La risposta breve è:
non molto. La libertà non solo implica ma anche richiede pensiero critico,
indipendente (infatti, le/gli anarchic* arguirebbero che il pensiero critico
richiede uno sviluppo ed un’evoluzione liberi e che è precisamente
questo che viene schiacciato dall’organizzazione gerarchica capitalista).
Per gli/le anarchic* una teoria libertaria, che sia degna del nome, deve essere
basata sul pensiero critico e riflettere l’aspetto chiave che caratterizza
la vita: il cambiamento e la capacità di evolversi. Fissare un dogma
e basare la “teoria” sulle assunzioni (come contrario ai fatti) è l’opposto
di uno stato d’animo libertario. Una teoria libertaria deve essere basata
sulla realtà e deve riconoscere la necessità per il cambiamento
e l’esistenza del cambiamento. Sfortunatamente, il Libertarismo di destra
è segnato molto dall’ideologia piuttosto che dalle analisi critiche.
Il Libertarismo di destra è caratterizzato da una forte tendenza a creare teorie basate sulle assunzioni e deduzioni da questi assiomi (per una discussione sulla natura pre-scientifica di questa metodologia e la sua pericolosità, si veda la prossima sezione). Robert Nozick, ad esempio, in Anarchy, State, and Utopia non fa nessun tentativo per fornire una giustificazione dei diritti di proprietà su cui si basa la sua intera teoria. La sua assunzione principale è che “gli individui hanno diritti, ed esistono certe cose che nè persona o gruppo può fare (senza violare i loro diritti)”. [Anarchy, State and Utopia, p.ix] Sebbene questo intuitivamente abbia il suo fascino, non è abbastanza per basarci un’ideologia politica. Dopo tutto, quei diritti che la gente considera validi possono essere assai soggettivi e costantemente in evoluzione nella storia. Dire che “gli individui hanno diritti” è aprire la questione “quali diritti?”. Infatti, come si dirà meglio in sezione F.2, tale sistema basato sui diritti che Nozick desidera può condurre e conduce a sviluppare situazioni in cui la gente “acconsente” ad essere sfruttata e oppressa e in cui, intuitivamente, molta gente considera l’appoggiare la “violazione” di questi “certi diritti” (creandone altri) semplicemente a causa delle loro conseguenze malefiche.
In
altre parole, iniziando con l’assumere che “la gente ha [certi] diritti”,
Nozick costruisce una teoria che, quando posta di fronte alla realtà
di non libertà e dominio che potrebbe creare per molti, giustifica
questa mancanza di libertà come un’espressione della libertà.
In altre parole, nonostante il risultato, l’importante sono le assunzioni
iniziali. Il sistema intuitivo di Nozick basato sui diritti può condurre
a risultati veramente non intuitivi.
Ma Nozick fornisce una
dimostrazione della teoria sui diritti di proprietà che ipotizza? Egli
afferma “non la formuleremo qui”. [Op. Cit., p.150] Per di
più, non è formulata in nessun’altra parte del suo libro. E
se non è formulata, cosa c’è da difendere? Di sicuro questo
significa che il suo Libertarismo è senza fondamento? Come nota Jonathan
Wolff, “i diritti di proprietà libertari [di Nozick] rimangono
sostanzialmente indefiniti”. [Robert Nozick: Property, Justice and
the Minimal State, p.117] Dato che il diritto di acquisire proprietà
è il punto critico della sua intera teoria, dovrebbe essere considerato
abbastanza importante da andare più in dettaglio (o almeno documentarlo).
Dopo tutto, a meno che egli non fornisca una base solida riguardo i diritti
di proprietà, la sua intitolata teoria non ha senso così come
nessuno ha diritto alla proprietà (privata).
Si potrebbe sostenere
che Nozick presenta abbastanza informazioni da permetterci di mettere insieme
un’argomentazione possibile a favore dei diritti di proprietà basata
sulla sua modifica alla “clausola di Locke” (sebbene egli non indichi
queste argomentazioni). Comunque, assumendo che sia questo il caso, tale difesa
fallisce completamente (vedi sezione B.3.4 per approfondimenti). Se gli individui
hanno diritti, questi diritti non includono i diritti di proprietà
nella forma assunta (ma non dimostrata) da Nozick. Egli inizialmente appare
convincente perchè ciò che assume riguardo la proprietà
è una caratteristica normale della società in cui siamo (perdonateci
quando qui asseriamo che argomenti deboli passano per convincenti quando
sono dalla stessa parte dell’opinione prevalente).
Analogamente, sia Murray
Rothbard che Ayn Rand (che è tristemente nota per ripetere “A
è A” all’infinito) fanno lo stesso: basano le loro ideologie su
ipotesi (vedi sezione F.7 per un approfondimento).
Quindi, si vede come
molte delle principali ideologie libertarie di destra si basano su assunzioni
su cos’è “l’Uomo” o quali diritti dovrebbe avere (di solito nella forma:
le persone hanno (certi) diritti giusto perchè sono persone). Su questi
teoremi e assunti costruiscono le loro rispettive ideologie, usando la logica
per trarre le conclusioni che tali assunzioni implicano. Tale metodologia
non è scientifica bensì una reliquia della società religiosa
(pre-scientifica) (si veda la prossima sezione) ma, e questo è importante,
può avere effetti negativi sulla massimizzazione della libertà.
Ciò a causa del fatto che questa “metodologia” ha diversi problemi.
