Guerre di petrolio, guerre imperialiste
Dal 12 dicembre 2001, l'unica superpotenza sopravvisuta alla
cinquantennale guerra fredda, gli Stati Uniti, sta attuando una
strategia di dominio globale che ha, fra i suoii punti crociali, il
ridisegno dell'area mediorientale, nei suoi confini, nei suoi rapporti
di forza, nel suo ceto politico e dirigenziale.
Tale progetto provvede a due esigenze fondamentali per la supremazia
americana nel ventunesimo secolo: il controllo totale delle ultime
risorse energetiche irachene, iraniane e saudite, e lo spegniomento di
ogni focolaio di resistenza popolare nell'area.
Che le riserve petrolifere statunitensi stessero agli sgoccioli lo si
era intuito nel 2000 con i progetti di trivellazione all'interno dei
parchi nazionali e delle riserve naturali dell'Alaska. Gli stati Uniti
hanno bisogno di petrolio, sia per assicurarsi la futura egemonia
planetaria, sia per un ceto governativo in pieno conflitto di interessi
in tale questione (l'entourage della Casa Bianca, da Rumsfield a
Condoleeza Rice, passando per Dick Cheney e George W Bush, e' implicato
in attivita' finanziarie nel settore petrolifero).
E' cosi' sorta la teoria e la prassi unipolare (un'unica potenza che
decide per tutto il pianeta) e l'idea della fattibilita' delle guerre
preventive, di volta in volta giustificate in vario modo (da ragioni
umanitarie a stragi da vendicare), ma in realta' condotte al solo scopo
di servire gli interessi del petrolio e poi della ricostruzione. La
"Vecchia Europa, oggi oppone il concetto della multipolarita', cioe' un
ordine mondiale risultato di rapporti di forza non a senso unico, ma
piu' o meno bilanciati dall presenza di piu' centri di potere e
decisione.
Dietro il sipario, e nel merito del piano di "pace" franco-tedesco, si
nasconde il tentativo degli stati forti europei (Francia e Germania) di
costituire un fronte con la Russia, per porsi, in quanto blocco, come
pretendente ad occupare la futura leadership mondiale, a livello
economico, politico e militare.
Diversa per contrapposizione tra imperialisti, la metodologia
colonialista del fronte franco-tedesco e' volta anch'essa
all'usurpazione delle ricchezze dei popoli mediorentali, ma dietro il
paravento di mandati delle Nazioni Unite e senza eccessivi e "rumorosi"
spargimenti di sangue.
Il tutto con la connivenza dei media, silenti o menzogneri su reaLta' storiche ed obiettivi attuali.
Il 15 febbraio 2003, in continuita' con un percorso di neoprotagonismo
delle masse iniziato a Seattle nel 1999, 110.000.000 di esseri umani si
sono riversati nelle strade del mondo per urlare la loro indignazione,
il loro rifiuto della guerra come mezzo di risoluzione delle
controversie internazionali. Coloro che sono scesi in piazza lo hanno
fatto, oggettivamente, con idee e prospettive politiche non uguali,
talvolta neanche simili, ma accomunati dall'istinto di voler
riacciuffare le sorti della storia, sorti loro sottratte dalle regole
della rappresentativita' (democrazie formali) distanti da classi,
moltitudini e societa' civili.
L'imponenza delle manifestazioni ha inciso sulle posizioni di alcuni
governi occidentali, su quello italiano che si e' riassestato su
posizioni europeiste, e su quello inglese, piu' dubbioso
sull'opportunita' politica di una guerra preventiva. Giornali
statunitensi hanno giustamente sottolineato la nascita della seconda
superpotenza mondiale: l'opinione pubblica.
Questa e' la strada da percorrere al momento, per ridare un senso all'abusata parola "democrazia".
per la liberta' e autodeterminazione di tutti i popoli
- Opponiamoci alle guerre del petrolio
- Lottiamo per l'autodeterminazione di tutti i popoli e per uno sciopero europeo e mondiale contro le guerre dei padroni
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