CONCLUSIONI
DELL’EVENTO
Una
giornata pensata e realizzata per recuperare il tempo che nessuno ha più…il
tempo necessario allo scambio di idee, conoscenze ed esperienze di vita.
Un
luogo e un momento per riconoscersi tra chi, a fatica, sta costruendo un
percorso di vita critico e libero; per conoscersi direttamente e creare i
rapporti che di fatto costituiscono una rete territoriale.
Così
assemblea territoriale e fiera delle arti e mestieri odierni sono stati lo
strumento per mostrare aspetti diversi di un immaginario di vita sognato come
via d’uscita al sistema dominante, contro la logica globale del profitto.
Logica che spaccia guerre del petrolio come necessarie alla tranquillità di
tutti; che ci organizza e confeziona l’esistenza illudendoci che sia la strada
più facile da seguire per poi sperimentare sulla nostra pelle che cassa
integrazione, disoccupazione e precarietà sono lo scotto che tocca pagare solo
a noi; che si arricchisce impoverendo e inquinando le risorse naturali
compromettendo il diritto di tutti alla salute.
Proposte
di vita contro l’impotenza che ti assale quando salve due Simone italiane il
tuo stile di vita continua ad uccidere altre Simone irachene.
La
buona riuscita e l’interesse suscitato da questo evento ci spinge a proporlo
come appuntamento annuale, magari itinerante per la Tuscia, per raccogliere e
raccontare le esperienze di autodeterminazione affinché possano moltiplicarsi
attraverso l’aggregazione, lo stimolo e l’incoraggiamento di chi sogna e
cerca percorsi non tracciati.
A.U.S.S.
Ringrazio
l’Associazione A.U.S.S., e in particolar modo l’arch. A.Bevilacqua che
costantemente e tenacemente ha portato a termine i lavori per questo Convegno;
ringrazio la Provincia di Roma che ha contribuito, anche economicamente, alla
realizzazione di questa manifestazione; voglio rivolgere i ringraziamenti alla
Sovrintendenza del Lazio che ci ha consentito di svolgere questo Convegno
all’interno di questo palazzo, Palazzo Altieri, e di inserirlo all’interno
di una programmazione comune di interventi e iniziative tra Comune di Oriolo e
Sovrintendenza per tutta la stagione estiva; per questo ringraziamo la
direttrice del Museo di Palazzo Altieri, Grazia Rosa Cipollone e il
sovrintendente ai monumenti del Lazio, Costantino Centroni.
Volevo
brevemente sottolineare, nel ruolo di amministratore pubblico, l’importanza
dei temi che oggi tratteremo in questo Convegno: l’importanza e l’attualità
di tematiche delle quali sentiamo parlare spesso, quali la sostenibilità, la
vivibilità, la bioarchitettura, che consentono al cittadino e alla comunità più
in generale un più alto livello di qualità della vita.
Ci
tengo a raccontare un fatto apparentemente casuale, nonostante i fatti
dimostrino il contrario: oggi ci incontriamo qui a Oriolo Romano, in questo
palazzo, su temi che 500 anni fa l’ideatore e fondatore di questo paese,
Giorgio Santacroce, aveva già pensato fossero essenzialmente importanti per la
vita.
Come
molti di voi sapranno questo paese è stato costruito ex-novo su un disegno
urbanistico e sulla intenzione utopistica di costruire la città felice.
Quindi
Giorgio Santacroce, quando nella seconda metà del 1500 pensò di edificare, lo
fece tenendo presente alcuni criteri, secondo cui i palazzi del potere non
rappresentassero l’oppressione e la sottomissione del paese, ma venissero a
far parte integrante del paese stesso, e secondo cui la costruzione di case
avvenisse nel rispetto di criteri di salubrità e di igiene; questo è citato
nelle scritture storiche qui rinvenute. Voglio, in questa sede, enfatizzare le
frasi da lui sottolineate nell’antico Trattato di Giorgio Santacroce: “un
paese all’uso degli uomini”, dove dava indicazione di come costruire il
paese “in cui le case che si affacciano sulle vie debbono due facciate avere
perché gli abitatori possono ristorarsi dei caldi come dei freddi per lungo e
non per largo del sito”.
Se
voi tenete a mente il fatto che nel 1500 un signore illuminato abbia costruito
un paese facendo capo a questi principi, potete ben capire quanto oggi, a 500
anni di distanza, sarebbe salutare se queste strategie fossero state portate
avanti non solo da chi ci amministra, ma anche da chi ha contribuito a
sviluppare l’architettura e l’ingegneria nel corso dei secoli.
Nella
esaltazione di questi principi, dunque, non è casuale che un‘assemblea che
abbraccia un territorio vasto che va dalla Tuscia romana a quella viterbese,
possa riunirsi in questo paese, da subito dimostratosi pronto ad accogliere la
proposta di ospitare la discussione su questi temi; e di questo possiamo andarne
fieri.
Altro
elemento che vale la pena sottolineare, per noi amministratori, è
l’importanza della discussione, la conoscenza e la sensibilità su tematiche
su cui siamo portati ad amministrare;cosa, peraltro, per nulla scontata.
Proprio
a evidenziare l’importanza di queste tematiche, è stata firmata a Firenze,
nel maggio scorso, una convenzione tra l’ANCI, Associazione Nazionale dei
Comuni d’Italia, e l’Associazione Nazionale delle Leghe delle Cooperative di
Abitazione, sulla sostenibilità edilizia e urbanistica; una convenzione con cui
l’ANCI si impegna a sostenere le Cooperative edilizie che portano
avanti, nei loro progetti, costruzioni che rientrano in questi criteri.
Ho
voluto brevemente illustrare i principi suddetti, per dire che siamo stati
felici di assumere questo impegno, spero possa essere il primo di tanti. Mi sono
permesso di inviare inviti personali agli altri sindaci dei comuni limitrofi, la
cui presenza,purtroppo, vedo che non c’è.
Io
penso e credo che, portando avanti il dibattito, possiamo realmente far crescere
la sensibilità su questi temi, e ciò, giova alla vita di tutti.
Italo
Carones, sindaco di Oriolo Romano
La
definizione di sviluppo sostenibile ha avuto più volte bisogno di chiarimenti.
La prima definizione data nel 1987– soddisfazione dei bisogni delle attuali
generazioni senza compromettere quelli delle future generazioni – è stata
criticata in quanto lascia spazio alla contraddizione dell’abbinamento dei
due termini “sostenibilità” e “crescita”, di cui il secondo ha un
significato materiale e quantitativo. Nel 1991 viene definito come -
soddisfacimento della qualità della vita mantenendosi entro i limiti della
capacità di carico degli ecosistemi che ci contengono- caratterizzandolo con il
rispetto dei limiti della natura.
Ma
il dibattito è acceso e la definizione viene ancora messa in discussione fino a
dimostrare l’incompatibilità tra gli stessi termini sviluppo e sostenibilità
come riportato nel documento “fermiamo lo sviluppo del capitale” stilato a
Cannitello nel 2003 in occasione del “1°Campeggio internazionale contro il
ponte sullo stretto” - …oggi i movimenti ambientalisti, tutti coloro che
sono contrari alla globalizzazione neoliberista, studiosi/e che credono nella
eco-sotenibilità finalmente riflettono sulla contraddizione fra questi due
termini inconciliabili: lo sviluppo ha a che vedere con l’espansione delle
relazioni di capitale – la sostenibilità ha a che vedere con
l’armonizzazione dei rapporti tra esseri umani e natura. Lo sviluppo mira al
profitto di pochi, la sostenibilità all’autogestione delle risorse di tutti.-
Questo
dibattito nasce da decenni di contestazione al sistema capitalista come
testimonia la storica frase “pensa globalmente, agisci localmente” che
sintetizza bene il concetto della sostenibilità e di una pratica d’azione che
non può più fare confusione sull’agire in modo ecologico o meno: perché
essere ecologici non è una scelta ma una condizione, noi siamo parte di questa
terra, questo è l’ambiente che ci ospita, qui sono le risorse necessarie alla
vita e una volta compromesse è finito tutto.
Nonostante
la crescita della sensibilità e il susseguirsi di accordi internazionali -nel
1992 agenda 21, nel 1994 la Carta di Alboorg, nel 1996 HABITAT II, nel 1998 il
trattato di Kyoto- tutto sembra rimanere sulla carta e alla contestazione di un
paradigma socioeconomico se ne propone un altro deciso a tavolino e calato
dall’alto.
Il
cambiamento è reale quando è scelto e condiviso, ripensare un nuovo sistema
implica cambiare il proprio stile di vita. Ancora una volta, come sempre è
successo nella storia, le esperienze di autorganizzazione e libero pensiero
esprimono il desiderio di un cambiamento che non si limiti alla sola
contestazione ma che realizzi nel concreto un nuovo agire.
Comunità
urbane, ecovillaggi e villaggi rurali non sono quindi isole felici ma scelte
difficili, dove tutto va inventato e dove il percorso non ha prospettive certe o
conosciute.
Sono
realtà che hanno precedenti storici a partire dalle esperienze di comunitarismo
e associazionismo spontaneo per arrivare al pensiero degli urbanisti utopici,
che già nel XVIII e XIX sec. cercarono vie d’uscita al degrado urbano
prodotto dalla rivoluzione industriale in Inghilterra; teorici che vennero
accantonati dal prepotente avanzare dell’organizzazione centralizzata e di
massa della nuova economia. Oggi le illusioni del positivismo declinano; la
contingente precarietà del mondo del lavoro rende arduo anche il consueto
percorso del sistema dominante….così precarietà per precarietà la scelta di
inseguire nuove vie diventa sempre meno utopica.
La
vita si rianima e tutto il quotidiano diventa sperimentazione: la
riorganizzazione socio economica; l’uso di tecniche antiche e nuove di minor
impatto ambientale in agricoltura e in edilizia; la costituzione di percorsi
didattici non tradizionali; la riscoperta del mutuo appoggio; il recupero del
rapporto città-campagna e uomo-natura.
San
Tommaso D’Aquino dà il nome all’occupazione del 1995, a Roma, di un
edificio della Regione Lazio abbandonato dagli anni 40 e ora abitato da
studenti, famiglie, giovani coppie, immigrati e singles. Venne promossa da
un’altra occupazione del 1990 a piazza Sonnino che voleva rilanciare la sua
esperienza di autorecupero come percorso capace di coniugare salvaguardia
ambientale, occasioni di lavoro e soluzioni al problema abitativo.
“L’autorecupero può permettere di riportare residenza popolare in aree dove
la terziarizzazione e il mercato della casa “di lusso” ha snaturato pezzi di
città, e di ridarli a quei settori sociali che hanno pagato più pesantemente
le ondate speculative” Coop “Vivere2000” di Piazza Sonnino .