Murray Bookchin sostiene che:
“La ragione convenzionale
rimane sull’identità, non sul cambiamento; il suo principio fondamentale
è che A è uguale ad A, il famoso ‘principio d’identità’,
che significa che ogni dato fenomeno può solo essere sè stesso
e non può essere altro che ciò che noi immediatamente percepiamo
essere in un dato istante di tempo. Questo principio non affronta il problema
del cambiamento. Un essere umano una volta è un neonato, un’altra un
bambino, un’altra ancora un adolescente e infine un giovane e un adulto. Quando
analizziamo un neonato tramite la ragione convenzionale, non esploriamo cosa
sta diventando durante il processo di sviluppo in bambino”. ["A Philosophical
Naturalism", Society and Nature No.2, p.64]
In altre parole, la
teoria libertaria di destra si basa sull’ignorare l’aspetto fondamentale della
vita: cioè il cambiamento e l’evoluzione. Forse sosterrà
che l’identità tiene conto del cambiamento includendo la potenzialità
– che significa che noi abbiamo la strana situazione in cui A può
potenzialmente essere A! Se A non è davvero A, ma ha solo il
potenziale di essere A, allora A non è A. Cosi` includere il cambiamento
è riconoscere che A non è uguale ad A: che gli individui e
l’umanità evolvono e quindi ciò che fa sì che anche
A cambi. Mantenere l’identità e poi negarla sembra strano.
Che il cambiamento sia
lontano dalla mentalità “A è A” può essere visto da
Murray Rothbard, che va così lontano da dire “uno dei notevoli attributi
della legge naturale” è “la sua applicabilità a tutti
gli uomini [sic!], indipendentemente dal tempo o dal luogo. Così la
legge etica prende posto accanto alle leggi naturali fisiche o ‘scientifiche’”.
[The Ethics of Liberty, p.42] Apparentemente la “natura dell’uomo”
è la sola cosa vivente in natura che non si evolva o cambi! Naturalmente,
si potrebbe ribattere che con “legge naturale” Rothbard si riferisca solo
al suo metodo di deduzione delle sue (e, sottolineiamo, giusto sue, non naturali)
“leggi etiche”, ma non che la sua metodologia inizi assumendo certe cose su
”l’uomo”. Che questi assunti sembrino o meno parecchio distanti va oltre il
punto; usando il termine “legge naturale” Rothbard sostiene che ogni azione
che violi le sue leggi etiche è qualcosa “contro natura” (ma
se fosse contro natura, non avverrebbe – si veda la sezione F.7 per un approfondimento
su questo). Le conseguenze di questo assunto costituiscono (come mostra l’ideologia
di Rothbard) un letto di Procuste per l’umanità.
Quindi, come si vede,
molte delle principali teorie libertarie di destra considerano molto importante
l’assioma “A è A” o che “l’uomo” ha certi diritti giusto perchè
è un “uomo”. E come Bookchin fa notare, tale ragione convenzionale
“senza dubbio gioca un ruolo fondamentale nel pensiero matematico e nelle
scienze matematiche. . . e nei dettagli pratici associati alla vita di tutti
i giorni” e quindi è essenziale “capire o progettare entità
meccaniche”. [Ibid., p.67] Ma sorge la questione: tale ragione
è utile quando si considerano le persone e le altre forme di vita?
Le entità meccaniche
sono solo un (piccolo) aspetto della vita umana. Sfortunatamente per i libertari
di destra (e fortunatamente per il resto dell’umanità), gli esseri
umani non sono entità meccaniche ma vivono, respirano, provano
sensazioni, sperano, sognano, sono organismi viventi che cambiano.
Non sono entità meccaniche e ogni teoria che usi ragioni basate su
tali entità (non viventi) annasperà quando messa di fronte a
entità viventi. In altre parole, la teoria libertaria di destra tratta
la gente esattamente come fa il sistema capitalista: ovvero come prodotti,
come cose. Contrariamente agli esseri umani, le cui idee, ideali ed etiche
cambiano, si sviluppano, crescono, il capitalismo e le ideologie capitaliste
cercano di ridurre la vita umana a livello del grano o del ferro (enfatizzando
la “natura” statica dell’uomo e le loro assunzioni/diritti iniziali).
Questo può essere
visto dal loro appoggio verso il lavoro salariato, verso la riduzione dell’attività
umana a prodotto sul mercato. Mentre è favorevole solo a parole alla
libertà e alla vita, il libertarismo di destra giustifica il fatto
di considerare come prodotti il lavoro e la vita, e questo, dentro un sistema
di diritti di proprietà capitalisti, può risultare nel trattare
la gente come mezzi atti a uno scopo invece di mezzi fini a sè stessi
(vedi le sezioni F.2 e F.3.1).
Come fa notare Bookchin,
“in un’epoca di valori brutalmente in conflitto e ideali emotivamente carichi,
tale modo di ragionare risulta spesso repellente. Dogmatismo, autoritarismo
e paura sembrano pervadere tutto”. [Ibid., p.68] Il libertarismo
di destra fornisce più di un’evidenza sufficiente per la sintesi di
Bookchin con il suo appoggio nei confronti delle relazioni sociali autoritarie,
delle gerarchie e persino della schiavitù (vedi sezione F.2).
