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Coordinamento personale 118 Nei quattro giorni precedenti alla manifestazione avevamo visto la militarizzazione della città, l'enorme schieramento di forze intorno alla "zona rossa" tant'è che l'autoambulanza che varcava la linea per qualsiasi urgenza veniva perquisita come è successo il venerdì 16 marzo ore 18.30 a piazza Plebiscito. Allora avevamo capito che l'indomani sarebbero successi incidenti ed i fatti ci hanno dato poi ragione. Le testimonianze raccolte dagli operatori presenti in servizio il 17 marzo sono in linea con quanto apparso nei giorni successivi sugli organi di stampa. I nostri operatori hanno sottolineato che è stata usata spesso una violenza gratuita e che la stessa a parole degli operatori era arrivata con sistematica precisione dalle forze dell'ordine. Essi hanno visto colpire ragazzi e ragazze mentre cercavano una via di fuga lontano dal centro degli incidenti. Qualcuno aggredito mentre era seduto sui giardini antistanti il Maschio Angioino con le mani alzate in segno di resa. Anche una nostra ambulanza è stata oggetto di sfogo da parte delle forze dell'ordine perché gli operatori si erano rifiutati di far scendere i cinque ragazzi che erano a bordo per far posto ad un carabiniere ferito. Come fatto gravissimo è impedire agli operatori sanitari di accompagnare gli infortunati nei locali del pronto soccorso al vecchio
Pellegrini pretendendo che gli operatori lasciassero i ragazzi nei locali dei custodi. Siamo convinti che la situazione è sfuggita di mano a chi doveva coordinare le forze dell'ordine; diciamo anche che si è voluta spegnere una protesta democratica e civile contro chi oggi nel nome del mercato globale sta allargando sempre più la forbice tra ricchezza e povertà in ogni parte del pianeta. Condanniamo queste forme di violenza, solidarizziamo con i giovani feriti e diciamo un grazie alle migliaia di ragazzi del "No Global" che hanno ridato forza e fiducia a chi come noi vive quotidianamente la frantumazione del lavoro, la concertazione e la massima precarizzazione. Grazie ragazzi. Ai lavoratori di qualsiasi settore gridiamo "Su la testa".

Gaetano P., Bianca L., Luciana Q., Filomena N. Quando sono cominciate le cariche, verso le 12:30, eravamo dietro allo striscione dei COBAS alla testa del corteo. Successivamente, per cercare un riparo, ci siamo recati sui giardinetti del Maschio Angioino, sotto l'arco che porta al castello. Questo luogo era ostruito dai cellulari dei carabinieri. Eravamo impossibilitati a muoverci perché le cariche avvenivano proprio davanti a noi. Abbiamo visto picchiare vari ragazzi davanti ai nostri occhi. Qualcuno di questi ragazzi è riuscito a mettersi dietro di noi. In un momento abbiamo visto arrivare dalla piazza un folto gruppo di carabinieri agitati ed urlanti. Noi abbiamo alzato le mani. Dopodiché è arrivato un graduato dei carabinieri al quale abbiamo detto: "State calmi, non stiamo facendo nulla". Lui ci ha intimato di metterci a sedere a terra in ginocchio e ci ha chiesto i documenti. Noi li abbiamo dati. Ci hanno detto di ritirarli più tardi alla caserma di piazza Carità (Pastrengo). Siamo rimasti lì bloccati per un pò di tempo. Dopo ci hanno scortato fino a via Marina. A quel punto ce ne siamo andati. Abbiamo pensato che non fosse opportuno andare a prendere subito i documenti senza un legale. abbiamo aspettato fino al lunedì successivo per avere indietro i documenti. siamo andati prima in questura ma lì ci hanno detto che i documenti non li avevano loro e che saremmo dovuti andare alla caserma Pastrengo. Siamo andati alla caserma e lì, verso le 18:00 ci hanno ridato i documenti. Nessun carabiniere ha voluto dichiarare con chi stessimo parlando o chi fosse il responsabile. Non ci hanno dato alcun verbale di sequestro né, tantomeno, di dissequestro. Il tutto è quindi avvenuto nel più totale silenzio riguardo alle procedure seguite.

Francesco G. Erano le 12:30 circa e mi trovavo su via De Pretis. La strada era deserta e si vedevano in fondo solo camionette di poliziotti. Ci siamo diretti verso la piazza Municipio da Piazza Borsa. Ero con altre 4 persone estranee alla manifestazione. Verso la fine di via De Pretis ho visto poliziotti picchiare un ragazzo poggiato al muro. Mio fratello prende la macchina fotografica dalla borsa e in quel momento si avvicinano a noi sei poliziotti. Ci urlano di levare il rollino dalla macchina e noi lo facciamo. Ci dicono di andarcene ma noi rimaniamo lì. Per una seconda volta ci intimano di levare il rollino dalla macchina nonostante noi lo avessimo già fatto. Chiediamo il perché ma loro immediatamente minacciano di picchiarci e nello stesso momento prendono la macchina e la scagliano contro il muro mantenendola per la cinghia. A quel punto io e mio fratello, innervositi, civilmente protestiamo a parole, e di risposta, continuando a minacciarci ci spingono via a calci. Da quel momento siamo scappati in un vicolo insieme ad altre persone.

Andrea I. Io mi trovavo con gli studenti del liceo Genovesi a Piazza Municipio, vicino alla ringhiera dei giardini del castello. Non stavo facendo nulla e con le mani alzate ho chiesto ad un carabiniere di lasciarmi andare via. Nello stesso momento si avvicina una ragazza chiedendo anche lei la stessa cosa ad un poliziotto. Di tutta risposta ha ricevuto una manganellata. Poliziotti e carabinieri ci spingevano verso la piazza accerchiandoci. Altre persone si sono buttate nel fossato, prese dalla paura. Ho sentito dire da un carabiniere: "entrate dentro, entrate dentro" riferendosi alla piazza. Subito dopo noi stavamo scappando verso il camion di Rifondazione Comunista che stava dall'altra parte della piazza, verso via Medina. In quel momento i carabinieri si avvicinavano sempre di più. Io ero sempre di spalle ai carabinieri e con le mani alzate. Ho sentito dire: "Vai, Vai" e ho avuto due colpi di manganello dietro la schiena e sulla testa. Scappando verso il camion di R.C. stavamo avendo un altro attacco da parte dei finanzieri che venivano dalla parte bassa della piazza, dal lato di via De Pretis. Sono riuscito a scappare verso la Marina seguendo il camion di R.C. che chiedeva ai poliziotti di fare strada per farci uscire dalla Piazza.

Vittorio S. Quando ormai il corteo, dopo numerose cariche, cercava di defluire, tra piazza Municipio e via Depretis ho visto prendere a manganellate, calci, pugni, due ragazzini di 13-14 anni da 7 o 8 celerini. Il pestaggio è continuato per almeno un minuto anche dopo che erano caduti a terra. Dopo più di mezz'ora la piazza continuava a rimanere chiusa, blindata da tutti i lati, e ancora non riuscivamo a defluire: quanti cercavano di passare, anche in piccoli gruppetti, erano sistematicamente aggrediti e picchiati da celere e guardia di finanza. A un certo punto mi sono reso conto che c'erano moltissimi ragazzi asserragliati negli androni dei palazzi di via Calata S.Marco. Almeno tre di questi grandi androni erano pieni di gente, soprattutto giovanissimi, era incredibile, in ognuno ce n'erano centinaia, erano saliti su per le scale dei palazzi e nonostante questo gli ultimi che erano riusciti ad entrare erano appoggiati all'interno dei portoni, vicino ai vetri presi rabbiosamente a manganellate, e costretti a vedere e sentire le minacce delle forze dell'ordine che li assediava! Allora ho cercato di trattare con la Digos per farli uscire, e questi funzionari mi hanno assicurato che li avrebbero fatti uscire senza sottoporli ad ulteriori violenze. Ma quando i ragazzi hanno tentato di uscire, gruppi numerosi di celerini e finanzieri, urlando minacce e insulti sono ripartiti alla carica contro di loro. I funzionari hanno faticato moltissimo a trattenerli, ed io stesso ho rischiato di essere preso a manganellate. La cosa si è ripetuta uguale ogni volta che si riapriva un portone per far uscire i manifestanti.

Daniele M. Stavo tranquillamente con la mia ragazza e i miei compagni di scuola sui giardinetti del Maschio Angioino, eravamo sdraiati tutti sul prato, contenti della manifestazione e di stare lì tutti insieme, quando da lontano abbiamo visto le prime cariche colpire il corteo, e gente correre proprio verso i giardini. Ci siamo alzati, ed io ingenuamente ho detto agli altri "Spostiamoci vicino alla ringhiera del fossato, lì non ci faranno mai niente, lo vedono che stiamo tranquilli, non caricheranno mai". Dopo neanche cinque minuti è partita la carica: venivano dal porto verso la piazza e ci hanno investito in pieno. Noi siamo stati schiacciati sulla ringhiera dalla gente presa dal panico. Era una situazione pericolosissima! Io urlavo di stare con le mani alzate, ancora convinto (che ingenuo!) che così avrebbero smesso di caricarci. Macchè! Poi tutti hanno cominciato a scappare correndo verso il cantiere della metropolitana: forse si era aperto un varco! Scoppiavano vicinissimi i lacrimogeni, la mia ragazza non ci vedeva più, io invece forse grazie alle lenti a contatto, qualcosa vedevo e così abbiamo corso insieme riuscendo a raggiungere via Marina. Lì ci siamo fermati, una ragazza si è sentita male ed è svenuta. Abbiamo visto sfrecciare davanti a noi altre tre camionette di carabinieri che sgommando sono entrate a piazza Municipio.

Carlo F. Stavo con i miei compagni di scuola sui giardinetti del castello verso il porto. Abbiamo visto le cariche dall'altro lato della piazza e con 5-6 amici abbiamo deciso di andarcene. C'era un massiccio cordone formato da celerini e carabinieri, e noi ci siamo avvicinati ai carabinieri per chiedere di farci uscire, di farci andare via. Due di noi li hanno fatti passare, perché c'era un funzionario di polizia che era disponibile a farci uscire, però subito è arrivato urlando un carabiniere coi gradi, era del nord, che ci ha gridato questa frase piuttosto sconclusionata: "Ci avete fatto incazzare, avete rotto i coglioni, noi vi abbiamo dato dei segnali, ora PARTO PARTO PARTO!!!" (sic). Noi eravamo ancora in fila indiana e con le mani alzate, circa cinquanta persone, ma ci hanno bloccato. Io sono stato il primo tra noi ad essere bloccato, mi hanno dato uno scudo sul ginocchio. Io continuavo a dire "noi vogliamo solo uscire, perché non ci fate passare?" Allora il carabiniere coi gradi ha cominciato a manganellarci tutti, e allora anche i suoi uomini hanno cominciato. Io ho preso qualche manganellata in testa, una sulla mano, sul braccio e sulla schiena. Siamo scappati, è partita una carica. Spinti dalla folla terrorizzata, abbiamo ritrovato per caso, dall'altra parte della piazza, i genitori di una mia amica, che avevano avuto indicazioni da parte di alcuni manifestanti dell'esistenza di un passaggio libero attraverso un vicolo. Anch'io fortunatamente ho trovato mio padre, che è riuscito a riportarci a casa.

Ilia O. Io ero dietro a Carlo, quando cercavamo di convincere i carabinieri a farci uscire dalla piazza dal lato del porto. Quando hanno cominciato a colpirlo con i manganelli io l'ho tirato indietro e abbiamo cominciato a correre verso i lavori della metropolitana, ma siamo stati costretti a girare a destra perché ci caricavano non solo da dietro, ma anche davanti. Sulla curva siamo rimasti scoperti sulla destra, perché tutta la gente che scappava si accalcava a sinstra per paura di essere colpita dai lacrimogeni sparati ad altezza d'uomo. Ma io ho visto con chiarezza i carabinieri sparare in aria colpi d'arma da fuoco, e con chiarezza ho sentito i colpi. Questi carabinieri erano cinque o sei, erano inseriti in un cordone che avanzava speditamente verso di noi, senza correre, veloci ma calmi, convinti. Questi cinque o sei sparavano in aria con un'arma nera, sembrava una mitraglietta, e non c'era intervallo tra un colpo e l'altro, il rumore era continuo. Sono scappata il più lontano possibile, ho avuto paura, non mi rassicurava per niente il fatto che sparassero in aria: erano armi VERE quelle!

Vincenzo P. Ero a P.zza Municipio vicino ai giardini sotto il castello. Stavo tranquillo, seduto sul prato. Stavo suonando. Ho visto disordini dall'altro lato della piazza. C'era la polizia che cominciava a salire in assetto antisommossa. Dopo pochi minuti si è creato il panico: c'è stato il lancio dei lacrimogeni. Lo squadrone della polizia avanzava dal lato posto sotto il castello e da sopra. A quel punto mi sono trovato chiuso. Ho cercato di scappare ma le forze dell'ordine avevano chiuso anche l'altro lato. Andando sul prato ci hanno ordinato di sederci per terra. Stavo in prima fila e ho chiesto di farci uscire, li ho pregati anche in lacrime ma loro si incazzavano di più. Hanno date manganellate gratuite ai miei compagni. Malgrado io stessi seduto a terra con le mani alzate mi hanno tirato calci all'altezza dei polpacci e dei piedi. Visto che incalzavano nel darci addosso siamo scappati, ma siamo di nuovo trovati braccati contro la ringhiera. Ho corso verso il porto e non vedendo più chiusure sono riuscito a scappare. Un poliziotto ha gridato "a buon rendere".

