Coordinamento personale 118
Nei quattro giorni precedenti alla manifestazione avevamo visto la
militarizzazione della città, l'enorme schieramento di forze
intorno alla "zona rossa" tant'è che l'autoambulanza che varcava
la linea per qualsiasi urgenza veniva perquisita come è successo
il venerdì 16 marzo ore 18.30 a piazza Plebiscito. Allora
avevamo capito che l'indomani sarebbero successi incidenti ed i fatti
ci hanno dato poi ragione. Le testimonianze raccolte dagli operatori
presenti in servizio il 17 marzo sono in linea con quanto apparso nei
giorni successivi sugli organi di stampa. I nostri operatori hanno
sottolineato che è stata usata spesso una violenza gratuita e
che la stessa a parole degli operatori era arrivata con sistematica
precisione dalle forze dell'ordine. Essi hanno visto colpire ragazzi e
ragazze mentre cercavano una via di fuga lontano dal centro degli
incidenti. Qualcuno aggredito mentre era seduto sui giardini antistanti
il Maschio Angioino con le mani alzate in segno di resa. Anche una
nostra ambulanza è stata oggetto di sfogo da parte delle forze
dell'ordine perché gli operatori si erano rifiutati di far
scendere i cinque ragazzi che erano a bordo per far posto ad un
carabiniere ferito. Come fatto gravissimo è impedire agli
operatori sanitari di accompagnare gli infortunati nei locali del
pronto soccorso al vecchio
Pellegrini pretendendo che gli operatori lasciassero i ragazzi nei
locali dei custodi. Siamo convinti che la situazione è sfuggita
di mano a chi doveva coordinare le forze dell'ordine; diciamo anche che
si è voluta spegnere una protesta democratica e civile contro
chi oggi nel nome del mercato globale sta allargando sempre più
la forbice tra ricchezza e povertà in ogni parte del pianeta.
Condanniamo queste forme di violenza, solidarizziamo con i giovani
feriti e diciamo un grazie alle migliaia di ragazzi del "No Global" che
hanno ridato forza e fiducia a chi come noi vive quotidianamente la
frantumazione del lavoro, la concertazione e la massima
precarizzazione. Grazie ragazzi. Ai lavoratori di qualsiasi settore
gridiamo "Su la testa".
Gaetano P., Bianca L., Luciana Q., Filomena N.
Quando sono cominciate le cariche, verso le 12:30, eravamo dietro allo
striscione dei COBAS alla testa del corteo. Successivamente, per
cercare un riparo, ci siamo recati sui giardinetti del Maschio
Angioino, sotto l'arco che porta al castello. Questo luogo era ostruito
dai cellulari dei carabinieri. Eravamo impossibilitati a muoverci
perché le cariche avvenivano proprio davanti a noi. Abbiamo
visto picchiare vari ragazzi davanti ai nostri occhi. Qualcuno di
questi ragazzi è riuscito a mettersi dietro di noi. In un
momento abbiamo visto arrivare dalla piazza un folto gruppo di
carabinieri agitati ed urlanti. Noi abbiamo alzato le mani.
Dopodiché è arrivato un graduato dei carabinieri al quale
abbiamo detto: "State calmi, non stiamo facendo nulla". Lui ci ha
intimato di metterci a sedere a terra in ginocchio e ci ha chiesto i
documenti. Noi li abbiamo dati. Ci hanno detto di ritirarli più
tardi alla caserma di piazza Carità (Pastrengo). Siamo rimasti
lì bloccati per un pò di tempo. Dopo ci hanno scortato
fino a via Marina. A quel punto ce ne siamo andati. Abbiamo pensato che
non fosse opportuno andare a prendere subito i documenti senza un
legale. abbiamo aspettato fino al lunedì successivo per avere
indietro i documenti. siamo andati prima in questura ma lì ci
hanno detto che i documenti non li avevano loro e che saremmo dovuti
andare alla caserma Pastrengo. Siamo andati alla caserma e lì,
verso le 18:00 ci hanno ridato i documenti. Nessun carabiniere ha
voluto dichiarare con chi stessimo parlando o chi fosse il
responsabile. Non ci hanno dato alcun verbale di sequestro né,
tantomeno, di dissequestro. Il tutto è quindi avvenuto nel
più totale silenzio riguardo alle procedure seguite.
Francesco G. Erano
le 12:30 circa e mi trovavo su via De Pretis. La strada era deserta e
si vedevano in fondo solo camionette di poliziotti. Ci siamo diretti
verso la piazza Municipio da Piazza Borsa. Ero con altre 4 persone
estranee alla manifestazione. Verso la fine di via De Pretis ho visto
poliziotti picchiare un ragazzo poggiato al muro. Mio fratello prende
la macchina fotografica dalla borsa e in quel momento si avvicinano a
noi sei poliziotti. Ci urlano di levare il rollino dalla macchina e noi
lo facciamo. Ci dicono di andarcene ma noi rimaniamo lì. Per una
seconda volta ci intimano di levare il rollino dalla macchina
nonostante noi lo avessimo già fatto. Chiediamo il perché
ma loro immediatamente minacciano di picchiarci e nello stesso momento
prendono la macchina e la scagliano contro il muro mantenendola per la
cinghia. A quel punto io e mio fratello, innervositi, civilmente
protestiamo a parole, e di risposta, continuando a minacciarci ci
spingono via a calci. Da quel momento siamo scappati in un vicolo
insieme ad altre persone.
Andrea I. Io mi
trovavo con gli studenti del liceo Genovesi a Piazza Municipio, vicino
alla ringhiera dei giardini del castello. Non stavo facendo nulla e con
le mani alzate ho chiesto ad un carabiniere di lasciarmi andare via.
Nello stesso momento si avvicina una ragazza chiedendo anche lei la
stessa cosa ad un poliziotto. Di tutta risposta ha ricevuto una
manganellata. Poliziotti e carabinieri ci spingevano verso la piazza
accerchiandoci. Altre persone si sono buttate nel fossato, prese dalla
paura. Ho sentito dire da un carabiniere: "entrate dentro, entrate
dentro" riferendosi alla piazza. Subito dopo noi stavamo scappando
verso il camion di Rifondazione Comunista che stava dall'altra parte
della piazza, verso via Medina. In quel momento i carabinieri si
avvicinavano sempre di più. Io ero sempre di spalle ai
carabinieri e con le mani alzate. Ho sentito dire: "Vai, Vai" e ho
avuto due colpi di manganello dietro la schiena e sulla testa.
Scappando verso il camion di R.C. stavamo avendo un altro attacco da
parte dei finanzieri che venivano dalla parte bassa della piazza, dal
lato di via De Pretis. Sono riuscito a scappare verso la Marina
seguendo il camion di R.C. che chiedeva ai poliziotti di fare strada
per farci uscire dalla Piazza.
Vittorio S. Quando
ormai il corteo, dopo numerose cariche, cercava di defluire, tra piazza
Municipio e via Depretis ho visto prendere a manganellate, calci,
pugni, due ragazzini di 13-14 anni da 7 o 8 celerini. Il pestaggio
è continuato per almeno un minuto anche dopo che erano caduti a
terra. Dopo più di mezz'ora la piazza continuava a rimanere
chiusa, blindata da tutti i lati, e ancora non riuscivamo a defluire:
quanti cercavano di passare, anche in piccoli gruppetti, erano
sistematicamente aggrediti e picchiati da celere e guardia di finanza.
A un certo punto mi sono reso conto che c'erano moltissimi ragazzi
asserragliati negli androni dei palazzi di via Calata S.Marco. Almeno
tre di questi grandi androni erano pieni di gente, soprattutto
giovanissimi, era incredibile, in ognuno ce n'erano centinaia, erano
saliti su per le scale dei palazzi e nonostante questo gli ultimi che
erano riusciti ad entrare erano appoggiati all'interno dei portoni,
vicino ai vetri presi rabbiosamente a manganellate, e costretti a
vedere e sentire le minacce delle forze dell'ordine che li assediava!
Allora ho cercato di trattare con la Digos per farli uscire, e questi
funzionari mi hanno assicurato che li avrebbero fatti uscire senza
sottoporli ad ulteriori violenze. Ma quando i ragazzi hanno tentato di
uscire, gruppi numerosi di celerini e finanzieri, urlando minacce e
insulti sono ripartiti alla carica contro di loro. I funzionari hanno
faticato moltissimo a trattenerli, ed io stesso ho rischiato di essere
preso a manganellate. La cosa si è ripetuta uguale ogni volta
che si riapriva un portone per far uscire i manifestanti.
Daniele M. Stavo
tranquillamente con la mia ragazza e i miei compagni di scuola sui
giardinetti del Maschio Angioino, eravamo sdraiati tutti sul prato,
contenti della manifestazione e di stare lì tutti insieme,
quando da lontano abbiamo visto le prime cariche colpire il corteo, e
gente correre proprio verso i giardini. Ci siamo alzati, ed io
ingenuamente ho detto agli altri "Spostiamoci vicino alla ringhiera del
fossato, lì non ci faranno mai niente, lo vedono che stiamo
tranquilli, non caricheranno mai". Dopo neanche cinque minuti è
partita la carica: venivano dal porto verso la piazza e ci hanno
investito in pieno. Noi siamo stati schiacciati sulla ringhiera dalla
gente presa dal panico. Era una situazione pericolosissima! Io urlavo
di stare con le mani alzate, ancora convinto (che ingenuo!) che
così avrebbero smesso di caricarci. Macchè! Poi tutti
hanno cominciato a scappare correndo verso il cantiere della
metropolitana: forse si era aperto un varco! Scoppiavano vicinissimi i
lacrimogeni, la mia ragazza non ci vedeva più, io invece forse
grazie alle lenti a contatto, qualcosa vedevo e così abbiamo
corso insieme riuscendo a raggiungere via Marina. Lì ci siamo
fermati, una ragazza si è sentita male ed è svenuta.
Abbiamo visto sfrecciare davanti a noi altre tre camionette di
carabinieri che sgommando sono entrate a piazza Municipio.
Carlo F. Stavo con
i miei compagni di scuola sui giardinetti del castello verso il porto.
Abbiamo visto le cariche dall'altro lato della piazza e con 5-6 amici
abbiamo deciso di andarcene. C'era un massiccio cordone formato da
celerini e carabinieri, e noi ci siamo avvicinati ai carabinieri per
chiedere di farci uscire, di farci andare via. Due di noi li hanno
fatti passare, perché c'era un funzionario di polizia che era
disponibile a farci uscire, però subito è arrivato
urlando un carabiniere coi gradi, era del nord, che ci ha gridato
questa frase piuttosto sconclusionata: "Ci avete fatto incazzare, avete
rotto i coglioni, noi vi abbiamo dato dei segnali, ora PARTO PARTO
PARTO!!!" (sic). Noi eravamo ancora in fila indiana e con le mani
alzate, circa cinquanta persone, ma ci hanno bloccato. Io sono stato il
primo tra noi ad essere bloccato, mi hanno dato uno scudo sul
ginocchio. Io continuavo a dire "noi vogliamo solo uscire,
perché non ci fate passare?" Allora il carabiniere coi gradi ha
cominciato a manganellarci tutti, e allora anche i suoi uomini hanno
cominciato. Io ho preso qualche manganellata in testa, una sulla mano,
sul braccio e sulla schiena. Siamo scappati, è partita una
carica. Spinti dalla folla terrorizzata, abbiamo ritrovato per caso,
dall'altra parte della piazza, i genitori di una mia amica, che avevano
avuto indicazioni da parte di alcuni manifestanti dell'esistenza di un
passaggio libero attraverso un vicolo. Anch'io fortunatamente ho
trovato mio padre, che è riuscito a riportarci a casa.
Ilia O. Io ero
dietro a Carlo, quando cercavamo di convincere i carabinieri a farci
uscire dalla piazza dal lato del porto. Quando hanno cominciato a
colpirlo con i manganelli io l'ho tirato indietro e abbiamo cominciato
a correre verso i lavori della metropolitana, ma siamo stati costretti
a girare a destra perché ci caricavano non solo da dietro, ma
anche davanti. Sulla curva siamo rimasti scoperti sulla destra,
perché tutta la gente che scappava si accalcava a sinstra per
paura di essere colpita dai lacrimogeni sparati ad altezza d'uomo. Ma
io ho visto con chiarezza i carabinieri sparare in aria colpi d'arma da
fuoco, e con chiarezza ho sentito i colpi. Questi carabinieri erano
cinque o sei, erano inseriti in un cordone che avanzava speditamente
verso di noi, senza correre, veloci ma calmi, convinti. Questi cinque o
sei sparavano in aria con un'arma nera, sembrava una mitraglietta, e
non c'era intervallo tra un colpo e l'altro, il rumore era continuo.
Sono scappata il più lontano possibile, ho avuto paura, non mi
rassicurava per niente il fatto che sparassero in aria: erano armi VERE
quelle!
Vincenzo P. Ero a
P.zza Municipio vicino ai giardini sotto il castello. Stavo tranquillo,
seduto sul prato. Stavo suonando. Ho visto disordini dall'altro lato
della piazza. C'era la polizia che cominciava a salire in assetto
antisommossa. Dopo pochi minuti si è creato il panico:
c'è stato il lancio dei lacrimogeni. Lo squadrone della polizia
avanzava dal lato posto sotto il castello e da sopra. A quel punto mi
sono trovato chiuso. Ho cercato di scappare ma le forze dell'ordine
avevano chiuso anche l'altro lato. Andando sul prato ci hanno ordinato
di sederci per terra. Stavo in prima fila e ho chiesto di farci uscire,
li ho pregati anche in lacrime ma loro si incazzavano di più.
Hanno date manganellate gratuite ai miei compagni. Malgrado io stessi
seduto a terra con le mani alzate mi hanno tirato calci all'altezza dei
polpacci e dei piedi. Visto che incalzavano nel darci addosso siamo
scappati, ma siamo di nuovo trovati braccati contro la ringhiera. Ho
corso verso il porto e non vedendo più chiusure sono riuscito a
scappare. Un poliziotto ha gridato "a buon rendere".
Elvira D. Mi
chiamo Elvira e sono stata, anche io, vittima di una rappresaglia
ingiustificata della polizia. Mi trovavo a piazza Municipio e, mentre
si discuteva della manifestazione la polizia ha deciso "senza alcun
motivo"di caricare. Io ero in prima fila e non riuscendo né a
vedere né a respirare per i lacrimogemi, alzavo le mani
chiedendo di farmi uscire da quell'inferno. La risposta della polizia
è stata una minaccia con il manganello (nel frattempo un amico
accanto a me veniva colpito ai reni) e una spinta verso il centro della
piazza dove c'era una vera e propria guerriglia. Ho cercato di fargli
capire che lì mi avrebbero colpito e lui mi ha respinto da
quella parte. A questo punto io ed un mio amico abbiamo iniziato a
correre riuscendo a trovare come unica via di uscita un vicoletto.