Questo punto di vista
meccanico si riflette anche nella loro mancanza di apprezzare che le istituzioni
sociali e le relazioni sociali si evolvono nel tempo e, a volte, cambiano
considerevolmente. Questo può essere visto meglio dal concetto di
proprietà. I libertari di destra non vedono che nel tempo (usando le
parole di Proudhon) la proprietà “cambia la sua natura”. Originariamente,
“la parola proprietà era sinonimo di. . . possesso individuale”
ma divenne più “complessa” e cambiò in proprietà
privata: “il diritto all’uso per mezzo del lavoro del vicino”.
La modifica del diritto d’uso in diritto di proprietà (capitalista)
creò relazioni di dominio e sfruttamento prima assenti. Per il libertario
di destra, sia gli attrezzi degli artigiani autonomi che il capitale di una
corporazione multinazionale sono forme di “proprietà” e (quindi) fondamentalmente
identici. In pratica, ovviamente, le relazioni sociali che creano e l’impatto
che hanno sulla società sono completamente diversi. Così la
forma mentis meccanica del libertarismo di destra non capisce come evolvono
le istituzioni e la proprietà stessa, e va a rimpiazzare con l’oppressione
qualunque cosa caratterizzasse l’accrescimento della libertà (infatti,
von Mises sostiene che “potrebbe capitare che ci sia una differenza di
opinione riguardo a se una particolare istituzione è socialmente benefica
o dannosa. Ma una volta che questa sia stata giudicata benefica [da
chi, ci domandiamo], non si può più sostenere che, per qualche
inspiegabile motivo, debba essere condannata come immorale” [Liberalism,
p. 34] Quanta evoluzione e cambiamento!.
L’anarchismo, al contrario,
si basa sull’importanza del pensiero critico ispirato dalla consapevolezza
che la vita è in un processo di costante cambiamento. Ciò significa
che le nostre idee sulla società umana devono essere ispirate dai fatti,
non da ciò che vorremmo fosse vero. Per Bookchin, è essenziale
fare una valutazione sulla saggezza convenzionale (come espresso nella “legge
d’identità”) e le sue conclusioni hanno “enorme importanza
per come ci comportiamo in qualità di esseri etici, la natura della
natura, e il nostro posto nel mondo naturale. Inoltre. . . queste questioni
incidono direttamente sul tipo di società, sensibilità e modi
di vivere che vogliamo incoraggiare”. [Bookchin, Op. Cit.,
p.69-70]
Bookchin ha ragione.
Mentre le/gli anarchic* si oppongono all’organizzazione gerarchica in nome
della libertà, i libertari di destra appoggiano l’autorità e
la gerarchia, entrambe le quali negano la libertà e restringono lo
sviluppo individuale. Questo non è sorprendente, perchè l’ideologia
libertaria di destra rigetta il cambiamento e il pensiero critico basati
sul metodo scientifico e quindi è fondamentalmente contro la vita
nella sua assunzione e antiumana nel suo metodo. Lungi dall’essere
un insieme di idee libertarie, il libertarismo di destra è un insieme
meccanico di dogmi che negano la natura fondamentale della vita (cioè
il cambiamento) e dell’individualità (cioè del pensiero critico
e della libertà). Inoltre, nella pratica il loro sistema di diritti
(capitalisti) risulterebbe presto in ampie restrizioni della libertà
e in relazioni sociali autoritarie (si vedano le sezioni F.2 ed F.3): uno
strano risultato per una teoria che si proclama “libertaria” ma un risultato
consistente con la sua metodologia.
Da un punto di vista
più ampio, il rifiuto nei confronti della libertà da parte dei
libertari di destra non è sorprendente. Dopo tutto, appoggiano il
capitalismo. Il capitalismo produce un senso della morale invertito, una morale
in cui il capitale (lavoro morto) è più importante delle persone
(lavoro vivo). Dopo tutto, in generale è più semplice rimpiazzare
i lavoratori piuttosto che gli investimenti in capitale e la persona che
possiede il capitale comanda la persona che possiede “solo” la propria vita
e la propria capacità produttiva. E, come notava una volta Oscar Wilde,
i crimini contro la proprietà “sono i crimini che la legge inglese,
valutando che un uomo ha più di ciò che un uomo è, punisce
con la più dura e più orribile severità”. [The
Soul of Man Under Socialism]
Questa mentalità
si riflette nel libertarismo di destra quando pretende che rubare il cibo
sia un crimine mentre far patire la fame fino alla morte (a causa dell’azione
della forza/potere del mercato e dei diritti di proprietà) non è
infrangere diritti (vedi la sezione F.4.2 per una discussione simile, relativamente
all’acqua). Questo può anche essere visto attraverso la pretesa dei
libertari di destra secondo la quale la tassazione “dei guadagni da lavoro”
(di un dollaro da un milionario) è “pari al lavoro forzato”
[Nozick, Op. Cit., p.169] mentre lavorare per 14 ore al giorno in condizioni
disagevoli per una misera paga, in uno “sweat shop” (arricchendo il milionario
citato) non tocca la libertà del lavoratore perchè egli stesso
acconsente a ciò a causa delle forze del mercato (benchè molte
persone ricche abbiano guadagnato il proprio denaro senza lavorare
essi stessi: i loro guadagni derivano dal lavoro salariato di altri, così
tassare quei guadagni, da non lavoro, sarebbe “lavoro forzato”?). È
interessante notare che l’Anarchico Individualista Ben Tucker sosteneva che
un’imposta sul reddito fosse “un riconoscimento del fatto che la libertà
industriale e l’uguaglianza di opportunità non esistono più
qui [negli USA intorno al 1890] nemmeno nello stato imperfetto in cui esistevano
una volta” [citato da James Martin, Men Against the State, p.263]
Il fatto che il capitalismo
produca un senso della morale invertito può essere visto con l’esempio
della produzione della Pinto da parte di Ford. La Pinto aveva un difetto:
se veniva urtata in un certo modo durante un incidente il serbatoio della
benzina esplodeva. La Ford company decise che era più “economicamente
attuabile” produrre la macchina e pagare i danni a chi fosse rimasto ferito
o a chi per lui per chi fosse morto, piuttosto che pagare per cambiare il
capitale investito. Le necessità per i possessori del capitale di fare
profitto vengono prima delle necessità della vita. Analogamente, i
capi spesso assumono persone per eseguire lavoro rischioso in condizioni pericolose
e li licenziano se protestano. L’ideologia dei libertari di destra è
l’equivalente filosofico. Il suo dogma è il capitale e viene prima
della vita (ovvero del “lavoro”).