Elvira D. Mi chiamo Elvira e sono stata, anche io, vittima di una rappresaglia ingiustificata della polizia. Mi trovavo a piazza Municipio e, mentre si discuteva della manifestazione la polizia ha deciso "senza alcun motivo"di caricare. Io ero in prima fila e non riuscendo né a vedere né a respirare per i lacrimogemi, alzavo le mani chiedendo di farmi uscire da quell'inferno. La risposta della polizia è stata una minaccia con il manganello (nel frattempo un amico accanto a me veniva colpito ai reni) e una spinta verso il centro della piazza dove c'era una vera e propria guerriglia. Ho cercato di fargli capire che lì mi avrebbero colpito e lui mi ha respinto da quella parte. A questo punto io ed un mio amico abbiamo iniziato a correre riuscendo a trovare come unica via di uscita un vicoletto. Oltre a minacce fisiche sono stato offesa verbalmente da un poliziotto che mi ha chiamato: "puttana". ERAVAMO TOPI IN TRAPPOLA. Dimenticavo: alla manifestazione erano presenti anche i miei genitori che, fortunatamente, prima delle cariche sono riusciti ad uscire anche se la polizia inizialmente aveva negato l'uscita anche a mia mamma. Spero che la mia testimonianza insieme a tante altre, possa servire quanto meno a destituire il questore di Napoli ed a spingerci a Genova sempre più numerosi.

Elena Quando sono arrivata a piazza Municipio la polizia bloccava gia tutte le uscite sia della piazza, da tutti i lati, sia dell'ultima parte del Rettifilo (da piazza Borsa in poi). Ho incontrato Elvira con la famiglia e siamo rimaste a chiacchierare, la madre poi voleva andare a prendere un caffè e ci ha lasciato (poi ho saputo che la polizia non voleva farla uscire dalla piazza e che ha dovuto insistere a lungo). Siamo rimaste noi due, abbiamo visto la prima carica e siamo andate indietro ma il camioncino di Rifondazione ha richiamato tutti dicendo che non stava succedendo niente. Però noi non ci sentivamo tranquille e ci siamo andate a mettere sul prato verso via Marina,vicinissime alla polizia. C'erano ragazzini e persone adulte, nessuna provocazione, eravamo assolutamente fermi e tranquilli: la polizia ha caricato all'improvviso, spingendoci. Io sono caduta e ho perso Elvira, quando mi sono rialzata sono rimasta schiacciata contro il parapetto vicino al fossato dove erano arrivati i primi lacrimogeni. Finita la prima carica sono andata a mani alzate verso il cordone, chiedendo di uscire. Il poliziotto mi ha detto di tornare indietro indicandomi il centro della piazza, pieno di lacrimogeni e gente che scappava, io ho chiesto di nuovo (sempre a mani alzate) di uscire: mi ha insultato e, minacciandomi con il manganello, mi ha detto di tornare indietro. Allora sono andata verso il rettifilo ma c'era polizia e lacrimogeni anche lì. Praticamente chiusa da ogni parte: la parte alta della piazza occupata dagli scontri più violenti, le uscite rigorosamente bloccate. Eravamo solo ragazzini e pochi adulti, nessuno capiva niente. Io sono rimasta a mani alzate sperando di recuperare qualcuno e cercando di capire. Poi ho visto un funzionario indicare la via d'uscita, avevano aperto la strada che scende a via Marina. Quella stessa strada era chiusa fino a due minuti prima da un nutrito cordone di poliziotti. Ho ritrovato Elvira dov'era il camioncino di Rifondazione all'altezza dell'Agip: dicevano di ricompattare il corteo e di tornare verso la stazione. Qualcuno è andato, la maggior parte di noi e rimasta lì a riprendersi e poi siamo tornati a casa.

Guido A. Ero a piazza Municipio vicino alla ringhiera del castello sul lato sinistro del Maschio Angioino. Dopo la prima carica verso palazzo San Giacomo la polizia si è lanciata verso un gruppo di pacifici ragazzi che erano vicino alla ringhiera. Ho visto un carabiniere picchiare ripetutamente con il calcio del fucile sulla testa di un ragazzo ed io l'ho preso e l'ho tirato fuori dalla rissa lasciandolo accanto ad un'ambulanza dove c'era un ispettore. Subito dopo sono entrato per recuperare un amica. A questo punto la polizia mi ha fatto inginocchiare con le mani in alto insieme ad altri. Nel frattempo ho visto un carabiniere prendere per i capelli un ragazzino di circa 15 anni e ripetutamente colpirlo in volto con il manganello. Qui sono intervenuto nuovamente proteggendo il volto del ragazzino con la mia mano sinistra. Da qui la mia prima contusione al pollice. Dopo di che inizia a colpirmi ripetutamente in volto un carabiniere mirando alle tempie e minacciandomi : "Site spuorche, bestie, merde, accussi' t'impari a scennere ancora, te faccie verè io". Il carabiniere mi teneva la testa bloccata con una mano e con l'altra mi colpiva sulla parte alta della testa. Ho ricevuto molti colpi soprattutto in volto ed in testa con il manganello impugnato dalla parte del manico (ed i segni sono evidenti date le rigate) per sette otto volte almeno. Poi sono intervenuti altri cinque agenti tra carabinieri e finanzieri. A questo punto mi hanno dato calci, manganellate sulle gambe (anche con il calcio del fucile) e quindi su tutto il corpo e sono rimasto piegato a terra. Ad un certo punto sono intervenuti agenti in borghese cercando di calmare la situazione e nonostante fossi accompagnato da un agente in borghese più volte sul tragitto verso l'uscita da piazza Municipio sono stato ancora gratuitamente colpito dalla polizia.

Gennaro H. Mi chiamo Gennaro e sono un infermiere. Ero anch'io presente tra quella moltitudine di manifestanti per le vie di Napoli . Mi ero autoincaricato di far parte (come altri) del pronto intervento sanitario. Un gruppetto nato spontaneamente durante i giorni che preparavano la manifestazione internazionale. Autofinanziati per l'approvvigionamento di medicamenti e coordinati dalla nostra volontà di intervenire laddove ce ne fosse bisogno. I telefonini erano i nostri mezzi di contatto. Di quello che è successo a Piazza Municipio quel giorno ha dato ampia voce la cronaca dei Media. Io voglio sottolineare alcuni episodi che mi hanno visto coinvolto. Mi trovavo alla testa del corteo, nel pieno vortice degli scontri . Il tempo sembrava fermarsi nelle spirale di violenza scatenata dalle "forze dell'ordine". Alla terza carica, quella finale, ero riparato dietro il camion dei centri sociali. Interminabili lanci di lacrimogeni ci impedivano qualsiasi via di fuga. Ricordo di aver visto gruppi di uomini in divisa appostati all'angolo di via G.Pisanelli (??) che sparavano a raffica candelotti di lacrimogeni con quella specie di minibazooka in loro dotazione. Erano piegati sulle gambe e questo fa capire che traiettoria potessero prendere i colpi. Altezza d'uomo. Altri esplodevano colpi da armi che non ho identificato, ma non credo di sbagliarmi se penso ai proiettili di gomma . Altri lanciavano pietre e quant'altro. Un momento di lucidità per riprendermi da quello scenario di violenza e ricordarmi della mia "missione". Il primo che mi capitò di soccorrere fu un ragazzo che sanguinava alla testa . Vagava stordito sui giardini antistanti il Maschio Angioino sorretto da alcuni suoi amici. Il tempo di rendermi conto della gravità della ferita e tamponare l'emorragia con la garza che avevo. Era impossibile sostare su quel prato. Il terrore delle truppe inferocite che ci circondavano ci facevano desistere dallo stare fermi . Ovunque c'erano divise che ci intimavano di andare via sotto la minaccia dei manganelli. Ci dirigemmo verso quella che sembrava l'ultima via di uscita: via Marina . Una ragazza lungo la strada, anche lei con il capo insanguinato e con una gran paura addosso, chiedeva aiuto e di potersi riposare. La prendemmo quasi di peso e la portammo verso le prime ambulanze che arrivavano dal Loreto Mare, credo. Apro una parentesi di riflessione a riguardo. E' vero che quella Piazza era chiusa ai manifestanti , ma che le ambulanze non potessero accedervi (così fu nell'immediato periodo dopo la repressione) per soccorrere quelli che feriti giacevano agli angoli delle strade, questo non so spiegarmelo. E poi, perché non c'è stato intervento dei P.S. del servizio di emergenza dell'ospedale Vecchio Pellegrini? E' vero quanto mi fu comunicato che quell'ospedale posto nel centro storico era completamente blindato dalle "forze dell'ordine" e quindi impossibilitato a svolgere le proprie funzioni assistenziali? Intorno alle 13 mi giunge una telefonata. Era un compagno dello SKA che mi chiede di raggiungerlo perché arrivavano lì molte persone che avevano bisogno di cure. Faccio in tempo a contattare gli altri componenti del pronto intervento e comunicar loro lo stato delle cose, poi mi dirigo verso il Laboratorio okkupato SKA di calata Trinità maggiore. Sembrava una infermeria da campo. Corpi adagiati un po' dappertutto. Chi con ferite alla testa, chi con arti edematosi. Un groviglio di feriti sparsi in tutto lo spazio dell'ingresso. In prevalenza i feriti erano giovanissimi. Ricordo di aver medicato volti tumefatti per violenti colpi di manganello e di scarponi. Mani gonfie e braccia contuse che cercavano di riparare organi vitali da calci e pugni. Un uomo o sulla quarantina che non riusciva a tenersi in pedi per via della forte contusione alla gambe sinistra . Una ragazza colpita all'altezza dello sterno destro da un lacrimogeno, che aveva problemi a respirare. Giovani che riportavano sanguinamento al capo per evidente lacerazione del cuoio capelluto, dovuto a pestaggi continui. La straordinaria solidarietà dei più coraggiosi, di fronte a quella scena drammatica, fu un aiuto indescrivibile in quel momento di confusione. Ore e ore a disinfettare, medicare suturare. Non posso dire quante persone furono assistite da quel pronto soccorso improvvisato: di certo ne sono passati tanti , forse troppi per una manifestazione pacifica.

Ciro S. Mi trovavo nella zona giardini sotto al castello in piedi ed a mani alzate in segno di resa verso un cordone di polizia che avanzava verso di me. Stavo davanti ad un gruppo di persone. Eravamo tutti fermi e ci hanno caricato. Ho ricevuto una manganellata sulla testa ed altre sulla spalla. Sono caduto a terra confuso e nauseato. Rimasto solo sono andato verso altri agenti di polizia che non volevano farmi uscire dalla piazza. Ho chiesto più volte di essere soccorso da una ambulanza a causa della mia fronte rotta e sanguinante. Dopo un suggerimento avuto da qualcuno che non conosco sonno andato verso palazzo San Giacomo. Sono entrato in una autoambulanza e sono stato portato al Loreto Mare. Non sono stato identificato.

Brunella P. Eravamo eccitati all'idea di partecipare a quella manifestazione, dimostrare il nostro dissenso verso il global forum,di parteciparvi non certo con la violenza ,come hanno voluto far credere alla gente le varie forze dell'ordine presenti in piazza Municipio e lungo il corso Umberto pronti ad intervenire per ristabilire l'ordine in caso di atti di violenza, atti di violenza sicuramente avvenuti da parte degli Anarchici, ma di certo non da noi ragazzi di liceo che abbiamo al massimo 18 anni e che certo non siamo andati lì con l'intenzione di prendere a sassate i caschi blu. Evidentemente non la pensavano allo stesso modo loro che mentre ci osservavano da lontano dai loro posti di blocco ci sono venuti a caricare mentre eravamo stesi sui giardini del Maschio Angioino. E' stato inutile alzarci e metterci in un angolo con le mani alzate in segno di resa come ci avevano detto dei genitori di alcuni ragazzi, che avevano preso parte anche loro alla manifestazione, e che pochi minuti prima ci avevano fatto notare che eravamo praticamente in trappola. Mentre ci caricavano io pensavo: "Ma non vedono che siamoragazzi?". Proprio mentre lo pensavo ho alzato lo sguardo per guardarli in faccia per vedere se si rendevano conto di star picchiando dei ragazzini che gli imploravano di smettere, che volevano andare a casa che alzavano quelle mani quasi a toccare il cielo..quello che ho visto nell'espressione di quel poliziotto è indefinibile un espressione di rabbia, violenza che si scatenava su quel ragazzino a due passi da me, una violenza che vogliono attribuire a noi…Ci chiedevamo quando sarebbe finita. Se sarebbe finita.Non riesco ancora a rendermi conto del tempo che ci sono stati a dosso, ma appena la carica finisce iniziamo a cercarci tra di noi ,per quel che era possibile visto che avevamo la vista annebbiata dai lacrimogeni e gli occhi gonfi di pianto. Alzo di nuovo lo sguardo terrorizzata all'idea di quello che avrei potuto vedere: gli aveva rotto la testa a quel povero ragazzo che aveva appena capito che quel sangue che gli scorreva tra le mani era proprio il suo. Era il Caos. Cerchiamo di attraversare la piazza sempre rigorosamente con le mani alzate, inutile! Altre cariche. Urla.Ci voleva tanto sangue freddo per individuare una via di fuga, ma per quanto la continuassimo a cercare era tutto inutile, eravamo in trappola Era guerra. Ci caricano alle spalle perdo i miei amici, non so dove scappare, tanto ormai era inutile continuare a tenere quelle mani alzate. Tutti corrono in un vicolo, li seguo, ho paura. Sono protetta da un pannello di plastica mantenuto da alcuni manifestanti dietro al quale c'erano loro; corro, il pannello cade c'è un palazzo aperto tutti cercano di entrare, ci prova anche io, ci riesco. Ero in salvo, ma per quanto me ne cercassi di convincere avevo paura, paura che entrassero e ci pestassero tutti. Infondo cosagliel'avrebbe impedito. Ho una crisi di nervi, mio fratello non si sente le gambe l'hanno colpito sulla spina dorsale, ha 15 anni e non ha per niente un aspetto sovversivo. Per fortuna il colpo era solo di striscio.. Siamo stati circa mezz'ora rinchiusi in quel palazzo, non facevo altro che pensare all'espressione di quel celerino. Ho pregato. È stata un'attesa lunghissima, i minuti non passavano mai e mentre passava il tempo pensavo a quello che avevo visto, stava morendo ogni mio ideale, ogni voglia di lottare contro quello cui credevo, mi sentivo impotente. Era successo, rinnegavo tutto. In realtà questo era proprio quello che volevano loro, farci pentiredi essere andati lì, farci dire: "Io non andrò mai più ad una manifestazione magari ci penserà qualcun altro!" Io l'ho detto. Oggi, ragionando razionalmente, non la penso così; forse non andrò alla prossima manifestazione, nemmeno a quella dopo, ma di certo non me ne starò con le mani in mano, è per questo che scrivo questa testimonianza per far avere alla gente un ulteriore prova dei fatti avvenuti a piazza Municipio il 17 marzo 2001, per fare aprire gli occhi su degli atti di violenza avvenuti da parte delle forze dell'ordine verso dei ragazzi che avevano la sola colpa di voler far sentire la loro voce ad uno stato che non sempre è disposto ad ascoltare.