Oltre a minacce fisiche sono stato offesa verbalmente da un poliziotto
che mi ha chiamato: "puttana". ERAVAMO TOPI IN TRAPPOLA. Dimenticavo:
alla manifestazione erano presenti anche i miei genitori che,
fortunatamente, prima delle cariche sono riusciti ad uscire anche se la
polizia inizialmente aveva negato l'uscita anche a mia mamma. Spero che
la mia testimonianza insieme a tante altre, possa servire quanto meno a
destituire il questore di Napoli ed a spingerci a Genova sempre
più numerosi.
Elena Quando sono
arrivata a piazza Municipio la polizia bloccava gia tutte le uscite sia
della piazza, da tutti i lati, sia dell'ultima parte del Rettifilo (da
piazza Borsa in poi). Ho incontrato Elvira con la famiglia e siamo
rimaste a chiacchierare, la madre poi voleva andare a prendere un
caffè e ci ha lasciato (poi ho saputo che la polizia non voleva
farla uscire dalla piazza e che ha dovuto insistere a lungo). Siamo
rimaste noi due, abbiamo visto la prima carica e siamo andate indietro
ma il camioncino di Rifondazione ha richiamato tutti dicendo che non
stava succedendo niente. Però noi non ci sentivamo tranquille e
ci siamo andate a mettere sul prato verso via Marina,vicinissime alla
polizia. C'erano ragazzini e persone adulte, nessuna provocazione,
eravamo assolutamente fermi e tranquilli: la polizia ha caricato
all'improvviso, spingendoci. Io sono caduta e ho perso Elvira, quando
mi sono rialzata sono rimasta schiacciata contro il parapetto vicino al
fossato dove erano arrivati i primi lacrimogeni. Finita la prima carica
sono andata a mani alzate verso il cordone, chiedendo di uscire. Il
poliziotto mi ha detto di tornare indietro indicandomi il centro della
piazza, pieno di lacrimogeni e gente che scappava, io ho chiesto di
nuovo (sempre a mani alzate) di uscire: mi ha insultato e,
minacciandomi con il manganello, mi ha detto di tornare indietro.
Allora sono andata verso il rettifilo ma c'era polizia e lacrimogeni
anche lì. Praticamente chiusa da ogni parte: la parte alta della
piazza occupata dagli scontri più violenti, le uscite
rigorosamente bloccate. Eravamo solo ragazzini e pochi adulti, nessuno
capiva niente. Io sono rimasta a mani alzate sperando di recuperare
qualcuno e cercando di capire. Poi ho visto un funzionario indicare la
via d'uscita, avevano aperto la strada che scende a via Marina. Quella
stessa strada era chiusa fino a due minuti prima da un nutrito cordone
di poliziotti. Ho ritrovato Elvira dov'era il camioncino di
Rifondazione all'altezza dell'Agip: dicevano di ricompattare il corteo
e di tornare verso la stazione. Qualcuno è andato, la maggior
parte di noi e rimasta lì a riprendersi e poi siamo tornati a
casa.
Guido A. Ero a
piazza Municipio vicino alla ringhiera del castello sul lato sinistro
del Maschio Angioino. Dopo la prima carica verso palazzo San Giacomo la
polizia si è lanciata verso un gruppo di pacifici ragazzi che
erano vicino alla ringhiera. Ho visto un carabiniere picchiare
ripetutamente con il calcio del fucile sulla testa di un ragazzo ed io
l'ho preso e l'ho tirato fuori dalla rissa lasciandolo accanto ad
un'ambulanza dove c'era un ispettore. Subito dopo sono entrato per
recuperare un amica. A questo punto la polizia mi ha fatto
inginocchiare con le mani in alto insieme ad altri. Nel frattempo ho
visto un carabiniere prendere per i capelli un ragazzino di circa 15
anni e ripetutamente colpirlo in volto con il manganello. Qui sono
intervenuto nuovamente proteggendo il volto del ragazzino con la mia
mano sinistra. Da qui la mia prima contusione al pollice. Dopo di che
inizia a colpirmi ripetutamente in volto un carabiniere mirando alle
tempie e minacciandomi : "Site spuorche, bestie, merde, accussi'
t'impari a scennere ancora, te faccie verè io". Il carabiniere
mi teneva la testa bloccata con una mano e con l'altra mi colpiva sulla
parte alta della testa. Ho ricevuto molti colpi soprattutto in volto ed
in testa con il manganello impugnato dalla parte del manico (ed i segni
sono evidenti date le rigate) per sette otto volte almeno. Poi sono
intervenuti altri cinque agenti tra carabinieri e finanzieri. A questo
punto mi hanno dato calci, manganellate sulle gambe (anche con il
calcio del fucile) e quindi su tutto il corpo e sono rimasto piegato a
terra. Ad un certo punto sono intervenuti agenti in borghese cercando
di calmare la situazione e nonostante fossi accompagnato da un agente
in borghese più volte sul tragitto verso l'uscita da piazza
Municipio sono stato ancora gratuitamente colpito dalla polizia.
Gennaro H. Mi
chiamo Gennaro e sono un infermiere. Ero anch'io presente tra quella
moltitudine di manifestanti per le vie di Napoli . Mi ero
autoincaricato di far parte (come altri) del pronto intervento
sanitario. Un gruppetto nato spontaneamente durante i giorni che
preparavano la manifestazione internazionale. Autofinanziati per
l'approvvigionamento di medicamenti e coordinati dalla nostra
volontà di intervenire laddove ce ne fosse bisogno. I telefonini
erano i nostri mezzi di contatto. Di quello che è successo a
Piazza Municipio quel giorno ha dato ampia voce la cronaca dei Media.
Io voglio sottolineare alcuni episodi che mi hanno visto coinvolto. Mi
trovavo alla testa del corteo, nel pieno vortice degli scontri . Il
tempo sembrava fermarsi nelle spirale di violenza scatenata dalle
"forze dell'ordine". Alla terza carica, quella finale, ero riparato
dietro il camion dei centri sociali. Interminabili lanci di lacrimogeni
ci impedivano qualsiasi via di fuga. Ricordo di aver visto gruppi di
uomini in divisa appostati all'angolo di via G.Pisanelli (??) che
sparavano a raffica candelotti di lacrimogeni con quella specie di
minibazooka in loro dotazione. Erano piegati sulle gambe e questo fa
capire che traiettoria potessero prendere i colpi. Altezza d'uomo.
Altri esplodevano colpi da armi che non ho identificato, ma non credo
di sbagliarmi se penso ai proiettili di gomma . Altri lanciavano pietre
e quant'altro. Un momento di lucidità per riprendermi da quello
scenario di violenza e ricordarmi della mia "missione". Il primo che mi
capitò di soccorrere fu un ragazzo che sanguinava alla testa .
Vagava stordito sui giardini antistanti il Maschio Angioino sorretto da
alcuni suoi amici. Il tempo di rendermi conto della gravità
della ferita e tamponare l'emorragia con la garza che avevo. Era
impossibile sostare su quel prato. Il terrore delle truppe inferocite
che ci circondavano ci facevano desistere dallo stare fermi . Ovunque
c'erano divise che ci intimavano di andare via sotto la minaccia dei
manganelli. Ci dirigemmo verso quella che sembrava l'ultima via di
uscita: via Marina . Una ragazza lungo la strada, anche lei con il capo
insanguinato e con una gran paura addosso, chiedeva aiuto e di potersi
riposare. La prendemmo quasi di peso e la portammo verso le prime
ambulanze che arrivavano dal Loreto Mare, credo. Apro una parentesi di
riflessione a riguardo. E' vero che quella Piazza era chiusa ai
manifestanti , ma che le ambulanze non potessero accedervi (così
fu nell'immediato periodo dopo la repressione) per soccorrere quelli
che feriti giacevano agli angoli delle strade, questo non so
spiegarmelo. E poi, perché non c'è stato intervento dei
P.S. del servizio di emergenza dell'ospedale Vecchio Pellegrini? E'
vero quanto mi fu comunicato che quell'ospedale posto nel centro
storico era completamente blindato dalle "forze dell'ordine" e quindi
impossibilitato a svolgere le proprie funzioni assistenziali? Intorno
alle 13 mi giunge una telefonata. Era un compagno dello SKA che mi
chiede di raggiungerlo perché arrivavano lì molte persone
che avevano bisogno di cure. Faccio in tempo a contattare gli altri
componenti del pronto intervento e comunicar loro lo stato delle cose,
poi mi dirigo verso il Laboratorio okkupato SKA di calata
Trinità maggiore. Sembrava una infermeria da campo. Corpi
adagiati un po' dappertutto. Chi con ferite alla testa, chi con arti
edematosi. Un groviglio di feriti sparsi in tutto lo spazio
dell'ingresso. In prevalenza i feriti erano giovanissimi. Ricordo di
aver medicato volti tumefatti per violenti colpi di manganello e di
scarponi. Mani gonfie e braccia contuse che cercavano di riparare
organi vitali da calci e pugni. Un uomo o sulla quarantina che non
riusciva a tenersi in pedi per via della forte contusione alla gambe
sinistra . Una ragazza colpita all'altezza dello sterno destro da un
lacrimogeno, che aveva problemi a respirare. Giovani che riportavano
sanguinamento al capo per evidente lacerazione del cuoio capelluto,
dovuto a pestaggi continui. La straordinaria solidarietà dei
più coraggiosi, di fronte a quella scena drammatica, fu un aiuto
indescrivibile in quel momento di confusione. Ore e ore a disinfettare,
medicare suturare. Non posso dire quante persone furono assistite da
quel pronto soccorso improvvisato: di certo ne sono passati tanti ,
forse troppi per una manifestazione pacifica.
Ciro S. Mi trovavo
nella zona giardini sotto al castello in piedi ed a mani alzate in
segno di resa verso un cordone di polizia che avanzava verso di me.
Stavo davanti ad un gruppo di persone. Eravamo tutti fermi e ci hanno
caricato. Ho ricevuto una manganellata sulla testa ed altre sulla
spalla. Sono caduto a terra confuso e nauseato. Rimasto solo sono
andato verso altri agenti di polizia che non volevano farmi uscire
dalla piazza. Ho chiesto più volte di essere soccorso da una
ambulanza a causa della mia fronte rotta e sanguinante. Dopo un
suggerimento avuto da qualcuno che non conosco sonno andato verso
palazzo San Giacomo. Sono entrato in una autoambulanza e sono stato
portato al Loreto Mare. Non sono stato identificato.
Brunella P.
Eravamo eccitati all'idea di partecipare a quella manifestazione,
dimostrare il nostro dissenso verso il global forum,di parteciparvi non
certo con la violenza ,come hanno voluto far credere alla gente le
varie forze dell'ordine presenti in piazza Municipio e lungo il corso
Umberto pronti ad intervenire per ristabilire l'ordine in caso di atti
di violenza, atti di violenza sicuramente avvenuti da parte degli
Anarchici, ma di certo non da noi ragazzi di liceo che abbiamo al
massimo 18 anni e che certo non siamo andati lì con l'intenzione
di prendere a sassate i caschi blu. Evidentemente non la pensavano allo
stesso modo loro che mentre ci osservavano da lontano dai loro posti di
blocco ci sono venuti a caricare mentre eravamo stesi sui giardini del
Maschio Angioino. E' stato inutile alzarci e metterci in un angolo con
le mani alzate in segno di resa come ci avevano detto dei genitori di
alcuni ragazzi, che avevano preso parte anche loro alla manifestazione,
e che pochi minuti prima ci avevano fatto notare che eravamo
praticamente in trappola. Mentre ci caricavano io pensavo: "Ma non
vedono che siamoragazzi?". Proprio mentre lo pensavo ho alzato lo
sguardo per guardarli in faccia per vedere se si rendevano conto di
star picchiando dei ragazzini che gli imploravano di smettere, che
volevano andare a casa che alzavano quelle mani quasi a toccare il
cielo..quello che ho visto nell'espressione di quel poliziotto è
indefinibile un espressione di rabbia, violenza che si scatenava su
quel ragazzino a due passi da me, una violenza che vogliono attribuire
a noi…Ci chiedevamo quando sarebbe finita. Se sarebbe finita.Non riesco
ancora a rendermi conto del tempo che ci sono stati a dosso, ma appena
la carica finisce iniziamo a cercarci tra di noi ,per quel che era
possibile visto che avevamo la vista annebbiata dai lacrimogeni e gli
occhi gonfi di pianto. Alzo di nuovo lo sguardo terrorizzata all'idea
di quello che avrei potuto vedere: gli aveva rotto la testa a quel
povero ragazzo che aveva appena capito che quel sangue che gli scorreva
tra le mani era proprio il suo. Era il Caos. Cerchiamo di attraversare
la piazza sempre rigorosamente con le mani alzate, inutile! Altre
cariche. Urla.Ci voleva tanto sangue freddo per individuare una via di
fuga, ma per quanto la continuassimo a cercare era tutto inutile,
eravamo in trappola Era guerra. Ci caricano alle spalle perdo i miei
amici, non so dove scappare, tanto ormai era inutile continuare a
tenere quelle mani alzate. Tutti corrono in un vicolo, li seguo, ho
paura. Sono protetta da un pannello di plastica mantenuto da alcuni
manifestanti dietro al quale c'erano loro; corro, il pannello cade
c'è un palazzo aperto tutti cercano di entrare, ci prova anche
io, ci riesco. Ero in salvo, ma per quanto me ne cercassi di convincere
avevo paura, paura che entrassero e ci pestassero tutti. Infondo
cosagliel'avrebbe impedito. Ho una crisi di nervi, mio fratello non si
sente le gambe l'hanno colpito sulla spina dorsale, ha 15 anni e non ha
per niente un aspetto sovversivo. Per fortuna il colpo era solo di
striscio.. Siamo stati circa mezz'ora rinchiusi in quel palazzo, non
facevo altro che pensare all'espressione di quel celerino. Ho pregato.