Come disse una volta Bakunin, “troverai sempre gli idealisti nel vero
agire del pratico materialismo, mentre vedrai i materialisti inseguire e realizzare
le aspirazioni e i pensieri più grandiosamente ideali”. [God
and the State, p.49] Qui vediamo i “libertari” di destra appoggiare i
“sweat shops” e opporsi alla tassazione, poichè alla fine, nell’ideologia,
il denaro (e il potere conseguente) conta più degli ideali quali la
libertà, la dignità individuale, la concessione di autorità,
il lavoro creativo e produttivo e così via per tutto. Il difetto centrale
del libertarismo di destra è non riconoscere che le azioni del mercato
capitalista possono facilmente assicurare alla maggioranza di finire col
diventare una risorsa per gli altri in vie molto peggiori di quelle associate
alla tassazione. I diritti legali dell’autoproprietà appoggiati dai
libertari di destra non implicano che la gente sia in grado di evitare ciò
che in effetti è rendere schiavo un altro (vedi le sezioni F.2 ed
F.3).
La teoria dei Libertari di destra non è basata su una metodologia o una prospettiva libertarie e quindi è poco sorprendente che risulti nell’appoggiare le relazioni sociali autoritarie e la schiavitù (vedi sezione F.2.6).
Di solito, no. L’approccio scientifico è induttivo, molto dell’approccio
della teoria libertaria di destra è deduttivo. Il primo estrae
generalizzazioni a partire dai dati, il secondo applica generalizzazioni
preconcepite ai dati. Un approccio completamente deduttivo è pre-scientifico
ed è per questo che molti libertari di destra non possono legittimamente
pretendere di usare un metodo scientifico. Nella scienza capita di fare deduzioni,
ma le generalizzazioni sono essenzialmente basate su altri dati, non su assunzioni
a priori, e vengono verificate per assurdo sui dati per vedere se
sono accurate. Gli/le anarchic* tendono a cadere nel campo induttivo, come
afferma Kropotkin:
“Precisamente, questo
metodo scientifico-naturale applicato ai fatti economici, ci permette di
dimostrare che le cosiddette ‘leggi’ della sociologia della classe media,
incluso anche la loro economia politica, non sono affatto leggi, ma semplici
ipotesi, o mere asserzioni che non sono mai state verificate” [Kropotkin's Revolutionary
Pamphlets, p.153]
L’idea che il metodo
scientifico-naturale possa essere applicato alla vita economica e sociale
viene rifiutata da molti libertari di destra. Infatti loro preferiscono l’approccio
deduttivo (pre-scientifico) (dobbiamo notare che questo non è limitato
solo agli economisti austriaci, anche molti economisti della corrente capitalista
principale preferiscono la deduzione all’induzione).
La tendenza del libertarismo
di destra di cadere nel dogmatismo (o nei teoremi a priori, come dicono
loro) e le sue implicazioni possono essere meglio viste dal lavoro di Ludwig
von Mises e di altri economisti libertari di destra della “scuola austriaca”.
Naturalmente, non tutti i libertari di destra necessariamente approvano questo
approccio (Murray Rothbard, giusto per citarne uno, lo fece) ma il suo uso
da parte di così tanti lumi principali di entrambe le scuole di pensiero
è significativo e degno di nota. E siccome siamo concentrati sulla
metodologia non è essenziale discutere le assunzioni iniziali.
Gli assunti (cioè, per usare le parole di Rothbard, l’austriaco ”assioma
fondamentale che gli individui umani agiscono”) possono essere corretti,
incorretti o incompleti, ma il metodo per usarli sostenuto da von Mises assicura
che tali considerazioni siano irrilevanti.
Von Mises (un membro
principale della scuola austriaca di economia) inizia affermando che la teoria
economica e sociale “non è derivata dall’esperienza; è precedente
all’esperienza…”. Il che è una gran confusione. È ovvio
che l’esperienza del capitalismo è necessaria per poter sviluppare
una teoria attuabile su come lavora. Senza l’esperienza, ogni teoria è
giusto un volo di fantasia. La reale teoria specifica che sviluppiamo è
quindi derivata dall’esperienza, ispirata da essa e dovrà essere verificata
per assurdo per vedere se è attuabile. Questo è il metodo scientifico:
ogni teoria deve essere verificata contro i fatti.
