 289-bis, 306 c.p. Sezioni in qualche modo “sperimentali”, in cui, come in 41bis, e subito dopo rispetto al 41bis, vengono testati meccanismi di controllo e/o di carcerazione che poi a cascata vengono imposti alle altre sezioni, così come accaduto per l’applicazione del processo in video-conferenza. Prima sistema applicato solo ai detenuti in 41bis, ora diffuso anche ai prigionieri in Alta Sicurezza e già esteso agli immigrati nei processi per la richiesta di asilo.
E certamente il recente trasferimento di tre compagne nella sezione AS2 del carcere de L’Aquila così come la carcerazione di altri tre compagni nel carcere di Tolmezzo, due carceri con sezioni a 41bis, può rendere più facile il “passaggio” delle sperimentazioni verso una consuetudine.
In quest’ottica valutiamo l’importanza di non abbassare la guardia e proseguire e intensificare la lotta contro la “punta di diamante” di questo sistema repressivo, il regime 41bis; contro la legittimazione della tortura volta a spingere alla collaborazione con lo Stato, contro gli sporchi interessi che rappresenta e difende, contro i suoi carnefici.
Sabato 8 giugno ore 15 – Presidio al carcere di Cuneo