Riceviamo e pubblichiamo [dalle compagne e dai compagni del presidio al ministero di giustizia dell’8 marzo]
Lunedì mattina, 8 marzo, si è tenuto un presidio in Via Arenula, di fronte al ministero di giustizia, ad un anno dalla strage di stato, dalle rivolte, dalle morti e dalle torture. Per non dimenticare i responsabili e ribadire la solidarietà a chi in galera ha lottato e lotta tutt’ora.
La partecipazione è stata ampia, determinata ed eterogenea. Sotto una pioggia battente, molti gli interventi dei parenti delle persone detenute, dei e delle solidali provenienti da più parti della penisola. Varie le realtà romane tra cui anche una delegazione dei Si Cobas in lotta (e duramente attaccati proprio in questi giorni.)
Le provocazioni sbirresche non sono mancate, con un atteggiamento molto aggressivo sin dall’inizio del concentramento, hanno avuto il culmine con diverse manganellate inflitte ai partecipanti. Ciò nonostante, il presidio ha mantenuto la calma ed è proseguito come previsto e organizzato.
La giornata dell’8 è stata organizzata in continuità con quella del 6 marzo di fronte al carcere di Modena, dove un presidio di almeno 150 tra compagn* e parenti ha alzato il velo sulle menzogne dello stato.
Fra gli interventi, quello di una donna, il cui figlio fu torturato ed ucciso proprio all’interno del carcere di Modena diversi anni fa. Le sue parole hanno fatto tremare la terra. Il suo grido di rabbia e dolore contro i carnefici è risuonato potente.
La solidarietà e la rabbia le si è poi andate ad urlare sul prato a ridosso di quelle mura.
Il 6 e l’8 sono date che rinforzano e rilanciano le mobilitazioni a sostegno delle persone detenute in lotta.
A cominciare dall’ udienza del 18 marzo c/o aula bunker di Rebibbia: 54 persone hanno difeso la loro vita ed oggi si trovano sotto accusa.
Chi difende la propria ed altrui vita non si processa!
Le vostre divise sono ancora sporche di sangue!