È stata un'attesa lunghissima, i minuti non passavano mai e
mentre passava il tempo pensavo a quello che avevo visto, stava morendo
ogni mio ideale, ogni voglia di lottare contro quello cui credevo, mi
sentivo impotente. Era successo, rinnegavo tutto. In realtà
questo era proprio quello che volevano loro, farci pentiredi essere
andati lì, farci dire: "Io non andrò mai più ad
una manifestazione magari ci penserà qualcun altro!" Io l'ho
detto. Oggi, ragionando razionalmente, non la penso così; forse
non andrò alla prossima manifestazione, nemmeno a quella dopo,
ma di certo non me ne starò con le mani in mano, è per
questo che scrivo questa testimonianza per far avere alla gente un
ulteriore prova dei fatti avvenuti a piazza Municipio il 17 marzo 2001,
per fare aprire gli occhi su degli atti di violenza avvenuti da parte
delle forze dell'ordine verso dei ragazzi che avevano la sola colpa di
voler far sentire la loro voce ad uno stato che non sempre è
disposto ad ascoltare.
Francesca R. Erano
le 12:40 ed io ero in piazza Municipio. Mi sono accorta che le forze
dell'ordine reagivano in modo assolutamente sproporzionato alle azione
dei manifestanti e mi sono rifugiata in un vicolo tra via De Pretis e
via Marina con altre persone, circa 10, che non conoscevo. Cercavamo di
riprenderci un po' dai lacrimogeni. Ad un certo punto abbiamo visto un
folto gruppo di finanzieri che correvano da Piazza Municipio verso via
De Pretis. Una parte di loro (almeno venti) si sono staccati dal gruppo
originario e sono venuti verso di noi. Abbiamo cominciato a correre tra
il muro e le macchine parcheggiate. Alcuni sono riusciti a scappare
scavalcando le macchine mentre io sono rimasta bloccata tra la macchina
ed il muro. Uno dei finanzieri mi è venuto addosso e mi ha dato
quattro manganellate sul braccio sinistro urlandomi: "Stronza!".
Già da prima del suo arrivo io avevo le mani alzate e sono
sicura che lui l'aveva visto. Dopo mi ha preso per lo stesso braccio e
mi ha lanciata sulla macchina. A quel punto sono scappata vedendo
intorno a me solo finanzieri che picchiavano altre persone.
Francesca E. Dopo
la prima carica ho perso i miei amici e mi sono trovata sui giardinetti
del castello. Ero con una cinquantina di persone e la polizia è
arrivata contro di noi da destra, da sinistra e davanti. Scappando ci
siamo trovati sul ponte del Maschio Angioino, sotto l'arco. Nel gruppo
c'erano molti giovanissimi ma anche famiglie con bambini. Ho visto una
bambina di circa otto anni che scappava tra i lacrimogeni e le botte
insieme alla mamma. Chissà che fine hanno fatto! Io ho visto
almeno tre ragazzi massacrati di botte. Erano ragazzi rimasti isolati
che venivano pestati da squadrette di poliziotti e di carbinieri.
Avevano gli occhi pazzi e davano l'impressione di volere uccidere i
manifestanti e tutti quelli che si trovavano davanti a loro. Da
lì la polizia ci ha fatto scendere tutti con le mani alzate ma
mentre cercavamo di andarcene sono saliti dal porto altri poliziotti e
carabinieri che ci hanno fatto sedere sul prato sempre con le mani
alzate. Ci hanno sputato addosso, hanno preso a calci le persone delle
prime file, un ragazzo seduto accanto a me è stato colpito in
faccia più volte anche con il calcio del fucile e gli hanno
rotto la testa. Poi hanno continuato a colpirlo con violenza. Una
ragazza di circa 18 anni piangeva ed è stata gratuitamente
colpita con il manganello in testa. I poliziotti urlavano: "chi cazzo
vi credevate di essere e di fare? Qua è inutile che parlate,
decidiamo noi quando basta!". Poi ci hanno finalmente detto: "Alzatevi,
andate via, sparite!!!" Siamo scappati verso il porto mentre quelli
continuavano a picchiarci. Volevano colpire anche me col manganello
sulla testa ma io mi sono abbassata e il colpo l'ho avuto sulla
schiena. Ma non era finita. Ci hanno spinti in un angolo stretto contro
la ringhiera che faceva da argine con il fossato del Maschio Angioino:
una signora stava svenendo, una ragazza stava cadendo giù ed in
molti, in realtà, abbiamo rischiato di cadere. Non oso
immaginare cosa sarebbe successo se la ringhiera non avesse retto!
Laura E. Sabato 17
marzo Napoli, oggi si tiene una manifestazione anti-global forum il
corteo parte da piazza garibaldi dove arrivano i treni ho appuntamento
con 3 amici alla testa del corteo. 10.30 Raggiungo la testa corteo
trovo gli amici. Fino a qui tutto bene! Il corteo parte restiamo avanti
capeggiati da una grossa pannocchia gonfiabile brevi pause lungo il
tragitto ci sono mi dicono 10000 persone associazioni, mani tese, mamme
antismog, donne in nero e poi Cobas, Kurdi, Opera Nomadi... Tante
facce! Ritrovo amici vecchi compagni di facoltà, intravedo
l'attuale preside che ha concesso l'occupazione della facoltà
per alloggiare i molti ospiti del controvertice; il Comune di Napoli
fino ad un'ora prima non aveva ancora reso note le strutture
disponibili Fino a qui tutto bene! ore 12.00 Raggiungiamo piazza
municipio, la meta, limite della zona ROSSA che ha diviso per 4 giorni
la città in due. Mia nonna ieri per un ora ha discusso con un
poliziotto, voleva tornare a casa, gli ha chiesto se c'era Clinton dato
che si ricordava gli allori del G7, "la Napoli da bere"......Ma questa
è un altra storia! Dicevo piazza Municipio: la testa del corteo
si avvicina al Municipio si chiede col megafono l'ingresso di 300
delegati del controvertice nella zona rossa per portare le proprie
richieste. Molti si sdraiano sulle aiuole ad est del castello; al
centro della piazza c'è un cantiere uno scavo per la nuova
metropolitana. Penso alla piazza, alle vecchie cartoline coi tram e coi
lecci che furono abbattuti negli anni '50 in una sola notte dall'
armatore-sindaco Lauro ma anche questa è un altra
storia......... Access denied - accesso negato, come nei film. La prima
carica all'improvviso, i lacrimogeni, panico! Mi trovo insieme a 200
persone che per evitare di essere travolte si ammassano verso la
balaustra che perimetra il fossato del Castello, 10-15 mt di altezza
circa! Mi rendo conto che la piazza è circondata da
doppie/triple file di polizia carabinieri e finanzieri in tenuta
antisommossa. La piazza è chiusa, la balaustra non cede, non
cede ancora penso. Miracolo! Qualcuno, che dopo ho appreso essere un
genitore di un liceale colpito, grida di alzare le mani e chiedere ai
carabinieri alla nostra sinistra di farci uscire. Non finisce la frase
e veniamo caricati a freddo a mani alzate e pensare che mio padre ogni
tanto beveva "l'amaro dei carabinieri"..... Panico sempre di
più. Non vedo nessuno dei miei amici. Qualcuno inizia a gettarsi
dal fossato con l'ausilio dei pali della luce un carabiniere manganella
un ragazzino, aggrappato al palo, che ha troppa paura per lasciarsi
andare. "Questi so'pazzi, ci vogliono uccidere, il morto ci scappa",
penso. Panico sempre più, lacrime... Ritrovo un mio amico, ci
teniamo per mano e corriamo al centro della piazza. Un varco, please?
Niente! Andiamo a mani alzate verso il teatro Mercadante e chiediamo
alle due fila di poliziotti: "Fateci uscire!". Risposta: calcio di
fucile più manganello più spinta verso un altra carica
ortogonale. E' un incubo o un gioco? Il pacman in trappola, il pacman
ed il lacrimogeno altezza uomo. Una ragazza è stesa a terra e
due poliziotti la stanno manganellando. Grida di essere incinta.
Qualcuno accorre e riesce a portarla via. Io non sono più io,
voglio solo uscire dal circo. Luca, il mio amico, sanguina Lo stesso
poliziotto che aveva "cortesemente" negato l'uscita si distrae.
C'è qualcun altro da randellare, probabilmente. 20 cm ci
bastano. Siamo invisibili o fortunati??? Usciamo verso il porto, verso
una fontana. Ci voltiamo la piazza è urla fumo e gente che tenta
di uscire. Una mattanza. Noi alla fontana veniamo avvicinati da 5
finanzieri sempre antisommossa che sempre "con cortesia" ci intimano di
allontanarci e allora via ma che lato ci consigliate, please, per non
essere ammazzati? Recuperiamo altri amici, i cellulari squillano. Da
altri arrivano notizie inquietanti: chi si è allontanato da solo
è stato picchiato da squadriglie che si erano apposte nelle
strade limitrofe la piazza Andiamo a casa di amici, siamo in 7 e
guardiamo il tg con il "solito" popolo di Seattle
Ccooooommmmmmmmeeeeeeeeee???????!!!!!!!!!!!!! 200 feriti più
9800 miracolati? In serata qualcosina in più. I giornali di
domenica poi basta!? Mia zia mi chiede: "Ma il nostro governo è
di sinistra????". Per tutta la giornata la persecuzione continua. Molti
hanno paura di tornare in stazione per partire Mio fratello: "Ma che,
questi (la polizia) avevano le duracell ?" Ho delle domande:
perchè? (generico) Perchè la piazza è stata
chiusa? Perchè il questore ad oggi è ancora al suo posto?
Perchè un sindaco vicesindaco ad oggi non più sindaco non
fa dichiarazioni? Ma forse la risposta è nella domanda.
Perchè ad oggi non ci sono dichiarazioni pubbliche del ministro
Bianco??????? Mio fratello: "ma la polizia a chi fa capo?". Quello che
è successo al mio paese sabato 17 marzo non ha nome, forse ha un
nome sudamericano ma non ho il vocabolario. Quello che è
successo è grave, talmente grave che domenica 18 marzo (the day
after) c'era un arco gonfiabile della Barilla nella via principale del
paese- via Toledo, a testimoniare il via di una maratona e la forza
dell'oblio quello che è successo è talmente grave che la
mia vicina mi ha detto: "Hanno fatto bbuono ( i manifestanti) in questa
città c'è tanta disoccupazione ..........."
Maura D. Partiamo
da Lamezia Terme (CZ) alle 3 del mattino, siamo un gruppo assortito di
compagni dei Giovani Comunisti, del Coordinamento Universitari
Comunisti, del "neonato" Coordinamento antifascista e antirazzista,
dell'autonomia, pronti ad "invadere" Napoli con il nostro entusiasmo e
la nostra radicalità "anti-global"!!!!! Alle 07:00 la stazione
di Napoli ci accoglie con uno spiegamento di forze che ha
dell'inverosimile. Neanche il tempo di mettere piede a terra che ci
troviamo circondati da agenti in borghese, da telecamere pronte ad
immortalare questi "nuovi terroristi", da forze del "disordine" che
seguono ogni gesto, movimento, cercando probabilmente atteggiamenti
"destabilizzanti".. e infatti corrono a presidiare il McDonald, cingono
a doppie file i "baldacchini" del Berluska, mostrano tutto il loro
nervosismo nel guardare con sospetto ogni cosa, persona, essere che ha
"osato" oggi sbarcare in una Napoli soffocata di polizia. Piazza
Garibaldi inizia a riempirsi piano, lentamente, alla spicciolata; ci
sono i compagni dei Global Express, arrivano le tute bianche dei
Giovani Comunisti, i Cobas, "i nomadi", Rifondazione Comunista, i
migranti, i disoccupati organizzati. Colore e colori che riempiono
piano piano la piazza. Davanti al gruppo, uno schieramento massiccio di
polizia che appare sempre più nervoso; l'agitazione degli agenti
è palpabile e le numerose radunate direttive tra loro ne sono
testimonianza. Fa da sottofondo il ronzio degli elicotteri che ci
accompagnerà sino a sera. Il corteo parte, musica, voci, canti
per dire NO a chi lì vicino pretende di decidere -in pochi- per
tutti e su tutto, ci guardiamo intorno. siamo tanti, veramente tanti e
diversi, studenti, donne, bambini ... Attraversiamo Corso Umberto,
tutto è chiuso.. come ci dirà poi qualche commerciante
l'ordine è restare chiusi. L'obiettivo è "blindare" i
manifestanti in una "scatola vuota" (e questo la dice tutta su quel che
sarà il prosieguo della manifestazione). Arriviamo cantando e
ballando con lo spezzone finale del corteo in Piazza Municipio, subito
vediamo la testa del corteo caricata (più volte ci diranno!) e
sul lato destro della piazza si alza il fumo dei lacrimogeni, agenti li
tirano persino dai tetti dei palazzi, lì le cariche sono
insistenti; ci spostiamo verso i giardini e ci rendiamo conto che ogni
via d'uscita è bloccata e blindata, e che a nessuno è
permesso uscire da quella piazza che inizia a diventare un luogo
infernale. Iniziano a caricare massicciamente, ci spingono verso il
Maschio Angioino, c'è una ringhiera, si rischia una carneficina,
alziamo le braccia, gridiamo per cercare di fermarli, ma niente, loro
caricano inferociti, l'elicottero continua a ronzarci sulla
testa..è Piazza del Municipio, sembra Piazza delle Tre Culture
in Messico, la polizia inferocita, gli elicotteri, la repressione ci
riporta a tempi forse mai passati... Una ragazza soffoca, ha un attacco
d'asma per i lacrimogeni, più avanti un ragazzo viene portato a
spalla , è svenuto..lo riconosciamo, è un compagno che ha
viaggiato con noi... Ci avviciniamo ma un'altra carica ancora
più dura ci sovrasta... I lacrimogeni vengono ormai lanciati ad
altezza d' uomo, non li vediamo, non vediamo più nulla. Sembra
tutto irreale. Il furgone dei CC cerca di guadagnare l'uscita ma le
manovre sono accompagnate da nuove cariche della polizia; a nulla
servono gli appelli dei compagni per liberare una via d'uscita; anche i
finanzieri caricano con ancora più violenza degli altri. Siamo
tra un gruppo di compagni che a braccia sollevate cerca di guadagnare
l'uscita, ma subiamo ugualmente le cariche. C'è una bambina,
piange, non respira più, neanche davanti alle richieste di
soccorso e alle grida "c'è un ferito" queste bestie si fermano,
continuano a distribuire le loro cariche repressive. Finalmente
usciamo. C'è un vicolo, un portone, riusciamo ad entrare, dentro
l'impossibile, ragazzine di quindici anni totalmente sconvolte,
piangono e tremano, un ragazzo con la testa spaccata... arriva
l'ambulanza, verrà soccorso, l'attende la questura!!!! Non
possiamo uscire, la polizia insegue i manifestanti tra i vicoli, li
pesta. Dopo trattative ci fanno uscire e, a mani alzate, sfiliamo
davanti ad uno spiegamento di uomini in divisa tenuto fermo a malapena
dai rispettivi capi squadra. Guadagniamo il varco che porta al
lungomare e siamo salvi (per il momento). Ci ritroviamo tutti quanti
davanti lo SKA, ci contiamo, manca qualcuno, sono all'ospedale, anzi
no, in questura. Compagni fanno la spola tra l'infermeria allestita
allo SKA e la Facoltà di Architettura Occupata, mentre giungono
le prime informazioni sul numero di fermi e feriti. Restiamo lì
in attesa di ulteriori notizie e solo verso le 19:00 apprendiamo la
notizia dei rilasci e decidiamo di ripartire. Ritroviamo la stazione
blindata. le forze dell'ordine (quale ordine?!?!) ci attendono e,
mentre entriamo nella stazione, continuano a provocare ed insultarci
agitando soddisfatti i manganelli. Ultimo atto, la partenza. I due
"Global-express" s'incrociano, uno a sud, l'altro diretto a Nord...i
compagni si salutano lanciando un "EL PUEBLO UNIDO..." Arrivederci a
Genova... nessuna repressione potrà fermare la nostra lotta!!!!!!