Francesca R. Erano le 12:40 ed io ero in piazza Municipio. Mi sono accorta che le forze dell'ordine reagivano in modo assolutamente sproporzionato alle azione dei manifestanti e mi sono rifugiata in un vicolo tra via De Pretis e via Marina con altre persone, circa 10, che non conoscevo. Cercavamo di riprenderci un po' dai lacrimogeni. Ad un certo punto abbiamo visto un folto gruppo di finanzieri che correvano da Piazza Municipio verso via De Pretis. Una parte di loro (almeno venti) si sono staccati dal gruppo originario e sono venuti verso di noi. Abbiamo cominciato a correre tra il muro e le macchine parcheggiate. Alcuni sono riusciti a scappare scavalcando le macchine mentre io sono rimasta bloccata tra la macchina ed il muro. Uno dei finanzieri mi è venuto addosso e mi ha dato quattro manganellate sul braccio sinistro urlandomi: "Stronza!". Già da prima del suo arrivo io avevo le mani alzate e sono sicura che lui l'aveva visto. Dopo mi ha preso per lo stesso braccio e mi ha lanciata sulla macchina. A quel punto sono scappata vedendo intorno a me solo finanzieri che picchiavano altre persone.

Francesca E. Dopo la prima carica ho perso i miei amici e mi sono trovata sui giardinetti del castello. Ero con una cinquantina di persone e la polizia è arrivata contro di noi da destra, da sinistra e davanti. Scappando ci siamo trovati sul ponte del Maschio Angioino, sotto l'arco. Nel gruppo c'erano molti giovanissimi ma anche famiglie con bambini. Ho visto una bambina di circa otto anni che scappava tra i lacrimogeni e le botte insieme alla mamma. Chissà che fine hanno fatto! Io ho visto almeno tre ragazzi massacrati di botte. Erano ragazzi rimasti isolati che venivano pestati da squadrette di poliziotti e di carbinieri. Avevano gli occhi pazzi e davano l'impressione di volere uccidere i manifestanti e tutti quelli che si trovavano davanti a loro. Da lì la polizia ci ha fatto scendere tutti con le mani alzate ma mentre cercavamo di andarcene sono saliti dal porto altri poliziotti e carabinieri che ci hanno fatto sedere sul prato sempre con le mani alzate. Ci hanno sputato addosso, hanno preso a calci le persone delle prime file, un ragazzo seduto accanto a me è stato colpito in faccia più volte anche con il calcio del fucile e gli hanno rotto la testa. Poi hanno continuato a colpirlo con violenza. Una ragazza di circa 18 anni piangeva ed è stata gratuitamente colpita con il manganello in testa. I poliziotti urlavano: "chi cazzo vi credevate di essere e di fare? Qua è inutile che parlate, decidiamo noi quando basta!". Poi ci hanno finalmente detto: "Alzatevi, andate via, sparite!!!" Siamo scappati verso il porto mentre quelli continuavano a picchiarci. Volevano colpire anche me col manganello sulla testa ma io mi sono abbassata e il colpo l'ho avuto sulla schiena. Ma non era finita. Ci hanno spinti in un angolo stretto contro la ringhiera che faceva da argine con il fossato del Maschio Angioino: una signora stava svenendo, una ragazza stava cadendo giù ed in molti, in realtà, abbiamo rischiato di cadere. Non oso immaginare cosa sarebbe successo se la ringhiera non avesse retto!

Laura E. Sabato 17 marzo Napoli, oggi si tiene una manifestazione anti-global forum il corteo parte da piazza garibaldi dove arrivano i treni ho appuntamento con 3 amici alla testa del corteo. 10.30 Raggiungo la testa corteo trovo gli amici. Fino a qui tutto bene! Il corteo parte restiamo avanti capeggiati da una grossa pannocchia gonfiabile brevi pause lungo il tragitto ci sono mi dicono 10000 persone associazioni, mani tese, mamme antismog, donne in nero e poi Cobas, Kurdi, Opera Nomadi... Tante facce! Ritrovo amici vecchi compagni di facoltà, intravedo l'attuale preside che ha concesso l'occupazione della facoltà per alloggiare i molti ospiti del controvertice; il Comune di Napoli fino ad un'ora prima non aveva ancora reso note le strutture disponibili Fino a qui tutto bene! ore 12.00 Raggiungiamo piazza municipio, la meta, limite della zona ROSSA che ha diviso per 4 giorni la città in due. Mia nonna ieri per un ora ha discusso con un poliziotto, voleva tornare a casa, gli ha chiesto se c'era Clinton dato che si ricordava gli allori del G7, "la Napoli da bere"......Ma questa è un altra storia! Dicevo piazza Municipio: la testa del corteo si avvicina al Municipio si chiede col megafono l'ingresso di 300 delegati del controvertice nella zona rossa per portare le proprie richieste. Molti si sdraiano sulle aiuole ad est del castello; al centro della piazza c'è un cantiere uno scavo per la nuova metropolitana. Penso alla piazza, alle vecchie cartoline coi tram e coi lecci che furono abbattuti negli anni '50 in una sola notte dall' armatore-sindaco Lauro ma anche questa è un altra storia......... Access denied - accesso negato, come nei film. La prima carica all'improvviso, i lacrimogeni, panico! Mi trovo insieme a 200 persone che per evitare di essere travolte si ammassano verso la balaustra che perimetra il fossato del Castello, 10-15 mt di altezza circa! Mi rendo conto che la piazza è circondata da doppie/triple file di polizia carabinieri e finanzieri in tenuta antisommossa. La piazza è chiusa, la balaustra non cede, non cede ancora penso. Miracolo! Qualcuno, che dopo ho appreso essere un genitore di un liceale colpito, grida di alzare le mani e chiedere ai carabinieri alla nostra sinistra di farci uscire. Non finisce la frase e veniamo caricati a freddo a mani alzate e pensare che mio padre ogni tanto beveva "l'amaro dei carabinieri"..... Panico sempre di più. Non vedo nessuno dei miei amici. Qualcuno inizia a gettarsi dal fossato con l'ausilio dei pali della luce un carabiniere manganella un ragazzino, aggrappato al palo, che ha troppa paura per lasciarsi andare. "Questi so'pazzi, ci vogliono uccidere, il morto ci scappa", penso. Panico sempre più, lacrime... Ritrovo un mio amico, ci teniamo per mano e corriamo al centro della piazza. Un varco, please? Niente! Andiamo a mani alzate verso il teatro Mercadante e chiediamo alle due fila di poliziotti: "Fateci uscire!". Risposta: calcio di fucile più manganello più spinta verso un altra carica ortogonale. E' un incubo o un gioco? Il pacman in trappola, il pacman ed il lacrimogeno altezza uomo. Una ragazza è stesa a terra e due poliziotti la stanno manganellando. Grida di essere incinta. Qualcuno accorre e riesce a portarla via. Io non sono più io, voglio solo uscire dal circo. Luca, il mio amico, sanguina Lo stesso poliziotto che aveva "cortesemente" negato l'uscita si distrae. C'è qualcun altro da randellare, probabilmente. 20 cm ci bastano. Siamo invisibili o fortunati??? Usciamo verso il porto, verso una fontana. Ci voltiamo la piazza è urla fumo e gente che tenta di uscire. Una mattanza. Noi alla fontana veniamo avvicinati da 5 finanzieri sempre antisommossa che sempre "con cortesia" ci intimano di allontanarci e allora via ma che lato ci consigliate, please, per non essere ammazzati? Recuperiamo altri amici, i cellulari squillano. Da altri arrivano notizie inquietanti: chi si è allontanato da solo è stato picchiato da squadriglie che si erano apposte nelle strade limitrofe la piazza Andiamo a casa di amici, siamo in 7 e guardiamo il tg con il "solito" popolo di Seattle Ccooooommmmmmmmeeeeeeeeee???????!!!!!!!!!!!!! 200 feriti più 9800 miracolati? In serata qualcosina in più. I giornali di domenica poi basta!? Mia zia mi chiede: "Ma il nostro governo è di sinistra????". Per tutta la giornata la persecuzione continua. Molti hanno paura di tornare in stazione per partire Mio fratello: "Ma che, questi (la polizia) avevano le duracell ?" Ho delle domande: perchè? (generico) Perchè la piazza è stata chiusa? Perchè il questore ad oggi è ancora al suo posto? Perchè un sindaco vicesindaco ad oggi non più sindaco non fa dichiarazioni? Ma forse la risposta è nella domanda. Perchè ad oggi non ci sono dichiarazioni pubbliche del ministro Bianco??????? Mio fratello: "ma la polizia a chi fa capo?". Quello che è successo al mio paese sabato 17 marzo non ha nome, forse ha un nome sudamericano ma non ho il vocabolario. Quello che è successo è grave, talmente grave che domenica 18 marzo (the day after) c'era un arco gonfiabile della Barilla nella via principale del paese- via Toledo, a testimoniare il via di una maratona e la forza dell'oblio quello che è successo è talmente grave che la mia vicina mi ha detto: "Hanno fatto bbuono ( i manifestanti) in questa città c'è tanta disoccupazione ..........."

Maura D. Partiamo da Lamezia Terme (CZ) alle 3 del mattino, siamo un gruppo assortito di compagni dei Giovani Comunisti, del Coordinamento Universitari Comunisti, del "neonato" Coordinamento antifascista e antirazzista, dell'autonomia, pronti ad "invadere" Napoli con il nostro entusiasmo e la nostra radicalità "anti-global"!!!!! Alle 07:00 la stazione di Napoli ci accoglie con uno spiegamento di forze che ha dell'inverosimile. Neanche il tempo di mettere piede a terra che ci troviamo circondati da agenti in borghese, da telecamere pronte ad immortalare questi "nuovi terroristi", da forze del "disordine" che seguono ogni gesto, movimento, cercando probabilmente atteggiamenti "destabilizzanti".. e infatti corrono a presidiare il McDonald, cingono a doppie file i "baldacchini" del Berluska, mostrano tutto il loro nervosismo nel guardare con sospetto ogni cosa, persona, essere che ha "osato" oggi sbarcare in una Napoli soffocata di polizia. Piazza Garibaldi inizia a riempirsi piano, lentamente, alla spicciolata; ci sono i compagni dei Global Express, arrivano le tute bianche dei Giovani Comunisti, i Cobas, "i nomadi", Rifondazione Comunista, i migranti, i disoccupati organizzati. Colore e colori che riempiono piano piano la piazza. Davanti al gruppo, uno schieramento massiccio di polizia che appare sempre più nervoso; l'agitazione degli agenti è palpabile e le numerose radunate direttive tra loro ne sono testimonianza. Fa da sottofondo il ronzio degli elicotteri che ci accompagnerà sino a sera. Il corteo parte, musica, voci, canti per dire NO a chi lì vicino pretende di decidere -in pochi- per tutti e su tutto, ci guardiamo intorno. siamo tanti, veramente tanti e diversi, studenti, donne, bambini ... Attraversiamo Corso Umberto, tutto è chiuso.. come ci dirà poi qualche commerciante l'ordine è restare chiusi. L'obiettivo è "blindare" i manifestanti in una "scatola vuota" (e questo la dice tutta su quel che sarà il prosieguo della manifestazione). Arriviamo cantando e ballando con lo spezzone finale del corteo in Piazza Municipio, subito vediamo la testa del corteo caricata (più volte ci diranno!) e sul lato destro della piazza si alza il fumo dei lacrimogeni, agenti li tirano persino dai tetti dei palazzi, lì le cariche sono insistenti; ci spostiamo verso i giardini e ci rendiamo conto che ogni via d'uscita è bloccata e blindata, e che a nessuno è permesso uscire da quella piazza che inizia a diventare un luogo infernale. Iniziano a caricare massicciamente, ci spingono verso il Maschio Angioino, c'è una ringhiera, si rischia una carneficina, alziamo le braccia, gridiamo per cercare di fermarli, ma niente, loro caricano inferociti, l'elicottero continua a ronzarci sulla testa..è Piazza del Municipio, sembra Piazza delle Tre Culture in Messico, la polizia inferocita, gli elicotteri, la repressione ci riporta a tempi forse mai passati... Una ragazza soffoca, ha un attacco d'asma per i lacrimogeni, più avanti un ragazzo viene portato a spalla , è svenuto..lo riconosciamo, è un compagno che ha viaggiato con noi... Ci avviciniamo ma un'altra carica ancora più dura ci sovrasta... I lacrimogeni vengono ormai lanciati ad altezza d' uomo, non li vediamo, non vediamo più nulla. Sembra tutto irreale. Il furgone dei CC cerca di guadagnare l'uscita ma le manovre sono accompagnate da nuove cariche della polizia; a nulla servono gli appelli dei compagni per liberare una via d'uscita; anche i finanzieri caricano con ancora più violenza degli altri. Siamo tra un gruppo di compagni che a braccia sollevate cerca di guadagnare l'uscita, ma subiamo ugualmente le cariche. C'è una bambina, piange, non respira più, neanche davanti alle richieste di soccorso e alle grida "c'è un ferito" queste bestie si fermano, continuano a distribuire le loro cariche repressive. Finalmente usciamo. C'è un vicolo, un portone, riusciamo ad entrare, dentro l'impossibile, ragazzine di quindici anni totalmente sconvolte, piangono e tremano, un ragazzo con la testa spaccata... arriva l'ambulanza, verrà soccorso, l'attende la questura!!!! Non possiamo uscire, la polizia insegue i manifestanti tra i vicoli, li pesta. Dopo trattative ci fanno uscire e, a mani alzate, sfiliamo davanti ad uno spiegamento di uomini in divisa tenuto fermo a malapena dai rispettivi capi squadra. Guadagniamo il varco che porta al lungomare e siamo salvi (per il momento). Ci ritroviamo tutti quanti davanti lo SKA, ci contiamo, manca qualcuno, sono all'ospedale, anzi no, in questura. Compagni fanno la spola tra l'infermeria allestita allo SKA e la Facoltà di Architettura Occupata, mentre giungono le prime informazioni sul numero di fermi e feriti. Restiamo lì in attesa di ulteriori notizie e solo verso le 19:00 apprendiamo la notizia dei rilasci e decidiamo di ripartire. Ritroviamo la stazione blindata. le forze dell'ordine (quale ordine?!?!) ci attendono e, mentre entriamo nella stazione, continuano a provocare ed insultarci agitando soddisfatti i manganelli. Ultimo atto, la partenza. I due "Global-express" s'incrociano, uno a sud, l'altro diretto a Nord...i compagni si salutano lanciando un "EL PUEBLO UNIDO..." Arrivederci a Genova... nessuna repressione potrà fermare la nostra lotta!!!!!!

