pag 7
donn[ol]a book |
tratto dal libro " DONNE CHE CORRONO CON I LUPI " di: C. P. Estès. Sintesi e disegni di: Dellilda |
|
|
IL BRUTTO ANATROCCOLO (magiari)
Ci si avvicinava alla stagione del raccolto. Le vecchie facevano bambole verdi con le foglie di frumento. I vecchi riparavano le coperture. Le ragazze ricamavano fiori rosso sangue sugli abiti bianchi. I ragazzi cantavano mentre rivoltavano il fieno dorato. Le donne tessevano ruvide camicie per l'inverno in arrivo. Gli uomini erano occupati a raccogliere i frutti che i campi avevano donato e a zappare. Il vento cominciava a far cadere le foglie, ogni giorno di più. E giù al fiume c'era una mamma anitra che nel suo nido covava le uova.
Tutto procedeva nel migliore dei modi per mamma anitra, e alla fine una dopo l'altra le uova presero a tremare e a vacillare finchè i gusci si schiusero, e ne uscirono barcollando i piccoli anatroccoli. Ma restava un grosso uovo, lì immobile come una pietra.Arrivò una vecchia anitra, e mamma anitra le mostrò i suoi piccoli. "Non sono graziosi?". Ma l'uovo non ancora dischiuso attrasse l'attenzione della vecchia anitra, che cercò di dissuadere mamma anitra dal continuare la cova. |
|
"E' un uovo di tacchino" esclamò la vecchia anitra. Ma mamma anitra pensò che aveva già covato tanto e non le sarebbe costato niente continuare ancora un po'. Alla fine il grosso uovo prese a tremare e a rotolare. Si schiuse e ne spuntò una grossa creatura sgraziata. Aveva la pelle tutta segnata da sinuose vene rosse e blu, i piedi erano di un porpora chiaro e gli occhi di un rosa trasparente. Mamma anitra lo osservò attentamente. Non potè trattenersi: lo definì proprio brutto. "Forse è davvero un tacchino" pensò preoccupata. Ma quando il brutto anatroccolo entrò in acqua con gli altri piccoli, vide che nuotava benissimo. "Sì è proprio mio, anche se ha un aspetto strano. Alla luce giusta
è quasi carino".
Così lo presentò alle altre creature della fattoria, ma un'altra anatra beccò il brutto anatroccolo sul collo. Mamma anatra riassettò le piume del brutto anatroccolo leccandogliele tutte per bene. Gli altri fecero di tutto per tormentarlo. Lo attaccarono, lo morsero, lo beccarono gli gridarono contro. E di giorno e di notte aumentavano i tormenti. Lui si nascondeva, si scansava, camminava zigzagando, ma non sfuggiva. Era al massimo dell'infelicità.
Inizialmente la madre lo difese, ma poi anche lei si stancò della situazione ed esclamo disperata "Desidero soltanto che tu te ne vada". E così il brutto anatroccolo fuggì. Corse e corse finche non giunse a una palude. Là giacque sul bordo, con il collo allungato, bevendo di tanto in tanto un po' d'acqua. Di tra i giunchi lo osservavano due paperi. Erano giovani e pieni di sé."Tu, brutto coso, non puoi mica venire con noi, ci sono un branco di giovani oche che aspettano solo di essere scelte". D'improvviso risuonarono dei colpi e i paperi caddero con un tonfo e l'acqua della palude divenne rosso sangue. Il brutto anatroccolo si mise al riparo.
Finalmente sulla palude tornò la quiete e l'anatroccolo volò il più lontano possibile. Al crepuscolo raggiunse una povera capanna, con più crepe che mura. Là viveva una vecchia cenciosa con il suo gatto spettinato e la gallina strabica. La vecchia fu felice di aver trovato un'anatra. Forse farà le uova, pensò, oppure possiamo sempre mangiarla. Così l'anatroccolo restò ma il gatto e la gallina lo tormentavano sempre. Alla fine fu chiaro che lì l'anatroccolo non avrebbe trovato pace e quindi se ne andò per vedere se trovava qualcosa di meglio lungo la via.
Arrivò a uno stagno e mentre nuotava sentì che l'acqua diventava più fredda. Su di lui volò uno stormo di creature, le più belle che avesse mai visto, gli lanciarono delle grida e a sentirle il cuore gli battè forte e si spezzò. Lanciò un urlo che mai gli era uscito dalla gola. Non aveva mai visto creature tanto belle e non si era mai sentito così infelice. Si girò e rigirò nell'acqua per osservarle mentre volavano, fino a sparire. Era fuori di sé perché provava un amore disperato per quei grandi uccelli bianchi, un amore che non riusciva a comprendere.