Enzo B. Ero in
terza o quarta fila insieme ad altri ragazzi. E' partita la carica.
Abbiamo resistito per quanto possibile, poi abbiamo indietreggiato. La
polizia ha anche lanciato pietre e bastoni. Tra questi un carabiniere
che mi ha lanciato un cubetto di porfido in testa mentre sollevavo una
ragazza che, nella corsa, era inciampata. Ho riconosciuto il
carabiniere in una foto della commissione. Ho continuato a correre;
solo dopo un po' mi sono accorto di essere ferito alla testa. Siamo
defluiti per un vicolo (che non saprei riconoscere) fino ad arrivare
nei pressi di piazza del Gesù dove ho ricevuto le prime cure.
Quando ero ancora in piazza Municipio un ragazzo già fermato
veniva portato via da un carabiniere ed ho visto che veniva colpito
all'improvviso in faccia da un altro carabiniere che arrivava in corsa.
Al Maschio Angioino, dopo la prima carica, i poliziotti hanno spinto i
finanzieri a caricare.
Massimo A. Noi
stavamo in coda al corteo vicino al camion di Rifondazione Comunista e
abbiamo visto iniziare gli scontri nella parte alta di piazza
Municipio. In realtà era più il rumore che percepivamo,
misto al fumo dei lacrimogeni. La parte alta del corteo dove noi
eravamo era tranquillissima, c'era il camion che invitava alla calma ed
a non correre. Eravamo all'altezza dell'angolo di piazza Municipio con
via De Pretis fino a che, alle nostre spalle, si sono schierati in
formazione i carabinieri. Ce ne siamo accorti ed abbiamo avuto paura.
In quel momento loro hanno caricato dalle spalle del corteo. Attorno a
noi c'erano solo ragazzi impreparati a questa operazione. Quindi ci
siamo appiattiti dove potevamo tra i muri ed il camion. I carabinieri
ci hanno oltrepassato andando verso via Medina senza impattare con
nessun manifestante. Noi ci eravamo scostati. A questo punto abbiamo
visto avvicinarsi i celerini che erano schierati di fronte a noi, sui
giardini davanti al castello. Sono arrivati tantissimi lacrimogeni e
non siamo potuti rimanere li dove eravamo. Abbiamo svoltato in via De
Pretis, io ed altri compagni. Circa venti metri più in la, sulla
stessa strada, era schierata la Guardia di Finanza sul marciapiede che
da verso il porto. Una decina di metri davanti a me due ragazzi hanno
lanciato delle bottiglie vuote che si sono rotte a terra senza colpire
nessuno. In quel momento la Guardia di Finanza ha caricato le persone
ferme che erano verso la piazza. Molte di queste persone erano ferme e
con le mani alzate. Da questo momento incomincia la parte davvero
tremenda! Mi hanno raggiunto i finanzieri mentre, sempre con le mani
alzate, urlavo: "Calmi, non vi abbiamo fatto niente". Credo che
all'inizio fossero in due. Ho portato le mani alla testa per difendermi
ma sono arrivati altri finanzieri e mi hanno colpito anche loro, quasi
esclusivamente alla testa e sulle braccia che la proteggevano. Uno dei
finanzieri, a questo punto, mi ha preso per un braccio e mi ha tirato
per un paio di metri. Sono sopraggiunti gli altri finanzieri ed hanno
ricominciato. Sono finito a terra ed ho preso altri colpi sulle gambe,
sui fianchi, sulla schiena ed ancora in testa ed ho potuto vedere un
finanziere che ha fatto una ventina di metri di corsa per venire anche
lui a dare qualche colpo. I colpi sono diventati via via di meno fino a
cessare del tutto. A questo punto mi sono rialzato ed ho urlato al
finanziere più vicino: "Ma, cazzo, non vi avevo fatto niente!".
Lui mi ha risposto con un'alzata di spalle mentre un altro finanziere
mi ha minacciato con il manganello dicendo: "Torna in piazza". Tornato
a piazza Municipio mi sono trovato al punto di prima: sono arrivati
altri lacrimogeni tanto che non c'era modo di rimanere lì. Mi
sono, quindi, accostato al camion di R.C. che scendeva dall'altezza di
via De Pretis verso la Marina. Dopo mi sono diretto al bar del porto
per aspettare un po' prima di andare a casa. Tornando verso casa sono
passato davanti all'ospedale Pellegrini credendo che sarebbe stato
necessario farmi visitare e refertare; purtroppo lo schieramento di
celerini in assetto antisommossa (scudi, manganelli, caschi, …) proprio
all'ingresso dell'ospedale rendeva impensabile e pericolosa l'idea di
entrare per ricevere delle cure.
Enza, Gaetano, Gaetano, Salvatore, Luigi, Carmela
Erano le 13:00 /13:30 circa del 17 marzo 2001. Ci trovavamo in una
traversa tra via de Gasperi e via Marina, alle spalle della caserma
della Guardia di finanza. Ci siamo fermati all'angolo della strada
perché abbiamo notato una nutrita postazione della guardia di
finanza che prendeva a calci nei testicoli un ragazzo che era
assolutamente da solo. Subito dopo il ragazzo ha cercato di scappare e
da questo gruppo di finanzieri si sono staccati tre o quattro di loro e
lo hanno rincorso. Il ragazzo è arrivato esattamente dove
eravamo noi che lo chiamavamo avendolo visto solo ed in grossa
difficoltà. E' molto probabile che i finanzieri abbiano
desistito dal raggiungerlo, avendoci visto. Questo ragazzo ci ha detto
di essere di Torino e di essere stato aggredito senza alcuna ragione
mentre scattava delle fotografie con la sua macchina fotografica.
Questa stessa macchina fotografica è stata rotta e resa
inutilizzabile dato che mancava l'obiettivo. Il ragazzo dimostrava di
sentirsi in una condizione di impotenza e chiaramente avrebbe voluto
reagire a questa condizione. L'unico risultato di questo suo stato
d'animo è stato, forse ingenuamente, una telefonata fatta con il
suo cellulare al 113 per chiedere giustizia o soccorso. Dopo di che il
ragazzo ha lasciato il luogo anche su nostro invito.
Salvatore T. Ero a
Piazza Municipio, sui giardini adiacenti il fossato del Castello
Maschio Angioino intorno alle 12:20 del 17/3/01. Eravamo fermi in una
situazione abbastanza tranquilla, alcuni ragazzi erano distesi
sull'erba a prendere il sole ed io ed altre persone decidemmo di
tornare a casa. Stavamo scendendo verso il porto ma la strada era
sbarrata da un cordone della Polizia. Di conseguenza, nel guardarci
attorno cercando un'uscita abbiamo visto che dalla parte alta della
piazza, ad angolo con via Vittorio Emanuele e, quindi, alle nostre
spalle, hanno iniziato a sparare lacrimogeni ad altezza d'uomo e sono
avanzati un gruppo tra poliziotti e carabinieri. Questi, appena
raggiunte le prime persone hanno cominciate a picchiarle. Il cerchio
formato da polizia e carabinieri cominciò a spingere e a
picchiare verso la ringhiera del fossato. Tutti ci rendemmo conto del
pericolo che incombeva dato che la ringhiera si fletteva e avrebbe
potuto crollare da un momento all'altro. Per scongiurare tale pericolo
ci siamo diretti con le mani alzate verso il cordone di polizia e
carabinieri che premeva verso il fossato. Dato che non avevamo via di
fuga hanno continuato a picchiarci. Ci hanno fatto sedere con le mani
alzate. Alla nostra richiesta di lasciarci andare ci hanno intimato il
silenzio a forza di manganellate. Un probabile poliziotto in borghese
ordinava alla truppa di fermarsi ma loro continuavano a picchiare
ragazzini tra i 15 e i 16 anni. Erano tutti terrorizzati ed invocavano
di essere lasciati liberi. Al mio fianco ho visto un ragazzo picchiato
alla testa con il calcio del fucile. Mentre ero a terra ho ricevuto dei
colpi di manganello alla schiena. Dopo pochi minuti ci hanno fatto
alzare e ci hanno indicato la direzione del porto dove il cordone di
forze dell'ordine apriva un varco di un paio di metri al massimo.
Mentre cercavamo di conquistare questo varco che era distante una
ventina di metri le forze dell'ordine che ci circondavano continuavano
a picchiarci.
Bianca L. Ero
presso la ringhiera che da' sul fossato ai piedi del Maschio Angioino
(12.30 circa) alla fine della manifestazione quando è partita da
nord est della piazza una carica su ragazzi, inermi, con le mani
alzate, che cercavano una via di fuga. Noi eravamo in trenta, tra cui 4
- 5 adulti (gli altri erano tutti studenti sotto i 20 anni). Ci siamo
protetti sotto l'arco del Maschio Angioino, dietro c'era una camionetta
che sbarrava l'accesso. Un comandante dei carabinieri ci ha detto di
sedere per terra con le mani alzate e ci hanno preso i documenti che
abbiamo potuto ritirare soltanto il lunedì successivo presso una
caserma dei carabinieri. Davanti a noi è avvenuto il pestaggio
dei ragazzi, picchiati, trascinati a terra, manganellati. I poliziotti
e i finanzieri sembravano attori di Full metal jacket. I ragazzi
picchiati stavano solo cercando una via di fuga. C'era anche un
paraplegico anche lui picchiato dalle forze dell'ordine. Nella fuga
alcuni ragazzi disperati si sono buttati nel fossato ai piedi del
maschio Angioino rischiando di morire! Nel fossato c'erano lacrimogeni.
Sono rimasta colpita dalla ferocia delle forze dell' ordine, sembravano
accecati da un odio personale che andava oltre l'adempimento di un
compito; sembravano fuori di sé. Alcuni ragazzi picchiati sono
stati poi spinti verso di noi. Un ragazzo è stato afferrato
dalle forze dell'ordine per le braccia e le gambe e portato via. Siamo
stati citati sul quotidiano, "Il manifesto" di domenica 18 marzo, come
gruppo di 30 persone fatte inginocchiare a cui sono stati sottratti i
documenti. Durante l'accaduto c'è stato qualche fotografo che ci
ha ripreso.
Giudi O. Non sono
riuscita ad entrare nella piazza, ero tra la Questura e piazza
Municipio, in una delle traverse che uniscono via Medina a via Roma.
Intorno c'era tanta polizia, io stessa ero tra due cordoni di polizia.
Sono uscita dai due cordoni e sono rimasta in via Medina, c'erano
intorno tutti ragazzi di circa vent'anni. Dopo una carica della polizia
un ragazzo caduto a terra è stato picchiato mentre gli altri
sono riusciti a scappare. Mentre accadeva ciò alcuni fotografi
hanno scattato delle immagini. Ho visto ancora un celerino che
inseguiva un ragazzo e lo ha picchiato alle spalle con un manganello.
Sono intervenuta dichiarando di essere un'insegnante e di lasciarlo in
pace. Il ragazzo è scappato. Il celerino mi ha chiesto in quale
scuola insegnassi gli ho risposto di non ricordare. A quel punto mi ha
chiesto i documenti ma io non li avevo e mi ha portato in Questura. Ho
chiamato un'amica avvocato che ha garantito per me e mi hanno lasciato
andare.
Coordinamento operatori sanitari 118 Campania
In piazza Municipio un'ambulanza di emergenza 118, impegnata nei
soccorsi in occasione della manifestazione contro il Global Forum del
17/3, è stata obbligata a fermarsi da agenti della Finanza pur
avendo all'interno dell'abitacolo sanitario alcuni manifestanti che
avevano, ad un primo esame obiettivo, ferite lacero-contuse al cuoio
capelluto. Al diniego dell'operatore sanitario di fermarsi all'alt
intimato dagli agenti il veicolo sanitario veniva letteralmente preso a
manganellate dagli stessi finanzieri. Il veicolo in oggetto è
un'ambulanza della delegazione di Frattamaggiore della CRI. La macchina
della ASL NA 1 con targa AL041XS, con feriti a bordo prelevati in via
Marina e che presentavano al primo esame obiettivo degli operatori
ferite lacero-contuse al cuoio capelluto, arrivata all'ospedale Vecchio
Pellegrini, veniva fermata da agenti della PS reparto celere. Alla
vettura veniva impedito l'accesso ai locali di pronto soccorso, ed i
ragazzi feriti sono stati fatti sostare, nonostante perdessero molto
sangue, nei locali dei custodi. Gli operatori facevano presente al
medesimo agente che era necessario che i feriti venissero sottoposti
prima a medicazione e poi a visita medica per verificarne lo stato di
salute: ma con insistenza è stato comunque ordinato loro di
farli sostare lì.
Roberto G.
L'esercito tedesco durante l'invasione napoletana del 1943 occupò
le arterie della città tralasciando i capillari, ovvero i
vicoli. L'errore strategico fu grave, i vicoli divennero barricate
verticali contro ogni avanzata, i tedeschi non osavano tentare
l'accesso, un intera popolazione portò avanti la sua resistenza
gettando gli oggetti più impensabili e pesanti sugli elmi troppo
fragili dei soldati. Sabato 17 marzo Polizia, Carabinieri e Guardia di
Finanza più sagacemente hanno occupato la città chiudendo
l'accesso ai capillari (ai vicoli) lasciando libere le arterie (le
grosse strade principali del centro). Così da Piazza Garibaldi
siamo stati spinti sino a Piazza Municipio dinanzi al Maschio Angioino
e qui circondati. Dopodiché chiusa ogni via d'uscita, e
possibilità di uscire pacificamente, è iniziata la
mattanza.... Vi ho riconosciuto celerini, le stesse orrende facce di
sempre, le stesse che furono allo Stadio di Santiago durante il golpe
di Pinochet nel '73, le stesse che pestavano i giovani praghesi durante
la rivolta antisovietica del '68, gli stessi volti che appoggiarono
Franco nel '36, gli stessi anonimi torturatori che asservirono i
militari argentini nel '76.. Medesimi. Siete bardati e coperti, avete
la sicurezza dei potenti pur essendo gli ultimi dei loro vassalli.