Enzo B. Ero in terza o quarta fila insieme ad altri ragazzi. E' partita la carica. Abbiamo resistito per quanto possibile, poi abbiamo indietreggiato. La polizia ha anche lanciato pietre e bastoni. Tra questi un carabiniere che mi ha lanciato un cubetto di porfido in testa mentre sollevavo una ragazza che, nella corsa, era inciampata. Ho riconosciuto il carabiniere in una foto della commissione. Ho continuato a correre; solo dopo un po' mi sono accorto di essere ferito alla testa. Siamo defluiti per un vicolo (che non saprei riconoscere) fino ad arrivare nei pressi di piazza del Gesù dove ho ricevuto le prime cure. Quando ero ancora in piazza Municipio un ragazzo già fermato veniva portato via da un carabiniere ed ho visto che veniva colpito all'improvviso in faccia da un altro carabiniere che arrivava in corsa. Al Maschio Angioino, dopo la prima carica, i poliziotti hanno spinto i finanzieri a caricare.

Massimo A. Noi stavamo in coda al corteo vicino al camion di Rifondazione Comunista e abbiamo visto iniziare gli scontri nella parte alta di piazza Municipio. In realtà era più il rumore che percepivamo, misto al fumo dei lacrimogeni. La parte alta del corteo dove noi eravamo era tranquillissima, c'era il camion che invitava alla calma ed a non correre. Eravamo all'altezza dell'angolo di piazza Municipio con via De Pretis fino a che, alle nostre spalle, si sono schierati in formazione i carabinieri. Ce ne siamo accorti ed abbiamo avuto paura. In quel momento loro hanno caricato dalle spalle del corteo. Attorno a noi c'erano solo ragazzi impreparati a questa operazione. Quindi ci siamo appiattiti dove potevamo tra i muri ed il camion. I carabinieri ci hanno oltrepassato andando verso via Medina senza impattare con nessun manifestante. Noi ci eravamo scostati. A questo punto abbiamo visto avvicinarsi i celerini che erano schierati di fronte a noi, sui giardini davanti al castello. Sono arrivati tantissimi lacrimogeni e non siamo potuti rimanere li dove eravamo. Abbiamo svoltato in via De Pretis, io ed altri compagni. Circa venti metri più in la, sulla stessa strada, era schierata la Guardia di Finanza sul marciapiede che da verso il porto. Una decina di metri davanti a me due ragazzi hanno lanciato delle bottiglie vuote che si sono rotte a terra senza colpire nessuno. In quel momento la Guardia di Finanza ha caricato le persone ferme che erano verso la piazza. Molte di queste persone erano ferme e con le mani alzate. Da questo momento incomincia la parte davvero tremenda! Mi hanno raggiunto i finanzieri mentre, sempre con le mani alzate, urlavo: "Calmi, non vi abbiamo fatto niente". Credo che all'inizio fossero in due. Ho portato le mani alla testa per difendermi ma sono arrivati altri finanzieri e mi hanno colpito anche loro, quasi esclusivamente alla testa e sulle braccia che la proteggevano. Uno dei finanzieri, a questo punto, mi ha preso per un braccio e mi ha tirato per un paio di metri. Sono sopraggiunti gli altri finanzieri ed hanno ricominciato. Sono finito a terra ed ho preso altri colpi sulle gambe, sui fianchi, sulla schiena ed ancora in testa ed ho potuto vedere un finanziere che ha fatto una ventina di metri di corsa per venire anche lui a dare qualche colpo. I colpi sono diventati via via di meno fino a cessare del tutto. A questo punto mi sono rialzato ed ho urlato al finanziere più vicino: "Ma, cazzo, non vi avevo fatto niente!". Lui mi ha risposto con un'alzata di spalle mentre un altro finanziere mi ha minacciato con il manganello dicendo: "Torna in piazza". Tornato a piazza Municipio mi sono trovato al punto di prima: sono arrivati altri lacrimogeni tanto che non c'era modo di rimanere lì. Mi sono, quindi, accostato al camion di R.C. che scendeva dall'altezza di via De Pretis verso la Marina. Dopo mi sono diretto al bar del porto per aspettare un po' prima di andare a casa. Tornando verso casa sono passato davanti all'ospedale Pellegrini credendo che sarebbe stato necessario farmi visitare e refertare; purtroppo lo schieramento di celerini in assetto antisommossa (scudi, manganelli, caschi, …) proprio all'ingresso dell'ospedale rendeva impensabile e pericolosa l'idea di entrare per ricevere delle cure.

Enza, Gaetano, Gaetano, Salvatore, Luigi, Carmela Erano le 13:00 /13:30 circa del 17 marzo 2001. Ci trovavamo in una traversa tra via de Gasperi e via Marina, alle spalle della caserma della Guardia di finanza. Ci siamo fermati all'angolo della strada perché abbiamo notato una nutrita postazione della guardia di finanza che prendeva a calci nei testicoli un ragazzo che era assolutamente da solo. Subito dopo il ragazzo ha cercato di scappare e da questo gruppo di finanzieri si sono staccati tre o quattro di loro e lo hanno rincorso. Il ragazzo è arrivato esattamente dove eravamo noi che lo chiamavamo avendolo visto solo ed in grossa difficoltà. E' molto probabile che i finanzieri abbiano desistito dal raggiungerlo, avendoci visto. Questo ragazzo ci ha detto di essere di Torino e di essere stato aggredito senza alcuna ragione mentre scattava delle fotografie con la sua macchina fotografica. Questa stessa macchina fotografica è stata rotta e resa inutilizzabile dato che mancava l'obiettivo. Il ragazzo dimostrava di sentirsi in una condizione di impotenza e chiaramente avrebbe voluto reagire a questa condizione. L'unico risultato di questo suo stato d'animo è stato, forse ingenuamente, una telefonata fatta con il suo cellulare al 113 per chiedere giustizia o soccorso. Dopo di che il ragazzo ha lasciato il luogo anche su nostro invito.

Salvatore T. Ero a Piazza Municipio, sui giardini adiacenti il fossato del Castello Maschio Angioino intorno alle 12:20 del 17/3/01. Eravamo fermi in una situazione abbastanza tranquilla, alcuni ragazzi erano distesi sull'erba a prendere il sole ed io ed altre persone decidemmo di tornare a casa. Stavamo scendendo verso il porto ma la strada era sbarrata da un cordone della Polizia. Di conseguenza, nel guardarci attorno cercando un'uscita abbiamo visto che dalla parte alta della piazza, ad angolo con via Vittorio Emanuele e, quindi, alle nostre spalle, hanno iniziato a sparare lacrimogeni ad altezza d'uomo e sono avanzati un gruppo tra poliziotti e carabinieri. Questi, appena raggiunte le prime persone hanno cominciate a picchiarle. Il cerchio formato da polizia e carabinieri cominciò a spingere e a picchiare verso la ringhiera del fossato. Tutti ci rendemmo conto del pericolo che incombeva dato che la ringhiera si fletteva e avrebbe potuto crollare da un momento all'altro. Per scongiurare tale pericolo ci siamo diretti con le mani alzate verso il cordone di polizia e carabinieri che premeva verso il fossato. Dato che non avevamo via di fuga hanno continuato a picchiarci. Ci hanno fatto sedere con le mani alzate. Alla nostra richiesta di lasciarci andare ci hanno intimato il silenzio a forza di manganellate. Un probabile poliziotto in borghese ordinava alla truppa di fermarsi ma loro continuavano a picchiare ragazzini tra i 15 e i 16 anni. Erano tutti terrorizzati ed invocavano di essere lasciati liberi. Al mio fianco ho visto un ragazzo picchiato alla testa con il calcio del fucile. Mentre ero a terra ho ricevuto dei colpi di manganello alla schiena. Dopo pochi minuti ci hanno fatto alzare e ci hanno indicato la direzione del porto dove il cordone di forze dell'ordine apriva un varco di un paio di metri al massimo. Mentre cercavamo di conquistare questo varco che era distante una ventina di metri le forze dell'ordine che ci circondavano continuavano a picchiarci.

Bianca L. Ero presso la ringhiera che da' sul fossato ai piedi del Maschio Angioino (12.30 circa) alla fine della manifestazione quando è partita da nord est della piazza una carica su ragazzi, inermi, con le mani alzate, che cercavano una via di fuga. Noi eravamo in trenta, tra cui 4 - 5 adulti (gli altri erano tutti studenti sotto i 20 anni). Ci siamo protetti sotto l'arco del Maschio Angioino, dietro c'era una camionetta che sbarrava l'accesso. Un comandante dei carabinieri ci ha detto di sedere per terra con le mani alzate e ci hanno preso i documenti che abbiamo potuto ritirare soltanto il lunedì successivo presso una caserma dei carabinieri. Davanti a noi è avvenuto il pestaggio dei ragazzi, picchiati, trascinati a terra, manganellati. I poliziotti e i finanzieri sembravano attori di Full metal jacket. I ragazzi picchiati stavano solo cercando una via di fuga. C'era anche un paraplegico anche lui picchiato dalle forze dell'ordine. Nella fuga alcuni ragazzi disperati si sono buttati nel fossato ai piedi del maschio Angioino rischiando di morire! Nel fossato c'erano lacrimogeni. Sono rimasta colpita dalla ferocia delle forze dell' ordine, sembravano accecati da un odio personale che andava oltre l'adempimento di un compito; sembravano fuori di sé. Alcuni ragazzi picchiati sono stati poi spinti verso di noi. Un ragazzo è stato afferrato dalle forze dell'ordine per le braccia e le gambe e portato via. Siamo stati citati sul quotidiano, "Il manifesto" di domenica 18 marzo, come gruppo di 30 persone fatte inginocchiare a cui sono stati sottratti i documenti. Durante l'accaduto c'è stato qualche fotografo che ci ha ripreso.

Giudi O. Non sono riuscita ad entrare nella piazza, ero tra la Questura e piazza Municipio, in una delle traverse che uniscono via Medina a via Roma. Intorno c'era tanta polizia, io stessa ero tra due cordoni di polizia. Sono uscita dai due cordoni e sono rimasta in via Medina, c'erano intorno tutti ragazzi di circa vent'anni. Dopo una carica della polizia un ragazzo caduto a terra è stato picchiato mentre gli altri sono riusciti a scappare. Mentre accadeva ciò alcuni fotografi hanno scattato delle immagini. Ho visto ancora un celerino che inseguiva un ragazzo e lo ha picchiato alle spalle con un manganello. Sono intervenuta dichiarando di essere un'insegnante e di lasciarlo in pace. Il ragazzo è scappato. Il celerino mi ha chiesto in quale scuola insegnassi gli ho risposto di non ricordare. A quel punto mi ha chiesto i documenti ma io non li avevo e mi ha portato in Questura. Ho chiamato un'amica avvocato che ha garantito per me e mi hanno lasciato andare.

Coordinamento operatori sanitari 118 Campania In piazza Municipio un'ambulanza di emergenza 118, impegnata nei soccorsi in occasione della manifestazione contro il Global Forum del 17/3, è stata obbligata a fermarsi da agenti della Finanza pur avendo all'interno dell'abitacolo sanitario alcuni manifestanti che avevano, ad un primo esame obiettivo, ferite lacero-contuse al cuoio capelluto. Al diniego dell'operatore sanitario di fermarsi all'alt intimato dagli agenti il veicolo sanitario veniva letteralmente preso a manganellate dagli stessi finanzieri. Il veicolo in oggetto è un'ambulanza della delegazione di Frattamaggiore della CRI. La macchina della ASL NA 1 con targa AL041XS, con feriti a bordo prelevati in via Marina e che presentavano al primo esame obiettivo degli operatori ferite lacero-contuse al cuoio capelluto, arrivata all'ospedale Vecchio Pellegrini, veniva fermata da agenti della PS reparto celere. Alla vettura veniva impedito l'accesso ai locali di pronto soccorso, ed i ragazzi feriti sono stati fatti sostare, nonostante perdessero molto sangue, nei locali dei custodi. Gli operatori facevano presente al medesimo agente che era necessario che i feriti venissero sottoposti prima a medicazione e poi a visita medica per verificarne lo stato di salute: ma con insistenza è stato comunque ordinato loro di farli sostare lì.