Qualche
mese dopo l’occupazione, S. Tommaso si è messo in contatto con il gruppo di
cui facevo parte all’epoca, chiamato “Facoltà di Architettare”, un
laboratorio autogestito di architettura ecocompatibile: autocostruzione,
tecnologie appropriate e energie rinnovabili. Il laboratorio era nato dal
dibattito interno al collettivo politico di architettura e dall’esigenza di
praticare nuovi strumenti e modi di agire per ripensare l’architettura e la
figura dell’architetto stesso.
L’interesse
di San Tommaso era di caratterizzare il progetto di autocostruzione con il
nostro tipo di approccio, così siamo entrati nell’occupazione anche noi e si
sono messe in moto sinergie che hanno avuto interessanti risvolti nel campo
della sperimentazione. La necessità di adeguare i materiali di recupero ad
esigenze e funzioni specifiche ha reso fondamentale la sperimentazione di
tecniche di lavorazione e installazione del tutto nuove, sia nei lavori primari
che nelle successive finiture.
Il
valore sperimentale di queste pratiche è di evidente importanza, perché
riguarda l’utilizzo di tecnologie appropriate all’interno di una iniziativa
di autoristrutturazione che non si avvale di macchinari sofisticati e tanto meno
di mano d’opera specializzata. E’ stato quindi un momento decisivo di
verifica della applicabilità dell’ipotesi ecocompatibile in contesti
finanziariamente carenti e di autogestione in genere.
San
Tommaso D'Aquino, lavori di autocostruzione nello spazio di Facoltà di
Architettare
Altro
strumento individuato da Piazza Sonnino per l’attuazione dell’autorecupero
è stata la formulazione di una proposta di legge nazionale, una regionale e un
bando pubblico comunale. Due anni fa è passata la legge regionale che ha
permesso il riconoscimento dei lavori svolti e l’assegnazione, come case
popolari, agli occupanti.
Altre
sperimentazioni interessanti nel campo dell’autorecupero e uso di materiali
naturali sono quelle realizzate nell’ecovillaggio di Upacchi, in provincia di
Arezzo. Ma le sperimentazioni in questo caso riguardano una sfera più ampia:
Upacchi è nato con “l’intento di una vita più semplice in armonia con la
natura e con i vicini, pur mantenendo ognuno la propria autonomia economica ed
individualità e di pensiero lontano da logiche di comunità o di setta” . Nel
1990 un piccolo gruppo iniziale ha comprato l’antico borgo e ha stilato lo
statuto della cooperativa dove veniva richiesta, ai futuri soci, la condivisione
del progetto di recupero ecologico dell’insediamento. Oggi tutte le case sono
state vendute, gli abitanti lavorano fuori dell’ecovillaggio mentre vengono
gestiti collettivamente l’acquedotto, la strada e la spazio aggregativo.
L’impostazione privatistica ha forse permesso il veloce popolamento del
villaggio, si sono insediate circa 13 famiglie nell’arco di 8 anni, ma pur
avendo una gestione assembleare molti si lamentano della mancata realizzazione
di progetti collettivi.
La
Comune di Bagnaia, situata a 10 km da Siena, nasce nel 1979 dalla fusione di due
piccole comuni. Inizialmente vivevano la casa colonica in modo distinto, poi il
tempo e la condivisione della vita li ha portati a scegliere una organizzazione
socio economica comunitaria. L’assemblea è il momento di discussione per le
scelte da fare, di confronto sui problemi dei singoli e della collettività
anche per quel che riguarda l’educazione dei figli, pur rimanendo
nell’ambito familiare la scelta finale.
Anche
nell’organizzazione degli spazi si riflette questa spinta alla vita comune,
unita all’attenzione del rispetto per la sfera personale. Esistono spazi
collettivi come la cucina, la sala, il giardino, la falegnameria, l’officina
meccanica, la palestra-biblioteca. Ci sono le stanze personali e la casetta
privata attrezzata con cucina, salotto con camino, e bagno; gli abitanti possono
prenotarla quando vogliono avere un momento più intimo con la propria famiglia
o con amici esterni alla Comune.
Collettiva
è la proprietà della casa colonica e degli 80 ettari di terreno, parte degli
abitanti lavora nella cooperativa agricola della Comune, gli altri lavorano
fuori come insegnanti, bibliotecaria e scalpellino. Il reddito derivante da
tutti i lavori va nella cassa comune con cui vengono pagate tutte le spese
quotidiane (cibo, elettricità, gas, benzina etc), le spese sanitarie, spese
scolastiche, una quota mensile per le spese personali di ogni abitante e una
quota per un mese di vacanza all’anno.
Condividendo
gli oneri comuni hanno trovato una strategia per diminuire i costi e l’impatto
che avrebbero cinque nuclei famigliari con cinque cucine, cinque lavatrici,
cinque frigoriferi, 5 o più macchine e via dicendo.
Altre
realtà stanno tentando un percorso di liberazione individuando nel mondo rurale
la possibilità di scegliere quello di cui hanno realmente bisogno. Realtà che
si trovano in luoghi difficili da raggiungere, su montagne o in fondo a strade
non battute: nei luoghi poco appetibili alla speculazione. Ruderi diroccati e
terrazzamenti incolti diventano economicamente accessibili a chi non vuole
svendere la propria vita per un salario, per l’alienazione derivante dalla
cecità del consueto ma che vuole sognare concretamente la libertà.
Così
in Val Graveglia, a Cà Favale si sta rimettendo in piedi un borgo: tentando il
mutuo appoggio con i ragazzi delle Ripe Rosse e coltivando i terreni per
rispondere con la ruralità alla devastazione dell’ambiente.
Borgo
di Ca' Favale
Alla
Verna, quattro anni fa, il gruppo di mutuo appoggio “maknovicina” ha dato
una mano ad avviare il progetto rurale di Loris e Alla. Loro ora conoscono il
territorio, le risorse a disposizione, il freddo, il vento….hanno un
bell’orto, capre, buona parte del casale ristrutturato e aspettano nuovi
abitanti per condividere la vita.
Heliopolis
- Chiusi della Verna
Da
un anno, sulle Madonie, l’abbandonata Lanzeria rivive tra l’attività negli
orti e i progetti con la vicina Palermo, dove la presenza di comunità di
rifugiati mette sempre più in evidenza la condizione di sfruttamento di
migranti e italiani. Sognando di riappropriarsi delle proprie vite, delle terre,
della libertà, italiani e migranti hanno realizzato la cooperativa L.AR.CO.
(Liberi ARtigiani COntadini) come strumento per gestire i beni confiscati alla
mafia.
Lanzeria
sulle Madonie
Ho
citato alcune realtà presenti in Italia come possono testimoniare gli
indirizzari di due reti italiane: il R.I.V.E. e il C.I.R. nate per mettere in
collegamento, in modo diverso, le tante esperienze. Spesso vengono considerate
casi isolati, scelte drastiche, non risolutrici dei problemi di massa ma opporsi
al sistema omologante significa anche rivoluzionare tempi e dimensioni di
riferimento.
Voglio
concludere con una frase dell’antropologa Margaret Mead “Non dubitare che un
piccolo gruppo di cittadini riesca a cambiare il mondo; in effetti è, da
sempre, l’unico modo per farlo.”
arch.
Amalia Bevilacqua
IL
REGOLAMENTO EDILIZIO DEI COMUNI DI ARICCIA E VEZZANO LIGURE
Edilizia
bioecologica - Regolamento prestazionale esigenziale - Certificato edilizio comunale di
bioecologicità.
Il
RE di Vezzano approvato ed adottato
fa seguito al RE di Ariccia e come questo, in modo più articolato, propone
l’applicazione di un sistema organico di regole per la progettazione edilizia
ecocompatibile.Il sistema di regole, attraverso gli indicatori di
sostenibilita’, e’ strutturato in modo tale da permettere al progettista di individuare preventivamente tutti i settori su cui intervenire,
per direzionare ogni singola scelta progettuale all’interno dei requisiti
di compatibilita’ ambientale.
OGGETTO
E CONTENUTO DELLE REGOLE EDILIZIE (R.E.)
-
Il Regolamento ha per oggetto qualsiasi attività di trasformazione
urbana ed edilizia, nell'ambito del territorio comunale, le attività ad essa
connesse, nonché quelle parti del processo di intervento che hanno influenza
sulle procedure e sulla qualità del prodotto finale.
-
In particolare il R.E. definisce:
-
i requisiti e le specifiche di
prestazione, cui devono rispondere le realizzazioni edilizie e le opere a
verde
-
le caratteristiche delle schede tecniche descrittive e le modalità per
la loro redazione, conservazione e aggiornamento.
INDICATORI E REGOLE FINALIZZATI ALLO
SVILUPPO SOSTENIBILE
Al
fine di contenere fortemente i consumi energetici ed i livelli di inquinamento
di aria ed acqua e di limitare lo spreco di suolo, è opportuno che il sistema
delle regole, a tutti i livelli del processo edilizio, sia complessivamente
ristrutturato.
Per
definire il nuovo sistema delle regole è fondamentale individuare degli
indicatori di sostenibilità, tramite i quali è possibile determinare i settori
su cui intervenire, avendo contemporaneamente una misura del miglioramento della
qualità ambientale.
In
questo R E. vengono dettate delle nuove regole che servono a mitigare
l’impatto sull’ambiente di alcuni funzioni urbane. Gli indicatori sui quali
si interviene, come da direttiva CEE 89/106 sono quelli che misurano:
-
la sicurezza;
-
la qualità dell’ambiente, l’igiene e la salute;
-
la qualità dell’aria, emissioni e concentrazioni di inquinanti;
-
la protezione dal rumore.
La
riduzione delle emissioni e delle concentrazioni di sostanze inquinanti è
vantaggiosa sia all’ambiente che alla salute umana. La salvaguardia
dell’ambiente favorisce il miglioramento della qualità della vita. La
riduzione dell’uso delle risorse ambientali e la mitigazione
dell’inquinamento sono alcune delle principali strategie da seguire per
migliorare la qualità urbana.
CARATTERISTICHE
TECNICHE DELLE OPERE OBIETTIVI GENERALI-PRESTAZIONI ESIGENZIALI- REQUISITI
Il
Regolamento è redatto seguendo il principio "prestazionale" della
norma ,che sostituisce alla norma di tipo "prescrittivo " e
"descrittivo", la norma che fa riferimento a "requisiti di
prestazione".
I
requisiti sono raggruppati in “prestazioni esigenziali” in relazione alle
esigenze al cui soddisfacimento fanno riferimento, secondo quanto disposto dalla
direttiva CEE 89/106 sui prodotti da costruzione, a cui sono
stata aggiunte ulteriori “prestazioni esigenziale”
Le
prestazioni esigenziali sono raggruppate in famiglie di obiettivi generali che
il Regolamento vuol perseguire e sono:
-
QUALITA' MORFOLOGICA;
-
QUALITA'
ECOSISTEMICA;
-
QUALITA'
FRUITIVA;
-
SISTEMA QUALITA';
CONTENUTO
DEL REQUISITO.
