25 Aprile 2005. NO ALLE BASI MILITARI USA E NATO
E AL NEOLIBERISMO NEL NOSTRO TERRITORIO.
Negli ultimi anni sul nostro territorio si sta sviluppando un'inquietante sinergia tra poteri forti. È sempre maggiore, infatti, la collaborazione tra mondo della cultura accademica, mondo industriale e finanziario e forze armate.
Nell'ambito della pubblica istruzione, sono emblematiche le collaborazioni tra l'Università di Pisa e l'Accademia navale di Livorno, l'istituzione di una classe di laurea in Scienza della difesa e della sicurezza o l'istituzione, presso la scuola superiore Sant'Anna, di una master in gestione dei conflitti (ormai alla sua terza edizione), al quale sono presenti generali della Folgore in qualità di relatori. Assistiamo ad un tentativo di militarizzazione sostanziale e massiccia delle coscienze e delle risorse pubbliche. Infatti strutture pubbliche di cultura sono sempre più spesso contaminate, nei contenuti trasmessi, dalla non-cultura dell'esercito che ha come suoi valori fondanti la gerarchia e l'addestramento all'obbedienza acritica. Inoltre formare dei tecnici specializzati in “scienze della sicurezza” o in “peacekeeping” costituisce un enorme contributo teorico e pratico alla disastrosa campagna imperialistica portata avanti dai paesi occidentali, che in questo periodo storico ha assunto il suo volto più arrogante, quello della guerra permanente. Oltre ad un notevole impoverimento nei contenuti culturali, da una tale situazione, l'istruzione pubblica subisce un impoverimento delle risorse umane e materiali che molto spesso vengono messe a disposizione di enti e industrie militari. Ciò costituisce, anche se in una forma mascherata dall'“aura della cultura”, l'ennesimo taglio alla spesa pubblica a favore di quella militare.
Parallelamente ad una forte militarizzazione, l'università pubblica, sta sempre più adeguando i suoi obiettivi formativi ed i suoi ambiti di ricerca alle richieste e alle necessità delle lobby economiche, seguendo alla lettera l'articolo 11 della riforma Zecchino che sancisce che “gli obiettivi formativi di un corso di laurea, le attività formative da inserire, i crediti assegnati a ciascuna disciplina e la prova finale siano assunti dall'università previa consultazione con le organizzazioni rappresentative a livello locale del mondo della produzione, dei servizi e delle professioni”. Sul territorio pisano questa stretta relazione tra mondo dell'istruzione e privati in questi ultimi anni si realizza principalmente nella collaborazione tra la scuola superiore S. Anna, polo d'eccellenza e dunque favorito economicamente dalla riforma Moratti, e la Piaggio di Pontedera. L'accordo tra S. Anna e Piaggio, benedetto da Banca Intesa, rende Pisa uno dei punti nodali della globalizzazione in Italia: la Piaggio, infatti, sta delocalizzando gran parte della sua produzione (e di tutto il suo indotto) in Cina ed India, dove può trovare manodopera a bassissimo costo ed un mercato di una vastità eccezionale; parallelamente il S. Anna ha avviato collaborazioni con atenei cinesi, dalle quali possiamo ben immaginare cosa scaturirà: cervelli “d'eccellenza” che si impegneranno in ricerche utili alla Piaggio per andare a formare elitès dirigenti occidentali negli stabilimenti asiatici dell'industria.
Sul nostro territorio, già vessato dalla carenza di servizi, dalle privatizzazioni, da un costo della vita sempre più insostenibile, dal lavoro precario, si riproduce in piccolo ciò che avviene già su scala mondiale: un generale impoverimento delle masse ed un concentramento del potere economico nelle mani di pochi.
Università Antagonista
Sant'Anna: neoliberismo d'eccellenza!
In questi ultimi anni, sull'onda del rilievo conferito dalla riforma Moratti alle scuole d'eccellenza, la Scuola superiore Sant'Anna sta ampliando a dismisura le sue strutture e sta intrattenendo rapporti sempre più significativi con i poteri forti della città, diventando uno dei capisaldi del liberismo locale.
Nel febbraio di quest'anno il Presidente della Scuola Superiore Sant'Anna Riccardo Varaldo ha presentato, insieme con lo statistico Maurizio Himmelmann, uno studio sull'economia di Pisa e sulle prospettive di sviluppo per la città, in cui si parla entusiasticamente di un “nuovo modello di crescita, fondato sull'economia dei servizi”.