Difendete chi vi affama, e pestate ferini chi osa voler mutare questo
stato di cose esistenti..... Pestavano, pestavano, pestavano, chiunque:
i passanti i ragazzini dei licei. Urlavano i celerini pieni di
eccitanti ed ignoranza, aizzati dai loro ufficiali, piccoli comandanti
analfabeti di guerre marginali. Reagimmo, scappammo nei vicoli, nei
ventri dei palazzi accolti dalla popolazione. Correndo i celerini
isolavano e massacravano individui inermi, con la furia barbara che
solo la vigliaccheria della potenza può così
raffinatamente conoscere. Vi ho riconosciuto, uguali in tutto agli
stessi aguzzini di Seattle, di Praga, Zurigo. Chi osa ribellarsi
all'inferno di questo mondo riceverà in dono le vostre
sanguinose carezze di ferro e gomma. Avete le stesse necessità:
siete divenuti poliziotti, carabinieri, finanzieri perché fame e
necessità vi hanno condotto alla divisa, e gli addestramenti
hanno annullato ogni vostra capacità critica. Bene, per qualche
spicciolo siete costretti a non osservare, a non criticare, ad
obbedire. Necessità e miseria vi fecero tradire la vostra
classe, lo stipendio fisso vi ha portato a servire il più
ingiusto dei sistemi. Ma forse neanche riuscite a leggere... poveri
obnubilati. Aiuto, basta, mani in alto. Nulla è servito. Il
celerino quando ha l'ordine di picchiare, picchia. Macchina bestiale,
volto ebete, bruttezza della crudeltà. Le vie di fuga, al fine
sono state liberate, e molti di noi caricati senza nulla aver tirato,
nulla aver detto, e nulla aver osato, siamo riusciti a scappare sulla
strada che costeggia il porto....riuscendo finalmente a respirare..
oltre il puzzo dei lacrimogeni e delle divise....
Un giornalista
17/03/01 A Napoli si prepara "battaglia", un summit che vuole essere e
dire e migliaia di persone che non vogliono che sia e dica. Nel mezzo,
come di norma da un po' di tempo a questa parte, una marea di difensori
dell'ordine costituito. Motivi di ordine pubblico si dice, e per gli
stessi si impedisce di manifestare. Fino a qui massimo si dice, e si
militarizza una piazza. Il corteo accetta la provocazione: il diritto a
manifestare deve essere difeso, la possibilità di bloccare il
vertice deve essere reale. DOBBIAMO ARRIVARE A PIAZZA PLEBISCITO e' la
parola d'ordine... ...ma a Piazza Municipio una brutta sorpresa ci
aspetta. Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza sono dovunque...
tutti in assetto antisommossa... scortati da camionette, reti e
idranti... armati, vogliosi e provocatori... Nelle loro facce si
leggono "inviti", sbeffeggi, offese... e attesa. Il corteo vuole
passare lo stesso! E' chiaro quello che succederà di li a
poco... Allora cerco una posizione da dove poter utilizzare al meglio
la mia sola arma: una telecamera JVC-Digitale vecchio
modello...un'occhio elettronico che invece di sparare registra... un
grande fratello insaziabile di REALTA'... E allora salgo su...come
insegnano telegiornali e giornalisti...le immagini dall'alto sono le
migliori...domini tutto...ed infatti eccoli tutti là... i
giornalisti veri, quelli col tesserino ufficiale che permette la
distribuzione di informazione... mi aggrego a loro con il mio tesserino
che richiede e non permette...siamo tutti accalcati su un'impalcatura,
proprio in mezzo a dove si presume che inizierà il
"macello"...la tensione cresce... anche tra di noi partono piccoli
spintoni e offese per ottenere il posto migliore... cosi come in
strada... BOOM... BOOM... BOOM... ALLA CARICA! Mandrie inferocite di
bestie nere, verdi e blu si lanciano contro un pannocchia di gomma e
due simil scudi di plexiglass grandezza Gulliver. A questo punto la
confusione e' totale. Lascio correre la telecamera... tra i fumo dei
lacrimogeni (lanciati a centinaia) e le lacrime che ne seguono vedo
scene agghiaccianti: 1) caschi blu in numero di almeno 20-30 per gruppo
lanciarsi su singole persone "rimaste" a terra; 2) caschi neri usare il
fucile dalla parte del manico e lanciare "ovunque" ogni tipo di oggetto
che li capiti per le mani; 3) caschi verdi correre, picchiare,
sparare... SENZA NESSUN TIPO DI ORDINE. Picchiano anche dei "commissari
della Digos" (cosi poi ripeteranno anche alcuni giornali il giorno
dopo); 4) manifestanti che scappano a mani alzate rincorsi e picchiati
da ogni dove. Il tutto dura 20 minuti. Ogni tanto alzo gli occhi e
l'occhio digitale alla piazza e da lontano vedo la stessa scena ogni
dove. Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza e lacrimogeni che si
lanciano selvaggiamente in mezzo alla folla. E' un'abbraccio stretto e
violento. Capisco immediatamente che questa volta il bilancio
sarà grosso, anche i giornalisti di stato e non accanto a me
rimangono allibiti. Poi poco prima che tutto finisca mi sento una
pietra arrivare addosso, cosi come ad un ragazzo accanto a me...poi un
legno, poi ancora pietre, bottiglie... arriva di tutto... cazzo i
manifestanti se la sono presa con noi... Mi sporgo e rimango senza
parole, coscientemente colpito da una verità che credevo
impossibile... tra il fumo dei lacrimogeni non mi ero accorto che il
corteo era stato definitivamente spazzato via... la strada ora era
libera e i caschi dei vari colori (l'unica cosa che potevo facilmente
riconoscere tra le lacrime) non avevano più da lavorare... eh no
... un folto gruppo parte alla rincorsa dei manifestanti... un altro,
forse stanco di correre ma con ancora energie e adrenalina da
utilizzare, si gira verso di noi... ha iniziato un'altra piccola guerra
a senso unico... noi sdraiati per terra a prendere pietre, legni e
bottiglie... e loro a lanciare i suddetti oggetti... quasi nessuno
viene NON COLPITO! Urliamo tutti, qualcuno tenta di avvertire via
cellulare qualcun altro, qualcuno tenta di scendere e scappare
mostrando il tesserino (ma vedrà solo manganelli e calci),
qualcun'altro chiede pietà inventando di essere un giornalista.
Sono minuti lunghissimi, con il cuore in gola. La paura non e' mai
stata così forte... Mi trovavo sotto un fitto lancio di oggetti
da parte delle "forze dell'ordine" ed io non potevo fare niente! Dopo 5
minuti finalmente i funzionari (non senza ricevere qualche "manata")
riescono a placare la loro "ciurma" premettendoci di scendere e di
salire sull'ambulanza... unico modo per uscire da quella gabbia.
Saliamo speranzosi di poter raggiungere al più presto un
computer e poter dare al momento le incredibili immagini di violenza
appena vissute... ma l'avventura non finisce qui... come ogni avventura
che si rispetti le sorprese sono ad ogni angolo. L'ospedale e' peggio
della piazza: "Forze dell'ordine" ovunque! Vedo alzare manganelli
contro infermieri e dottori che chiedevano di uscire almeno dal
reparto... Vedo gente strappata via con forza mentre veniva medicata...
Vedo manganelli (all'incontrario e in mano a gente non in divisa)
volare contro gente sanguinante... ed in manette! Vedo sbirri chiedere
la precedenza di cura a colleghi e giornalisti (anche se semplicemente
contusi) rispetto a ragazzi/e svenuti o grondanti di sangue. E poi mi
vedo strappare io stesso dalle cure. Tento di spiegare la mia
posizione: "Io non sono stato fermato, sono un giornalista! Sono venuto
qua ad accompagnare un altro giornalista ferito" Niente di niente,
nemmeno con le "grida di colleghi di stampa". Un manganello in testa ed
un calcio nel di dietro e via dentro la stanza della polizia...
strapiena! Tento di rispiegarmi, di farmi capire. Non serve a niente!
Non sentono niente! I miei capelli lunghi e il mio non tesserino mi
imprigionano 5 minuti dopo in una macchina con le sirene spiegate che
si diverte ad attraversare Napoli inchiodando e zizzagando... "Non
provare a metterti la cintura", "Tanto voi la testa ce l'avete dura".
Io riesco a reggermi, il compagno, l'amico, la mia spalla accanto a me
NO, e giù che batte a destra e a sinistra. Alla caserma Raniero
la scena è agghiacciante e ci porta immediatamente alla
realtà: gente in ginocchio che guarda la parete, maglietta
alzata e via che ogni tanto parte il manganello. Mentre guardo attorno
lo scenario mi sento spingere e tirare, un ragazzo in divisa tenta di
strapparmi la telecamera. Mi oppongo ma allo stesso tempo offro di
lasciare lo "strumento incriminato" in cambio di un foglio con la firma
del "sequestro". Tutto ciò mi viene negato mentre mi vedo portar
via una prima cassetta e le due batterie... SENZA NESSUN FOGLIO CHE LO
PROVI. Allo stesso tempo un "ciccione" in borghese mi prende a
sé "Ti seguirò io a te, aspetta di entrare nella stanza
delle torture". Qualche istante dopo mi trovo dentro una bagno piccolo
con quattro della Digos. "Spogliati meda comunista" "Tira fuori tutto
dalle tasche, figlio di puttana" "..." Come viene fuori una seconda
cassetta nemmeno me ne accorgo che mi arriva un ceffone in pieno volto,
poi un calcio nello stomaco e SBANG... viene chiusa la porta. Partono
insulti e minacce di ogni tipo, io mi difendo con la sola parola. "Lo
sai che non puoi prendermi senza denuncia quella cassetta", non faccio
neanche in tempo a finire che parte una nuova sequela di calci, pugni e
offese di ogni genere. Tento di parare il più possibile, ma
contro quattro e schiacciato in un'angolo non é facile. Mi sento
stritolare i "cog...ni" e poi la faccia che mi viene schiacciata dentro
un lavandino pieno di "piscio". "Bevi bastardo, oppura affoga". Eppoi
giu' calci e pugni, finche non mi trovo per terra ad urlare. "Cosa fai,
zitto!". Una mano sulla bocca ed altri sei/sette calci non me gli
toglie nessuno. Da fuori bussano: "Veloci che qua c'e' la fila". Pochi
altri calci e pugni e mi viene intimato di riprendere subito la roba e
uscire...NEGANDO di aver visto qualsiasi tipo di cassetta ovviamente.
Esco con la testa dolorante, la stanza e' piena. "Contro il muro
veloce, e senza appoggiarsi". Rimango in quella posizione per ora,
senza telefonare, senza fumare, senza parlare...ricevendo solo offese,
minacce ed accuse. Sento altri che vengono picchiati. Saremo una 50ina,
quasi tutti con qualche ferita vistosa, molti sanguinanti, alcuni che
non c'entravano nulla... erano all'ospedale per un incidente o per
salutare un amico e sono stati portati via anche loro...offesi e
picchiati come zecche comuniste anche loro... Verso le 17, dopo 5 ore
seduti l'atmosfera di colpo cambia...la DIGOS scompare, le divise
più giovani ed incandescenti vengono sostituite da secondini o
da "colleghi" più anziani...si capisce che e' arrivato l'ordine
di farci uscire...partono allora le foto segnaletiche e l'ennesima
richiesta di documenti...poi tutti in fila come pecore e piano
piano...tre a tre, due a due, uno a uno si esce... verso le 19:30 siamo
tutti fottutamente LIBERI... ovviamente senza videocassette, batterie,
audiocassette e cellulari (ad alcuni e' stato spaccato nella stanza
delle torture). Corro alla stazione e la trovo piena di divise di ogni
colore che al passare dei manifestanti che tornano a casa non mancano
di alzare il dito medio, di offendere o di battere il manganello
(fedelmente tenuto all'incontrario) sulla mano. Gli risponde un coro di
applausi e "Vergona". Finalmente si parte...mentre io mi faccio
raccontare tutte le altre violenze e gli altri sopprusi delle "Forze
dell'ordine". Dopotutto era una questione di ordine pubblico e tutto si
può in questi casi...tutto quello che giornali e telegiornali
hanno raccontato o fatto vedere e' concesso no? con questo me ne vado
evitando di dover dare spiegazioni o valutazioni...tutt'al più
rimando al "network" per cui anche questa volta ho tentato di lavorare
per raccontare la verità, o almeno una sua parte. Da qui in
studio e' tutto a voi la linea...
Peter H. Ero alla
manifestazione per il piacere del sociale e la passione per la
fotografia. Quando a piazza Municipio hanno cominciato a caricare io mi
sono messo da parte verso il McDonald's. Mi chiama sul cellulare
un'amica, mi dice di aver subito un pestaggio, l'hanno colpita in
testa, piange, è sotto shock. La raggiungo al molo Beverello,
fermo un'ambulanza che passa e saliamo, ci sono già altri due
ragazzi sanguinanti. Arriviamo al Nuovo Pellegrini a Capodichino.
Mentre sottopongono la mia amica ad accertamenti clinici mi viene
voglia di fumare una sigaretta, ma un poliziotto in divisa mi dice che
non posso uscire dall'ospedale perché sono un manifestante: ho
capito di essere in trappola. Per poter uscire a fumare gli ho dovuto
lasciare i documenti In realtà dovevo telefonare al mio datore
di lavoro per spiegargli che non mi potevo muovere: sono riuscito a
telefonargli, a spiegare e ad essere compreso in quel momento.