Ogni
singolo requisito deve comprendere:
-
la definizione del requisito del tipo di intervento;
-
la scheda prestazionale del requisito, che è formulata attraverso:
metodo di calcolo;
metodo di verifica e di controllo di qualità del progetto;
metodo di progettazione;
attese di prestazione.
Le
schede prestazionali del requisito del tipo di intervento si riferiscono alle
funzioni correlate con i diversi tipi edilizi o destinazioni d’uso:
Tutti
i metodi di calcolo e le prove, sia di laboratorio sia in opera, riportati nel
Regolamento Edilizio, fanno riferimento a schemi sperimentati. Qualora esistono
delle direttive o norme (CEE, CNR, UNI; ecc.) o altri studi di comprovata
esperienza il progettista può farne uso citando espressamente i riferimenti
progettuali.
CLASSIFICAZIONE
DEL REQUISITO.
Elenco
degli obiettivi delle prestazioni e dei requisiti:
-
QUALITA' MORFOLOGICA
Conservazione e valorizzazione degli spazi urbani tessuti ed edifici
(storici, 4 requisiti); (esistenti, 4 requisiti);
Qualità
morfo-tipologica degli spazi urbani, tessuti ed edifici di progetto, 4
requisiti.
-
QUALITA' ECOSISTEMICA
Tutela
del suolo, 6 requisiti;
Salvaguardia
formazione del verde, 7 requisiti e Allegato 1 Capitolato speciale tipo per
appalti di opere a verde;
Bioecologicità
dei materiali, 5 requisiti;
Igiene,
salute e ambiente, 23 requisiti;
Protezione
da agenti inquinanti, 8 requisiti;
Protezione
dal rumore, 9 requisiti;
Risparmio
energetico e isolamento termico, 16 requisiti.
-
QUALITA' FRUITIVA
Fruibilità
di spazi e atttrezzature, 5 requisiti.
-
SISTEMA SICUREZZA
Resistenza
meccanica e stabilità, 1 requisito;
Sicurezza
ai fini antincendio, 4 requisiti.
-
SISTEMA QUALITA'
Regole
e conduzione del processo edilizio, 2 requisiti.
I
contenuti dei requisiti (specifiche e livelli di prestazione, metodi di calcolo
e di misura, ecc.), sono stati elaborati in appositi allegati ai regolamenti di
Ariccia e Vezzano Ligure prima citati.
Ogni
requisito, è messo in relazione al proprio campo di applicazione individuato
dalle destinazioni d’uso e/o dalle funzioni degli spazi edificati e dei quelli
aperti e sistemati a verde.
Il
progetto definisce nella relazione tecnica, quali requisiti, sono interessati
dal progetto presentato in relazione alla destinazione d’uso, tipo di
intervento e attività.
VALUTAZIONE
DELLA QUALITA' GLOBALE, CERTIFICATO DI QUALITA’, INCENTIVI.
Il
certificato è attribuito all'edificio quando siano stati applicati i requisiti,
quelli dichiarati e presenti nella relazione tecnica allegata al progetto e
siano verificati i parametri ambientali per la valutazione della Qualità
Globale.
I
requisiti, sono verificati in sede di collaudo, secondo i parametri e i metodi
di verifica riportati per ogni requisito nelle schede tecniche allegate.
Il
comune di Vezzano Ligure si prefigge di promuovere l’utilizzo di principi
della bioedilizia nelle attività di edilizia su tutto il territorio comunale al
fine di una tutela ambientale ed un incremento di qualità della vita negli
ambienti confinati.
Al
fine di raggiungere gli obiettivi sopra scritti l’Amministrazione Comunale
stabilisce un sistema di incentivi da applicare per tutti gli operatori che
vogliano perseguire i principi del costruire ecologico ed ottenere così il
certificato di qualità bioecologica
Per
gli operatori che intendono acquisire il certificato di qualità bioecologica
per tutte le destinazioni e quindi accedere agli incentivi previsti, il
regolamento prevede corsie preferenziali nell’iter di approvazione dei
progetti, scomputo sugli oneri concessori. attivazione di meccanismi per il
reperimento di fondi di finanziamento con la partecipazione dell’ente
pubblico.
Il
progettista ed il costruttore certificano sotto la propria responsabilità per
gli effetti di cui all’art. 481 del codice penale che le opere sono state
progettate e verranno eseguite secondo i requisiti di bioecologicità di cui
alle prestazione raccomandate di
bioecologicità contenute negli obiettivi prima elencati.
Arch.
Maurizio Crocco
SR+V
SISTEMA REGOLAMENTO+VALUTAZIONE
Il
sistema denominato SR+V
si compone di un Regolamento Edilizio abbinato ad uno Strumento di Valutazione [VSA]
e costituisce una piattaforma completa e semplice per una efficace protezione
ambientale sia a livello preventivo che sul costruito esistente. Attualmente
approvato ed in fase di sperimentazione nel comune di Vezzano Ligure (Sp). La
metodologia e’ stata illustrata in occasione del Seminario di Studi “Verso
un Nuovo Regolamento Edilizio” CNR, Bari nel 2001
[ http://www.iris.ba.cnr.it ] e
nella sezione Assessment Tools della “Sustainable Building ‘02”
International Conference, Oslo, Norvegia. [ http://www.sb02.com
]
Il
RE di Vezzano fa seguito al RE di Ariccia e come questo, in modo più
articolato, propone, per il raggiungimento degli obiettivi prefissi
dall’Agenda 21 locale, un insieme di regole che definiscono
chiaramente tutti gli aspetti per una progettazione edilizia ecocompatibile,
parallelamente ad uno strumento di valutazione che possa
restituire con chiarezza la complessita’ dei fattori coinvolti in questo
ambito.
L’insieme
di regole compone un RE
strutturato come strategia di intervento preventivo, ed investe in primo luogo
la preservazione del capitale naturale ed in un secondo la salute e la sicurezza
dell’uomo per quanto riguarda il settore urbanistico, e piu’ in particolare
quello dell’edilizia.
Il
Regolamento è redatto seguendo il principio "prestazionale" della
norma, che sostituisce alla norma di tipo "prescrittivo " e
"descrittivo", la norma che fa riferimento a "requisiti di
prestazione".
I
requisiti sono raggruppati in "prestazioni esigenziali" in
relazione alle esigenze al cui soddisfacimento fanno riferimento, secondo quanto
disposto dalla direttiva CEE 89/106 sui prodotti da costruzione, e sono
raggruppate in famiglie di obbiettivi generali che il Regolamento vuol
perseguire. Il certificato è attribuito all'edificio quando siano stati
applicati i requisiti, quelli dichiarati e presenti nella relazione tecnica
allegata al progetto e siano verificati i parametri ambientali per la
valutazione della Qualità Globale.
Lo
strumento di valutazione VSA
– Valutazione di Sostenibilità Ambientale - e’ stato sviluppato come
proseguimento ed insieme miglioramento delle altre metodologie esistenti a
livello mondiale quali il BREEAM nel Regno Unito, il TWIN in Olanda, il LEEDS
negli USA ed il recente CASBEE in
Giappone.
Con
la consapevolezza rivolta alla criticità della fase di verifica all’interno
di un processo volto ad agevolare quelle costruzioni che complessivamente
riducano il totale delle emissioni e con la volontà di considerare quindi tutte
le sorgenti estese all’intero ciclo di vita dell’organismo edilizio, la
VSA si prefigge lo scopo di valutare, dal punto di vista preventivo (da parte
del progettista) e di verifica (da parte dell’autorità), l’insieme dei
fattori che contribuiscono al danno ambientale tramite un indice sintetico
finale che può fungere da termine di paragone tra diversi edifici, essendo
riferito al metro cubo costruito.
Il
quadro metodologico
La
struttura della Valutazione di Sostenibilità Ambientale – VSA, ricalca quella
oramai consolidata del Ciclo Vitale, analizzando i flussi generati dal costruito
durante ogni momento della vita utile del manufatto. Inizialmente vengono,
dunque, individuati tutti i materiali da
costruzione (P’) necessari per la costruzione e la manutenzione
dell’edificio, influenzati dai coefficienti relativi la loro ‘scarsità,
‘rinnovabilita’ e ‘tossicita’, poi le componenti
assemblate derivate da ciascuna connotante strutturale (fondazioni,
strutture primarie, secondarie, coperture, etc.) composte dagli stessi materiali
ma a seconda della tipologia di aggregazione determinano due ulteriori
coefficienti medi relativi la ‘durabilita’ (d’) e il ‘riuso/riciclaggio’
(rr’), che modificheranno nuovamente il valore precedente. Successivamente si
aggiungeranno a questo totale, tutte le risorse accessorie (A’), per
raggiungere il valore finale Rt.
Inputs
(comprensivi di outputs) relativi il manufatto edilizio.
I
valori dell’energia inglobata (ei), che esprimono il contenuto energetico per
unità di peso dei materiali, vengono sommati fra loro ed aggiunti al fabbisogno
energetico medio annuo della nuova costruzione (E), per derivare il totale Et. I
costi relativi i materiali come prodotti finiti, si sommano al costo della
manodopera per le fasi di costruzione e manutenzione, poi al costo della
gestione (come spesa media annua) ed infine ai costi di demolizione e
smaltimento per ottenere Ct.
L’indice
di sostenibilità ambientale
Il
progettista deve poter avere la possibilità di verificare che l’insieme delle
soluzioni costruttive e prestazionali diano complessivamente un risultato
positivo, anche più volte durante l’iter progettuale, ed ancor di più, di
individuare eventualmente quali sono i fattori di squilibrio del sistema.
Una
volta ricavati i valori delle risorse R, dell’energia E, e dei costi C saranno
inserirli nel diagramma REC (Fig. 2) dove, individueranno un punto x,y,z la cui
distanza dall’origine rappresenta l’indice di sostenibilità ambientale relativo al sistema
in questione. Questo valore verrà rapportato ai metri cubi totali del costruito
ricavando un valore finale per mc, creando in questo modo una base comparativa
tra costruzioni di differente entità ma con destinazioni simili. Il metro cubo
medio potrà essere costruito utilizzando non più di una data quantità di
R-E-C (Sm). Minore questa
grandezza, che nel diagramma risulta come la diagonale del parallelepipedo
creatosi, maggiore il grado di sostenibilità.
La
rappresentazione grafica permette comunque, oltre ad individuare l’indice
aggregato ed i possibili sbilanciamenti verso uno o l’altro asse, di vedere i
risultati parziali rispetto ad ogni fase del ciclo vitale.
Diagramma REC per
l'individuazione dell'indice di sostenibilità ambientale - isa
Una
caratteristica importante di tale diagramma e’ la flessibilità che concede al
progettista di gestire i tre fattori liberamente con l’unico vincolo dettato
dalla distanza dell’isa
dall’origine. E’ possibile in questo modo individuare differenti settori con
distanze decrescenti verso l’origine per applicare così un sistema di
incentivi economici/fiscali.