Se è indubbio che i servizi costituiscono un settore portante dell'economia pisana, la questione è quali siano i modi di sviluppo di tale settore e le loro conseguenze sul piano sociale, occupazionale, della distribuzione del reddito, della qualità della vita e del lavoro, e quali siano le prospettive per il futuro. È evidente che l'interesse di Varaldo è tutto rivolto ai servizi come fonte di profitto piuttosto che in relazione alla loro fruibilità, al bilancio in attivo delle aziende piuttosto che ai salari percepiti dai lavoratori.
È innegabile, infatti, che a Pisa la qualità dei servizi che vengono offerti ai cittadini, alle migliaia di studenti che frequentano l'università ed ai turisti è enormemente peggiorata; ed è certamente peggiorata anche la condizione di chi a Pisa lavora: i servizi, principale fonte di reddito e di impiego della città, sono appaltati a cooperative private che impongono una flessibilità e una precarietà altissime, con ampie zone di sommerso e di lavoro nero.
La combinazione tra l'impiego massiccio in investimenti immobiliari dei finanziamenti pubblici da parte delle università, lo sviluppo di servizi a bassi salari e senza regole e il decentramento della popolazione senza infrastrutture e senza trasporti pubblici, hanno determinato distorsioni abnormi nella distribuzione del reddito e nella stessa funzionalità e sostenibilità del sistema cittadino. Le statistiche, a questo proposito, parlano chiaro: migliaia di pisani ogni anno fuggono dal centro cittadino per recarsi nei comuni limitrofi, alla ricerca di una qualità della vita migliore, di migliori servizi, di affitti che non decurtino la metà dello stipendio.
Ma l'intervento del Sant'Anna nell'economia pisana, non si limita ad una semplice ed accademica apologia delle logiche neoliberiste: ha, anzi, degli effetti ben più concreti e decisivi nei legami che la scuola intrattiene con la maggiore impresa del territorio, la Piaggio di Pontedera.
Nel novembre del 2002 è stato inaugurato a Pontedera il Polo Sant'Anna Valdera (PSV), costituito per “valorizzare pienamente le attività di ricerca della Scuola Superiore Sant'Anna” e che, a detta della scuola, ha il “nobile” intento di “rendere sistematico e operativo il legame tra il mondo della ricerca scientifica, il mondo economico e produttivo e le istituzioni locali, integrandosi a vari livelli e con diverse modalità con il sistema sociale ed economico e produttivo della Valdera e delle aree ad esso interconnesse”. Ma cosa significa questo? Sono ben noti i rapporti di collaborazione che esistono tra la Scuola Superiore e la Piaggio S.p.A: la struttura dove sorge il polo è stata donata dalla stessa società al Sant'Anna e in seguito ristrutturata grazie ai fondi del MIUR con l'obiettivo di creare nuove imprese innovative in settori ad alta tecnologia “avvalendosi di capitale umano giovane, competente e creativo, formato presso i propri laboratori di ricerca”.
Recentemente, poi, proprio nel momento in cui la Piaggio sta delocalizzando la maggior parte della sua produzione in Cina ed India, è stato siglato un accordo fra la Scuola Sant'Anna e l'Università cinese di Chongqing: un accordo di collaborazione “ad ampio raggio in campo culturale, didattico e scientifico”. Davvero strana la mancanza dell'aggettivo “economico” dato che tale accordo è stato realizzato con l'apporto di Banca Intesa e della stessa Piaggio, (che come è noto sta spostando gran parte della sua produzione in cina) reduce dall'accordo col gruppo cinese Zongshen, uno dei principali produttori privati cinesi di motocicli e componenti, con il quale gestisce a partecipazione mista la “Piaggio Foshan Motorcycle” con sede a Foshan.
Sono evidenti le contraddizioni che emergono dalla costruzione di un progetto di questo tipo, che vede in prima linea come soggetti finanziatori il gruppo Piaggio, che si è svincolato ormai dalla crisi del gruppo Fiat, grazie alla delocalizzazione in Cina ed India; Banca Intesa, in passato istituto finanziario militante tra le fila delle Banche Armate italiane che finanziano i traffici di armi e le guerre; un'università affarista che pretende di parlare di diritti umani e contemporaneamente avvalla il disumano modo di produzione della globalizzazione capitalista, che toglie lavoro nei paesi ad economia avanzata per sfruttare quello sottopagato dei bambini cinesi.
Peacekeeping: il volto “democratico” dell'oppressione imperialista.