Comunque, von Mises
arriva a sostenere alla fine che “nessun tipo di esperienza può
mai forzarci ad abbandonare o modificare i teoremi a priori; essi
sono logicamente precedenti ad essa e nemmeno possono essere dimostrati da
comprovata esperienza o confutati dall’esperienza opposta. . .”.
Von Mises fa una simile
assunzione nel suo lavoro Human Action, cioè che l’esperienza
“non può mai. . . provare o confutare ogni particolare teorema.
. . L’ultimo metro di valutazione della correttezza o scorrettezza di un
teorema economico è esclusivamente la ragione senza l’aiuto dell’esperienza”.
[p.858]
E se questo non rende
giustizia a una piena esposizione della fantasmagoria dell’a-priorismo
di Von Mises, il lettore può gioire (o inorridire) con la seguente
frase:
“Se compare una contraddizione
tra una teoria e l’esperienza, dobbiamo sempre assumere che una condizione
pre-supposta dalla teoria non era presente, o che altrimenti c’è qualche
errore nella nostra osservazione. L’incongruenza tra la teoria e i fatti dell’esperienza
di frequente ci forza ancora a riflettere a fondo sui problemi della teoria.
Ma finchè un ripensamento della teoria non scopre errori nel nostro
pensare, noi non pretenderemo di dubitare della sua verità” [aggiunta enfasi;
le citazioni qui presentate sono citate in Ideology and Method in Economics
di Homa Katouzian, pp.39-40]
In altre parole, se
la realtà è in conflitto con le tue idee, non aggiustare le
tue visioni perchè la realtà deve essere in errore! Secondo
il metodo scientifico bisognerebbe rivedere la teoria alla luce dei fatti.
Non è scientifico rifiutare i fatti alla luce della teoria!
Von Mises, come tutti
gli economisti austriaci, rifiuta l’approccio scientifico. Murray Rothbard
dichiara con approvazione “Mises infatti considerava non solo che la teoria
economica non necessita di essere ‘verificata’ dai fatti storici ma anche
che non può essere verificata in questo modo” ["Praxeology:
The Methodology of Austrian Economics" in The Foundation of Modern
Austrian Economics, p.32] Analogamente, von Hayek scriveva che le teorie
economiche “[non possono] mai essere verificate o falsificate in riferimento
ai fatti. Tutto ciò che possiamo e dobbiamo verificare è la
presenza delle nostre assunzioni nel caso particolare”. [Individualism
and Economic Order, p.73]
Questo può sembrare
strano ai non austriaci. Come si può ignorare la realtà quando
si decide se una teoria è valida o meno? Se non possiamo valutare
le nostre idee, come possiamo considerarle qualcosa escluso dal dogma? Gli
austriaci sostengono che non si può usare l’evidenza storica perchè
ogni situazione storica è unica. Così non è possibile
usare i “complessi eterogenei fatti storici come se fossero fatti omogenei
ripetibili” come quelli in un esperimento di uno scienziato. [Rothbard,
Op. Cit., p.33] Mentre tale posizione ha in sè un elemento
di verità, l’a-priorismo estremo estratto da questo elemento
è radicalmente falso (giusto come risulta falso anche un estremo empirismo,
ma per ragioni diverse).
Coloro che mantengono
questa posizione assicurano che le loro idee non possano essere valutate
al di là delle analisi logiche. Come chiarisce Rothbard, “siccome
la ‘praxeology’ inizia con un assioma vero, A, tutto ciò che può
essere dedotto da questo assioma dev’essere anch’esso vero. Poichè
se A implica B e A è vero, allora anche B deve essere vero” [Op.
Cit., pp.19-20] Ma tale approccio rende la ricerca della verità
un gioco senza regole. Gli economisti austriaci (e altri libertari di destra)
che usano questo metodo sono liberi di teorizzare tutto quello che vogliono,
senza vincoli irritanti quali fatti, statistiche, dati, storia o conferma
sperimentale. L’unica loro guida è la logica. Ma questo non è
diverso da ciò che fanno le religioni quando asseriscono l’esistenza
logica di Dio. Le teorie non fondate sui fatti e sui dati sono facilmente
rigirate in qualunque convinzione una persona voglia. Iniziare un’assunzione
e continuarla seguendo il filo logico può contenere inaccuratezze
così piccole da essere irrilevabili, ma tuttavia produrrà conclusioni
completamente false.
Inoltre il filo logico
può perdere cose che sono portate alla luce solo dalle esperienze
attuali (dopo tutto, la mente umana non è tutta conoscenza o comprensione).
Ignorare l’esperienza reale significa perdere tale input quando si valuta
una teoria. Dunque i nostri commenti sull’irrilevanza delle assunzioni usate:
la metodologia è tale che assunzioni o passi incompleti non possano
essere identificati alla luce dell’esperienza. Questo perchè un modo
per scoprire se una data sequenza logica richiede una verifica, è
provare le sue conclusioni rispetto all’evidenza disponibile (sebbene von
Mises sostesse che “l’ultimo metro di valutazione” fosse “esclusivamente
la ragione senza l’aiuto dell’esperienza”). Se mettiamo in conto l’esperienza
e ripensiamo una data teoria alla luce dell’evidenza contraddittoria, il
problema che una data sequenza logica possa essere scorretta rimane, ma non
che possa essere incompleta o concentrata o incentrata su fattori inadeguati.
In altre parole, le nostre deduzioni logiche possono essere corrette, ma
non il nostro punto iniziale o i passi sbagliati e appena i fatti sono tali
da dover essere rifiutati, alla luce del metodo deduttivo non è possibile
rivedere le nostre idee.