Conclusioni
Il
controllo tramite l’analisi dei flussi rappresenta sempre più una esperienza
fondamentale ed imprescindibile nel processo progettuale. In questo senso
e’importante arricchire il concetto di qualità edilizia con contenuti di
rinnovata compatibilità ambientale, che investano l’insieme di tutte le
risorse che compongono e rendono operativo l’organismo architettonico, e, da
non dimenticare, quelle necessarie per il suo smaltimento.
La
Valutazione di Sostenibilità Ambientale – VSA e’, dunque, una risposta alle
attuali restrizioni culturali che mantengono il pensiero ecologico distante
dalla progettazione. Essa si propone di:
-
Ottimizzare lo sfruttamento delle
risorse, dalla produzione allo smaltimento del costruito e dei suoi componenti,
al bilancio energetico totale, parallelamente ai relativi costi.
-
Dirigere le scelte progettuali
verso un utilizzo più consistente delle fonti rinnovabili, sia nell’ambito
dei materiali da costruzione, che nelle caratteristiche bio-climatiche
dell’edificio.
-
Incentivare l’uso di materiali a
bassa energia inglobata, e bassa tossicità durante l’intero ciclo vitale
relativo al singolo materiale.
-
Integrare la fase di smaltimento
delle componenti dell’edificio nelle competenze del progettista, tendendo
verso materiali e componenti edilizie riciclabili o riutilizzabili, e quindi di
facile smantellamento.
Arch.
Alessandro Frezza
ENERGIA
TRA PICCOLE E GRANDI SCELTE : DALLA GUERRA IN IRAQ AI PANNELLI SOLARI
Un’occhiata
alle riserve ed al consumo di energia nel mondo è uno strumento molto utile per
immaginare il futuro a breve termine. I paesi che (stime ENI del 2003)
detengono le maggiori riserve di petrolio sono Medio Oriente, Africa
centro orientale, America latina e Cina insieme dispongono del 93 % dei 1000
miliardi di barili che consideriamo ancora disponibili. La situazione di
squilibrio è schiacciante se si confronta questo dato con quello dei consumi di
energia pro-capite nel mondo. Oltre il sessanta per cento dell’energia viene
consuma in aree che sono quasi del tutto prive di riserve di petrolio: Giappone,
Europa e America Settentrionale.
Considerando
che a livello mondiale il petrolio copre oggi il 36 % delle fonti di energia e
che la situazione di squilibrio non varia molto se aggiungiamo il gas, è chiaro
che la fornitura di energia nel prossimo futuro sarà estremamente instabile.
Un equilibrio che rischia di
precipitare appena i rapporti di forza presentano piccole modifiche.
Mantenere
invariata questa situazione è uno degli obiettivi su cui i paesi
industrializzati oggi investono la maggior parte delle loro ricchezze.
Due
elementi raffigurano la situazione in maniera molto sintetica: la quantità di
risorse dedicate annualmente alle spese militari e la percentuale sul totale
delle testate nucleari nei paesi ricchi e l’elenco delle ultime guerre
combattute sullo scenario internazionale.
Gli
Stati Uniti d’America ,ad esempio, sono il paese leader 38,8 % delle
spese militari mondiali ed il 48,8% delle testate nucleari ; una scelta
chiara se si calcola l’autonomia in termini di energia che avrebbero gli
Stati Uniti se facessero riferimento per coprire i propri consumi alle sole
riserve interne: 3 anni, a fronte dei circa 650 per l’Iraq.
Per
quanto riguarda le ultime guerre (terminate o in corso), elencando solo quelle
legate indiscutibilmente alla fornitura di combustibili fossili si ha una
lista già piuttosto lunga: Angola 1975, Sudan 1983, Iran-Iraq 1980-1988, Congo
Brazzaville 1992, Nigeria 1993, Iraq 1991, Cecenia 1994 Rep. Democratica Congo
1998, Afganistan 2001, Iraq 2003.
Su
questi temi la soluzione militare è stata finora la strada predominante: si è
cercata invece una trattativa internazionale su un’altra questione
strettamente legata all’uso dei combustibili fossili, l’effetto serra. La
combustione degli idrocarburi, divenuta centrale con la rivoluzione industriale,
sta determinando in due o tre secoli la liberazione in atmosfera di tutta
l’anidride carbonica, che era stata fissata con la fotosintesi in decine di
milioni di anni. La variazione di concentrazione di questo gas in atmosfera ha
come effetto, riconosciuto ormai da buona parte della comunità scientifica, un
graduale surriscaldamento del pianeta.
Questo
effetto è il meccanismo che ha permesso sinora la vita sulla Terra: infatti la
temperatura media del pianeta è di circa 15 gradi e non è di circa - 20 °C ,
appunto per la presenza di gas in atmosfera che tendono a catturare l’energia
contenuta nella radiazione solare. La variazione della loro concentrazione può
portare variazioni climatiche difficilmente prevedibili ma comunque disastrose:
l’acqua degli oceani surriscaldandosi
aumenta di volume, facendo innalzare il livello dei mari; i ghiacciai tendono a
sciogliersi, la desertificazione avanza, i fenomeni estremi si moltiplicano, le
specie animali e vegetali migrano o si estinguono. Nonostante queste questioni
siano state individuate e confermate da oltre un decennio di lavori e studi sul
tema, il protocollo di Kyoto subisce continuamente ritardi e violazioni.
Le
misure che il protocollo prevede sono limitatissime rispetto alla reale necessità
di intervento: riduzioni delle emissioni di gas serra del 5,2 % rispetto ai
livelli del 1990. Un obiettivo dieci volte maggiore potrebbe forse avere un
risultato commisurato con il problema.
Ma
anche su scala ridotta sembra impossibile imporre alla nostra economia una
inversione che preveda la riduzione di emissioni di anidride carbonica.
La
questione di fondo è che questa richiesta equivale a quella di bloccare il
ritmo di crescita e produzione del sistema capitalista: non esistono
miglioramenti dell’efficienza dei sistemi produttivi o misure di contenimento
delle dispersioni che tengano, riportare la concentrazione di CO2
indietro significa interrompere la crescita esponenziale che l’utilizzo dei
combustibili fossili ha permesso. E all’oggi non esiste una risposta
tecnologica che permetta di sostituire in tempi rapidi e con costi ragionevoli
un’altra risorsa energetica agli idrocarburi, mantenendo inalterato il
ritmo di consumo.
Nel
tentativo di dare una soluzione alle crisi cui andiamo incontro, la strada che a
noi sembra obbligata è mettere in discussione il sistema economico attuale per
arrivare al più presto a:
•
L’arresto della crescita mondiale del consumo di energia e alla sua
progressiva riduzione
•
La trasformazione del modello produttivo e di consumo
•
La redistribuzione mondiale del consumo di energia
•
La scelta di un modello energetico che bandisca combustibili fossili
e nucleare
•
La programmazione dei consumi energetici sul potenziale del sole
L’analisi
tracciata molto rapidamente (per esigenze di spazio) e l’urgenza nel proporre
pubblicamente
questi argomenti, sono tema di discussione nella nostra cooperativa da
qualche anno.
T.E.R.R.E.
, Tecnologie ad Energie Rinnovabili e Risparmio Energetico, nasce nel 1999 , con
l’obiettivo di fornire un reddito ed un luogo di crescita e
sperimentazione (individuale e collettiva)
ai suoi soci .
La
cooperativa, e si occupa di:
-
Progettazione,
realizzazione, installazione ed assistenza tecnica di sistemi alimentati da
energia rinnovabile e misure per il risparmio energetico
-
Attività
didattica e formazione professionale nei campi energetico e ambientale
-
Promozione
ed informazione su sviluppo sostenibile ed uso appropriato delle risorse.
Abbiamo
scelto la nostra sede operativa in un centro sociale , ‘La Torre’, perché
condividiamo con i centri sociali una critica radicale dell’esistente che ci
porta a sperimentare nell’autogestione la possibilità di incidere sulla realtà.
Dal
punto di vista dell’organizzazione interna, T.E.R.R.E. è un continuo
esperimento: all’inizio abbiamo stabilito degli obiettivi condivisi (produrre
reddito in maniera non ‘sommersa’, lavorare sulle tematiche ambientali ed
energetiche, condividere le conoscenze e le responsabilità, lavorare anche su
temi e in contesti che non producessero reddito ma pieni per noi di senso)
e dei criteri condivisi (no alle gerarchie, no alla settorializzazione,
scelta collettiva dei lavori cui partecipare). Periodicamente modifichiamo
regole interne, tempi e modi per provare a centrare gli obiettivi che ci diamo.
Abbiamo
allestito un centro dimostrativo per le tecnologie da fonte rinnovabile nel
Casale che ospita il centro sociale (lavoro ancora in fase di realizzazione ed
ampliamento): è stata un’occasione per sperimentare e monitorare alcune
tecnologie ed un utile strumento di didattica con le scuole e non solo.
Cooperativa
T.E.R.R.E.
ECOVILLAGGIO
POLICENTRICO NELLA BIOREGIONE DELLA VALLE DEL TREJA
Attualmente
il 70% della popolazione laziale vive nella città di Roma, ciò implica un
serio squilibrio nella program-mazione dello sviluppo economico delle entità
territoriali comprese nella Regione. Occorre un riequilibrio, sia nella
suddivisione delle competenze che delle strutture come pure nella delimitazione
amministrativo-geografica delle varie realtà e comunità provinciali. L'occasione
per questo riassetto funzionale viene offerta dall'imminente attuazione di una
nuova entità regionale per l'Area Metropolitana di Roma che può condurre alla
riaggregazione (su base di affinità cultur-ale, economica ed ambientale) delle
restanti province storiche del Lazio. Ad esempio, in chiave bioregionale, si
può oper-are l'integrazione della provincia viterbese allargandola a tutta
l'area storica della Tuscia (compresa l'area attualmente rica-dente in provincia
di Roma) mantenendo capoluogo Viterbo e ripartendo competenze amministrative
decentrate a Civitavecchia e Civita Castellana. Questo ampliamento e
decentramento, in piena omogeneità territoriale economica e ambientale, darebbe
alla Tuscia quel valore aggiunto necessario ad un serio sviluppo progettuale e
sociale. La chiave bioregionale aprirebbe la porta d'ingresso di una nuova
realtà provinciale basata su una identità territoriale specifica fornendola
inoltre della capacita di rapportarsi a Roma ed all'arca metropolitana con
maggiore incidenza collaborativa. Nella prospettiva di un necessario riassetto
generale del Lazio (sia per la Tuscia, che per le altre territorialità la della
Sabina, Ciociaria e Agro Pontino) le idee bioregionali trovano sempre più
adepti e hanno trovato il favore di vari studiosi e tec-nici, esse sono
facilmente condivise anche dai nuovi movimenti ecologisti e di pensiero tra cui
la Rete Bioregionale Italiana sorta per promuovere una visione ecologica
dell'abitare il proprio luogo integrando diritti civili, valori umani e
identità locale con il contesto naturale.
Ed
ora una chiarificazione relativa al signifi-cato del termine 'Bioregionalismo'.