A partire dalla guerra in Kosovo, si sono fatti sempre più strada, sulle bocche dei governanti occidentali, parole come “peacekeeping” o “guerra umanitaria” per mascherare delle vere e proprie guerre imperialiste, volte al mantenimento degli interessi euro-americani in aree di fondamentale importanza strategica ed economica del mondo. Oggi queste menzogne di guerra hanno addirittura acquisito lo status di “scienza”, tanto da divenire materia di insegnamento in uno dei più prestigiosi istituti di istruzione superiore italiano, la Scuola Sant'Anna, dove è ormai alla sua terza edizione il Master in “Diritti umani e gestione dei conflitti”.
Nonostante nel Master siano previste collaborazioni con associazioni che si occupano di diritti umani, accanto ad esse è massiccia la presenza di rappresentanti delle forze armate italiane e internazionali, come la NATO, e di strutture economiche che oggi sono largamente responsabili della disuguaglianze tra nord e sud del mondo, come il Fondo Monetario Internazionale. Fin dall'inizio si è cercato di dare un'impronta ben precisa alle lezioni ed al ruolo che, evidentemente secondo lo stato italiano e la Scuola Sant'Anna, i futuri operatori di pace dovrebbero giocare: collaboratori civili delle forze di polizia e dei militari. Si è parlato spesso del ruolo dei CIMIC (Civil - Military Cooperation), nuove strutture che stanno nascendo e si stanno rafforzando un po' ovunque in Italia ed in Europa e che prevedono l'istituzione di commissioni ed uffici di collegamento tra personale civile e militare.
In un master universitario “d'eccellenza” si sono
svolte lezioni “in divisa”: con il tenente colonnello
dei carabinieri Paolo Coletta, uno dei responsabili del primo
contingente italiano dei carabinieri del
“Tuscania” in missione in Iraq e con il colonnello
Piero Costantino della “Brigata Folgore”, a suo tempo
responsabile del contingente italiano (e NATO) a Sarajevo. I
partecipanti hanno inoltre vissuto due giorni di
“addestramento” sul campo presso le strutture dei
paracadutisti della Brigata Folgore.
Non sono stati evidenziati
gli effetti devastanti, anche sul piano della violazione dei diritti
umani, dell'operato delle compagnie transnazionali nei paesi del sud
del mondo, sottolineando anzi quale potrebbe essere il ruolo
positivo di queste compagnie per migliorare le condizioni di vita e
ridurre i conflitti. Sono stati propinati gli spot del McDonald's e
della Coca Cola arricchiti con commenti ridicoli secondo i quali la
qualità dei prodotti offerti da McDonald's sarebbe certamente
superiore a quella di qualsiasi panino al prosciutto si possa
acquistare in qualsiasi bottega di generi alimentari della
zona.
In questi ultimi anni si sta verificando una vera e propria corsa al peacekeeping, strumento tanto caro alle forze “progressiste” in quanto capace di mascherare e rendere maggiormente accettabile agli occhi dell'opinione pubblica, l'assoggettamento imperialista delle aree ricche di risorse necessario all'economia neoliberista. l'Unione Europea ha oggi avviato la formazione di 60.000 uomini dei vari eserciti nazionali e varie migliaia di civili per costituire una task force stabile, pronta a intervenire con un ruolo di primo piano là dove richiesto dalla prossima crociata imperialista dell'occidente. Questo la dice lunga sulla creazione di un futuro “esercito europeo”: il processo di unificazione dell'Unione Europea, o meglio della “Fortezza Europea”, si concretizza, oltre che sul piano economico-finanziario, sul piano militare.
Ed è in questo contesto che si inserisce la base americana di Camp Darby, il più grande deposito di stoccaggio di armi e munizioni sul territorio Europeo. Per la sua posizione strategica la base ha rappresentato e rappresenta tutt'ora una struttura molto attiva per quel che riguarda i rifornimenti militari e l'invio di truppe in tutta l'area mediterranea; da qui sono partiti ingenti rifornimenti di materiale bellico per la guerra in Iraq e ancora prima per la guerra in Kosovo. Camp Darby è quindi una delle basi più importanti per l'imperialismo USA e chi parlava di riconversione ad uso civile oggi vota per il suo ampliamento: la Regione Toscana tramite il comitato paritetico ha sancito la creazione di ulteriori magazzini di stoccaggio, affermando che la base “deve essere riconvertita per operazioni di peacekeeping”.
SOLIDARIETÀ AI POPOLI IN LOTTA!
NO AI SAPERI DI GUERRA!