Infatti, questo approccio
potrebbe risultare nello scartare il (certe forme di) comportamento umano
perchè non pertinente (il che è quello che il sistema austriaco
pretende di fare usando l’evidenza empirica). Questo perchè ci sono
troppe variabili che possono avere influenza sulle azioni individuali per
poter produrre risultati conclusivi che spieghino il comportamento umano.
Infatti, l’approccio deduttivo può ignorare in quanto non pertinenti
certe motivazioni umane che hanno un impatto decisivo su un risultato. Ci
potrebbe essere una forte tendenza a proiettare la “persona libertaria di
destra” sul resto della storia e della società, per esempio, ed estrarre
deduzioni inappropriate sul modo in cui la società umana lavora o
ha lavorato. Questo può essere visto, per esempio, nei tentativi di
assumere le società precapitaliste come esempio di “anarco”capitalismo
in azione.
Inoltre, il ragionamento
deduttivo non può indicare l’importanza relativa delle assunzioni
o dei fattori teorici. Ciò richiede uno studio empirico. Potrebbe
darsi che un fattore considerato importante in teoria, nella pratica presenti
avere un effetto davvero piccolo e quindi gli assiomi derivati sarebbero
così deboli da risultare seriamente ingannevoli.
In tale regno puramente
ideale, si diffida dell’osservazione e dell’esperienza (quando non sono ignorate)
e infatti la teoria è la calamita. Data la preferenza di molti teorici
a questa tradizione, non è sorprendente credere che questo stile di
economia possa sempre produrre risultati che dimostrino il libero mercato
essere il più bel principio di organizzazione sociale. E, come un
bonus aggiunto, la realtà può essere ignorata perchè
mai “pura” abbastanza rispetto alle assunzioni richieste dalla teoria.
Si potrebbe sostenere, a causa di questo, che molti libertari di destra isolino
le loro teorie dalla critica rifiutando di verificarle o di riconoscere i
risultati di tali verifiche (infatti, si potrebbe anche sostenere che molto
del libertarismo di destra è più una religione che una teoria
politica in quanto è costituita in modo tale che o è vera o
è falsa, dato che è determinata non valutando i fatti ma accettando
le assunzioni e le sequenze logiche presentate con esse).
Abbastanza stranamente,
sebbene respingano la “verificabilità” delle teorie, molti libertari
di destra (incluso Murray Rothbard) investigano le situazioni storiche e
le assumono come esempi di quanto bene le loro idee lavorino in pratica.
Ma perchè il fatto storico diventa subito utile quando può
essere usato per appoggiare l’argomentazione libertaria di destra? Tale esempio
è esattamente “complesso” come ogni altro e i buoni risultati indicati
possono non essere considerati dovuti alle assunzioni e ai passi della teoria
ma ad altri fattori totalmente ignorati da essa? Se la teoria economica (o
anche altro) è non verificabile, nessuna conclusione può
essere derivata dalla storia, incluse le rivendicazioni della superiorità
del capitalismo lassista. Non è possibile avere entrambe le vie, sebbene
dubitiamo che i libertari di destra smetteranno di usare la stroria come
evidenza del fatto che le loro idee funzionino.
Forse l’interesse degli
austriaci di investigare la storia non è così strano, dopotutto.
Gli scontri con la realtà fanno sì che i sistemi di deduzione
a-priori implodano perchè le falsificazioni si accumulano velocemente
ai cambiamenti deduttivi frantumando la struttura costruita sugli assiomi
originali. Così il desiderio di trovare qualche esempio che
dimostri la loro ideologia deve essere tremendo. Comunque, la metodologia
di deduzione a priori gli fa malvolentieri ammettere di stare sbagliando:
da qui i loro tentativi di minimizzare l’importanza degli esempi che confutano
i loro dogmi. Così si ha, da una parte l’interesse per gli esempi storici,
e allo stesso tempo ampie giustificazioni ideologiche che assicurano che
la realtà entra nella loro visione del mondo solo quando concorda
con essi. In pratica la seconda condizione vince perchè la vita reale
rifiuta di essere impacchettata nei loro dogmi e nelle loro deduzioni.
Naturalmente, a volte
si dice che il problema siano i dati complessi. Supponiamo sia questo
il caso. Si sostiene che quando si tratta con informazioni complesse è
impossibile usare i dati aggregati senza prima avere assunzioni più
semplici (cioè che “gli uomini agiscono”). A causa della complessità
della situazione, si dice che è impossibile aggregare i dati perchè
ciò nasconde le attività individuali che li creano. Così
i dati complessi non possono essere usati per invalidare le assunzioni o
le teorie. Dunque, in accordo agli austriaci, gli assiomi derivati dal “semplice
fatto” che “gli umani agiscono” sono le uniche basi per pensare intorno all’economia.
Questa posizione è
falsa per due motivi.
