È passato più di un anno dalle rivolte dovute all’incubo del contagio entrato nelle carceri di tutta Italia e non solo. Ad oggi le persone detenute, che da dentro quelle mura hanno lottato affinché qualcosa cambiasse, si trovano in condizioni ancor più gravi. Tante persone hanno deciso di ribellarsi avanzando richieste in difesa della propria e altrui salute, all’interno di un luogo già di per sé insalubre e sovraffollato. Si sono mosse per far sì che qualcuno si accorgesse della drammatica situazione degli istituti carcerari di questo paese e hanno indicato l’unica soluzione possibile per evitare il contagio di massa: svuotare le galere. I focolai che continuano ad esplodere nelle carceri a più di un anno di distanza confermano che chi ha protestato aveva ragione: l’unica sicurezza è la libertà.
Chi amministra e gestisce gli istituti penitenziari non ha voluto assumere decisioni per contenere il contagio dentro quelle mura. Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP), il Ministero di Giustizia, le Asl, i Tribunali di Sorveglianza sono, ognuno nel proprio ruolo, i responsabili di questa situazione ormai da tempo insostenibile.
A fronte delle richieste avanzate in questi mesi dai e dalle prigioniere – amnistia, indulto, domiciliari per chi ha residui di pena, alternative al carcere per chi soffre di patologie – l’unica proposta, da più parti sostenuta, oltre quella di investire milioni di euro nella ristrutturazione e costruzione di sempre più galere, è la vaccinazione. Il vaccino permetterà al sistema di restare uguale a se stesso, ai responsabili di malasanità e sovraffollamento di lavarsi le mani ancora più a cuor leggero. Basterà una puntura per rendere il carcere un luogo sicuro? Sicuro forse dal virus, ma non da tutto il resto. Se già per chi vive fuori da quelle mura, la scelta di vaccinarsi o meno è strettamente legata all’assicurarsi un posto di lavoro o una certa libertà di movimento, immaginiamo fino a che punto il ricatto possa arrivare dentro le carceri. Molte già le testimonianze, che ci arrivano da prigionieri e prigioniere, sulle fortissime pressioni ricevute al fine di costringere alla scelta pro-vaccino: senza la sua assunzione non è possibile partecipare a quei già pochi spazi di socialità permessi dalla quotidianità carceraria. Per non parlare di quanta paura serpeggi, tra le persone detenute, di incorrere in gravi effetti collaterali post-vaccino, all’interno di un sistema sanitario penitenziario assolutamente inefficiente e sotto organico.
Dal marzo scorso ad oggi abbiamo fatto sentire la nostra vicinanza e solidarietà alle persone detenute, andando fuori dalle mura delle carceri. Abbiamo portato ai responsabili le testimonianze che ci arrivano da dentro. Abbiamo capito che è importante incontrarsi e confrontarsi per tenere alta l’attenzione su quello che accade nelle carceri e per capire di volta in volta cosa è meglio fare. Per questo abbiamo dato vita a un’assemblea aperta cui invitiamo a partecipare chiunque abbia a cuore la libertà, che non può prescindere da quella conquistata collettivamente e che riguarda inevitabilmente tutte e tutti.
Per contattarci potete scrivere una mail a dulceri211@gmail.com
L’UNICA SICUREZZA È LA LIBERTÀ
Parenti e solidali delle persone detenute