Feb 202021
 

Riceviamo e pubblichiamo

Giovedì 18 febbraio, una trentina di compagni e compagne si sono recate sotto la sede del PRAP di Bologna in Viale Vicini 20.

Il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria è un organo periferico a livello dirigenziale del Ministero di Giustizia da cui dipende l’amministrazione della vita in carcere e della polizia penitenziaria. Vari ed importanti sono stati i motivi per recarsi lì sotto.

Uno, per riportare l’attenzione sulla responsabilità dei piani alti nella strage di Stato perpetrata nelle carceri italiane durante le rivolte di marzo 2020. Infatti, come ben sappiamo, alle rivolte scoppiate per la richiesta di cure e libertà in tempi di pandemia, la risposta data da parte delle autorità è stata di pestaggi, spari ed abusi, che han mietuto 14 morti. Morti classificate come morti per overdose da metadone ma che le numerose testimonianze dei detenuti uscite durante quest’ultimo anno dicono e ricordano chiaramente chi è Stato ad uccidere.

Un secondo motivo è legato al fatto che il Prap di Bologna ha la competenza della macro regione che comprende l’Emilia Romagna e le Marche. Quindi non solo ha delle responsabilità per le morti avvenute nelle carceri di Modena e Bologna tra l’8 e il 9 marzo, ma anche per le ritorsioni che in modo differente si stanno perpetrando contro i 5 detenuti che a novembre hanno presentato un esposto alla procura di Ancona raccontando la verità sulle torture avvenute nel carcere di Modena dove si trovavano a marzo del 2020 e della morte di Sasà Piscitelli, lasciato morire in cella a seguito del trasferimento. Essi si trovano rinchiusi in cinque carceri diverse tra l’Emilia Romagna e le Marche, ed è molto recente la notizia che Mattia, detenuto ad Ancona, sta subendo forti intimidazioni e pressioni per essere spinto a ritrattare sulla verità che ha raccontato essendo il compagno di cella di Sasà.

Terzo ma non ultimo, la retorica delle mele marce tra la polizia penitenziaria e chi amministra le galere non ha per noi nessun fondamento, la violenza del carcere è sistemica e quotidiana e nessuno che vi lavora – che sia tra le sua mura o dall’alto del sua scrivania – ne può uscire con la coscienza pulita.

Per ribadire rumorosamente tutto ciò e non solo, di fronte ad un ingente dispiegamento di digos e sbirri in antisommossa, si sono quindi susseguiti interventi e la diffusione di alcune testimonianze delle parenti i cui cari hanno vissuto l’abuso della divisa sulla propria pelle, intervallati da lunghe battiture per disturbare i piani alti e far tremolare le finestre di quegli infami uffici.

Dopo circa un’ora, il gruppo di compagne/i si ha occupato i viali spostandosi verso via del Pratello, dove con volantinaggi, interventi e cori si è colta l’attenzione delle numerose persone incontrate che hanno mostrato interesse e risposto con applausi. Il corteino si è poi fermato sotto il carcere minorile, ubicato nella stessa via, per portare un caloroso saluto solidale ai ragazzi lì rinchiusi, prima di sciogliersi in Piazza San Francesco con un ultimo intervento.

Nemiche e nemici dello Stato

MARZO 2020: 14 MORTI NELLE CARCERI – SAPPIAMO CHI È STATO!

NOI NON DIMENTICHIAMO!