Primo, l’aggregazione
dei dati ci permette di capire i sistemi complessi. Consideriamo una sedia;
non possiamo dedurre se è comoda, il colore, se è morbida o
rigida, guardando gli atomi che la costituiscono. Indicare che si possa,
è implicare l’esistenza di atomi verdi, morbidi, comodi. Analogamente
i gas. Sono composti da innumerevoli singoli atomi ma gli scienziati non
li studiano considerando quegli atomi e le loro azioni. Entro certi limiti,
questo è valido anche per le azioni umane. Per esempio, sarebbe folle
sostenere dai dati storici che percentuale avranno i tassi d’interesse in
una data settimana, ma è valido sostenere che si sa che i tassi d’interesse
sono relativi a certe variabili in certi modi. O che certe esperienze tenderanno
a risultare in certe forme di danno psicologico. Le tendenze generali e le
“regole del pollice” [regole generali basate sull’esperienza o sulla pratica
piuttosto che sulla teoria] possono essere elaborate da tale studio e possono
essere usate per guidare la pratica e la teoria correnti. Dall’aggregazione
dei dati è possibile produrre informazioni valide, regole del pollice,
teorie ed evidenze che sarebbero perdute se ci si concentrasse su “dati semplici”
(come “l’agire umano”). Perciò, lo studio empirico produce fatti che
variano in dipendenza del tempo e del luogo, e modelli importanti e di base
possono ancora essere generati (modelli che possono essere valutati rispetto
a nuovi dati e su questi migliorati).
Secondo, le semplici azioni di per sè influenzano e a loro volta sono influenzate dall’insieme dei fatti (complessi). La gente agisce in modi diversi in circostanze diverse (su qualcosa si può essere d’accordo con gli austriaci, sebbene ci rifiutiamo di accettare la loro posizione estrema di rifiuto dell’evidenza empirica in quanto tale). Usare le azioni semplici per capire i sistemi complessi implica perdere di vista il fatto che queste azioni non sono indipendenti dalle loro circostanze. Per esempio, assumere che il mercato capitalista è “proprio” la risultante di scambi bilaterali ignora il fatto che l’attività del mercato condiziona la natura e la forma di questi scambi bilaterali. Il “dato” semplice è dipendente dal sistema “complesso” e quindi il sistema complesso “non può” essere compreso considerando le semplici azioni isolate. Fare ciò implicherebbe derivare conclusioni incomplete e ingannevoli (ed è a causa di queste inter-relazioni che noi sosteniamo che i dati aggregati dovrebbero essere usati criticamente). Questo è di particolare importanza quando si considera il capitalismo, dove le “semplici” azioni di scambio nel mercato sul lavoro dipendono e sono condizionate da circostanze esterne a tali azioni.
Quindi assumere che i dati (complessi) non possano essere usati per valutare una teoria è falso. I dati possono essere utili per vedere se una teoria è confermata dalla realtà. Questa è la natura del metodo scientifico: si paragonano i risultati attesi dalla teoria ai fatti e se non corrispondono bisogna verificare i fatti e verificare la teoria. Questo può comportare il rivedere le assunzioni, la metodologia e le teorie che si usano se l’evidenza è tale da portarle in questione. Per esempio, se si assume che il capitalismo è basato sulla libertà ma che il netto risultato del capitalismo è produrre relazioni di dominio tra le persone allora sarebbe valido rivedere, ad esempio, la definizione di libertà piuttosto che negare che il dominio restringe la libertà (vedi per questo la sezione F.2). Ma se bisogna non aver fiducia sull’esperienza reale quando si valuta una teoria, effettivamente si mette l’ideologia al di sopra delle persone; dopotutto, è irrilevante come l’ideologia in pratica influisca sulle persone così come l’esperienza non può essere usata per verificare la (logicamente solida ma veramente profondamente difettosa) teoria.
Come indicato in precedenza (in sezione F.1.2) e sarà discusso più in dettaglio in seguito (in sezione F.7) molte delle principali teorie libertarie di destra si basano su tali metodologie deduttive, iniziando da assunzioni e derivando “logicamente” conclusioni da esse. Il tono semi-religioso di tale metodologia può meglio essere visto dalle radici della teoria libertaria di destra della “Legge Naturale”.
Carole Pateman, nella sua analisi della teoria del Contratto Liberale, indica la natura religiosa della “Legge Naturale”, argomento così amato dai teorici della “Destra Radicale”. Lei nota che per Locke (la fonte principale del culto libertario di destra della Legge Naturale) la “legge naturale” era l’equivalente della “Legge di Dio” e che “la legge di Dio esiste al di fuori degli individui e indipendentemente da essi” [The Problem of Political Obligation, p.154] Nessun ruolo per il pensiero critico qui, solo obbedienza. Molti sostenitori della “Legge Naturale” dei giorni nostri dimenticano di menzionare questa corrente religiosa e invece parlano della “Natura”(o del “mercato”) come la divinità che crea la Legge, non Dio, in modo da apparire “razionale”. Quanta scienza!
Tale base in dogma e religione può appena essere un fermo fondamento per la libertà e infatti la “Legge Naturale” è segnata da un profondo autoritarismo:
“La visione tradizionale di Locke della legge naturale forniva agli individui uno standard esterno in cui potevano riconoscersi, ma in cui non sceglievano volontariamente di ordinare la loro vita politica”. [Op. Cit., p. 79]
In sezione F.7 si discute della natura autoritatia della “Legge Naturale” e quindi non sarà fatto qui. Comunque, qui dobbiamo indicare le conclusioni politiche che Locke deriva dalle sue idee. Alla fine vale la pena riportare il sunto della Pateman.