D'improvviso prese a soffiare sempre più forte un gran vento gelido per giorni e giorni, e cominciò a cadere la neve. I vecchi rompevano il ghiaccio nei secchi del latte, le vecchie filavano fino a tarda notte. Le madri nutrivano fino a tre bocche a lume di candela, e gli uomini andavano a cercare le pecore sotto il cielo bianco di mezzanotte. I giovani si immergevano fino al petto nella neve per mungere, e le ragazze immaginavano di vedere i volti dei bei giovanotti nelle fiamme del fuoco mentre cucinavano. E giù allo stagno l'anatroccolo doveva nuotare sempre più velocemente in tondo per conservarsi un posto nel ghiaccio.
Una mattina l'anatroccolo si ritrovò congelato e stretto nel ghiaccio e fu allora che sentì che sarebbe morto. Fortunatamente passò di lì un fattore e liberò l'anatroccolo spezzando il ghiaccio con il suo bastone, lo sollevò, se lo mise sotto il cappotto e si avviò a casa. Alla fattoria i bambini si avvicinarono ma lui aveva paura. Volò sulle travi, facendo cadere tutta la polvere sul burro, da lassù si tuffò dritto nel secchio del latte e poi cadde nel barile della farina. La moglie del fattore prese ad inseguirlo con la scopa, mentre i bambini urlavano e ridevano. L'anatroccolo volò via dalla porticina del gatto e giacque sulla neve mezzo morto. Poi si trascino fino a un altro stagno, poi a un'altra casa e così passò tutto l'inverno, tra la vita e la morte.
Tornò il soffio gentile di primavera, e le vecchie si misero a scuotere i piumini, e i vecchi riposero i lunghi camicioni. Nuovi bambini arrivarono di notte, mentre i padri misuravano a grandi passi il cortile, sotto il cielo stellato. Di giorno le ragazze si ornavano di asfodeli i capelli e i giovani guardavano le caviglie delle ragazze. E nello stagno l'acqua divenne più tiepida e l'anatroccolo distese le ali.
Com'erano grandi e forti le sue ali. Lo sollevavano in alto. Sullo stagno nuotavano tre cigni, le stesse creature bellissime che aveva visto in autunno. Provò l'impulso di raggiungerli. Discese lentamente nello stagno e intanto il cuore gli batteva forte. Non appena lo scorsero i cigni presero a nuotare verso di lui. Sicuramente la mia fine è vicina, pensò l'anatroccolo. E piegò la testa in attesa dei colpi. Ma ecco che riflesso nello stagno vide un cigno in perfetta tenuta: piumaggio bianco come la neve, occhi color prugna, e tutto il resto. All'inizio non si riconobbe, perché era esattamente come quei bellissimi estranei. Era uno di loro. Per caso il suo uovo era finito in una famiglia di anatre. Lui era un cigno, un glorioso cigno. E per la prima volta i suoi simili gli si avvicinarono e lo sfiorarono con gentilezza e affetto
Quella dell'esiliato è una figura primordiale. L'anatroccolo è il simbolo della natura selvaggia che, compressa in situazioni povere di nutrimento, istintivamente lotta per liberarsi, qualsiasi cosa succeda. Quando la particolare sorta di spiritualità di un individuo è circondata dal riconoscimento psichico e dall'accettazione, la persona sente come mai prima la vita e il potere.
L'esilio del piccolo diverso. L'anatroccolo non è brutto, semplicemente non è come gli altri. Lui ha il cuore spezzato perché i suoi lo rifiutano. Le bambine dalla forte natura istintiva spesso soffrono molto nei primi anni di vita. Sono tenute prigioniere, addomesticate, accusate di essere disadattate. Allora l'io fondamentale della psiche è ferito, la bambina comincia a credere di essere debole, brutta, inaccettabile, e che tutto ciò sarà sempre vero.
I problemi della donna selvaggia esiliata sono duplici: interiori e personali, ed esteriori e culturali.
I vari tipi di madre. Le donne adulte hanno ricevuto in eredità dalla madre vera una madre interiore. Resta un duplicato materno nella psiche che agisce e reagisce come nella prima infanzia:
LA MADRE AMBIVALENTE: nella storia mamma anitra è costretta a distaccarsi dai suoi istinti. Si piega ai desideri della comunità invece di allinearsi con il figlio. Per paura di essere escluse dalla comunità spesso le donne cercano di forgiare la figlia in modo che si comporti "come si deve". Quando una donna ha questa madre ambivalente nella psiche può trovarsi a cedere tropo facilmente.