Roberto G. L'esercito tedesco durante l'invasione napoletana del 1943 occupò le arterie della città tralasciando i capillari, ovvero i vicoli. L'errore strategico fu grave, i vicoli divennero barricate verticali contro ogni avanzata, i tedeschi non osavano tentare l'accesso, un intera popolazione portò avanti la sua resistenza gettando gli oggetti più impensabili e pesanti sugli elmi troppo fragili dei soldati. Sabato 17 marzo Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza più sagacemente hanno occupato la città chiudendo l'accesso ai capillari (ai vicoli) lasciando libere le arterie (le grosse strade principali del centro). Così da Piazza Garibaldi siamo stati spinti sino a Piazza Municipio dinanzi al Maschio Angioino e qui circondati. Dopodiché chiusa ogni via d'uscita, e possibilità di uscire pacificamente, è iniziata la mattanza.... Vi ho riconosciuto celerini, le stesse orrende facce di sempre, le stesse che furono allo Stadio di Santiago durante il golpe di Pinochet nel '73, le stesse che pestavano i giovani praghesi durante la rivolta antisovietica del '68, gli stessi volti che appoggiarono Franco nel '36, gli stessi anonimi torturatori che asservirono i militari argentini nel '76.. Medesimi. Siete bardati e coperti, avete la sicurezza dei potenti pur essendo gli ultimi dei loro vassalli. Difendete chi vi affama, e pestate ferini chi osa voler mutare questo stato di cose esistenti..... Pestavano, pestavano, pestavano, chiunque: i passanti i ragazzini dei licei. Urlavano i celerini pieni di eccitanti ed ignoranza, aizzati dai loro ufficiali, piccoli comandanti analfabeti di guerre marginali. Reagimmo, scappammo nei vicoli, nei ventri dei palazzi accolti dalla popolazione. Correndo i celerini isolavano e massacravano individui inermi, con la furia barbara che solo la vigliaccheria della potenza può così raffinatamente conoscere. Vi ho riconosciuto, uguali in tutto agli stessi aguzzini di Seattle, di Praga, Zurigo. Chi osa ribellarsi all'inferno di questo mondo riceverà in dono le vostre sanguinose carezze di ferro e gomma. Avete le stesse necessità: siete divenuti poliziotti, carabinieri, finanzieri perché fame e necessità vi hanno condotto alla divisa, e gli addestramenti hanno annullato ogni vostra capacità critica. Bene, per qualche spicciolo siete costretti a non osservare, a non criticare, ad obbedire. Necessità e miseria vi fecero tradire la vostra classe, lo stipendio fisso vi ha portato a servire il più ingiusto dei sistemi. Ma forse neanche riuscite a leggere... poveri obnubilati. Aiuto, basta, mani in alto. Nulla è servito. Il celerino quando ha l'ordine di picchiare, picchia. Macchina bestiale, volto ebete, bruttezza della crudeltà. Le vie di fuga, al fine sono state liberate, e molti di noi caricati senza nulla aver tirato, nulla aver detto, e nulla aver osato, siamo riusciti a scappare sulla strada che costeggia il porto....riuscendo finalmente a respirare.. oltre il puzzo dei lacrimogeni e delle divise....

Un giornalista 17/03/01 A Napoli si prepara "battaglia", un summit che vuole essere e dire e migliaia di persone che non vogliono che sia e dica. Nel mezzo, come di norma da un po' di tempo a questa parte, una marea di difensori dell'ordine costituito. Motivi di ordine pubblico si dice, e per gli stessi si impedisce di manifestare. Fino a qui massimo si dice, e si militarizza una piazza. Il corteo accetta la provocazione: il diritto a manifestare deve essere difeso, la possibilità di bloccare il vertice deve essere reale. DOBBIAMO ARRIVARE A PIAZZA PLEBISCITO e' la parola d'ordine... ...ma a Piazza Municipio una brutta sorpresa ci aspetta. Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza sono dovunque... tutti in assetto antisommossa... scortati da camionette, reti e idranti... armati, vogliosi e provocatori... Nelle loro facce si leggono "inviti", sbeffeggi, offese... e attesa. Il corteo vuole passare lo stesso! E' chiaro quello che succederà di li a poco... Allora cerco una posizione da dove poter utilizzare al meglio la mia sola arma: una telecamera JVC-Digitale vecchio modello...un'occhio elettronico che invece di sparare registra... un grande fratello insaziabile di REALTA'... E allora salgo su...come insegnano telegiornali e giornalisti...le immagini dall'alto sono le migliori...domini tutto...ed infatti eccoli tutti là... i giornalisti veri, quelli col tesserino ufficiale che permette la distribuzione di informazione... mi aggrego a loro con il mio tesserino che richiede e non permette...siamo tutti accalcati su un'impalcatura, proprio in mezzo a dove si presume che inizierà il "macello"...la tensione cresce... anche tra di noi partono piccoli spintoni e offese per ottenere il posto migliore... cosi come in strada... BOOM... BOOM... BOOM... ALLA CARICA! Mandrie inferocite di bestie nere, verdi e blu si lanciano contro un pannocchia di gomma e due simil scudi di plexiglass grandezza Gulliver. A questo punto la confusione e' totale. Lascio correre la telecamera... tra i fumo dei lacrimogeni (lanciati a centinaia) e le lacrime che ne seguono vedo scene agghiaccianti: 1) caschi blu in numero di almeno 20-30 per gruppo lanciarsi su singole persone "rimaste" a terra; 2) caschi neri usare il fucile dalla parte del manico e lanciare "ovunque" ogni tipo di oggetto che li capiti per le mani; 3) caschi verdi correre, picchiare, sparare... SENZA NESSUN TIPO DI ORDINE. Picchiano anche dei "commissari della Digos" (cosi poi ripeteranno anche alcuni giornali il giorno dopo); 4) manifestanti che scappano a mani alzate rincorsi e picchiati da ogni dove. Il tutto dura 20 minuti. Ogni tanto alzo gli occhi e l'occhio digitale alla piazza e da lontano vedo la stessa scena ogni dove. Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza e lacrimogeni che si lanciano selvaggiamente in mezzo alla folla. E' un'abbraccio stretto e violento. Capisco immediatamente che questa volta il bilancio sarà grosso, anche i giornalisti di stato e non accanto a me rimangono allibiti. Poi poco prima che tutto finisca mi sento una pietra arrivare addosso, cosi come ad un ragazzo accanto a me...poi un legno, poi ancora pietre, bottiglie... arriva di tutto... cazzo i manifestanti se la sono presa con noi... Mi sporgo e rimango senza parole, coscientemente colpito da una verità che credevo impossibile... tra il fumo dei lacrimogeni non mi ero accorto che il corteo era stato definitivamente spazzato via... la strada ora era libera e i caschi dei vari colori (l'unica cosa che potevo facilmente riconoscere tra le lacrime) non avevano più da lavorare... eh no ... un folto gruppo parte alla rincorsa dei manifestanti... un altro, forse stanco di correre ma con ancora energie e adrenalina da utilizzare, si gira verso di noi... ha iniziato un'altra piccola guerra a senso unico... noi sdraiati per terra a prendere pietre, legni e bottiglie... e loro a lanciare i suddetti oggetti... quasi nessuno viene NON COLPITO! Urliamo tutti, qualcuno tenta di avvertire via cellulare qualcun altro, qualcuno tenta di scendere e scappare mostrando il tesserino (ma vedrà solo manganelli e calci), qualcun'altro chiede pietà inventando di essere un giornalista. Sono minuti lunghissimi, con il cuore in gola. La paura non e' mai stata così forte... Mi trovavo sotto un fitto lancio di oggetti da parte delle "forze dell'ordine" ed io non potevo fare niente! Dopo 5 minuti finalmente i funzionari (non senza ricevere qualche "manata") riescono a placare la loro "ciurma" premettendoci di scendere e di salire sull'ambulanza... unico modo per uscire da quella gabbia. Saliamo speranzosi di poter raggiungere al più presto un computer e poter dare al momento le incredibili immagini di violenza appena vissute... ma l'avventura non finisce qui... come ogni avventura che si rispetti le sorprese sono ad ogni angolo. L'ospedale e' peggio della piazza: "Forze dell'ordine" ovunque! Vedo alzare manganelli contro infermieri e dottori che chiedevano di uscire almeno dal reparto... Vedo gente strappata via con forza mentre veniva medicata... Vedo manganelli (all'incontrario e in mano a gente non in divisa) volare contro gente sanguinante... ed in manette! Vedo sbirri chiedere la precedenza di cura a colleghi e giornalisti (anche se semplicemente contusi) rispetto a ragazzi/e svenuti o grondanti di sangue. E poi mi vedo strappare io stesso dalle cure. Tento di spiegare la mia posizione: "Io non sono stato fermato, sono un giornalista! Sono venuto qua ad accompagnare un altro giornalista ferito" Niente di niente, nemmeno con le "grida di colleghi di stampa". Un manganello in testa ed un calcio nel di dietro e via dentro la stanza della polizia... strapiena! Tento di rispiegarmi, di farmi capire. Non serve a niente! Non sentono niente! I miei capelli lunghi e il mio non tesserino mi imprigionano 5 minuti dopo in una macchina con le sirene spiegate che si diverte ad attraversare Napoli inchiodando e zizzagando... "Non provare a metterti la cintura", "Tanto voi la testa ce l'avete dura". Io riesco a reggermi, il compagno, l'amico, la mia spalla accanto a me NO, e giù che batte a destra e a sinistra. Alla caserma Raniero la scena è agghiacciante e ci porta immediatamente alla realtà: gente in ginocchio che guarda la parete, maglietta alzata e via che ogni tanto parte il manganello. Mentre guardo attorno lo scenario mi sento spingere e tirare, un ragazzo in divisa tenta di strapparmi la telecamera. Mi oppongo ma allo stesso tempo offro di lasciare lo "strumento incriminato" in cambio di un foglio con la firma del "sequestro". Tutto ciò mi viene negato mentre mi vedo portar via una prima cassetta e le due batterie... SENZA NESSUN FOGLIO CHE LO PROVI. Allo stesso tempo un "ciccione" in borghese mi prende a sé "Ti seguirò io a te, aspetta di entrare nella stanza delle torture". Qualche istante dopo mi trovo dentro una bagno piccolo con quattro della Digos. "Spogliati meda comunista" "Tira fuori tutto dalle tasche, figlio di puttana" "..." Come viene fuori una seconda cassetta nemmeno me ne accorgo che mi arriva un ceffone in pieno volto, poi un calcio nello stomaco e SBANG... viene chiusa la porta. Partono insulti e minacce di ogni tipo, io mi difendo con la sola parola. "Lo sai che non puoi prendermi senza denuncia quella cassetta", non faccio neanche in tempo a finire che parte una nuova sequela di calci, pugni e offese di ogni genere. Tento di parare il più possibile, ma contro quattro e schiacciato in un'angolo non é facile. Mi sento stritolare i "cog...ni" e poi la faccia che mi viene schiacciata dentro un lavandino pieno di "piscio". "Bevi bastardo, oppura affoga". Eppoi giu' calci e pugni, finche non mi trovo per terra ad urlare. "Cosa fai, zitto!". Una mano sulla bocca ed altri sei/sette calci non me gli toglie nessuno. Da fuori bussano: "Veloci che qua c'e' la fila". Pochi altri calci e pugni e mi viene intimato di riprendere subito la roba e uscire...NEGANDO di aver visto qualsiasi tipo di cassetta ovviamente. Esco con la testa dolorante, la stanza e' piena. "Contro il muro veloce, e senza appoggiarsi". Rimango in quella posizione per ora, senza telefonare, senza fumare, senza parlare...ricevendo solo offese, minacce ed accuse. Sento altri che vengono picchiati. Saremo una 50ina, quasi tutti con qualche ferita vistosa, molti sanguinanti, alcuni che non c'entravano nulla... erano all'ospedale per un incidente o per salutare un amico e sono stati portati via anche loro...offesi e picchiati come zecche comuniste anche loro... Verso le 17, dopo 5 ore seduti l'atmosfera di colpo cambia...la DIGOS scompare, le divise più giovani ed incandescenti vengono sostituite da secondini o da "colleghi" più anziani...si capisce che e' arrivato l'ordine di farci uscire...partono allora le foto segnaletiche e l'ennesima richiesta di documenti...poi tutti in fila come pecore e piano piano...tre a tre, due a due, uno a uno si esce... verso le 19:30 siamo tutti fottutamente LIBERI... ovviamente senza videocassette, batterie, audiocassette e cellulari (ad alcuni e' stato spaccato nella stanza delle torture). Corro alla stazione e la trovo piena di divise di ogni colore che al passare dei manifestanti che tornano a casa non mancano di alzare il dito medio, di offendere o di battere il manganello (fedelmente tenuto all'incontrario) sulla mano. Gli risponde un coro di applausi e "Vergona". Finalmente si parte...mentre io mi faccio raccontare tutte le altre violenze e gli altri sopprusi delle "Forze dell'ordine". Dopotutto era una questione di ordine pubblico e tutto si può in questi casi...tutto quello che giornali e telegiornali hanno raccontato o fatto vedere e' concesso no? con questo me ne vado evitando di dover dare spiegazioni o valutazioni...tutt'al più rimando al "network" per cui anche questa volta ho tentato di lavorare per raccontare la verità, o almeno una sua parte. Da qui in studio e' tutto a voi la linea...