Questa parola sovente risulta ostica ed incomprensibile (a chi non vi e avvezzo)
e come ogni neologismo chiede un po’ di tempo per entrare nella consuetudine
lessicale. Bioregionalismo (dal greco Bios/vita e dal latino Regere/governare)
sta ad indicare la capacità dell'uomo di rapportarsi all'habitat, in simbiosi
mutualistica con tutti i suoi abitanti ed dementi, in un criterio di ecologia e
di relazione, nella reciproca appartenenza al luogo. Quindi nulla a che vedere
con l'etnia delle popolazioni (che e un aspetto specifico della società umana).
Infatti, per la compartecipazione bioregionale di un certo territorio viene
richiesta la sola presenza ed esistenza. Dico ciò per chiarire che il
Bioregionalismo non promuove campanilismi o xenofobie. Per fare un esempio più
concreto prendo in prestito quanto espresso da Menenio Agrippa che comparo le
molteplici funzioni dello stato agli organi del corpo umano (stomaco, fegato,
arti, etc.)- Tutti questi organi (che territorialmente sono le bioregioni)
-assieme- provvedono al buon funzionamento della vita (1'habitat) e delle
strutture sociali (istituzioni). In tale sinergia decade ogni nota di 'preferenza'.
Essendovi solo una semplice differenziazione funzionale dei diversi compiti.
"Le
multinazionali alimentari negano a miliardi di esseri umani il naturale diritto
alla liberta, alla vita ed alla salute con-dannandoli ad un perenne stato di
intossicazione causata dalla malnutrizione dell'abbondanza", Massimo
Andellini.
Paolo
D'Arpini
CIVITELLA
CESI ESEMPIO DI FITODEPURAZIONE
L’accettabilità
sociale delle opere di impiantistica ambientale passa attraverso una
progettazione che contemperi le esigenze di un buon rendimento depurativo con la
massima riduzione delle emissioni, dei rumori e con un’adeguata qualità
architettonica.
Questa
operazione deve nascere da una lettura attenta delle qualità del luogo
prescelto e dal riconoscimento dei suoi valori ambientali. Gli aspetti visivi di
un luogo, infatti, devono essere riletti attraverso le specificità
geomorfologiche, naturalistiche e quelle dovute al sovrapporsi delle
trasformazioni operate dall’uomo nelle diverse epoche.
Come
stabilito dall’art.31, comma 2 del D.Lgs. 152/99 e successive modifiche e
integrazioni, gli scarichi di acque reflue urbane che confluiscono nelle reti
fognarie, provenienti da agglomerati con meno di 2.000 A.E. e recapitanti in
acque dolci ed in acque di transizione marino-costiere devono essere sottoposti
ad un trattamento appropriato, in conformità con le indicazioni dell’Allegato
5 dello stesso Decreto.
I
trattamenti appropriati includono sia tecnologie di tipo naturale (quali
fitodepurazione e lagunaggio) sia altre tecnologie a gestione semplice (quali i
filtri percolatori o gli impianti ad ossidazione totale).
La
fitodepurazione è un sistema di trattamento a ridotto impatto ambientale,
definito anche di tipo “naturale”, basato principalmente su processi
biologici. Gli impianti di fitodepurazione sono costituiti da ambienti umidi
riprodotti artificialmente in bacini impermeabilizzati, attraversati, con
diversi regimi di flusso, dalle acque reflue opportunamente collettate. Anche se
realizzati con materiali tecnologici, tali impianti hanno l’aspetto di stagni
e canneti e consentono quindi un buon inserimento ambientale purché progettati
con attenzione rispetto al contesto paesaggistico. Tali sistemi sono
caratterizzati dalla presenza di specie vegetali tipiche delle zone umide (macrofite
igrofile), radicate ad un substrato di crescita o flottanti sullo specchio
d’acqua. Le piante e, soprattutto, le comunità microbiche che si sviluppano
all’interno del sistema sono responsabili del processo depurativo.
La
fitodepurazione può essere applicata a reflui di diversa tipologia (domestica,
industriale, agricola, ecc.) e può essere utilizzata per il trattamento
secondario e terziario dei reflui urbani. Il suo funzionamento è caratterizzato
da un’elevata tolleranza alle oscillazioni di carico organico ed idraulico,
per cui risulta adatta anche per il trattamento dei reflui provenienti da
agglomerati con popolazione fluttuante.
E’
possibile distinguere i sistemi di fitodepurazione in:
•
sistemi con macrofite galleggianti;
•
sistemi con macrofite radicate sommerse;
•
sistemi con macrofite radicate emergenti:
– a flusso superficiale;
– a flusso sub-superficiale (orizzontale o verticale).
La
superficie richiesta per A.E., che scaturisce dall’applicazione dei calcoli di
dimensionamento, dipende dalle caratteristiche del refluo da trattare, dalla
tipologia di impianto prescelta, dalle caratteristiche meteoclimatiche e
ambientali del sito di ubicazione e dal livello di abbattimento delle sostanze
inquinanti che si intende perseguire.
Gli
impianti di fitodepurazione una volta realizzati permettono modeste possibilità
di regolazione, pertanto risulta di fondamentale importanza eseguire con cura le
fasi di progettazione e dimensionamento.
Gli
impianti di fitodepurazione sono sistemi caratterizzati da una estrema semplicità
gestionale, elevata flessibilità funzionale (nei confronti del carico organico
e idraulico) e da bassissimi consumi energetici.
I
sistemi più diffusi in Italia sono quelli a flusso sub-superficiale, in quanto,
rispetto alle altre tipologie impiantistiche, presentano numerosi vantaggi,
quali: il più facile inserimento ambientale; l’elevata efficienza depurativa
anche nei mesi invernali (soprattutto in relazione all’abbattimento dei solidi
sospesi, del carico organico e della carica batterica); la maggiore semplicità
di gestione e manutenzione; l’assenza di problemi legati all’insorgenza di
cattivi odori e alla presenza di insetti.
I
sistemi di fitodepurazione presentano tuttavia alcune limitazioni che devono
essere valutate a livello di scelta progettuale e gestite con accortezza.
Scavo
delle vasche di fitodepurazione
Vasche
con le canne palustri cresciute
Ing.
Francesco Treta
EOLICO
E GRUPPI D’ACQUISTO
Gruppo
Autoproduttori Energia Eolica
sul
Lago di Bracciano (Roma)
Per
un'energia sostenibile senza guerre e distruzione dell'ambiente
Obiettivo
Il
Gruppo Autoproduttori Energia Eolica ha come obiettivo l'acquisto,
l'allestimento e la gestione di piccoli impianti di generazione elettrica
attraverso l'energia eolica, a scala domestica, per tutti gli aderenti. Vuole
promuovere una cultura alternativa al consumo energetico (senza rubare le
risorse ad altre popolazioni e privarne le generazioni future, senza dover
scatenare guerre, senza dover distruggere l'ambiente, senza dover tappezzare il
paese con elettrodotti, producendo l'energia sul posto di consumo).
Agire
in gruppo ha i seguenti vantaggi:
-
ottenere
migliori condizioni di prezzo per il macchinario attraverso acquisti
collettivi
-
scambiarsi
informazioni pratiche su tecnologie e problemi di istallazione/gestione
-
ottenere
condizioni favorevoli per prestiti relativi all'investimento in energie
alternative
-
trattare
in gruppo con le imprese per l'elettricità (ENEL) per ottenere il
netmeetering come già previsto dalla normativa europea.
-
trovare
maggior ascolto presso gli enti locali sui temi dell'energia sostenibile
Gli
aderenti al gruppo intendono dotarsi di un piccolo impianto eolico sul proprio
terreno per produrre energia elettrica in modo autonomo. E' necessario disporre
di un lotto di terreno non urbano (turbolenze da altri palazzi, fastidio visivo
per i vicini) e ovviamente sufficientemente ventilato.
Vento
Per sapere se l'energia dal vento è sufficiente nelle propria zona non servono,
per un piccolo impianto, costose misurazioni. Basta osservare il portamento
degli alberi.
Nella
figura affianco: Da
zona II (4-5 m/s) le risorse di vento sono interessanti ai fini di uno
sfruttamento.
Uso
dell'energia
L'energia
eolica non è disponibile sempre, ma solo quando soffia (abbastanza) vento. E'
quindi necessario immagazzinarla: in batterie, riscaldando acqua o pompandola in
un serbatoio oppure immettendo l’energia elettrica in rete. Oltre alla
generazione dell'energia per il carico di batterie (nel caso di abitazioni
isolate dalla rete) sono oggi tecnologicamente mature tre applicazioni:
il
pompaggio di acqua dal pozzo
Il
generatore viene collegato direttamente ad una pompa elettrica. Simile ai vecchi
mulini con pompa, tanto diffuse anche nella Tuscia, quando c’è vento
l’acqua viene sollevata ed immagazzinata in un serbatoio. Due i vantaggi
principali rispetto ai vechi impianti meccanici: 1- la pala non deve trovarsi
necessariamente sopra il pozzo, ma può essere collocata in un punto del terreno
con migliore ventilazione. 2 – I generatori moderni con le pale aerodinamiche
sono molto più efficienti rispetto ai vecchi mulini, hanno meno parti
meccaniche (nessun ingranaggio). Hanno quindi bisogno di meno manutenzione e si
girano automaticamente fuori dal vento in caso di tempesta.
il
riscaldamento dell'acqua calda
L'energia
elettrica riscalda una serpentina in un boiler. Quest'istallazione è
particolarmente semplice, necessita tuttavia di qualche dispositivo di
regolazione (inverter e controllore di carico). Funziona del tutto slegata dalla
rete elettrica e si abbina anche bene ad impianti solari termici, considerando
che il vento è presente maggiormente nella stagione invernale, ovvero quando c'è
meno sole.
il
netmeetering
Consiste
nella immissione in rete della corrente generata dal vento, attraverso un
secondo contatore montato dall'ENEL. L'energia guadagnata non può - nel
conguaglio annuo - superare quella erogata, ovvero - in linea di massima si
arriva ad una bolletta della luce con spesa 0. Per ora questa normativa è
prevista solo per gli impianti fotovoltaici, ma viene applicata in maniera
ufficiosa anche al piccolo eolico. E' necessario un inverter/stabilizzatore
omologato che produce corrente "pulita" per l'immissione in rete ed un
secondo contatore montato dall'ENEL (costa attualmente € 60,00/anno)
Il
generatore (turbina eolica)
I
piccoli generatori eolici hanno generalmente tre pale, diametri tipici da 2-3 m
e producono, a secondo il modello dai 900 W - ai 1500 W nei venti forti (28-30
mph), ma è più importante conoscere la loro produzione mensile ad una velocità
media del vento. A seconda la ventilazione dell'area di istallazione e l'uso
intelligente dell'energia, con un piccolo impianto (diametro pale di 3 m) si
riesce a coprire dal 50% al 100% del fabbisogno di energia elettrica di una casa
unifamiliare. Esistono vari modelli di turbine in commercio. I prodotti
americani hanno un buon rapporto prezzo/qualità, avendo negli Stati Uniti il
piccolo eolico una tradizione ventennale alle spalle.