Locke credeva che “l’obbedienza dura solo finchè c’è protezione. I suoi individui sono in grado di intraprendere azioni individualmente per rimediare al loro destino politico. . . ma questo non significa, come spesso assunto, che la teoria di Locke dà appoggio diretto agli argomenti d’oggigiorno per una giusta disobbedienza civile. . . La sua teoria permette due sole alternative: o le persone si occupano pacificamente dei propri affari giornalieri sotto la protezione di un governo liberale costituzionale, oppure sono in rivolta contro un governo che ha cessato di essere ‘liberale’ ed è diventato arbitrario e tirannico, perdendo così il suo diritto all’obbedienza”. [Op. Cit., p. 77]
La “ribellione” di Locke esiste semplicemente per riformare un nuovo governo liberale, non per cambiare la struttura socioeconomica esistente per la protezione della quale esiste il governo ‘liberale’. Questa teoria, perciò, indica i risultati di un a-priorismo, cioè un rifiuto di ogni forma di dissenso sociale che può cambiare la “legge naturale” come definita da Locke.
Quindi, von Mises, von Hayek e molti libertari di destra rifiutano il metodo scientifico a favore di una correttezza ideologica: se i fatti contraddicono la teoria allora possono essere respinti come troppo “complessi” o “unici”. I fatti, comunque, dovrebbero ispirare la teoria e ogni metodologia della teoria dovrebbe tenerne conto. Respingere i fatti che vanno oltre il controllo è promuovere un dogma. Questo non vuol dire suggerire che una teoria debba essere modificata ogni volta che arrivano nuovi dati – che sarebbe folle poichè essendo che le situazioni uniche esistono, i dati possono essere sbagliati e così via - ma suggerire che se la teoria va in conflitto continuamente con la realtà, allora è tempo di ripensare la teoria e non assumere che i fatti non possano invalidarla. Un* ver* libertari* approccerebbe una contraddizione tra realtà e teoria valutando i fatti disponibili e cambiando la teoria se necessario, non ignorando la realtà o respingendola come “complessa”.
Così, molto della teoria libertaria di destra non è nè libertaria nè scientifica. Molto del pensiero libertario di destra è completamente assiomatico, essendo logicamente dedotto da tali assiomi iniziali come “autoproprietà” o “nessuno dovrebbe usare forza contro un altro”. Da qui l’importanza della nostra discussione su von Mises per indicare il pericolo di questo approccio, cioè la tendenza a ignorare/respingere le conseguenze di queste catene logiche e, infatti, giustificarle in termini di questi assiomi piuttosto che in termini dei fatti. In più, la metodologia usata è tale che sarebbe giusto sostenere che i libertari di destra criticano la realtà ma la realtà non può mai essere usata per criticare il libertarismo di destra - per ogni dato empirico presentato così evidente da essere respinto come “troppo complesso” o “unico” e quindi irrilevante (a meno che non possa essere usato per sostenere le loro assunzioni, ovviamente)
Dunque l’argomento di W. Duncan Reekie (citato dal principale economista austriaco Israel Kirzner) che “il lavoro empirico ‘ha la funzione di stabilire l’applicabilità di particolari teoremi, e così illustrare le loro operazioni’. . . La conferma della teoria non è possibile perchè non ci sono costanti nell’agire umano, e nemmeno è necessaria perchè i teoremi di per sè descrivono relazioni sviluppate logicamente da condizioni ipotizzate. Il fallimento di un assioma logicamente derivato per adattarsi ai fatti non lo rende invalido, piuttosto ‘potrebbe semplicemente indicare l’inapplicabilità’ alle circostanze del caso”. [Markets, Entrepreneurs and Liberty, p. 31]
Quindi, se i fatti confermano la teoria, la teoria è esatta. Se i fatti non confermano la teoria, è ancora esatta ma semplicemente non applicabile in questo caso! Ciò ha il comodo effetto collaterale di assicurare che i fatti possano solo essere usati per appoggiare l’ideologia, mai per confutarla (il che, in accordo a questa prospettiva, è ad ogni modo impossibile). Come sosteneva Karl Popper, una “teoria che non è confutabile da qualunque evento concepibile non è scientifica”. [Conjectures and Refutations, p. 36] In altre parole, (come notato in precedenza) se la realtà contraddice la tua teoria, ignora la realtà.
Kropotkin sperava che “coloro che credono nelle [dottrine economiche correnti] si autoconvinceranno dei loro errori nel momento in cui arriveranno a capire la necessità di verificare le loro deduzioni quantitative tramite investigazioni quantitative”. [Op. Cit., p. 178] Comunque, l’approccio austiaco costruisce così tante barriere nei confronti di ciò, che è dubbio che avvenga. Infatti, il libertarismo di destra, con il suo essere focalizzato sullo scambio piuttosto che sulle sue conseguenze, sembra essere basato sul giustificare il dominio in termini delle loro deduzioni piuttosto che analizzare cosa significhi davvero libertà in termini di esistenza umana (vedi la sezione F.2 per una più ampia discussione).
La vera questione è perchè tali teorie siano prese seriamente e suscitino tale interesse? Perchè non sono semplicemente respinte al di là del controllo, data la metodologia e le conclusioni autoritarie che producono? La risposta è, in parte, che argomenti deboli possono facilmente passare per convincenti quando sono dalla stessa parte dell’opinione prevalente e del sistema sociale. E, naturalmente, c’è l’utilità di tali teorie per le elite al potere: “una difesa ideologica di privilegi, sfruttamento e potere privato sarà benvenuta, indipendentemente dai suoi meriti”. [Noam Chomsky, The Chomsky Reader, p. 188]