Però domenica, il giorno dopo, il mio datore di lavoro mi ha
raccomandato di non partecipare più a "tali incontri"
perché altrimenti rischio di perdere il lavoro! Finita la visita
ci hanno portati con una volante alla caserma di polizia "Raniero"
presso piazza Carlo III. Appena entrati il benvenuto è stato
l'insulto da parte degli agenti: "Questa chiavica" (a me) e "questa
cessa" (alla mia amica). Stavamo al piano terra, c'era una grande porta
d'entrata blu, uno stanzone con molte sedie accatastate una sull'altra,
con 70-80 persone in stato pietoso, che a malapena si reggevano in
piedi. Si sono avvicinati due uomini in borghese che mi hanno chiesto
di dove ero, io ho risposto che sono di Napoli, poi mi hanno chiesto
che ora era. Io non porto orologio, è ormai da due anni un gesto
automatico guardare l'orario sul mio telefonino, e così faccio
purtroppo anche stavolta: c'è un attimo di panico tra loro, uno
mi si avventa contro, accusandomi di stare "registrando", mi prende il
cellulare lo apre con violenza prima di restituirmelo. Uno di loro mi
chiede se ero già stato perquisito, io rispondo di no e lui mi
ha invitato a seguirlo. Sono entrato in un bagno schifoso sporco pieno
di oggetti sul pavimento (rollini schiacciati, cappelli). Avevo tre
agenti in borghese davanti a me, ho visto la porta chiudersi. Gli
agenti non sapevano parlare in italiano, mi hanno ordinato di svuotare
le tasche, avevo un pacchetto di sigarette, un accendino e un
copri-obiettivo. Ho appoggiato queste cose sul lavandino e subito sono
partiti degli schiaffi da parte di un agente. Ho cercato di proteggermi
chiudendomi in un angolo della stanza e coprendomi . Si è
avvicinato un secondo agente che mi ha sferrato un pugno in bocca
gridando: "Comunista di merda!". Poi hanno aperto il mio zaino, lo
zaino, il mio zaino ce l'ho sempre con me... Da lì hanno tirato
fuori il cellulare che è stato buttato a terra e schiacciato
sotto i piedi. Li ho pregati di fermarsi ma la risposta è stata
un altro calcio sulla gamba. Poi hanno tirato fuori la mia macchina
fotografica, comprata 11 giorni fa e della quale devo ancora pagare 11
rate, e ormai in lacrime li ho pregati di non farlo: l'agente ha
raccolto la macchina da terra (o quello che ne restava) e l'ha buttata
nella latrina. Poi è ritornato il secondo agente (quello del
pugno) e mi ha chiamato: "Frocio, bastardo, me la scopo io la tua
donna! Anzi no, sicuramente ha le malattie" e mi ha dato un pugno
nell'occhio sinistro. Mi hanno ordinato di spogliarmi, mi hanno fatto
mettere "a pecora" per vedere se nel "culo" avevo qualcosa. Uno ha
preso tutti i miei vestiti e li ha buttati nell'orinatoio. Tutti gli
oggetti rotti sono stati rimessi nello zaino dall'agente, che mi ha
chiesto di controllare se c'era tutto. Poi mi ha ordinato di
rivestirmi, ho messo i vestiti nello zaino, mi sono rivestito in modo
confuso. Mentre uno di loro mi accompagnava fuori con la mano dietro la
schiena, un altro mi apriva la porta ed il terzo mi ha messo lo
sgambetto. Questo terzo agente era quello che durante il pestaggio mi
provocava dicendomi: "Guarda come ti guarda male" e mentre lo diceva un
altro mi schiaffeggiava. Poi sono tornato nello stanzone con tutti gli
altri, e dopo altre tre ore seduti a terra e schiena al muro mi hanno
fatto delle foto. Ho notato un cambiamento nell'aria quando sono
entrate delle persone nuove, forse altri funzionari. Quando ho dovuto
firmare il verbale di sequestro mi hanno chiesto chi mi avesse fatto la
perquisizione, ma quei tre agenti sono scomparsi appena arrivati questi
nuovi. Dovevo urinare e mi hanno accompagnato in bagno. Ho chiesto che
perlomeno qui potessi essere lasciato solo, ma l'agente mi ha risposto
di no: aveva paura che io mi suicidassi.
Giulio N. Sono un
ragazzo venuto a Napoli sabato 17 marzo con il treno speciale del sud
per partecipare alla manifestazione contro il Global Forum. A piazza
Municipio, quando è iniziato il fronteggiamento tra manifestanti
e forze dell'ordine a cui sono poi seguiti i violenti scontri, io mi
trovavo nella parte della piazza di fronte al Maschio Angioino, lontano
dagli scontri che ancora coinvolgevano solo la testa del corteo, quando
sono strato colpito alla testa da un oggetto. Stordito, mi sono
ritrovato fuori dalla folla e soccorso da un ambulanza che mi ha
portato al pronto soccorso presidiato dalla polizia. Non ho ricevuto
nessuna cura per la ferita riportata alla testa, e dopo mezz'ora sono
stato condotto con una volante, assieme ad un altro ragazzo napoletano,
in una caserma della polizia di stato. Arrivato in caserma prima di
entrare c'erano degli agenti in divisa e in borghese che mi hanno
insultato e sputato di sopra. Poi assieme ad altri ragazzi e ragazze ci
hanno fatto inginocchiare con le mani dietro la schiena dentro uno
stanzone della caserma, e qui siamo stati colpiti con calci e pugni
alle spalle. Gli agenti ci impedivano di guardarli, minacciandoci e
colpendoci ancora. Poi siamo stati condotti uno ad uno in uno stanzino
(il bagno) dove io sono stato spogliato e perquisito. Durante la
perquisizione gli agenti (nel numero di cinque) mi hanno picchiato
selvaggiamente: calci, pugni, ginocchiate, gomitate e sputi mi hanno
colpito in ogni parte del corpo ed in particolare al volto, alle gambe,
ai testicoli e allo stomaco con una gomitata che mi ha lasciato senza
respiro. Non contenti hanno pure urinato sul mio giubbotto. Inoltre
hanno danneggiato alcuni mie oggetti personali, rotto il mio telefono
cellulare e strappato i miei soldi. Di questa "perquisizione" non
è stato fatto nessun verbale. Il verbale di perquisizione
è stato fatto solo cinque ore dopo il pestaggio, ed era relativo
ad una nuovo controllo molto sommario e puramente formale. Sono stato
rilasciato intorno alle 19:00 pieno di lividi e tanta rabbia. Voglio
aggiungere che lo stanzone dove mi hanno condotto con tutti gli altri
fermati (un centinaio), dove si è verificato il primo pestaggio,
era provvisto di diverse telecamere (ne ho viste almeno quattro). Io mi
chiedo se esistono filmati che documentano quello che io e tanti altri
ragazzi e ragazze abbiamo subito, e se saranno mai resi pubblici.
Blanca I. Sono
entrata in piazza Municipio ballando e sono andata verso i giardinetti
sotto il Maschio Angioino. Dopo circa 10 minuti ho visto dei ragazzi
correre verso il porto e verso di me, mi sono voltata indietro e ho
visto i finanzieri in assetto antisommossa avanzare nella mia
direzione. Non sapevo dove andare, sono corsa sui giardinetti e sono
arrivata vicino alla ringhiera del fossato del castello con le mani
alzate. L'aria era irrespirabile per il fumo dei lacrimogeni, mi sono
girata verso il porto ed ho alzato il foulard. Non ho fatto il tempo a
vedere l'oggetto, il lacrimogeno che mi ha colpita, sono caduta a terra
in ginocchio e non ho visto più niente: credo di aver perso
conoscenza. Poi mi sono rialzata, sono tornata verso la ringhiera, mi
sono accorta di sanguinare, ho sentito che mi dicevano "stai calma,
appoggiati qui!" Mi hanno detto che avevo bisogno di punti, che dovevo
andare all'ospedale. Così sono andata verso il porto, il
passaggio era chiuso da un cordone, anzi, da almeno 5 file di agenti,
non ricordo se di polizia o carabinieri, ho chiesto a loro di poter
passare, ero sanguinante e a braccia alzate ma loro mi hanno detto
"Puttana vai via!". Poi finalmente sono riuscita (non so come) a
raggiungere un'ambulanza. Dentro eravamo ammassate in 10 persone, ci
hanno portati all'ospedale Loreto Mare. Un'infermiera mi ha detto:
"Perché non sei a scuola, cosa t'insegnano a scuola?" Io ho
risposto che ha scuola mi insegnano a lottare per la libertà, e
che quella mattina l'avevo fatto e che perciò ero finita
all'ospedale. Sono stata medicata. Quattro punti sopra l'occhio senza
anestesia, ma dovevo averne almeno sei di punti. Poi mi hanno detto di
passare al drappello di polizia dell'ospedale per ritirare il referto.
Lì un poliziotto mi ha detto di seguirlo, io mi sono chiusa in
bagno, ho avuto paura, ho pensato ma perché devo continuare ad
essere scortata da questo poliziotto anziché poter prendere un
taxi? L'agente mi ha aspettata fuori la porta e mi ha portata alla
volante che era fuori. Hanno acceso le sirene e mi hanno portata, con
altre due persone, alla caserma di polizia Raniero. Appena arrivati mi
hanno tirato fuori dalla macchina, mi hanno spinto, sputato in faccia
ed insultata ("zingara, stronza comunista, troia"). Io camminavo con le
mani dietro la nuca. C'erano molti poliziotti fuori alla porta dello
stanzone e fuori alla caserma. Mi hanno spinto all'interno. Era uno
stanzone molto grande con tante sedie: sento un agente che dice:
"spostiamo le sedie altrimenti 'questi' ce le buttano addosso". Eravamo
solo quattro persone e minimo 20 agenti. Eravamo tra i primi
"arrivati". Mi hanno spinto in fondo allo stanzone e mi hanno intimato
di inginocchiarmi. Siamo stati faccia al muro per circa 10 minuti con
le mani dietro la nuca, inginocchiati. Mi hanno chiesto i documenti: ho
risposto che per paura di perderli non li avevo portati. Ho dato le mie
generalità, l'agente mi ha chiesto più volte come si
scrivesse il mio nome, io ho appena girato la testa automaticamente che
ho ricevuto una pesante sberla. Stavo ancora inginocchiata quando hanno
cominciato a picchiarmi, a picchiarci tutti, mi hanno presa a calci
sulla schiena, sui reni, sul sedere. Ci insultavano, a me hanno detto
"Guarda 'sta troia, se almeno ci facesse scopare servirebbe a
qualcosa". Poi mi hanno fatta alzare e portata nel bagno. L'agente
donna che doveva farmi la perquisizione aveva chiuso la porta, ma da
fuori invece l'hanno bloccata dicendo "Lascia aperto qui dentro ci
puzza!". Mi ha fatta spogliare: si è presa i lacci, un
fermacapelli, la cintura, tutti i volantini che avevo. Tutto ciò
a porte aperte. Mi hanno strappato la macchina fotografica. Hanno
distrutto il rollino e mi hanno rotto la macchina fotografica. Mi hanno
riportata fuori nello stanzone. Mi hanno fatta sedere per terra spalle
al muro a me ed agli altri, in fondo allo stanzone. Alle 18.00 mi hanno
fatto delle foto segnaletiche e dopo circa mezz'ora ho firmato il
verbale di perquisizione.
Gianluca P. Ero
con quattro amici, tra cui due quindicenni, a piazza Municipio sul lato
del porto. Dopo le prime cariche volevamo andare via, ma la piazza era
chiusa da ogni lato, così abbiamo chiesto come fare ai
carabinieri e abbiamo seguito le loro disposizioni. Ci hanno fatto
sedere ma poi hanno cominciato a manganellarci allora siamo riusciti ad
alzarci e ad allontanarci. Alla confluenza da via Medina veniva
però contro di noi un'altra carica e siamo stati costretti a
passarci in mezzo. Ho visto persone colpite gratuitamente e a freddo,
una ragazza è stata colpita alla testa mentre beveva ad una
fontana. Noi siamo riusciti a passare in mezzo con le mani alzate
mentre gli agenti ci urlavano "bastardi vi uccidiamo tutti!". Siamo
scesi a via Marina. Avevamo ormai perso due dei nostri amici, e noi
tre, io, un'amica che ha poco più di vent'anni ed il suo
fratellino di 15 anni, siamo andati con l'autoambulanza all'ospedale
Ascalesi. Il ragazzino infatti era ferito alla testa ed è stato
ricoverato, anche noi eravamo feriti, io alla testa, ma in modo
più lieve. Per fortuna la mia amica ha fatto in tempo ad
avvertire i genitori di venire all'ospedale dal fratello: infatti noi
siamo stati portati via da lì senza che nessuno ci comunicasse
che eravamo in stato di fermo. Ci hanno portati alla caserma di polizia
Raniero, dove ci hanno identificati, perquisiti e fotografati tutti.
C'era un sacco di gente ferita e buttata a terra in uno stanzone. Gli
agenti ci dicevano: "Qua tutti dicono che non hanno fatto niente, ma 9
su 10 di voi son teste calde e sono colpevoli!". Si accanivano in
particolare contro i ragazzi stranieri e contro le ragazze. Agli
stranieri dicevano di tutto pensando di non essere capiti, io per
esempio li ho sentiti dire vicino ad un gruppo di loro: "Questi sono
come la mucca pazza dovremo sterminarli tutti". Le perquisizioni le
facevano agenti in borghese. Le ragazze subivano le perquisizioni nude
con flessioni. Quando andavano a farsi perquisire le ragazze, c'erano
battute e commenti ingiuriosi e umilianti da parte dei poliziotti, che
peraltro erano apertamente provocati in questo senso proprio
dall'agente donna con camicia celeste e guanti di lattice che doveva
perquisirle. Ad esempio diceva rivolta ai colleghi uomini: "Questa ti
piacerebbe perquisirla tu, eh?". Io per discrezione non ho chiesto
niente alle ragazze che tornavano dal bagno dopo al perquisizione, ma
tutte tornavano evidentemente sconvolte. Una ragazza mi ha confessato a
bassa voce: "Avrei preferito essere stuprata". Del resto anche a me,
che non vedevo l'ora di andarmene e che per velocizzare la pratica ho
chiesto di essere perquisito presto, la stessa poliziotta ha detto:
"Vuoi che ti perquisisca io?" Prima della perquisizione un poliziotto
mi ha detto "Se non troviamo oggetti contundenti non ci sono problemi",
ed io: "A meno che le chiavi di casa non siano oggetti contundenti…" E
la poliziotta (sempre la stessa), rivolta a me e a tutti gli altri: "Ma
io se fossi in voi le chiavi di casa le butterei proprio…" Io, forse
per la mia aria "perbene", ero tra i pochi "privilegiati" a cui era
consentito di stare in piedi, e non seduto a terra schiena al muro.