Peter H. Ero alla manifestazione per il piacere del sociale e la passione per la fotografia. Quando a piazza Municipio hanno cominciato a caricare io mi sono messo da parte verso il McDonald's. Mi chiama sul cellulare un'amica, mi dice di aver subito un pestaggio, l'hanno colpita in testa, piange, è sotto shock. La raggiungo al molo Beverello, fermo un'ambulanza che passa e saliamo, ci sono già altri due ragazzi sanguinanti. Arriviamo al Nuovo Pellegrini a Capodichino. Mentre sottopongono la mia amica ad accertamenti clinici mi viene voglia di fumare una sigaretta, ma un poliziotto in divisa mi dice che non posso uscire dall'ospedale perché sono un manifestante: ho capito di essere in trappola. Per poter uscire a fumare gli ho dovuto lasciare i documenti In realtà dovevo telefonare al mio datore di lavoro per spiegargli che non mi potevo muovere: sono riuscito a telefonargli, a spiegare e ad essere compreso in quel momento. Però domenica, il giorno dopo, il mio datore di lavoro mi ha raccomandato di non partecipare più a "tali incontri" perché altrimenti rischio di perdere il lavoro! Finita la visita ci hanno portati con una volante alla caserma di polizia "Raniero" presso piazza Carlo III. Appena entrati il benvenuto è stato l'insulto da parte degli agenti: "Questa chiavica" (a me) e "questa cessa" (alla mia amica). Stavamo al piano terra, c'era una grande porta d'entrata blu, uno stanzone con molte sedie accatastate una sull'altra, con 70-80 persone in stato pietoso, che a malapena si reggevano in piedi. Si sono avvicinati due uomini in borghese che mi hanno chiesto di dove ero, io ho risposto che sono di Napoli, poi mi hanno chiesto che ora era. Io non porto orologio, è ormai da due anni un gesto automatico guardare l'orario sul mio telefonino, e così faccio purtroppo anche stavolta: c'è un attimo di panico tra loro, uno mi si avventa contro, accusandomi di stare "registrando", mi prende il cellulare lo apre con violenza prima di restituirmelo. Uno di loro mi chiede se ero già stato perquisito, io rispondo di no e lui mi ha invitato a seguirlo. Sono entrato in un bagno schifoso sporco pieno di oggetti sul pavimento (rollini schiacciati, cappelli). Avevo tre agenti in borghese davanti a me, ho visto la porta chiudersi. Gli agenti non sapevano parlare in italiano, mi hanno ordinato di svuotare le tasche, avevo un pacchetto di sigarette, un accendino e un copri-obiettivo. Ho appoggiato queste cose sul lavandino e subito sono partiti degli schiaffi da parte di un agente. Ho cercato di proteggermi chiudendomi in un angolo della stanza e coprendomi . Si è avvicinato un secondo agente che mi ha sferrato un pugno in bocca gridando: "Comunista di merda!". Poi hanno aperto il mio zaino, lo zaino, il mio zaino ce l'ho sempre con me... Da lì hanno tirato fuori il cellulare che è stato buttato a terra e schiacciato sotto i piedi. Li ho pregati di fermarsi ma la risposta è stata un altro calcio sulla gamba. Poi hanno tirato fuori la mia macchina fotografica, comprata 11 giorni fa e della quale devo ancora pagare 11 rate, e ormai in lacrime li ho pregati di non farlo: l'agente ha raccolto la macchina da terra (o quello che ne restava) e l'ha buttata nella latrina. Poi è ritornato il secondo agente (quello del pugno) e mi ha chiamato: "Frocio, bastardo, me la scopo io la tua donna! Anzi no, sicuramente ha le malattie" e mi ha dato un pugno nell'occhio sinistro. Mi hanno ordinato di spogliarmi, mi hanno fatto mettere "a pecora" per vedere se nel "culo" avevo qualcosa. Uno ha preso tutti i miei vestiti e li ha buttati nell'orinatoio. Tutti gli oggetti rotti sono stati rimessi nello zaino dall'agente, che mi ha chiesto di controllare se c'era tutto. Poi mi ha ordinato di rivestirmi, ho messo i vestiti nello zaino, mi sono rivestito in modo confuso. Mentre uno di loro mi accompagnava fuori con la mano dietro la schiena, un altro mi apriva la porta ed il terzo mi ha messo lo sgambetto. Questo terzo agente era quello che durante il pestaggio mi provocava dicendomi: "Guarda come ti guarda male" e mentre lo diceva un altro mi schiaffeggiava. Poi sono tornato nello stanzone con tutti gli altri, e dopo altre tre ore seduti a terra e schiena al muro mi hanno fatto delle foto. Ho notato un cambiamento nell'aria quando sono entrate delle persone nuove, forse altri funzionari. Quando ho dovuto firmare il verbale di sequestro mi hanno chiesto chi mi avesse fatto la perquisizione, ma quei tre agenti sono scomparsi appena arrivati questi nuovi. Dovevo urinare e mi hanno accompagnato in bagno. Ho chiesto che perlomeno qui potessi essere lasciato solo, ma l'agente mi ha risposto di no: aveva paura che io mi suicidassi.

Giulio N. Sono un ragazzo venuto a Napoli sabato 17 marzo con il treno speciale del sud per partecipare alla manifestazione contro il Global Forum. A piazza Municipio, quando è iniziato il fronteggiamento tra manifestanti e forze dell'ordine a cui sono poi seguiti i violenti scontri, io mi trovavo nella parte della piazza di fronte al Maschio Angioino, lontano dagli scontri che ancora coinvolgevano solo la testa del corteo, quando sono strato colpito alla testa da un oggetto. Stordito, mi sono ritrovato fuori dalla folla e soccorso da un ambulanza che mi ha portato al pronto soccorso presidiato dalla polizia. Non ho ricevuto nessuna cura per la ferita riportata alla testa, e dopo mezz'ora sono stato condotto con una volante, assieme ad un altro ragazzo napoletano, in una caserma della polizia di stato. Arrivato in caserma prima di entrare c'erano degli agenti in divisa e in borghese che mi hanno insultato e sputato di sopra. Poi assieme ad altri ragazzi e ragazze ci hanno fatto inginocchiare con le mani dietro la schiena dentro uno stanzone della caserma, e qui siamo stati colpiti con calci e pugni alle spalle. Gli agenti ci impedivano di guardarli, minacciandoci e colpendoci ancora. Poi siamo stati condotti uno ad uno in uno stanzino (il bagno) dove io sono stato spogliato e perquisito. Durante la perquisizione gli agenti (nel numero di cinque) mi hanno picchiato selvaggiamente: calci, pugni, ginocchiate, gomitate e sputi mi hanno colpito in ogni parte del corpo ed in particolare al volto, alle gambe, ai testicoli e allo stomaco con una gomitata che mi ha lasciato senza respiro. Non contenti hanno pure urinato sul mio giubbotto. Inoltre hanno danneggiato alcuni mie oggetti personali, rotto il mio telefono cellulare e strappato i miei soldi. Di questa "perquisizione" non è stato fatto nessun verbale. Il verbale di perquisizione è stato fatto solo cinque ore dopo il pestaggio, ed era relativo ad una nuovo controllo molto sommario e puramente formale. Sono stato rilasciato intorno alle 19:00 pieno di lividi e tanta rabbia. Voglio aggiungere che lo stanzone dove mi hanno condotto con tutti gli altri fermati (un centinaio), dove si è verificato il primo pestaggio, era provvisto di diverse telecamere (ne ho viste almeno quattro). Io mi chiedo se esistono filmati che documentano quello che io e tanti altri ragazzi e ragazze abbiamo subito, e se saranno mai resi pubblici.

Blanca I. Sono entrata in piazza Municipio ballando e sono andata verso i giardinetti sotto il Maschio Angioino. Dopo circa 10 minuti ho visto dei ragazzi correre verso il porto e verso di me, mi sono voltata indietro e ho visto i finanzieri in assetto antisommossa avanzare nella mia direzione. Non sapevo dove andare, sono corsa sui giardinetti e sono arrivata vicino alla ringhiera del fossato del castello con le mani alzate. L'aria era irrespirabile per il fumo dei lacrimogeni, mi sono girata verso il porto ed ho alzato il foulard. Non ho fatto il tempo a vedere l'oggetto, il lacrimogeno che mi ha colpita, sono caduta a terra in ginocchio e non ho visto più niente: credo di aver perso conoscenza. Poi mi sono rialzata, sono tornata verso la ringhiera, mi sono accorta di sanguinare, ho sentito che mi dicevano "stai calma, appoggiati qui!" Mi hanno detto che avevo bisogno di punti, che dovevo andare all'ospedale. Così sono andata verso il porto, il passaggio era chiuso da un cordone, anzi, da almeno 5 file di agenti, non ricordo se di polizia o carabinieri, ho chiesto a loro di poter passare, ero sanguinante e a braccia alzate ma loro mi hanno detto "Puttana vai via!". Poi finalmente sono riuscita (non so come) a raggiungere un'ambulanza. Dentro eravamo ammassate in 10 persone, ci hanno portati all'ospedale Loreto Mare. Un'infermiera mi ha detto: "Perché non sei a scuola, cosa t'insegnano a scuola?" Io ho risposto che ha scuola mi insegnano a lottare per la libertà, e che quella mattina l'avevo fatto e che perciò ero finita all'ospedale. Sono stata medicata. Quattro punti sopra l'occhio senza anestesia, ma dovevo averne almeno sei di punti. Poi mi hanno detto di passare al drappello di polizia dell'ospedale per ritirare il referto. Lì un poliziotto mi ha detto di seguirlo, io mi sono chiusa in bagno, ho avuto paura, ho pensato ma perché devo continuare ad essere scortata da questo poliziotto anziché poter prendere un taxi? L'agente mi ha aspettata fuori la porta e mi ha portata alla volante che era fuori. Hanno acceso le sirene e mi hanno portata, con altre due persone, alla caserma di polizia Raniero. Appena arrivati mi hanno tirato fuori dalla macchina, mi hanno spinto, sputato in faccia ed insultata ("zingara, stronza comunista, troia"). Io camminavo con le mani dietro la nuca. C'erano molti poliziotti fuori alla porta dello stanzone e fuori alla caserma. Mi hanno spinto all'interno. Era uno stanzone molto grande con tante sedie: sento un agente che dice: "spostiamo le sedie altrimenti 'questi' ce le buttano addosso". Eravamo solo quattro persone e minimo 20 agenti. Eravamo tra i primi "arrivati". Mi hanno spinto in fondo allo stanzone e mi hanno intimato di inginocchiarmi. Siamo stati faccia al muro per circa 10 minuti con le mani dietro la nuca, inginocchiati. Mi hanno chiesto i documenti: ho risposto che per paura di perderli non li avevo portati. Ho dato le mie generalità, l'agente mi ha chiesto più volte come si scrivesse il mio nome, io ho appena girato la testa automaticamente che ho ricevuto una pesante sberla. Stavo ancora inginocchiata quando hanno cominciato a picchiarmi, a picchiarci tutti, mi hanno presa a calci sulla schiena, sui reni, sul sedere. Ci insultavano, a me hanno detto "Guarda 'sta troia, se almeno ci facesse scopare servirebbe a qualcosa". Poi mi hanno fatta alzare e portata nel bagno. L'agente donna che doveva farmi la perquisizione aveva chiuso la porta, ma da fuori invece l'hanno bloccata dicendo "Lascia aperto qui dentro ci puzza!". Mi ha fatta spogliare: si è presa i lacci, un fermacapelli, la cintura, tutti i volantini che avevo. Tutto ciò a porte aperte. Mi hanno strappato la macchina fotografica. Hanno distrutto il rollino e mi hanno rotto la macchina fotografica. Mi hanno riportata fuori nello stanzone. Mi hanno fatta sedere per terra spalle al muro a me ed agli altri, in fondo allo stanzone. Alle 18.00 mi hanno fatto delle foto segnaletiche e dopo circa mezz'ora ho firmato il verbale di perquisizione.

Gianluca P. Ero con quattro amici, tra cui due quindicenni, a piazza Municipio sul lato del porto. Dopo le prime cariche volevamo andare via, ma la piazza era chiusa da ogni lato, così abbiamo chiesto come fare ai carabinieri e abbiamo seguito le loro disposizioni. Ci hanno fatto sedere ma poi hanno cominciato a manganellarci allora siamo riusciti ad alzarci e ad allontanarci. Alla confluenza da via Medina veniva però contro di noi un'altra carica e siamo stati costretti a passarci in mezzo. Ho visto persone colpite gratuitamente e a freddo, una ragazza è stata colpita alla testa mentre beveva ad una fontana. Noi siamo riusciti a passare in mezzo con le mani alzate mentre gli agenti ci urlavano "bastardi vi uccidiamo tutti!". Siamo scesi a via Marina. Avevamo ormai perso due dei nostri amici, e noi tre, io, un'amica che ha poco più di vent'anni ed il suo fratellino di 15 anni, siamo andati con l'autoambulanza all'ospedale Ascalesi. Il ragazzino infatti era ferito alla testa ed è stato ricoverato, anche noi eravamo feriti, io alla testa, ma in modo più lieve. Per fortuna la mia amica ha fatto in tempo ad avvertire i genitori di venire all'ospedale dal fratello: infatti noi siamo stati portati via da lì senza che nessuno ci comunicasse che eravamo in stato di fermo. Ci hanno portati alla caserma di polizia Raniero, dove ci hanno identificati, perquisiti e fotografati tutti. C'era un sacco di gente ferita e buttata a terra in uno stanzone. Gli agenti ci dicevano: "Qua tutti dicono che non hanno fatto niente, ma 9 su 10 di voi son teste calde e sono colpevoli!". Si accanivano in particolare contro i ragazzi stranieri e contro le ragazze. Agli stranieri dicevano di tutto pensando di non essere capiti, io per esempio li ho sentiti dire vicino ad un gruppo di loro: "Questi sono come la mucca pazza dovremo sterminarli tutti". Le perquisizioni le facevano agenti in borghese. Le ragazze subivano le perquisizioni nude con flessioni. Quando andavano a farsi perquisire le ragazze, c'erano battute e commenti ingiuriosi e umilianti da parte dei poliziotti, che peraltro erano apertamente provocati in questo senso proprio dall'agente donna con camicia celeste e guanti di lattice che doveva perquisirle. Ad esempio diceva rivolta ai colleghi uomini: "Questa ti piacerebbe perquisirla tu, eh?". Io per discrezione non ho chiesto niente alle ragazze che tornavano dal bagno dopo al perquisizione, ma tutte tornavano evidentemente sconvolte. Una ragazza mi ha confessato a bassa voce: "Avrei preferito essere stuprata". Del resto anche a me, che non vedevo l'ora di andarmene e che per velocizzare la pratica ho chiesto di essere perquisito presto, la stessa poliziotta ha detto: "Vuoi che ti perquisisca io?" Prima della perquisizione un poliziotto mi ha detto "Se non troviamo oggetti contundenti non ci sono problemi", ed io: "A meno che le chiavi di casa non siano oggetti contundenti…" E la poliziotta (sempre la stessa), rivolta a me e a tutti gli altri: "Ma io se fossi in voi le chiavi di casa le butterei proprio…" Io, forse per la mia aria "perbene", ero tra i pochi "privilegiati" a cui era consentito di stare in piedi, e non seduto a terra schiena al muro. Alcuni poliziotti mi rivolgevano la parola: "Così un'altra volta non ci andate in piazza a manifestare!" Io ho risposto che manifestare in Italia è un diritto, ma loro mi rispondevano: "Ma voi vi fate manipolare, siete solo dei burattini!" E questa "tesi" l'hanno ribadita più volte…

