Una carrellata di fotografie rintracciabili facilmente sulla rete ci
dà l’idea dell’evoluzione delle strategie repressive nell’arco
degli ultimi tre anni, a partire da quelle manifestazioni che nel ‘99 a
Seattle videro diverse realtà antagoniste opporsi alle strategie
economiche del WTO, allora sconosciuto ai più.
Le manifestazioni che in quei giorni guastarono la
rispettabilità dei vertici internazionali furono represse con il
solo uso di manganelli, lacrimogeni, idranti, spray urticanti, cani
antisommossa.
Tale impostazione repressiva del dissenso di piazza era nella continuità del rapporto forze dell’ordine/manifestanti.
Queste
modalità repressive ottennero l’effetto contrario a quello
sperato dalle autorità: non la fine della partecipazione delle
masse giovanili antagoniste e lavoratrici, come auspicavano le
antidemocratiche istituzioni sovranazionali, ma bensì un
dilagare delle proteste ad ogni scadenza prefissata dalle stesse, un
continuo diffondersi di informazioni circa le strutture di tali
istituzioni (WTO, IMF, BM, OCSE…), le loro finalità, il loro
modus agendi, le responsabilità in soprusi ai danni
dell’ambiente e dell’umanità.
Nell’ottica di un potere che si autoalimenta e si rinforza tenendo la
collettività nella più totale ignoranza dei meccanismi
che determinano e condizionano le vite di tutti, tale diffusione di
informazione diventa inaccettabile se lo scopo è la
perpetuazione ed estensione del potere.
Da questa considerazione è partito un mutamento delle strategie
di repressione, mutamento comportante un livello di attacco adeguato ad
ottenere un progressivo allontanamento tramite la riproposizione di una
nuova strategia della tensione prima e dopo le manifestazioni e un
innalzamento della conflittualità nelle piazze.
Le vicende di marzo 2001 a Napoli sono stato un prologo di quel che sarebbe avvenuto a Goteborg e Genova pochi mesi dopo.
Gli asserviti media hanno posto l’accento sugli scontri frontali fra
forze dell’ordine e quella parte dei manifestanti preparati a gestire
la piazza. Diversamente, da porre in assoluta evidenza, doveva essere
da subito la chiusura dolosa di tutta una piazza al fine di non
permettere a nessuno (chiunque fosse: ragazzini, mamme, anziani,
pacifisti) di allontanarsi e sfuggire alla violenza delle cariche.
Ciò al fine di indurre terrore (allontanamento dei più
dalla partecipazione politica) a chi era lì per manifestare
pacificamente e provocare uno scollamento fra gli stessi manifestanti
(porre gli uni contro gli altri in un vicendevole scambio di accuse
circa la responsabilità di quanto successo).
Ancor più gravi delle violenze di piazza, comunque alla luce del
sole, le brutali percosse, le umilianti perquisizioni, gli sputi in
bocca, le minacce, avvenute ai danni dei più inermi nelle
caserme e in particolare nella cosiddette STANZE DEL BENESSERE.
Quel che è avvenuto a Napoli si è ripetuto a Goteborg con
un pazzoide in divisa che ha sparato ad un sedicenne alle spalle mentre
era in fuga, con cariche in piazza e incursioni nei centri di ritrovo
al fine di arrestare tutti coloro che avevano un ruolo di coordinamento
fra le diverse realtà.
La mattanza di Genova, ripetutasi in scala maggiore rispetto a Napoli,
ma con le stesse modalità, è divenuta tuttavia un
boomerang per i creatori di disordine. Ampia, anche se non sufficiente,
è stata la discussione, la diffusione di immagini e filmati su
ciò che è avvenuto.
Tuttavia va posta un’attenta riflessione, che al momento non può
dare buoni frutti, sui governi in carica al momento dei fatti su
indicati. I fatti di marzo 2001 avvengono mentre è in carica un
governo di centrosinistra, i fatti di Genova con un governo di destra.
Gli uguali risultati possono portare a due diverse conclusioni:
1. Nell’ambito di una
scadenza elettorale vicina che avrebbe portato alla vittoria delle
destre, la coalizione di centrosinistra, il suo governo, i suoi
esponenti politici, i suoi ministri hanno perso il controllo delle
forze dell’ordine. Questa ipotesi è suffragata dall’AN-izzazione
di polizia e carabinieri (a Genova esponenti di primo piano di tale
partito si trovavano nei centri operativi delle forze dell’ordine; a
Napoli è giunta incondizionata solidarietà agli inquisiti
dal partito in questione e dai suoi massimi esponenti politici ora ai
massimi livelli istituzionali). Questa tesi è anche suffragata
dalla non intrusione nelle indagini sui poliziotti inquisiti da parte
del centrosinistra e dal rispetto e dalla fiducia mostrata nei
confronti dell’operato della magistratura. Inoltre da non sottovalutare
la forte critica apportata da esponenti DS all’operato delle forze
dell’ordine a Genova tramite la stampa di loro fiducia.
2. Il centrosinistra
così come il centrodestra ha interesse ad essere delegatario
dell’attività politica di questo paese, al riparo da ogni
critica, ben tutelato dal disarmante sistema elettorale maggioritario,
in grado di escludere qualsiasi nuovo soggetto dalla politica. È
nei fatti il sistema adottato in ambito sindacale col sistema dei
sindacati maggiormente rappresentativi, sistema escludente i sindacati
di base.
Entrambe le ipotesi vedono una strumentalizzazione della forza
coercitiva pubblica ai danni di una parte della collettività che
si rifiuta di sottostare ad una politica assuefatta e attorcigliata su
sé stessa, ben lontana dalle esigenze reali delle classi meno
abbienti e precarizzate in occidente o nullatenenti e schiavizzate nel
terzo mondo.
Davanti a tale stato di cose la creazione di canali informativi paralleli sull’ esperienza di INDYMEDIA, INFORMATIONGUERRILLA, DISINFORMAZIONE,
è la via privilegiata al fine di rovesciare le coscienze e
diffondere consapevolezza sull’attuale situazione mondiale della guerra
permanente a bassa o alta intensità.
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