LA MADRE ACCASCIATA: alla fine mamma anitra crolla. Ciò significa che ha perduto il senso di sé. Il modo più comune per portare una madre al crollo è costringerla a scegliere tra l'amore per il figlio e la paura che la comunità farà del male a sé e al figlio se non si conformerà alle regole. Quando nella sua psiche e/o cultura la donna ha una madre che crolla, dubita del suo valore.
LA MADRE-BAMBINA O ORFANA DI MADRE: mamma anitra si dimostra molto ingenua e semplice. E' una madre fragile, psichicamente molto giovane o molto ingenua. La donna che ha nella psiche la struttura della madre bambina soffrirà di ingenui presentimenti, di immaturità, di una capacità istintuale indebolita di immaginare cosa accadrà dopo.
LA MADRE FORTE, LA FIGLIA FORTE: il rimedio consiste nella capacità di fare da madre alla propria giovane madre interiore, rivolgendosi alle donne vere del mondo esterno più vecchie e sagge. Le relazioni tra donne sono importantissime. Invece di svincolarci dalla madre, dobbiamo cercare la madre selvaggia.
La cattiva compagnia. L'istinto ad errare fino a trovare ciò di cui si ha bisogno è intatto. Ma spesso si bussa alle porte sbagliate. Questa è la risposta "ricerca dell'amore nei posti sbagliati" all'esilio. Quando una donna assume un comportamento ripetitivo coatto, insistendo in un comportamento che genera consunzione invece che vitalità, per lenire il suo esilio, in realtà accresce i danni perché la ferita non viene curata e rischia di riaprirsi, sempre più profonda. Per cominciare a guarire dite la verità sulla vostra ferita. Adottate la medicina giusta, la riconoscerete perché rende la vita più forte, e non più debole.
L'inadeguatezza. Una donna può apparire adeguata, ma non essere capace di agire nel modo giusto. All'inizio l'anatroccolo non riesce a fare le cose giuste. Ma è perché è andato nel posto sbagliato per la cosa sbagliata.
Sentimento congelato, creatività congelata. Le donne affrontano l'esilio in altri modi. Per esempio si congelano. La freddezza è il bacio della morte per la creatività, i rapporti, la vita stessa. Non è una conquista, ma un atto di collera difensiva. Il ghiaccio dev'essere rotto e l'anima tolta dal gelo. Fate come l'anatroccolo: andate avanti, datevi da fare. In linea di massima ciò che si muove non si congela. Smettetela di piagnucolare e muovetevi, non smettete di muovervi.
L'estraneo di passaggio. La persona che può estrarci dal ghiaccio, che può liberarci dalla mancanza di sentimenti, non è necessariamente quella cui apparteniamo. E' quell'attimo in cui lo spirito, in un modo o nell'altro, ci nutre, ci sospinge, ci mostra il passaggio segreto, la via di fuga.
L'esilio come grazia. Se avete tentato di adattarvi a uno stampo e non ci siete riuscite probabilmente avete avuto fortuna. Vi siete protette l'anima. E' peggio restare nel luogo a cui non si appartiene che vagare sperduti. Non è mai un errore cercare l'affinità di cui si ha bisogno.
I gatti arruffati e le galline strabiche. Essi trovano stupide e insensate le aspirazioni dell'anatroccolo. Si tratta solo di una fondamentale incompatibilità con le persone dissimili, che non è una colpa. Se una donna è un brutto anatroccolo, se è orfana di madre, i suoi istinti non sono affinati. Apprende provando e sbagliando. Ma c'è speranza perché l'esiliata non rinuncia mai. Insiste finchè non trova la guida, il profumo, la traccia, la casa.
Memoria e continuità. Tutte noi abbiamo nostalgia per la nostra natura selvaggia. E' questa nostalgia che ci induce a resistere, ad andare avanti, sorrette dalla speranza. E' la promessa che la psiche selvaggia fa a tutte noi. La memoria del mondo selvaggio è un faro che ci guida.
Amore per l'anima. Non cedete. Troverete la vostra strada. Fase del ritorno a se stesse: l'accettazione della propria bellezza unica, cioè dell'anima selvaggia di cui siamo fatte. Accettare la propria individualità e anche la propria bellezza. |
|
|