Chiara D. Ero a piazza Municipio, vicino all'area dei lavori per la metropolitana, a scattare delle foto ed a cercare di aiutare dei ragazzi ad uscire fuori da quella "trappola" che ormai era diventata la piazza intera. Ero a mani alzate quando sono stata aggredita da otto celerini, un'agente donna della Digos ha cercato di evitare che continuassero a schiaffeggiarci. Poi mi hanno trascinato per i capelli insultandomi "puttana, zoccola…!" e mi hanno dato tre manganellate dietro le gambe, un cazzotto in testa e poi tutti e otto mi hanno presa a schiaffi, pugni e calci. Poi è intervenuto un altro celerino che chiamandomi nuovamente "zoccola" mi ha strappato la macchina fotografica, l'ha schiacciata con i piedi, mi ha "lanciata" a un altro collega, ed hanno continuato a picchiarmi insieme. E' intervenuto un signore di circa 50 anni che ha cercato di difendermi ed ha impedito frapponedosi ad altri celerini di avvicinarsi per partecipare al mio pestaggio. Allora sono riuscita a scappare verso il porto (molo Beverello), sono entrata in un'agenzia di viaggi ed ho chiamato un mio amico che è venuto a prendermi e mi ha portata all'ospedale dove mi hanno refertato un trauma cranico. Dall'ospedale io, il mio amico ed altri due ragazzi feriti, siamo stati portati con una macchina della polizia alla Caserma di polizia Raniero, presso piazza Carlo III, dove siamo arrivati alle 14.30. Appena siamo entrati un uomo in borghese, elegante, ci ha detto "Bravi, bravi, siamo noi quelli cattivi che vi abbiamo picchiato…adesso vedrete quello che vi succede!". Gli agenti ci hanno insultato, a me hanno detto: "Ti squaglio viva, puttana!". Poi hanno preso il mio amico e dopo aver insultato anche lui l'hanno portato in bagno per perquisirlo. Si sentivano senza interruzione le sue urla, ed è uscito dal bagno senza maglia, con le lacrime agli occhi, un occhio viola, pestato a sangue in faccia, poi mi ha detto a bassa voce: "Mi hanno picchiato e sfondato la macchina fotografica e il telefonino". Poi un uomo in borghese mi ha avvicinato al bagno per la perquisizione, io mi stavo sentedo male per la paura di altre botte, una poliziotta voleva che entrassi mentre lì c'erano ancora uomini nudi che aspettavano di essere perquisiti, ed io mi sono rifiutata. L'agente donna mi ha risposto: "Tanto sei abituata a vedere uomini nudi". Io ho insistito dicendo che mi dava fastidio e lei, rivolgendosi agli altri poliziotti ha detto: "Vedete, le fanno addirittura schifo gli uomini, poverina!". Poi è stata lei a perquisirmi, mi ha fatto fare le flessioni e mi ha fatto la perquisizione rettale. Nello stanzone eravamo in venticinque/trenta persone, tutti più o meno feriti, seduti a terra con le spalle al muro, ogni tanto i poliziotti entravano urlando "A terra, state zitti!". In caserma siamo stati fino alle 18.30. Ho visto una ragazza che aveva dolori fortissimi alla schiena e un altro ragazzo giovanissimo, di circa 17 anni, che ci ha raccontato di essere stato anche lui picchiato in bagno. Appena siamo entrati ci hanno fatto firmare un foglio (?) e prima di uscire ci hanno fotografato tutti. A giorni di distanza ho ancora gli incubi, non dimenticherò mai quello che mi è successo e quello che ho visto. Niente mi potrà risarcire delle violenze non solo fisiche, ma anche e soprattutto psicologiche che ho subito.

Mario L. Eravamo, io ed i miei amici, dietro al camion di Rifondazione Comunista all'altezza dei lavori della metropolitana a piazza Municipio, quando sono partite 2 cariche, una davanti ed una dietro di noi. Ci siamo trovati in un gruppo di circa cinquanta persone a terra, con le mani alzate, che venivano manganellate dai poliziotti. Finita la carica volevo soccorrere un ragazzo che aveva un grosso e profondo buco nel polpaccio, era stato colpito da una scheggia che era ancora conficcata nella carne, aiutando l'infermiere che già era all'opera in quelle precarie condizioni ad estrarla. Anche i miei amici, Gianluca P. e Francesco S., erano presenti, hanno visto la ferita di questo ragazzo e possono testimoniare su quest'episodio. Mi è arrivata però sul cellulare un'allarmante telefonata di mio fratello Tullio, che mi dice di raggiungerlo al molo Beverello perché ha la testa spaccata. La strada era vuota, le cariche erano ormai terminate, ma circa 20 carabinieri ci circondano, ci insultano, ci colpiscono con i manganelli al contrario (i segni che ci hanno lasciato sono a strisce) e ci prendono a calci sulle gambe, in particolare colpiscono Gianluca col calcio del fucile sul ginocchio. Poi arriva uno che sembra il "capo", che gli dice di smettere. L'altro nostro amico, Francesco, che era rimasto poco più indietro, viene afferrato dalla maglia da un carabiniere, che lo trascina indietro e gli dà un cazzotto in bocca, poi da dietro arrivano altri quattro o cinque carabinieri brandendo minacciosamente i fucili, e lo colpiscono alla schiena, prima che riesca a fuggire. Intanto io e Gianluca finalmente riusciamo a raggiungere il molo Beverello, e troviamo mio fratello Tullio con tutta la maglia sporca di sangue, che appena mi vede mi butta le braccia al collo e scoppia in lacrime. E' sconvolto. Arriva l'ambulanza, saliamo io e mio fratello insieme ad un ragazzo e una ragazza, e ci portano a Capodichino, al Nuovo Pellegrini. Lì ci hanno medicato e refertato, io "solo" per contusioni varie, mentre a mio fratello, che era in stato confusionale per il trauma cranico, hanno fatto 2 TAC. Poi ci hanno messo in una volante e portati tutti alla Caserma di polizia Raniero, dove siamo arrivati verso le 14.30. Nella stanzone c'erano poliziotti in divisa e parecchie persone buttate a terra, tutte ferite: ne ho contate una sessantina. Forse era la mensa della caserma, perché ad un ragazzo ferito, coperto di sangue, che si appoggiava ad un tavolo, un poliziotto ha detto: "pezzo di merda alzati, che qui io ci mangio!". A tutti appena arrivati hanno detto "Togliete le schede ai telefonini perché non potete telefonare a NESSUNO". E infatti non hanno permesso a nessuno di contattare avvocati o familiari. Anche ad una ragazza che stava malissimo, aveva forti dolori alla schiena, ed ha chiesto di telefonare all'ospedale, hanno detto di no. Poi arriva uno in borghese, comincia ad insultarmi e mi dice: "Perché le bombe non le vai a mettere sotto ai portoni dei camorristi di Battipaglia!" Io ho risposto che le bombe non le metto, allora è arrivato uno che tutti chiamavano "dottore" e inizia a pigliarmi a schiaffi dicendomi con forte cadenza dialettale: "Statti zitto, perché se no tu da qua non esci!". Saprei riconoscere ovunque quella faccia: mio fratello ha cercato di calmarmi perché ero fuori di me dalla rabbia. Tutti stavano male, vicino a me c'era una ragazza ferita all'orecchio, che mi ha chiesto aiuto per sedersi perché da sola non era in grado di muoversi, io per fortuna non sono stato perquisito, mio fratello si, l'hanno spogliato nudo ma almeno lì non l'hanno picchiato. Molti infatti ci dicevano di essere stati pestati anche durante la perquisizione in bagno, a qualcuno hanno sbattuto la testa sul lavandino, e lì rompevano i cellulari e strappavano i soldi dei/lle perquisiti/e. In caserma ho avuto modo di vedere anche le cose sequestrate ai fermati, e sono sicuro che non c'era assolutamente niente di quanto è stato mostrato in TV come presunte "armi" dei manifestanti. Un ragazzo di circa 18 anni si lamentava del fatto che gli avevano sottratto e non più restituito il documento di riconoscimento. Io per fortuna non l'avevo con me. Alla fine del pomeriggio nello stanzone eravamo almeno 75 persone. Ci hanno tenuti lì fino alle 19.00, poi ci hanno fatto uscire dopo averci fotografato, come avevano fatto con tutti.

Ugo F. Stavo con lo striscione dei naturalisti, a piazza Municipio disarmato. Ero nei pressi del fossato sui giardinetti durante il bombardamento dei lacrimogeni con le mani alzate. Due carabinieri hanno incominciato a picchiarmi, sono stato trascinato sotto l'arco e sono rimasto per circa venti minuti senza soccorso. Mi hanno preso i documenti. Mentre camminavo sottobraccio ad un carabiniere un altro mi ha dato cazzotto nelle reni ed è salito con me sul cellulare. A piazza Municipio mi dicevano "Devi morire stanotte nel letto", "Ti dobbiamo uccidere, bruciare, e le tue ceneri le buttiamo nel cesso sperando che non si otturi". Ricordo che con me c'era un ragazzo di Novara con il naso fratturato e un altro dell'Aquila ammanettato che soffriva di cuore ed aveva una forte tachicardia. Finalmente arriva l'ambulanza e siamo stati trasportati all'ospedale degli Incurabili. Mi hanno messo punti in testa, inoltre avevo un dito che mi faceva molto male e forti dolori al rene destro. Dopo mi hanno portato in caserma (caserma di polizia Raniero), mi hanno fatto spogliare nudo e mi hanno fatto la perquisizione anale. Sono rimasto in caserma fino alle 19.30

Mariano B. Ero a piazza Municipio e sono stato caricato dallo schieramento del lato del porto. Ho avuto una manganellata dietro alla testa mentre fuggivo verso via Depretis, diversi poliziotti sono usciti deliberatamente dal cordone e mi hanno colpito poi sono fuggito verso l'ambulanza vicino al Mc Donalds. Quando mi hanno agggredito avevo le mani alzate. Durante il trasporto verso l'ospedale Loreto mare la Guardia di finanza ha caricato l'ambulanza, bloccandola davanti malgrado 4 feriti gravi dentro. Hanno manganellato il vetro davanti e i laterali. All'ospedale mi hanno visto due medici: il primo non mi ha fatto nulla ed è stato molto superficiale; il secondo mi ha messo 3 punti. Ho avuto il referto e poi sono andato al drappello dell'ospedale e dopo con altre tre persone siamo stati portati alla caserma di polizia tra piazza Carlo III e P. zza G. B.Vico, la Raniero. Penso di esser stato il II° convoglio arrivato. Mi hanno fatto inginocchiare faccia al muro con le mani dietro la testa e mi hanno perquisito in ginocchio; nel frattempo mi provocavano: "Ti è piaciuto tirare le pietre ai colleghi…". "Che campi a fare; hai il giubbino pieno di pidocchi" "Dovete stare qui a nostra disposizione, a quello che vogliamo fare. Non avete diritti" Mi hanno fatto sedere a terra malgrado ci fossero sedie vuote per tutti. Avevo le gambe distese perché non mi sentivo bene. A quel punto è passato un poliziotto che mi ha tirato un calcio negli stinchi intimandomi di ritirare le gambe "guaglio' non stai a casa tua". All'inizio non abbiamo avuto neanche la possibilità di parlare, né di andare in bagno. Poi sono arrivati altri agenti in borghese (ho pensato fossero superiori) e finalmente abbiamo potuto fumare ed andare in bagno. E' scesa la tensione, poi mi hanno fatto le foto. Poi mi hanno fatto il verbale e distanza di cinque ore dalla perquisizione e sono uscito. Ho dovuto firmare un verbale di perquisizione che non ha nessuna attinenza con la perquisizione.

Testimonianza di un compagno fermato Vi scrivo solo perché voglio lasciare anch'io una piccola testimonianza sui fatti e soprattutto sui misfatti della quarta giornata di Napoli, avendoli vissuti in prima persona e sulla mia pelle benché la mia esperienza non sia tra le più gravi. Voglio però premettere che preferisco rimanere anonimo per motivi personali ma un po' anche perché credo che in casi come questi l'anonimato sia un piccolo modo per rappresentare tutti quelli che hanno vissuto le stesse vicissitudini e dar così voce a sensazioni più o meno comuni. La storia è simile infatti, da quanto ho potuto vedere e capire. Manifestanti del tutto pacifici e disarmati, alla ricerca di una improbabile via di fuga, con le mani alzate colpiti alla spalle, portati all'ospedale (io ci sono andato con le mie gambe visto che per fortuna potevo), curati frettolosamente e poi deportati in questura. E qui è ora di passare al particolare, alle mie emozioni, davvero brutte. Mi chiedevo che cosa ci facevo lì, cosa sarebbe successo, cosa mi avrebbero fatto e quando sarei uscito. In un misto di paura e rabbia, preoccupazione e disprezzo, poco dopo l'arrivo una cosa mi è stata subito chiara: non dovevo in nessun modo dare ai poliziotti la possibilità di parlare con me, dar adito ad una qualsiasi forma di intimidazione o violenza psicologica (e non solo). Con tutta l'indifferenza e la forza di cui disponevo in quel momento, ho raggiunto abbastanza bene il mio scopo: non mi hanno quasi rivolto la parola, se non quando mi chiamavano per la perquisizione, le foto, il verbale. Volevo solo osservare e ascoltare per cercare di capire cosa e come pensano; non ci sono riuscito, erano troppo diversi da me. Il resto sono state ore intere ad aspettare non si sa cosa, ma credo proprio niente. A me insomma è andata fin troppo bene, e non solo perché le ferite non erano gravi. Mi interessava solo la mia dignità. A qualche altro che ha cercato lo scontro verbale o semplicemente il dialogo è andata peggio, sfottuto e ridicolizzato. Qualche guardia chiaramente si divertiva. L'odio cresceva. Volevano farci sentire in colpa per qualcosa che non avevamo fatto. Non ci sono riusciti. La paura era passata, ero calmo, si trattava di aspettare. Ma ancora non capivo che facevo in quel posto. Qualche giorno dopo ho capito che mi era andata ancora meglio di quanto credevo: ho saputo che altri sono stati picchiati e perquisiti più accuratamente, ragazzi e ragazze. Non so se questa è repressione, semplice intimidazione o lo sfogo di qualcuno che non ha trovato nella propria vita altro modo per sentirsi uomo. Una cosa è certa: pretendendo di mettere perfino le idee in stato di fermo non si fa che aggravare e diffondere tensioni. Per me è stata una brutta esperienza da non dimenticare, ho capito cosa significa dire che l'odio chiama odio e penso che forse ci vuole un po' più di attenzione nell'evitare di tirarsi addosso la violenza che cova in spiriti repressi. Nonostante tutto ho trovato anche qualcosa di positivo in tutta la storia: mi riferisco all'affetto dei compagni, mai come stavolta l'ho toccato con mano, è come se fossero stati tutti con me.