Alcuni poliziotti mi rivolgevano la parola: "Così un'altra volta
non ci andate in piazza a manifestare!" Io ho risposto che manifestare
in Italia è un diritto, ma loro mi rispondevano: "Ma voi vi fate
manipolare, siete solo dei burattini!" E questa "tesi" l'hanno ribadita
più volte…
Chiara D. Ero a
piazza Municipio, vicino all'area dei lavori per la metropolitana, a
scattare delle foto ed a cercare di aiutare dei ragazzi ad uscire fuori
da quella "trappola" che ormai era diventata la piazza intera. Ero a
mani alzate quando sono stata aggredita da otto celerini, un'agente
donna della Digos ha cercato di evitare che continuassero a
schiaffeggiarci. Poi mi hanno trascinato per i capelli insultandomi
"puttana, zoccola…!" e mi hanno dato tre manganellate dietro le gambe,
un cazzotto in testa e poi tutti e otto mi hanno presa a schiaffi,
pugni e calci. Poi è intervenuto un altro celerino che
chiamandomi nuovamente "zoccola" mi ha strappato la macchina
fotografica, l'ha schiacciata con i piedi, mi ha "lanciata" a un altro
collega, ed hanno continuato a picchiarmi insieme. E' intervenuto un
signore di circa 50 anni che ha cercato di difendermi ed ha impedito
frapponedosi ad altri celerini di avvicinarsi per partecipare al mio
pestaggio. Allora sono riuscita a scappare verso il porto (molo
Beverello), sono entrata in un'agenzia di viaggi ed ho chiamato un mio
amico che è venuto a prendermi e mi ha portata all'ospedale dove
mi hanno refertato un trauma cranico. Dall'ospedale io, il mio amico ed
altri due ragazzi feriti, siamo stati portati con una macchina della
polizia alla Caserma di polizia Raniero, presso piazza Carlo III, dove
siamo arrivati alle 14.30. Appena siamo entrati un uomo in borghese,
elegante, ci ha detto "Bravi, bravi, siamo noi quelli cattivi che vi
abbiamo picchiato…adesso vedrete quello che vi succede!". Gli agenti ci
hanno insultato, a me hanno detto: "Ti squaglio viva, puttana!". Poi
hanno preso il mio amico e dopo aver insultato anche lui l'hanno
portato in bagno per perquisirlo. Si sentivano senza interruzione le
sue urla, ed è uscito dal bagno senza maglia, con le lacrime
agli occhi, un occhio viola, pestato a sangue in faccia, poi mi ha
detto a bassa voce: "Mi hanno picchiato e sfondato la macchina
fotografica e il telefonino". Poi un uomo in borghese mi ha avvicinato
al bagno per la perquisizione, io mi stavo sentedo male per la paura di
altre botte, una poliziotta voleva che entrassi mentre lì
c'erano ancora uomini nudi che aspettavano di essere perquisiti, ed io
mi sono rifiutata. L'agente donna mi ha risposto: "Tanto sei abituata a
vedere uomini nudi". Io ho insistito dicendo che mi dava fastidio e
lei, rivolgendosi agli altri poliziotti ha detto: "Vedete, le fanno
addirittura schifo gli uomini, poverina!". Poi è stata lei a
perquisirmi, mi ha fatto fare le flessioni e mi ha fatto la
perquisizione rettale. Nello stanzone eravamo in venticinque/trenta
persone, tutti più o meno feriti, seduti a terra con le spalle
al muro, ogni tanto i poliziotti entravano urlando "A terra, state
zitti!". In caserma siamo stati fino alle 18.30. Ho visto una ragazza
che aveva dolori fortissimi alla schiena e un altro ragazzo
giovanissimo, di circa 17 anni, che ci ha raccontato di essere stato
anche lui picchiato in bagno. Appena siamo entrati ci hanno fatto
firmare un foglio (?) e prima di uscire ci hanno fotografato tutti. A
giorni di distanza ho ancora gli incubi, non dimenticherò mai
quello che mi è successo e quello che ho visto. Niente mi
potrà risarcire delle violenze non solo fisiche, ma anche e
soprattutto psicologiche che ho subito.
Mario L. Eravamo,
io ed i miei amici, dietro al camion di Rifondazione Comunista
all'altezza dei lavori della metropolitana a piazza Municipio, quando
sono partite 2 cariche, una davanti ed una dietro di noi. Ci siamo
trovati in un gruppo di circa cinquanta persone a terra, con le mani
alzate, che venivano manganellate dai poliziotti. Finita la carica
volevo soccorrere un ragazzo che aveva un grosso e profondo buco nel
polpaccio, era stato colpito da una scheggia che era ancora conficcata
nella carne, aiutando l'infermiere che già era all'opera in
quelle precarie condizioni ad estrarla. Anche i miei amici, Gianluca P.
e Francesco S., erano presenti, hanno visto la ferita di questo ragazzo
e possono testimoniare su quest'episodio. Mi è arrivata
però sul cellulare un'allarmante telefonata di mio fratello
Tullio, che mi dice di raggiungerlo al molo Beverello perché ha
la testa spaccata. La strada era vuota, le cariche erano ormai
terminate, ma circa 20 carabinieri ci circondano, ci insultano, ci
colpiscono con i manganelli al contrario (i segni che ci hanno lasciato
sono a strisce) e ci prendono a calci sulle gambe, in particolare
colpiscono Gianluca col calcio del fucile sul ginocchio. Poi arriva uno
che sembra il "capo", che gli dice di smettere. L'altro nostro amico,
Francesco, che era rimasto poco più indietro, viene afferrato
dalla maglia da un carabiniere, che lo trascina indietro e gli
dà un cazzotto in bocca, poi da dietro arrivano altri quattro o
cinque carabinieri brandendo minacciosamente i fucili, e lo colpiscono
alla schiena, prima che riesca a fuggire. Intanto io e Gianluca
finalmente riusciamo a raggiungere il molo Beverello, e troviamo mio
fratello Tullio con tutta la maglia sporca di sangue, che appena mi
vede mi butta le braccia al collo e scoppia in lacrime. E' sconvolto.
Arriva l'ambulanza, saliamo io e mio fratello insieme ad un ragazzo e
una ragazza, e ci portano a Capodichino, al Nuovo Pellegrini. Lì
ci hanno medicato e refertato, io "solo" per contusioni varie, mentre a
mio fratello, che era in stato confusionale per il trauma cranico,
hanno fatto 2 TAC. Poi ci hanno messo in una volante e portati tutti
alla Caserma di polizia Raniero, dove siamo arrivati verso le 14.30.
Nella stanzone c'erano poliziotti in divisa e parecchie persone buttate
a terra, tutte ferite: ne ho contate una sessantina. Forse era la mensa
della caserma, perché ad un ragazzo ferito, coperto di sangue,
che si appoggiava ad un tavolo, un poliziotto ha detto: "pezzo di merda
alzati, che qui io ci mangio!". A tutti appena arrivati hanno detto
"Togliete le schede ai telefonini perché non potete telefonare a
NESSUNO". E infatti non hanno permesso a nessuno di contattare avvocati
o familiari. Anche ad una ragazza che stava malissimo, aveva forti
dolori alla schiena, ed ha chiesto di telefonare all'ospedale, hanno
detto di no. Poi arriva uno in borghese, comincia ad insultarmi e mi
dice: "Perché le bombe non le vai a mettere sotto ai portoni dei
camorristi di Battipaglia!" Io ho risposto che le bombe non le metto,
allora è arrivato uno che tutti chiamavano "dottore" e inizia a
pigliarmi a schiaffi dicendomi con forte cadenza dialettale: "Statti
zitto, perché se no tu da qua non esci!". Saprei riconoscere
ovunque quella faccia: mio fratello ha cercato di calmarmi
perché ero fuori di me dalla rabbia. Tutti stavano male, vicino
a me c'era una ragazza ferita all'orecchio, che mi ha chiesto aiuto per
sedersi perché da sola non era in grado di muoversi, io per
fortuna non sono stato perquisito, mio fratello si, l'hanno spogliato
nudo ma almeno lì non l'hanno picchiato. Molti infatti ci
dicevano di essere stati pestati anche durante la perquisizione in
bagno, a qualcuno hanno sbattuto la testa sul lavandino, e lì
rompevano i cellulari e strappavano i soldi dei/lle perquisiti/e. In
caserma ho avuto modo di vedere anche le cose sequestrate ai fermati, e
sono sicuro che non c'era assolutamente niente di quanto è stato
mostrato in TV come presunte "armi" dei manifestanti. Un ragazzo di
circa 18 anni si lamentava del fatto che gli avevano sottratto e non
più restituito il documento di riconoscimento. Io per fortuna
non l'avevo con me. Alla fine del pomeriggio nello stanzone eravamo
almeno 75 persone. Ci hanno tenuti lì fino alle 19.00, poi ci
hanno fatto uscire dopo averci fotografato, come avevano fatto con
tutti.
Ugo F. Stavo con
lo striscione dei naturalisti, a piazza Municipio disarmato. Ero nei
pressi del fossato sui giardinetti durante il bombardamento dei
lacrimogeni con le mani alzate. Due carabinieri hanno incominciato a
picchiarmi, sono stato trascinato sotto l'arco e sono rimasto per circa
venti minuti senza soccorso. Mi hanno preso i documenti. Mentre
camminavo sottobraccio ad un carabiniere un altro mi ha dato cazzotto
nelle reni ed è salito con me sul cellulare. A piazza Municipio
mi dicevano "Devi morire stanotte nel letto", "Ti dobbiamo uccidere,
bruciare, e le tue ceneri le buttiamo nel cesso sperando che non si
otturi". Ricordo che con me c'era un ragazzo di Novara con il naso
fratturato e un altro dell'Aquila ammanettato che soffriva di cuore ed
aveva una forte tachicardia. Finalmente arriva l'ambulanza e siamo
stati trasportati all'ospedale degli Incurabili. Mi hanno messo punti
in testa, inoltre avevo un dito che mi faceva molto male e forti dolori
al rene destro. Dopo mi hanno portato in caserma (caserma di polizia
Raniero), mi hanno fatto spogliare nudo e mi hanno fatto la
perquisizione anale. Sono rimasto in caserma fino alle 19.30
Mariano B. Ero a
piazza Municipio e sono stato caricato dallo schieramento del lato del
porto. Ho avuto una manganellata dietro alla testa mentre fuggivo verso
via Depretis, diversi poliziotti sono usciti deliberatamente dal
cordone e mi hanno colpito poi sono fuggito verso l'ambulanza vicino al
Mc Donalds. Quando mi hanno agggredito avevo le mani alzate. Durante il
trasporto verso l'ospedale Loreto mare la Guardia di finanza ha
caricato l'ambulanza, bloccandola davanti malgrado 4 feriti gravi
dentro. Hanno manganellato il vetro davanti e i laterali. All'ospedale
mi hanno visto due medici: il primo non mi ha fatto nulla ed è
stato molto superficiale; il secondo mi ha messo 3 punti. Ho avuto il
referto e poi sono andato al drappello dell'ospedale e dopo con altre
tre persone siamo stati portati alla caserma di polizia tra piazza
Carlo III e P. zza G. B.Vico, la Raniero. Penso di esser stato il
II° convoglio arrivato. Mi hanno fatto inginocchiare faccia al muro
con le mani dietro la testa e mi hanno perquisito in ginocchio; nel
frattempo mi provocavano: "Ti è piaciuto tirare le pietre ai
colleghi…". "Che campi a fare; hai il giubbino pieno di pidocchi"
"Dovete stare qui a nostra disposizione, a quello che vogliamo fare.
Non avete diritti" Mi hanno fatto sedere a terra malgrado ci fossero
sedie vuote per tutti. Avevo le gambe distese perché non mi
sentivo bene. A quel punto è passato un poliziotto che mi ha
tirato un calcio negli stinchi intimandomi di ritirare le gambe
"guaglio' non stai a casa tua". All'inizio non abbiamo avuto neanche la
possibilità di parlare, né di andare in bagno. Poi sono
arrivati altri agenti in borghese (ho pensato fossero superiori) e
finalmente abbiamo potuto fumare ed andare in bagno. E' scesa la
tensione, poi mi hanno fatto le foto. Poi mi hanno fatto il verbale e
distanza di cinque ore dalla perquisizione e sono uscito. Ho dovuto
firmare un verbale di perquisizione che non ha nessuna attinenza con la
perquisizione.
Testimonianza di un compagno fermato
Vi scrivo solo perché voglio lasciare anch'io una piccola
testimonianza sui fatti e soprattutto sui misfatti della quarta
giornata di Napoli, avendoli vissuti in prima persona e sulla mia pelle
benché la mia esperienza non sia tra le più gravi. Voglio
però premettere che preferisco rimanere anonimo per motivi
personali ma un po' anche perché credo che in casi come questi
l'anonimato sia un piccolo modo per rappresentare tutti quelli che
hanno vissuto le stesse vicissitudini e dar così voce a
sensazioni più o meno comuni. La storia è simile infatti,
da quanto ho potuto vedere e capire. Manifestanti del tutto pacifici e
disarmati, alla ricerca di una improbabile via di fuga, con le mani
alzate colpiti alla spalle, portati all'ospedale (io ci sono andato con
le mie gambe visto che per fortuna potevo), curati frettolosamente e
poi deportati in questura. E qui è ora di passare al
particolare, alle mie emozioni, davvero brutte. Mi chiedevo che cosa ci
facevo lì, cosa sarebbe successo, cosa mi avrebbero fatto e
quando sarei uscito. In un misto di paura e rabbia, preoccupazione e
disprezzo, poco dopo l'arrivo una cosa mi è stata subito chiara:
non dovevo in nessun modo dare ai poliziotti la possibilità di
parlare con me, dar adito ad una qualsiasi forma di intimidazione o
violenza psicologica (e non solo). Con tutta l'indifferenza e la forza
di cui disponevo in quel momento, ho raggiunto abbastanza bene il mio
scopo: non mi hanno quasi rivolto la parola, se non quando mi
chiamavano per la perquisizione, le foto, il verbale. Volevo solo
osservare e ascoltare per cercare di capire cosa e come pensano; non ci
sono riuscito, erano troppo diversi da me. Il resto sono state ore
intere ad aspettare non si sa cosa, ma credo proprio niente. A me
insomma è andata fin troppo bene, e non solo perché le
ferite non erano gravi. Mi interessava solo la mia dignità. A
qualche altro che ha cercato lo scontro verbale o semplicemente il
dialogo è andata peggio, sfottuto e ridicolizzato. Qualche
guardia chiaramente si divertiva. L'odio cresceva. Volevano farci
sentire in colpa per qualcosa che non avevamo fatto. Non ci sono
riusciti. La paura era passata, ero calmo, si trattava di aspettare. Ma
ancora non capivo che facevo in quel posto. Qualche giorno dopo ho
capito che mi era andata ancora meglio di quanto credevo: ho saputo che
altri sono stati picchiati e perquisiti più accuratamente,
ragazzi e ragazze. Non so se questa è repressione, semplice
intimidazione o lo sfogo di qualcuno che non ha trovato nella propria
vita altro modo per sentirsi uomo. Una cosa è certa: pretendendo
di mettere perfino le idee in stato di fermo non si fa che aggravare e
diffondere tensioni. Per me è stata una brutta esperienza da non
dimenticare, ho capito cosa significa dire che l'odio chiama odio e
penso che forse ci vuole un po' più di attenzione nell'evitare
di tirarsi addosso la violenza che cova in spiriti repressi. Nonostante
tutto ho trovato anche qualcosa di positivo in tutta la storia: mi
riferisco all'affetto dei compagni, mai come stavolta l'ho toccato con
mano, è come se fossero stati tutti con me.