Esistono
anche modelli di fabbricazione africana (dallo Zimbabwe), eccellenti per
robustezza e affidabilità e con ottime valutazioni nei test di performance,
tanto da essere largamente esportati negli Stati Uniti ed anche in Europa.
Un ottimo esempio per la globalizzazione “invertita”.
Torre
Per
captare bene il vento è necessario montare il generatore su una torre, di
altezza non inferiore a 10 m (meglio 15-30 m). Più alto si va, più forte sarà
il vento, meno forte le turbolenze. E' bene sapere che con il raddoppio della
velocità del vento l'energia in esso contenuta aumenta al cubo. Non conviene
montare il generatore su un edificio, dato che può trasmettere vibrazioni con
venti forti e l'edificio crea turbolenze che sollecitano a dismisura il
generatore.
Le
torri possono essere comprate "pronte all'uso" oppure auto-costruite.
I modelli più economici già pronti all'uso sono torri strallate (con tiranti)
che possono essere montate senza particolari macchinari a mano da due persone
(fino a 20 m di altezza).
Le
torri a traliccio sono in genere più costose, se costruite a forma di piramide
non necessitno però di tiranti. In alcuni casi potrebbe essere conveniente
adattare e riutilizzare le vecchie torri a traliccio dei mulini per il pompaggio
dell’acqua.
Istallazione
La
turbina viene fornita pronta per essere montata sul supporto (torre). Occorre
qualche dimestichezza di bricolage per il montaggio. E' necessario comunicare
l'istallazione al Comune, ma non dovrebbe essere soggetta a concessione (può
variare da comune a comune).
L'impianto
A
secondo l'uso prefigurato cambia il tipo di impianto. Per l'autocostruzione è
richiesta dimestichezza con gli impianti elettrici. In caso di interconnessione
con la rete è necessario che l'allaccio dell'inverter/stabilizzatore venga
eseguito da un perito tecnico abilitato. Oltre alla combinazione solare
termico/riscaldamento integrativo dell'acqua calda sanitario e/o del circuito di
riscaldamento mediante generatore eolico, è possibile abbinare l'eolico con i
panelli fotovoltaici. In questo modo è possibile sfruttare alcuni componenti (inverter/stabilizzatore
per l'immisione in rete) per ambedue le fonti.
Costi
Alcuni
esempi, a titolo indicativo
|
articolo
|
produzione
|
prezzo
indicativo incl.IVA
|
Turbina
diametro 2,10 m, produzione mensile 55 kWh con velocità media del vento
di 3,5 m/s (7,8 mph)
|
USA
|
1800
Euro*
|
Torre
strallata 10 m
|
Italia
|
600
Euro
|
Inverter
per la connessione in rete (potenza nominale in uscita 1200 W)
|
Germania
|
2400
Euro
|
Inverter
semi-sinusoidale, potenza nominale in uscita 1000 W
|
Germania
|
500
Euro
|
*
soggetto a modifiche del cambio Euro/dollaro
Agevolazioni
Non
sono previsti finanziamenti particolari per gli impianti eolici domestici (a
differenza del fotovoltaico). Tuttavia, trattandosi di impiego di fonti
energetici rinnovabili, si può usufruire della detrazione IRPEF del 36%,
inoltre l'IVA dovrebbe essere del 10%. Diverse banche, fra le quali la banca
etica e le banche di credito cooperativo concedono prestiti particolari per i
progetti di fonti energetiche rinnovabili.
Conviene
l'eolico domestico?
I
costi dell'energia eolica sono inferiori a quelli degli impianti fotovoltaici e
possono, in un luogo con venti sostenuti, ripagare la spesa dell'investimento in
ca. 10 anni (la durata di vita di un generatore eolico va dai 20 ai 30 anni). Più
è grande l'impianto, più conviene (a differenza del fotovoltaico, dove il
costo è proporzionale alla superficie dei panelli). Proibitivo ancora il costo
degll'inverter per l'immissione in rete. Unico modo per aggirarlo: installare un
impianto misto eolico/fotovoltaico, ove il costo dell'inverter viene sostenuto
in buona parte dal finanziamento pubblico.
La
convenienza dell’eolico aumenta però nel tempo:
· contrariamente alle risorse energetiche fossili, il vento non tende ad esaurirsi
ma aumenta su scala globale per effetto dei cambiamenti climatici
· la ristrettezza dell’energia fossile e il bisogno sempre crescente di energia
fa salire i prezzi dell’elettricità
Purtroppo
l'attuale politica energetica italiana non incoraggia l'uso dell'energia eolica
su piccola scala, avendo favorito i megaparchi dell'eolico. Questa logica è in
contrasto con i vantaggi principali dell'energia eolica: produrre l'energia dove
serve, e con mezzi disponibili un po' ovunque. Serve quindi anche uno spirito
pionieristico e la voglia di cambiare le cose partendo dalle mura domestiche.
Johannes
Heger
Sito
WEB del Gruppo Autoproduttori Energia Eolica www.badgir.it
Altri
siti WEB sul tema
ISES
Italia - Sezione Italiana dell'International Solar Energy Society
http://www.isesitalia.it/
Mailing
List internazionale sul piccolo eolico (awea wind home)
http://www.yahoogroups.com/list/awea-wind-home
Scoraig
Wind Electric (Scozia) http://homepages.enterprise.net/hugh0piggott/
Dati
meteoroligici Vigna di Valle
http://web.tiscali.it/anbareh/vigna_di_valle_dati.html
Libri
Paul Gipe, Eletttricità dal vento, Impianti di piccola scala, Franco Muzio Editore,
2002, Euro 16,50
Disciplina
scambio energia http://web.tiscali.it/anbareh/pdf/disciplina_scambio_energia.pdf
(pdf)
Introduzione
al piccolo eolico http://web.tiscali.it/anbareh/pdf/small_wind_electric_systems.pdf
(in inglese, pdf)
Contatti
Per
maggiori informazioni, per partecipare e per aderire al progetto contatta info@badgir.it
tel. 06/45221067
RIFIUTI:
GESTIONE E TRASFORMAZIONE
Parlando
di rifiuti non si può fare a meno di effettuare una riflessione più generale
sullo stato dell’ambiente e sui meccanismi che generano pressioni una volta
inimmaginabili.
Pressioni
che sono il motore di quello che ormai è conosciuto come il problema della
insostenibilità dell’attuale modello di produzione e di consumo.
Non
è infatti solo la disponibilità di risorse che minacciano la nostra società,
come si pensava all’epoca del famoso libro del MIT “i limiti dello
sviluppo” del 1970, ma le conseguenze ecologiche del flusso di materiali
indotto dall’uomo.
Le
società moderne estraggono e metabolizzano, infatti, ingenti quantità di
materiali molto maggiori di quanto non facciano le eruzioni vulcaniche o le
erosioni prodotte dal clima.
Gli
individui consumano direttamente cibo, vestiario e altro materiale. In
modo meno indiretto viene consumato materiale per le abitazioni, la fornitura
d’energia, per viaggiare e comunicare, per l’agricoltura e l’industria.
Negli Stati Uniti vengono utilizzate circa 80 Tonnellate di materiale annue a
testa. Per l’Europa dei 15 questa cifra è superiore alle 45 Tonnellate annue
a testa. Direttamente o indirettamente questa messa in circolazione di
materiali è causa di molteplici alterazioni dell’ambiente. All’ambiente è
richiesto di raccogliere le migliaia e migliaia di tonnellate che ci lasciamo
dietro sotto forma rifiuti ed emissioni in atmosfera. Possiamo parlare
dell’attuale crisi come di una crisi metabolica. Tra i problemi generati dalla
messa in circolazione e la trasformazione di grandi quantità di materiali vi è
certamente il problema dei rifiuti nei paesi industrializzati.
L’uso
di materiale può essere considerato una prima approssimazione della pressione
esercitata sull’ambiente.
L’obiettivo
della riduzione dei flussi dei materiali non si riferisce ad un particolare
sintomo o danno ambientale ma ha un impatto globale sul sistema. Nei paesi in
via di sviluppo si prevedono aumenti dei flussi dei materiali conseguenti ai
cambiamenti tecnologici e strutturale del decollo economico. Nei paesi
industrializzati le opportunità di aumento dell’efficienza e il principio di
equità fanno della dematerializzazione dell’economia un percorso chiave.
Negli
ultimi anni si è purtroppo imposto una sorta di pensiero unico, comune a
diverse appartenenze politiche neoliberiste di destra e anche alcune aree della
sinistra, secondo cui la nostra felicità deve per forza passare per l’aumento
delle crescita, della produttività del potere di acquisto e quindi dei consumi.
E’ questo pensiero il motore principale che, insieme all’aumento dei flussi
materiali, genera iniquità, guerre e squilibri di ogni genere.
La
difesa dell’ambiente si è in un certo senso occupata fino a tempi recenti dei
nanogrammi, cioè di quei processi che ponevano in gioco piccole quantità,
mentre è ora arrivata l’ora di occuparsi delle megatonellate, dei processi
cioè che, per le quantità in gioco, minacciano la sopravvivenza del pianeta
come oggi lo conosciamo.
L’obiettivo
deve essere invece quello di rompere l’accoppiamento tra aumento della
ricchezza (PIL) con l’aumento dei consumi materiali.
Manteniamo
e ampliamo quindi le campagne di misura e di monitoraggio ma occupiamoci anche,
e soprattutto, degli enormi flussi materiali che attiviamo.
Per
ogni bene o servizio esiste una quantità di materiale utilizzata per la sua
produzione che supera, a volte di molto, il peso del bene stesso. Si calcola,
per esempio, che un automobile richieda almeno 8 volte il proprio peso in
materiale (ed energia) utilizzato per essere prodotta. Questo peso rappresenta
l’Input di materiale necessario nel processo produttivo. La differenza tra
questo peso e quello del prodotto stesso è denominata “fardello ecologico”
del prodotto. Il confronto dell’input di materiale richiesto per prodotti che
forniscono lo stesso servizio può essere utilizzato per valutarne la
compatibilità ambientale. Nelle valutazioni circa la riduzione dell’input
materiale l’intero fardello ecologico deve essere considerato.
Obiettivo
fondamentale della dematerializzazione è la riduzione di un fattore 10
nei prossimi decenni dei flussi di materiali ed energia che gli uomini
sottraggono alla natura. La natura non conosce rifiuti, intesi come materiali
che non possano venire costruttivamente assorbiti e riutilizzati in qualche
altro posto del sistema naturale, ora o in futuro. Come nella natura i
“rifiuti” di una specie vengono continuamente trasformati con un dispendio
minimo in sostanze nutritive riutilizzabili da altri esseri viventi, così in un
sistema economico sostenibile moltissimi rifiuti possono essere materiali
preziosi per altri processi produttivi. Sulla base di questo principio è
possibile ridurre l’intensità di materiali e di energia dei processi di
produzione e di consumo, chiudere progressivamente i cicli dei materiali e
utilizzare le tecnologie che lavorano con i sistemi naturali e non contro di
essi (come purtroppo troppo spesso oggi accade).
