Mentre
si registrano sempre più numerosi i segnali di imminenza della
"guerra preventiva" all'Iraq, cresce sempre di più in Europa, e
non solo, il dissenso dei popoli verso questa disastrosa crociata per
il petrolio. L’ attacco contro l'Iraq colpirebbe ulteriormente una
popolazione innocente già stremata da oltre 12 anni di
embargo che ha causato oltre 1.500.000 di morti: una situazione
che non tarderà a coinvolgere tutti i popoli del Medio Oriente,
a partire da quello Palestinese, già quotidianamente aggredito
dal governo israeliano nell'indifferenza generale. Nei paesi
occidentali la guerra significa ulteriori tagli alla spesa sociale: ne
è un esempio quello che sta accadendo in questi giorni a Los
Angeles: il governatore della california ha varato una manovra fiscale
di emergenza con 21 miliardi di dollari di tagli alla spesa pubblica
che colpiscono soprattutto le fasce più deboli della popolazione
ma non solo. A pagare le spese della guerra, come sempre, sono mezzo
milione di cittadini che già vivono sotto la soglia di
povertà e che perderanno il diritto ad ogni assistenza
sanitaria, incluso il ricovero negli ospizi per gli anziani,
indennità di disoccupazione e gli assegni di sussistenza. I
bisogni reali della società continuano ad essere
retrocessi rispetto alle priorità dei centri di potere
internazionale ed anzi subiscono continui attacchi da parte dei governi
nazionali. Nonostante l’ ex capo degli ispettori Onu, S. Ritter,
assicuri che fino al 1998 l' Irak ha distrutto quasi completamente
arsenali e fabbriche di armi di distruzioni di massa ed inoltre che il
controllo sul territorio iracheno attraverso i satelliti spia escluda
che Saddam abbia potuto riarmarsi negli ultimi anni e le recenti
ispezioni lo abbiano fino ad ora confermato, i piani statunitensi
per impadronirsi del petrolio irakeno sono pronti e il generale
T. Franks aspetta solo l'ordine del presidente per dare il via libera
all'attacco ; le pressioni statunitensi non fanno altro che confermare
che l’ unico obiettivo è di liquidare Saddam , sia risolta o no
la questione delle ispezioni Onu sugli arsenali nucleari, chimici e
batteriologici e che l’ amministrazione Bush perseguirà con o
senza mandato Onu, con gli altri alleati o anche da solo. In
applicazione della nuova dottrina di Bush della guerra preventiva,
l'attacco per primo è necessario per mettere in mani sicure il
controllo del petrolio iracheno.
Se non vogliamo essere corresponsabili di nuovi lutti è
necessario continuare ad opporsi all’ arroganza della strategia
americana fondata sull'enorme vantaggio accumulato dopo la caduta
dell'Urss in campo militare, economico e politico ,che la rende in
grado di far fronte a qualsiasi sfida, al punto di accantonare anche il
vecchio concetto di “guerra umanitaria”, che aveva sorretto
l'aggressione militare nei Balcani, e arrogarsi il diritto a colpire
preventivamente in ogni parte del mondo dove ritenga siano minacciati i
propri interessi. egemonici.
Fermiamo la guerra all’ Irak!
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