Marco N. Ero in
piazza Municipio, dal lato del McDonalds, accanto al camion di
Rifondazione con lo striscione dei giovani comunisti. C'è stata
la prima carica e ci siamo spostati in 5 verso i giardinetti della
piazza. Sentendo e vedendo i lacrimogeni, ci volevamo spostare di nuovo
accanto al camion. In quel punto abbiamo assistito ad una carica
singolare: il camion di R.C. è stato attaccato senza alcun
motivo visto che c'era la musica ad alto volume e dei ragazzi che
ballavano. Non si riusciva più a respirare e cercavamo di
raggiungere i giardinetti vicini al castello, sul lato della piazza
dove c'è la ringhiera. Avevo perso tutti i miei amici e mi sono
recato verso lo schieramento dei celerini al di là dell'arco,
dove c'erano i furgoni con le grate alte. Ho visto mio fratello e con
lui sono ritornato verso la ringhiera che affaccia sul fossato. La
polizia avanzava anche sul prato laddove eravamo in un folto gruppo,
tutti con le mani alzate che imploravamo di non continuare con le
cariche. Mano a mano tutti indietreggiavano ed un gruppo di poliziotti,
con molta foga, ci ordinava di sederci minacciando, altrimenti, di
picchiarci. Nonostante fossimo tutti a terra i ragazzi che chiudevano
il cerchio del gruppo che ci avevano fatto formare venivano
manganellati. I manganelli erano girati dalla parte del manico. Poi ci
hanno fatto alzare di scatto e ci hanno detto: "Andatevene, mo',
sennò vi picchiamo!". Intanto continuava il lancio dei
lacrimogeni ad altezza uomo. Travolto dal gas, siccome soffro anche di
asma, mi sono accasciato a terra con il foulard sul volto per non
inalare il gas. In quel momento non vedevo niente, non respiravo bene e
mi sono riparato accanto al sottopassaggio all'altezza dei lavori della
metropolitana. In quel momento un poliziotto mi ha sferrato una
manganellata nello stomaco e poi mi ha tirato per il braccio con forza
portandomi al centro della piazza dove stavano passando una cinquantina
di poliziotti. La prima cosa che mi hanno detto è stata:
"Arrestatelo!" e hanno cominciato a colpirmi per una decina di volte
sulla testa, sul collo, sulle spalle, sul braccio destro. Smesso di
colpirmi mi hanno messo le manette e allora ho fatto finta di svenire.
A quel punto un poliziotto ha detto: "questo non è svenuto,
uccidiamo questo comunista". In quel momento, però,
probabilmente si è avvicinato un superiore che ha detto: "No,
non uccidiamolo qui a terra". Il superiore mi ha sorretto il capo e un
poliziotto mi ha alzato le gambe e poi hanno chiamato un'ambulanza.
Continuavo a non reggermi in piedi. Nell'ambulanza c'erano altri cinque
feriti. Intanto io stavo a terra che sanguinavo e il poliziotto ha
detto al superiore: "Stai attento che puoi infettarti, potrebbe anche
essere malato". Alla fine mi hanno buttato, sempre ammanettato, su di
un sedile dell'ambulanza e li l'infermiere del 118 (o il portantino,
non so) ha urlato per farmi togliere le manette (che erano anche
strettissime). Al momento non si trovavano le chiavi giuste.
Finalmente, poi, si sono trovate, mi hanno tolto le manette ed hanno
chiuso il portello della vettura. Arrivati all'altezza di via De Pretis
una schiera di finanzieri ha fermato l'ambulanza, cosicché
l'infermiere dall'interno ha aperto il finestrino sul lato sinistro
dove ero seduto. C'erano anche altri feriti. A quel punto i finanzieri
hanno cercato di colpirci con i manganelli, ma l'infermiere è
riuscito a chiudere la finestra ed a ripartire. Siamo arrivati al
pronto soccorso del Loreto Mare dove c'erano molti feriti. Soccorrevano
prima i più gravi ed io ho aspettato circa mezz'ora e poi mi
hanno medicato e messo due punti in testa senza anestesia, poi mi hanno
visitato le spalle e mi hanno riscontrato delle lesioni. Poi un agente
di polizia in borghese mi ha portato al drappello di polizia per
iniziare l'identificazione, ma continuavo a sanguinare in testa per cui
ho chiesto di tornare in pronto soccorso dove mi hanno cambiato la
medicazione in testa e ricontrollato la testa. Poi sono tornato al
drappello per continuare l'identificazione. Quindi ci hanno diviso in
gruppi. Il mio è stato assegnato a due poliziotti e messo in una
volante. Prima di entrare mi hanno grossolanamente perquisito e con le
sirene spiegate ci hanno portato alla caserma Raniero. Ho notato da
subito uno strano atteggiamento della polizia, sembravano tutti sotto
effetto di qualcosa, forse cocaina, non so! Ci hanno portato in uno
stanzone dove c'erano già un cinquantina di ragazzi seduti a
terra e due faccia al muro con le mani dietro la testa e inginocchiati,
poi ci hanno chiesto i documenti ed i dati personali. Dopo due ore di
attesa (c'erano sempre due poliziotti che ci sorvegliavano) hanno
cominciato a chiamarci per le perquisizioni. La perquisizione è
avvenuta nel bagno con due agenti. Mi hanno fatto spogliare ma il clima
ora non era teso. Poi sono uscito e anche fuori il clima nei confronti
miei e di due ragazze non era più troppo teso. Sempre nello
stanzone gli agenti hanno preparato un percorso con banchi e sedie per
farci le foto segnaletiche con tanto di numero. Più tardi i
poliziotti ci hanno chiamato a gruppi di quattro e quindi ci portavano
all'esterno con due poliziotti. In tutto mi hanno trattenuto per cinque
ore.
Marianna G.
Eravamo in P.zza Municipio nei giardinetti verso la Marina prima dei
disordini. Già prima della carica i poliziotti ci hanno impedito
di uscire dalla piazza e alle nostre proteste ci hanno riempito di
insulti e ci hanno detto: "Siete venuti, dunque ora dovete restare".
Non volevano lasciar passare neanche l'ambulanza. Alla testa del corteo
c'era solo stata un po' di tensione ("votta-votta") tra manifestanti e
polizia. Ci siamo spostati dal lato est al lato ovest della piazza ,
dove i CC stavano avanzando. Gli stessi ci hanno permesso però
di allontanarci. Eravamo poi quasi sulla via Marina, quando una ragazza
ci è venuta incontro con la testa insanguinata, perché
colpita da una manganellata. Era stordita e ci chiedeva aiuto. Al
momento della carica di cui è stata vittima stava solo tornando
a casa e non era tra i manifestanti… Non c'era nessuna ambulanza al
momento. Arrivata l'ambulanza la ragazza ci ha chiesto di essere
accompagnata, per cui io e mia nipote siamo andate con lei. Al pronto
soccorso ha avuto punti di sutura alla testa. Non voleva essere
lasciata sola e voleva che fossero avvertiti i genitori (anziani) ma ci
hanno fatto spegnere i cellulari. Lei è stata ricoverata. In
ospedale una donna con la giacca rossa voleva farmi aprire una borsa
insanguinata che non mi apparteneva ed ha perquisito la mia, mi ha
chiesto i documenti ed ha detto ai poliziotti: "Vedetevela voi". Anche
al drappello di polizia dell'ospedale mi hanno fatto portare dai
poliziotti e mi hanno identificata. Poi con la volante sono stata
portata alla caserma Raniero con un altro ragazzo. In caserma mi sono
seduta nella "sala ricreativa". Un poliziotto mi ha detto: "Siediti per
terra e togli questa munnezza (una giacca) da qui sopra". Sono entrata
in caserma all'incirca alle 13:00 e sono uscita alla 18:30 restando
sempre in questa sala. Ogni tanto si sentivano persone gridare; le
stesse ci hanno poi detto di essere state picchiate. Sono stata
perquisita due volte, facevano gli spiritosi. Mentre perquisivano una
ragazza un poliziotto è entrato ed ha detto alla poliziotta che
perquisiva di non scandalizzarsi, perché tanto la perquisita era
"una merda" e non una donna. Mi domando quale sia stato il mio reato.
Manifestare? Accompagnare un ferito all'ospedale?
Spazio antagonista Newroz-Pisa
Alle ore 14,00 del 18/3/01 un nostro compagno è stato fermato da
una volante della polizia mentre era per strada. Gli sbirri alla guida
erano stati attratti da un adesivo con il logo della manifestazione di
Napoli che il nostro compagno aveva sulla borsa; così dopo il
consueto controllo dei documenti gli agenti hanno cominciato a
provocare ("Sei stato a Napoli, eh?"). Al rifiuto di rispondere ha
fatto seguito un "allora vieni in questura che ti si fa una
perquisizione capillare". E così è stato: il nostro
compagno è stato fatto spogliare e gli è stata fatta una
perquisizione anale; il tutto condito da insulti sui leoni che erano
stati a Napoli. Il grave episodio, avvenuto nella "pacifica" Pisa ad
ottocento km. da Napoli sta a dimostrare che per gli sbirri i conti
sono ancora da saldare... Ribadiamo che non siamo sicuramente disposti
a tollerare ulteriori provocazioni ed esprimiamo la nostra
solidarietà ai compagni che saranno processati.
Nino S. Il corteo
giunge all'imbocco di via Leoncavallo, ad attenderci un cordone di una
ventina di "divise blu": sembra una pagliacciata, venti o trenta caschi
contro il cordone iniziale del corteo, 6mila invece pronti a
massacrare. 30-40 secondi non più e la piazza diventa teatro di
violenze inumane. Vedo ragazze tramortite star male a causa dei
lacrimogeni, mentre decine di forze dell'ordine (?) le manganellano e
le picchiano con calci di fucile. Nel giro di 2 minuti la
visibilità è ridotta a zero a causa dei fumogeni. Parte
un cordone che stava all'imbocco di via Marina: 200 poliziotti, una
decina tra blindati, gipponi, e pantere, sfrecciare verso il nostro
spezzone che in un attimo si dilegua nei vicoli adiacenti alla piazza.
Ci chiudono le uscite. Bloccati nei vicoli ci caricano ripetutamente.
Sparano lacrimogeni ad altezza uomo. Colpiscono un caro amico al
braccio che rimane anche sotto shock a causa di un lacrimogeno che gli
sfiora la guancia. Sparano con pistole caricate a gommini, sempre ad
altezza uomo, e ancora lanciano contro di noi pietre, mazze e altra
roba rimediata da terra. Un grosso camion della PS sfreccia nella
piazza ad alta velocità e cerca in tutti i modi, compiendo
sterzate e testacoda da paura, di mettere sotto giovani manifestanti
che cercano di scappare. Intanto le cariche continuano e siamo
costretti ad avviarci verso P.zza del Gesù. Intanto nei vicoli
partenopei stiamo attenti all'estrema caccia all'uomo che i "signori"
dell'ordine continueranno a fare per qualche ora. Arrivati in piazza,
il laboratorio SKA viene allestito come infermeria. Sembra davvero
l'inferno. Ma sembra ancora più incredibile l'attacco
irrazionale dei tre organi di stato. Alcuni di noi vedendosi si
abbraccia e piange, per rabbia o felicità non so, ma è
certo che ci sentiamo traditi! Traditi da chi non vuole più
vederci in piazza, da chi dice di "decidere per noi e con noi". In
piazza c'erano 30mila persone, 30mila persone sono state attaccate, e
per chi continua a criminalizzarci, bè non so proprio se vale la
pena rispondere. Ma non finisce qua: possono fermare un corteo, possono
arrestare, continuare a manganellare, ad avere atteggiamenti fascisti e
inumani, ma la lotta dei compagni non la possono fermare!!! Questa
è solo l'ennesima denuncia di chi è di ritorno da Napoli,
di chi ancora medita e non sa darsi una risposta alla guerra di sabato
17. Chi pagherà per tutto questo? Chiedere le dimissioni di un
"signor questore" non certo risolverebbe la grossa fascistizzazione che
si sta espandendo tra gli ordini costituiti. Bisogna continuare con la
contro-informazione, far conoscere alla gente chi sono i veri
criminali, continuare a denunciare. "C'è chi dice che combattere
la Globalizzazione, la devastazione ambientale, le guerre, la
disoccupazione, la fame, sia come combattere contro la forza di
gravità. Bene, abbatteremo la forza di gravità!" Hasta
siempre
Vincenzo T. In
questi giorni si scrive molto sui fatti di Napoli: chi se la prende con
le forze dell'ordine, chi con le frange violente presenti alla
manifestazione. Probabilmente la verità sta nel mezzo, ma una
cosa voglio dire: le forze dell'ordine, provocate o no, non avevano e
non hanno alcun diritto di pestare gente che con gli scontri non
c'entra assolutamente niente; non avevano il diritto di tagliare le vie
di fuga e spingere i manifestanti-tonni nella "camera della morte"-
Piazza Municipio a forza di manganelli e gas lacrimogeni, per poterli
meglio finire; non avevano il diritto di colpirmi in un vicolo
secondario distante centinaia di metri dal luogo degli scontri in venti
contro quattro, fermi e con le mani alzate; non avevano il diritto di
spaccare la testa ad un mio amico, fermarlo, perquisirlo e scattargli
le foto segnaletiche solo perché si era recato in ospedale per
farsi curare; avevano il dovere di dirci dove lo stavano portando,
quando lo abbiamo visto uscire dall'ospedale in un'auto della polizia.
I violenti vanno condannati ed emarginati, ma sono stanco di sentire
coloro che offrono "gratuitamente" una minima giustificazione alle
forza dell'ordine. Non fate che alimentare in noi un profondo senso di
colpa per qualcosa che non abbiamo commesso, facendo il gioco di coloro
che hanno voluto punire i più "deboli" e meno organizzati.
|