Ma
attenzione: bisogna distinguere due tipi di cicli. Cicli dei materiali veri e
propri (riciclaggio) e cicli dei prodotti (allungamento della durata della loro
vita e dell’utilizzo).
Entrambe
mirano alla riduzione della domanda di materie prime dalla parte dell’input e
del volume di rifiuti alla fine del processo economico e produttivo. Dal punto
di vista delle conseguenze per la insostenibilità, della scelta delle
tecnologie e dell’economicità, vi sono però delle differenze fondamentali.
Attualmente la discussione sui rifiuti si concentra essenzialmente sulla
selezione e sul riutilizzo dei materiali, non sulla loro riduzione. Una società
meno insostenibile richiede una decisa limitazione e un deciso rallentamento dei
flussi dei materiali e di energia o del loro utilizzo nella produzione e nel
consumo. La differenza di economicità fra riciclaggio da una parte e riutilizzo
o utilizzo prolungato dei prodotti è quindi basilare. Dal riutilizzo dei
prodotti deriva maggior valore mentre dal riciclaggio derivano materie prime
spesso meno pregiate e il fardello ecologico va grandemente perso. Ancora peggio
accade con il cosiddetto “recupero energetico” che spesso si limita al mero
incenerimento dei rifiuti.
A
tale riguardo si sottolinea come la “Direttiva 2000/76/CE sull’incenerimento
dei rifiuti” non si pone lo scopo di incentivare le pratiche di incenerimento
e coincenerimento ma, al contrario, nel dichiarare la conclamata pericolosità
di detti impianti e le precauzioni necessarie circa la loro localizzazione e il
loro esercizio. Ribadisce a chiari lettere come la “strategia comunitaria per
la gestione dei rifiuti assegna priorità assoluta alla prevenzione dei
rifiuti”, facendola seguire dal riutilizzo dal recupero e solo in ultima
istanza dallo smaltimento in condizioni di sicurezza. Nella risoluzione del 24
febbraio 1997, concernente la strategia comunitaria per la gestione dei rifiuti,
il Consiglio ribadisce che la prevenzione dovrebbe logicamente costituire la
priorità assoluta delle politiche in materia di rifiuti nell’ottica di
minimizzazare la produzione e le caratteristiche di pericolosità dei rifiuti.
Per
quanto attiene alla Direttiva 20001/77/CE sulla promozione dell’energia
elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili, nel mercato interno
dell’elettricità appare del tutto evidente la volontà del legislatore
europeo di non includere i rifiuti tra le fonti energetiche rinnovabili, se non
per la frazione organica (biomassa). Inoltre l’articolo 2 della direttiva
2001/77 definisce le “fonti energetiche rinnovabili” come “le fonti
energetiche non fossili (eolica, solare, geotermica, del moto ondoso e
delle maree, idraulica, biomassa, gas di discarica, gas residuati dai processi
di lavorazione e biogas). La biomassa stessa è definita come “la parte
biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dalll’agricoltura
(comprendente sostanze animali e vegetali) e dalla silvicoltura e dalle industri
connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani. I
bruciatori poi utilizzano come combustibile proprio quelle frazioni
merceologiche (carta, plastica ecc.) che sono obiettivo della raccolta
differenziata. La loro installazione sul territorio, in particolar modo prima
che siano raggiunte elevate quote di raccolta differenziata, rappresenta una
seria minaccia alla praticabilità del riciclo. Si noti come gli impianti di
preselezione dei rifiuti indifferenziati siano uno dei presupposti per
l’impianto dei bruciatori. La selezione effettuata da questi impianti non è
infatti adatta al riciclo ma alla produzione di combustibile derivato da rifiuti
(CDR). Si noti come una comunità che si doti prima di un impianto di selezione
e poi conseguentemente di un bruciatore non potrà mai avviare una raccolta
differenziata destinata al riciclo pena la perdita degli impianti realizzati e
quindi di degli investimenti effettuati.
Uno
strumento importante per la riduzione dei flussi materiali e la richiesta
dell’assunzione di responsabilità del produttore in modo che accanto ai cicli
di prodotti e materiali vi siano corrispondenti cicli di responsabilità, in
modo che i prodotti e i materiali alla fine del ciclo di utilizzo vengano
ritirati dal venditore o dal produttore che avevano avuto un interesse economico
per immetterli sul mercato. Essi stessi o altri dovrebbero riutilizzare i
materiali resi, riparando o migliorando i prodotti usati o producendo nuovi
prodotti con i vecchi componenti. Naturalmente anche il prodotto più durevole
prima o poi arriva alla fine e deve quindi essere riciclato. I due cicli di
materiali così si integrano. Il ciclo di riciclaggio dei materiali è però
sempre collegato a quello dell’allungamento della durata e dell’utilizzo dei
prodotti.
Il
tema dei rifiuti riguarda i nostri modi di vita e di relazione, le nostre
opzioni e le nostre preferenze. La raccolta differenziata esige un mutamento
significativo, in qualche caso radicale, negli stili di vita e nei comportamenti
dei singoli, delle famiglie, delle comunità locali. Un cambiamento nelle
abitudini tradizionali e nelle forme di vita sedimentate, che concretamente
significa prestare attenzione ai gesti quotidiani, alle attività domestiche,
alle piccole scelte che, ogni giorno, contribuiscono ad incrementare o a ridurre
la quantità di rifiuti prodotti da ognuno e infine da tutti.
L’attenzione
al comportamento dei consumatori e alle politiche volte alla minimizzazione dei
rifiuti rivestono pertanto un ruolo fondamentale e richiedono nuovi impegni in
termini di ricerca sociale e politica. Un ruolo importante può essere svolto
dalla formazione sia nelle scuole sia con iniziative di “formazione
permanente” dei cittadini.
Nel
corso degli anni ’90 sono iniziati in vari paesi azioni concertate e politiche
mirate esplicitamente a favorire la riduzione dei rifiuti agendo su 4 livelli:
·
Misure di tipo economico dirette (tasse e tariffe) o indirette (incentivi,
esenzioni). A Kassel l’uso di un piatto usa e getta viene tassato. La
tariffazione a volume o a peso dei rifiuti ha come conseguenza la riduzione
della produzione anche del 20-30%.
·
misure amministrative che limitano il consumo e la distribuzione di determinati
tipi di prodotti o l’impiego d sostanze o la qualità dei rifiuti. In questa
linea possono essere incluse le cauzioni, l’obbligo di ritiro a fine vita ecc.
·
Accordi di programma col sistema delle imprese e della distribuzione. Gli
accordi volontari possono essere sostitutivi di misure economiche o
amministrative.
·
Politiche di prodotto con l’utilizzo del principio di responsabilità del
produttore, misure di promozione (ecolabel) e attività di formazione sociale e
del consenso finalizzata a incoraggiare stili di vita e prodotti ecologicamente
meno insostenibili. Le politiche di prodotto, dell’ allungamento della vita di
questo, sono oggi considerate un elemento costitutivo di una nuova
generazione di politiche ambientali.
Le
tradizionali strategie di gestione dei rifiuti si sono basate principalmente
sulla raccolta seguita da trattamento e smaltimento. Una strategia di
prevenzione dei rifiuti non solo migliora la protezione dell’ambiente ma
spesso implica benefici economici.
Dobbiamo
allora anche rivendicare il ruolo pubblico per la gestione delle discariche.
Come può infatti una società con fini di lucro, pagata per la quantità di
rifiuti accettati, essere un nodo congruente con quanto finora illustrato?
Anche
la ricerca è stata succube del pensiero unico e coloro che si occupano di
rifiuti assumono la produzione di questi come un dato assegnato del problema. Si
tratta invece di affrontare il problema nella sua interezza, con quello che
viene spesso chiamato un approccio “olistico”. Un approccio che prenda in
considerazione il sistema di produzione, consumo e smaltimento come un unico,
come un tutto.
Dott.
Fabio Musmeci – ENEA. Coordinatore osservatorio provinciale sui rifiuti
NO
ALLA CENTRALE A CARBONE DI CIVITAVECCHIA
Il
mio intervento a questa assemblea territoriale non era previsto, ma volevo
portare a conoscenza delle azioni di protesta in corso, in questo momento, alla
sede ENEL di Civitavecchia, che oggi ha avuto l’ardire di aprire la centrale
ai bambini e farli giocare sotto ai camini.
Non
so se siete a conoscenza di quello che sta succedendo a Civitavecchia; i fatti
riguardano non solo il Comprensorio, ma la Provincia, la Regione, l’Europa e
il mondo: a Civitavecchia si vuole costruire una centrale a carbone, il
che significa non aver capito come muoversi nel futuro, e significa andare verso
qualcosa che contrasta con le aspettative della cittadinanza; proporre un
combustibile fossile nel 2006, data in cui inizierà a funzionare la centrale,
vuol dire che qualcosa sta andando come non dovrebbe andare; vuol dire che, come
al solito, prevalgono gli interessi economici su quelli di tutela della salute,
perché il carbone è ormai completamente fuori da qualsiasi logica.
Vorrei
chiarirvi le motivazioni di questo regresso, illustrarvi il perché in Italia si
vuole tornare a dar valore al carbone costruendo delle centrali a combustibile
fossile. Il sottoscritto è responsabile di un gruppo di medici, presentatosi in
audizione al Senato per inoltrare richiesta di un Programma Energetico
Nazionale. In Italia, però, non è lo Stato che detta le regole, bensì sono i
produttori di energia che decidono il modo di produrre energia. Bisogna
invertire questa logica non solo sull’energia, ma anche sull’agricoltura,
sulla produzione dei materiali da costruzione, bisogna che lo Stato ritorni a
capo delle direttive, come succede per la Comunità Europea, decidendo se e come
si deve produrre.
Sorge
anche il dubbio, fondato, sulla effettiva necessità dell’Italia di energia
aggiunta, quesito posto alla Conferenza Nazionale, alla quale partecipano anche
ENEL e gli altri grandi produttori di energia, dove si stabilisce, una volta per
tutte, il reale fabbisogno energetico del paese.
Noi
siamo certi del fatto che, in Italia, altra energia non serva, ma che piuttosto
questa aiuti il superamento di un deficit dovuto ad uno spreco energetico:
attualmente si perde il 20% dell’energia prodotta nella distribuzione. Il caso
di Terni ne é un chiaro esempio; la sua decadenza è dovuta al fatto che per
anni non è stata spesa una lira per la manutenzione interna e ora ne sono state
messe in vendita le azioni. Le linee esistenti sono vecchie. I problemi a
cui far fronte sono:
-ristrutturare
le vecchie centrali esistenti utilizzando gas, al momento il combustibile meno
inquinante, escludendo l’ipotesi di costruzioni ex-novo, a cui si è contrari.
