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  1. Tirocini
  2. BORSISTI, TIROCINANTI, STAGISTI…PRECARI!

    Il mondo della formazione alle professioni di aiuto e di cura è caratterizzato dalla centralità dei cosiddetti "tirocini formativi". Gli psicologi innanzitutto, ma anche gli assistenti sociali, i medici specializzandi, gli assistenti domiciliari, gli educatori ed altre figure, si trovano a ricoprire mansioni operative di qualche tipo all'interno di un servizio pubblico o di una struttura privata. L'idea che fa da sfondo a questa prassi consiste nell'importanza riconosciuta al lavoro concreto, a contatto con gli utenti o i pazienti, per imparare al meglio come applicare le varie teorie o i modelli (della mente, della persona, della terapia, dell'aiuto sociale), appresi nel corso degli studi, a situazioni concrete di sofferenza o malattia. Fin qui, potremmo dire, tutto bene.
    Ci sono tuttavia almeno quattro questioni che mettono in luce, dietro alla logica "formativa" del tirocinio, un'impostazione che sembra però ben differente da quanto dichiarato:
    • nel corso degli studi universitari o di diploma praticamente ogni ordine e grado (corso professionale o triennio di base, laurea specialistica o post-lauream, master, scuola di specializzazione, ecc. ecc.) è associato ad un periodo di tirocinio, di stage, di formazione pratica, di esperienza guidata o quant'altro da svolgersi, ovviamente senza retribuzione alcuna, presso strutture pubbliche o private;
    • queste esperienze sono spesso frammentate fra ambiti diversi, a volte incoerenti fra loro e condotte presso contesti dove il tirocinante non di rado non solo non viene seguito ed appoggiato in un percorso formativo reale, ma si trova spesso a svolgere compiti e funzioni che competono al personale regolarmente retribuito;
    • la formazione procede nel tempo, lo studente si specializza, si "professionalizza" secondo i canoni di un certo tipo di modello o modalità di intervento, ma ancora non basta. Il tirocinio non finisce praticamente mai: ancora stage, ancora lavoro non retribuito, al posto di chi dovrebbe esserlo. In qualche caso felice salta fuori al limite una borsa di studio, una collaborazione, forse una consulenza…
    • le strutture pubbliche sono letteralmente saturate di tirocinanti di ogni ordine e grado, che spesso svolgono ruoli fondamentali per il loro funzionamento. In questo modo l'amministrazione può garantire nominalmente il servizio, mentre smette di assumere personale competente ed adeguato alle mansioni richieste.

     

    In quanto non dipendenti e non retribuiti, i tirocinanti non hanno il potere per discutere o criticare le prassi del servizio o per potersi porre in modo paritario con i "colleghi". In questo modo, pur svolgendo funzioni a volte essenziali, il servizio si assicura personale a costo zero e senza diritti, che non si oppone, che non discute e che non chiede perché nulla gli è davvero dovuto!
    In queste condizioni il tirocinio è una delle forme della precarietà!
    È tempo di denunciare anche queste forme di sfruttamento, a partire dai cosiddetti tirocini formativi, passando per il volontariato, le borse di studio, le co.co.co., i contratti a progetto, le collaborazioni "occasionali e continuative" fino agli scandalosi contratti a cottimo che sono recentemente ricomparsi sulla scena.
    Basta sfruttamento! Vogliamo reddito! Volete il nostro lavoro? Dateci quello che ci spetta!