Marco N. Ero in piazza Municipio, dal lato del McDonalds, accanto al camion di Rifondazione con lo striscione dei giovani comunisti. C'è stata la prima carica e ci siamo spostati in 5 verso i giardinetti della piazza. Sentendo e vedendo i lacrimogeni, ci volevamo spostare di nuovo accanto al camion. In quel punto abbiamo assistito ad una carica singolare: il camion di R.C. è stato attaccato senza alcun motivo visto che c'era la musica ad alto volume e dei ragazzi che ballavano. Non si riusciva più a respirare e cercavamo di raggiungere i giardinetti vicini al castello, sul lato della piazza dove c'è la ringhiera. Avevo perso tutti i miei amici e mi sono recato verso lo schieramento dei celerini al di là dell'arco, dove c'erano i furgoni con le grate alte. Ho visto mio fratello e con lui sono ritornato verso la ringhiera che affaccia sul fossato. La polizia avanzava anche sul prato laddove eravamo in un folto gruppo, tutti con le mani alzate che imploravamo di non continuare con le cariche. Mano a mano tutti indietreggiavano ed un gruppo di poliziotti, con molta foga, ci ordinava di sederci minacciando, altrimenti, di picchiarci. Nonostante fossimo tutti a terra i ragazzi che chiudevano il cerchio del gruppo che ci avevano fatto formare venivano manganellati. I manganelli erano girati dalla parte del manico. Poi ci hanno fatto alzare di scatto e ci hanno detto: "Andatevene, mo', sennò vi picchiamo!". Intanto continuava il lancio dei lacrimogeni ad altezza uomo. Travolto dal gas, siccome soffro anche di asma, mi sono accasciato a terra con il foulard sul volto per non inalare il gas. In quel momento non vedevo niente, non respiravo bene e mi sono riparato accanto al sottopassaggio all'altezza dei lavori della metropolitana. In quel momento un poliziotto mi ha sferrato una manganellata nello stomaco e poi mi ha tirato per il braccio con forza portandomi al centro della piazza dove stavano passando una cinquantina di poliziotti. La prima cosa che mi hanno detto è stata: "Arrestatelo!" e hanno cominciato a colpirmi per una decina di volte sulla testa, sul collo, sulle spalle, sul braccio destro. Smesso di colpirmi mi hanno messo le manette e allora ho fatto finta di svenire. A quel punto un poliziotto ha detto: "questo non è svenuto, uccidiamo questo comunista". In quel momento, però, probabilmente si è avvicinato un superiore che ha detto: "No, non uccidiamolo qui a terra". Il superiore mi ha sorretto il capo e un poliziotto mi ha alzato le gambe e poi hanno chiamato un'ambulanza. Continuavo a non reggermi in piedi. Nell'ambulanza c'erano altri cinque feriti. Intanto io stavo a terra che sanguinavo e il poliziotto ha detto al superiore: "Stai attento che puoi infettarti, potrebbe anche essere malato". Alla fine mi hanno buttato, sempre ammanettato, su di un sedile dell'ambulanza e li l'infermiere del 118 (o il portantino, non so) ha urlato per farmi togliere le manette (che erano anche strettissime). Al momento non si trovavano le chiavi giuste. Finalmente, poi, si sono trovate, mi hanno tolto le manette ed hanno chiuso il portello della vettura. Arrivati all'altezza di via De Pretis una schiera di finanzieri ha fermato l'ambulanza, cosicché l'infermiere dall'interno ha aperto il finestrino sul lato sinistro dove ero seduto. C'erano anche altri feriti. A quel punto i finanzieri hanno cercato di colpirci con i manganelli, ma l'infermiere è riuscito a chiudere la finestra ed a ripartire. Siamo arrivati al pronto soccorso del Loreto Mare dove c'erano molti feriti. Soccorrevano prima i più gravi ed io ho aspettato circa mezz'ora e poi mi hanno medicato e messo due punti in testa senza anestesia, poi mi hanno visitato le spalle e mi hanno riscontrato delle lesioni. Poi un agente di polizia in borghese mi ha portato al drappello di polizia per iniziare l'identificazione, ma continuavo a sanguinare in testa per cui ho chiesto di tornare in pronto soccorso dove mi hanno cambiato la medicazione in testa e ricontrollato la testa. Poi sono tornato al drappello per continuare l'identificazione. Quindi ci hanno diviso in gruppi. Il mio è stato assegnato a due poliziotti e messo in una volante. Prima di entrare mi hanno grossolanamente perquisito e con le sirene spiegate ci hanno portato alla caserma Raniero. Ho notato da subito uno strano atteggiamento della polizia, sembravano tutti sotto effetto di qualcosa, forse cocaina, non so! Ci hanno portato in uno stanzone dove c'erano già un cinquantina di ragazzi seduti a terra e due faccia al muro con le mani dietro la testa e inginocchiati, poi ci hanno chiesto i documenti ed i dati personali. Dopo due ore di attesa (c'erano sempre due poliziotti che ci sorvegliavano) hanno cominciato a chiamarci per le perquisizioni. La perquisizione è avvenuta nel bagno con due agenti. Mi hanno fatto spogliare ma il clima ora non era teso. Poi sono uscito e anche fuori il clima nei confronti miei e di due ragazze non era più troppo teso. Sempre nello stanzone gli agenti hanno preparato un percorso con banchi e sedie per farci le foto segnaletiche con tanto di numero. Più tardi i poliziotti ci hanno chiamato a gruppi di quattro e quindi ci portavano all'esterno con due poliziotti. In tutto mi hanno trattenuto per cinque ore.

Marianna G. Eravamo in P.zza Municipio nei giardinetti verso la Marina prima dei disordini. Già prima della carica i poliziotti ci hanno impedito di uscire dalla piazza e alle nostre proteste ci hanno riempito di insulti e ci hanno detto: "Siete venuti, dunque ora dovete restare". Non volevano lasciar passare neanche l'ambulanza. Alla testa del corteo c'era solo stata un po' di tensione ("votta-votta") tra manifestanti e polizia. Ci siamo spostati dal lato est al lato ovest della piazza , dove i CC stavano avanzando. Gli stessi ci hanno permesso però di allontanarci. Eravamo poi quasi sulla via Marina, quando una ragazza ci è venuta incontro con la testa insanguinata, perché colpita da una manganellata. Era stordita e ci chiedeva aiuto. Al momento della carica di cui è stata vittima stava solo tornando a casa e non era tra i manifestanti… Non c'era nessuna ambulanza al momento. Arrivata l'ambulanza la ragazza ci ha chiesto di essere accompagnata, per cui io e mia nipote siamo andate con lei. Al pronto soccorso ha avuto punti di sutura alla testa. Non voleva essere lasciata sola e voleva che fossero avvertiti i genitori (anziani) ma ci hanno fatto spegnere i cellulari. Lei è stata ricoverata. In ospedale una donna con la giacca rossa voleva farmi aprire una borsa insanguinata che non mi apparteneva ed ha perquisito la mia, mi ha chiesto i documenti ed ha detto ai poliziotti: "Vedetevela voi". Anche al drappello di polizia dell'ospedale mi hanno fatto portare dai poliziotti e mi hanno identificata. Poi con la volante sono stata portata alla caserma Raniero con un altro ragazzo. In caserma mi sono seduta nella "sala ricreativa". Un poliziotto mi ha detto: "Siediti per terra e togli questa munnezza (una giacca) da qui sopra". Sono entrata in caserma all'incirca alle 13:00 e sono uscita alla 18:30 restando sempre in questa sala. Ogni tanto si sentivano persone gridare; le stesse ci hanno poi detto di essere state picchiate. Sono stata perquisita due volte, facevano gli spiritosi. Mentre perquisivano una ragazza un poliziotto è entrato ed ha detto alla poliziotta che perquisiva di non scandalizzarsi, perché tanto la perquisita era "una merda" e non una donna. Mi domando quale sia stato il mio reato. Manifestare? Accompagnare un ferito all'ospedale?

Spazio antagonista Newroz-Pisa Alle ore 14,00 del 18/3/01 un nostro compagno è stato fermato da una volante della polizia mentre era per strada. Gli sbirri alla guida erano stati attratti da un adesivo con il logo della manifestazione di Napoli che il nostro compagno aveva sulla borsa; così dopo il consueto controllo dei documenti gli agenti hanno cominciato a provocare ("Sei stato a Napoli, eh?"). Al rifiuto di rispondere ha fatto seguito un "allora vieni in questura che ti si fa una perquisizione capillare". E così è stato: il nostro compagno è stato fatto spogliare e gli è stata fatta una perquisizione anale; il tutto condito da insulti sui leoni che erano stati a Napoli. Il grave episodio, avvenuto nella "pacifica" Pisa ad ottocento km. da Napoli sta a dimostrare che per gli sbirri i conti sono ancora da saldare... Ribadiamo che non siamo sicuramente disposti a tollerare ulteriori provocazioni ed esprimiamo la nostra solidarietà ai compagni che saranno processati.

Nino S. Il corteo giunge all'imbocco di via Leoncavallo, ad attenderci un cordone di una ventina di "divise blu": sembra una pagliacciata, venti o trenta caschi contro il cordone iniziale del corteo, 6mila invece pronti a massacrare. 30-40 secondi non più e la piazza diventa teatro di violenze inumane. Vedo ragazze tramortite star male a causa dei lacrimogeni, mentre decine di forze dell'ordine (?) le manganellano e le picchiano con calci di fucile. Nel giro di 2 minuti la visibilità è ridotta a zero a causa dei fumogeni. Parte un cordone che stava all'imbocco di via Marina: 200 poliziotti, una decina tra blindati, gipponi, e pantere, sfrecciare verso il nostro spezzone che in un attimo si dilegua nei vicoli adiacenti alla piazza. Ci chiudono le uscite. Bloccati nei vicoli ci caricano ripetutamente. Sparano lacrimogeni ad altezza uomo. Colpiscono un caro amico al braccio che rimane anche sotto shock a causa di un lacrimogeno che gli sfiora la guancia. Sparano con pistole caricate a gommini, sempre ad altezza uomo, e ancora lanciano contro di noi pietre, mazze e altra roba rimediata da terra. Un grosso camion della PS sfreccia nella piazza ad alta velocità e cerca in tutti i modi, compiendo sterzate e testacoda da paura, di mettere sotto giovani manifestanti che cercano di scappare. Intanto le cariche continuano e siamo costretti ad avviarci verso P.zza del Gesù. Intanto nei vicoli partenopei stiamo attenti all'estrema caccia all'uomo che i "signori" dell'ordine continueranno a fare per qualche ora. Arrivati in piazza, il laboratorio SKA viene allestito come infermeria. Sembra davvero l'inferno. Ma sembra ancora più incredibile l'attacco irrazionale dei tre organi di stato. Alcuni di noi vedendosi si abbraccia e piange, per rabbia o felicità non so, ma è certo che ci sentiamo traditi! Traditi da chi non vuole più vederci in piazza, da chi dice di "decidere per noi e con noi". In piazza c'erano 30mila persone, 30mila persone sono state attaccate, e per chi continua a criminalizzarci, bè non so proprio se vale la pena rispondere. Ma non finisce qua: possono fermare un corteo, possono arrestare, continuare a manganellare, ad avere atteggiamenti fascisti e inumani, ma la lotta dei compagni non la possono fermare!!! Questa è solo l'ennesima denuncia di chi è di ritorno da Napoli, di chi ancora medita e non sa darsi una risposta alla guerra di sabato 17. Chi pagherà per tutto questo? Chiedere le dimissioni di un "signor questore" non certo risolverebbe la grossa fascistizzazione che si sta espandendo tra gli ordini costituiti. Bisogna continuare con la contro-informazione, far conoscere alla gente chi sono i veri criminali, continuare a denunciare. "C'è chi dice che combattere la Globalizzazione, la devastazione ambientale, le guerre, la disoccupazione, la fame, sia come combattere contro la forza di gravità. Bene, abbatteremo la forza di gravità!" Hasta siempre

Vincenzo T. In questi giorni si scrive molto sui fatti di Napoli: chi se la prende con le forze dell'ordine, chi con le frange violente presenti alla manifestazione. Probabilmente la verità sta nel mezzo, ma una cosa voglio dire: le forze dell'ordine, provocate o no, non avevano e non hanno alcun diritto di pestare gente che con gli scontri non c'entra assolutamente niente; non avevano il diritto di tagliare le vie di fuga e spingere i manifestanti-tonni nella "camera della morte"- Piazza Municipio a forza di manganelli e gas lacrimogeni, per poterli meglio finire; non avevano il diritto di colpirmi in un vicolo secondario distante centinaia di metri dal luogo degli scontri in venti contro quattro, fermi e con le mani alzate; non avevano il diritto di spaccare la testa ad un mio amico, fermarlo, perquisirlo e scattargli le foto segnaletiche solo perché si era recato in ospedale per farsi curare; avevano il dovere di dirci dove lo stavano portando, quando lo abbiamo visto uscire dall'ospedale in un'auto della polizia. I violenti vanno condannati ed emarginati, ma sono stanco di sentire coloro che offrono "gratuitamente" una minima giustificazione alle forza dell'ordine. Non fate che alimentare in noi un profondo senso di colpa per qualcosa che non abbiamo commesso, facendo il gioco di coloro che hanno voluto punire i più "deboli" e meno organizzati.







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