Nel Lazio si è riusciti a bloccare la costruzione di dodici centrali a gas,
mentre, in data 12 Dicembre 2003, è riuscita ad ottenere autorizzazione la
costruzione della centrale di Civitavecchia, pochi giorni prima della sua
scadenza il 30 dicembre2003.
Le
proposte fatte al Senato:
-
Creare un programma energetico
-
migliorare la trasmissione di energia
-
verificare se c’è o meno la possibilità di produrre energia
-
se ci fosse bisogno di produrre energia, andare, come dice la EU, verso energie
pulite.
E’
una falsità sostenere che con il carbone si inquina meno, ed è una falsità
sostenere che produzione di energia significhi per forza inquinamento, la
verità è che l’inquinamento si può evitare, anzi, si ha l’obbligo di
farlo.
A
Civitavecchia il Comprensorio non ne è immune perché è dimostrato che le
polveri arrivano fino ad una distanza di 300 Km in 24 ore, quindi non si pensi
che la questione riguardi solo Civitavecchia o il suo Comprensorio. Non a
caso Roma ha firmato e approvato all’unanimità (centro destra e centro
sinistra) una delibera contro la centrale a carbone di Civitavecchia, perché
con i venti prevalenti tutte queste polveri, in particolar modo il famigerato
timio, si riverseranno su tutto il territorio di Roma e limitrofi, comprendendo
anche l’aria territoriale intorno a Oriolo.
Noi diciamo che questa centrale va smantellata perché è esaurita. Io dico che
anche i cittadini sono esauriti e che questo è il polo energetico più grosso
d’Europa.
Voi
avete qui, a 30 Km in linea d’aria, un polo energetico che produce
7000Mj; più in là a 7/8 km in linea d’aria c’è la Centrale di
Montalto di Castro da 3300 Watts.
Bisogna
dire basta all’inquinamento perché l’80/90% dei tumori sono dovuti ad esso
come risulta da uno studio di 22 ricercatori eseguito su richiesta specifica di
Chirach.
E’
inutile allora fare prevenzione primaria; anche sul TM10, famoso a Roma perché
tutti sanno che ogni tanto devono lasciare a casa la macchina, i dati sono
inconfutabili: con la centrale a carbone la macchina a casa si dovrà lasciare
tutti i giorni, poichè Roma produce da sola circa 650 tonnellate di TM10
all’anno, e questa centrale ne produrrà 750 t/a.
Da
una indagine dell’Apea, effettuato su 29 città italiane si rileva che per
ogni aumento di 5 Kg/min di TM10 muoiono tre persone in più; perché
il TM10, il particolato micron delle micropolveri, in modo particolare quello
molto sottile, riesce a penetrare negli alveoli a un livello tale che nemmeno il
polmone riesce a filtrarlo, entra nel sangue e produce infarti, rendendo alta la
percentuale di mortalità. Tanti infarti, tante morti cardiache che magari sono
state attribuite a morti occasionali eccezionali; se si fa una verifica, è
possibile che questi decessi siano avvenuti in giorni in cui si è poi
registrato un aumento di TM10 o del TM2,5 e altri particolati talmente alti da
provocare il decesso. Nell’aria di Civitavecchia, analizzata più volte da
Legambiente e dall’Enel stessa, sono stati raggiunti picchi molto elevati.
Quindi
per non produrre TM10 non bisogna bruciare, poichè ogni volta che si brucia
qualche sostanza, gas compreso, questo inquinante , definito “killer”, si
sprigiona.
Nonostante
sia stata ampiamente dimostrata la sua tossicità, in Italia esso non viene
misurato, e l’Europa ci ha già messo in mora per il problema di Civitavecchia;
vale a dire che nel polo energetico più grande d’Europa non si misura
il TM10 . Non contenta di ciò, l’Italia ha fatto ricorso alla Corte di
Giustizia, perché, nonostante sia stata messa in mora, non vuole recepire
questa direttiva. Ora, l’unica speranza nostra è l’Europa, perché più
sensibile e più attenta. Una direttiva del 2001/77 promuove le fonti
energetiche e rinnovabili, senza citare la produzione di energia con il carbone
o con olio combustibile,eppure qualcuno vuole farci credere che brucia
immondizia per fare energia pulita. I termovalorizzatori, sia chiaro, sono
solo combustori che liberano diossina ed altre sostanze tossiche.
L’Italia
non produce né gas, né olio, né tanto meno carbone, se non in
piccolissime quantità; per ridurre l’impatto sull’ambiente e limitare
l’incertezza della dipendenza energetica bisogna andare verso fonti
energetiche alternative, e giungere entro il 2010 con fonti energetiche
rinnovabili.
Il
problema di emissione di CO2(anidride carbonica), effetto dovuto alla
combustione di queste sostanze, riguarda il concetto, ormai più che dimostrato,
di surriscaldamento del pianeta, e tutto questo implica anche un aumento di
malattie, tra le quali alcune a noi ancora sconosciute, come la malaria, o altre
patologie del genere. Il comportamento del CO2 si spiega con un effetto di
rimbalzo a terra, che impedisce agli infrarossi di tornare fuori, e quindi di
surriscaldamento.
Il
caso Germania: da un sondaggio non aggiornato ma esplicativo, risulta che, con
l’eolico, la Germania è passata da 2878 MgW installati a 12000 MgW in soli 4
anni, e oggi è a 14000 MgW; alcuni giorni fa, in Germania si è tenuta una
grande conferenza, in cui il coraggioso governo tedesco ha detto “BASTA!
Incominciamo ad andare verso le energie alternative”. Oggi la Germania ha
installato 14000MgW, l’America risulta ancora arretrata, la Spagna ha fatto
passi da gigante, da 800MgW è passata a 4000 MgW, e oggi è a 6000 MgW, la
Danimarca e persino l’India sono più avanti dell’Italia, la quale nel
sondaggio è a quota 785 MgW e oggi a 800MgW, di cui soltanto uno è installato
nel Lazio. Questo da sottolineare non perché noi vogliamo l’eolico qui nel
Lazio, dove abbiamo già una alta produzione di energia, ma per farvi
capire quanto siamo arretrati.Ogni impianto eolico è l’equivalente di 7
centrali al carbone, quindi in Germania hanno installato 7 centrali da 2000 MgW
l’una; per la questione “impatto ambientale” , in Germania e Danimarca il
problema è stato risolto: gli impianti sono stati installati off-shore, in mare
aperto, posizionati sulle chiatte dei pozzi, dove nessuno li vede, e dove non
creano disturbo; e quindi verso questa strada dobbiamo andare, non perché
l’eolico sia il futuro, in fondo esso è soltanto il domani, al dopodomani
dobbiamo arrivarci; ci arriveremo piano piano.
Da
notare anche che andare verso fonti di energie alternative, energie pulite, non
è soltanto qualcosa di culturalmente avanzato, di tutela della salute, ma è
anche fattore di economia, e parecchi lo dimenticano: in Germania dove
stanno facendo record sugli impianti ad energia solare, sono stati creati nuovi
100 posti di lavoro. A proposito di solare, altro dato rilevante comunica una
inferiorità di superficie per impianti termici dell’Italia, di 1/7
rispetto all’Austria, meno soleggiata e più piccola in superficie d’Italia.
Addirittura
la Banca Mondiale, tutt’altro che sostenitrice degli ambientalisti, ha
intimato di fermare immediatamente il finanziamento a tutti i progetti di
estrazione del carbone e di abbandonare entro i prossimi 5 anni quelli relativi
al petrolio. Tutto questo è ampliamente dimostrato da riferimenti
bibliografici; sono documenti, dati.
Secondo
fonti Enel l’utilizzo di centrali al carbone è aspetto “strategico ed
economico”; strategico in quanto il carbone è di facile reperibilità,
economico perché costa poco. Ma questi due termini, che male si sposano
con il concetto di prevenzione della salute, si riferiscono all’ente Enel, non
ai cittadini, perché i costi delle esternalità,15 centesimi per Kwh, che
rappresentano il costo dell’impatto sull’ambiente e sulla salute
dell’uomo, non li paga l’Enel; dunque il carbone è economico per chi lo
produce ma non lo è per chi lo consuma. Un altro lavoro, denominato ESTERNE,
svolto dalla Comunità Europea e durato 10 anni, è arrivato alle stesse
conclusioni : se noi vogliamo veramente capire cosa costa un Kwh non dobbiamo
andare a vedere ciò che sta scritto sulla bolletta, ma dovremo includere l’esternalità,
solo allora potremo dire che il carbone e l’olio combustibile non sono
economici, ma che lo sono il vento e il sole, e non solo sono economici, ma
danno anche posti di lavoro puliti. C’è da aggiungere che accanto alle
centrali a carbone cresceranno altre discariche, perché le polveri delle
centrali a carbone hanno bisogno di filtri speciali, e quindi vanno smaltite in
modo speciale; il problema, dunque, non riguarda solo la combustione delle
tonnellate di sostanze che usciranno da lì…
Infine,
ultimo dato degno di nota: sul retro della bolletta dell’Enel, notate,
vi è scritto: “costruzione impianti fonti rinnovabili:5,73 euro” ,e lo
paghiamo tutti…oltre al danno, la beffa. Paghiamo un centesimo ogni Kwh di
energia consumata. L’Enel guadagna con questo 5000 miliardi l’anno. Sono sei
anni che fa questo scherzo. Perché noi del territorio che stiamo pagando, ci
aspetteremmo che questi soldi vengano utilizzati per produrre davvero impianti
di fonti rinnovabili, e invece no, ci fanno il carbone.
Dott.
Mauro Mocci, medico del movimento NOCOKE
DALLA
CRESCITA DELLE COSE ALLO SVILUPPO DEGLI UOMINI
Il termine ecologia, come tutti ben sanno, deriva
dalla lingua greca (oikos: casa).
Jung, nel suo studio sui simboli identificava la
casa con l’anima; di questa simbolica noi ne facciamo una reale esperienza,
infatti quando si entra in una casa immediatamente sentiamo se quell’ambiente
favorisce un nostro benessere o viceversa e ciò dipende dalla persona che
l’abita. Questo parallelismo lo si può trasferire nel rapporto tra l’uomo e
il suo ambiente facendo così conseguire il principio che la terra sarà
ordinata, bella e sana se sarà abitata da un’anima altrettanto ordinata,
bella e sana.
Accettato questo pensiero, quando parliamo di
ecologia si deve necessariamente parlare di coscienza ecologica, si deve tenere
conto dell’uomo e della sua educazione etica e morale per un suo ordinato
rapporto con la natura.
In questo senso la formazione e l’educazione di
un’anima passa attraverso funzioni culturali e di studio ed è per questo
motivo che ritengo importante che incontri per la diffusione della cultura
ecologica, come “Tuscia chiama ecoTuscia”, non debbano essere svolti e
partecipati da un ambiente ristretto ai simpatizzanti, agli addetti ai lavori e
operatori, ma organizzati soprattutto all’interno delle scuole, dove si
possono e si devono formare coscienze ecologiche. Nella nostra zona esiste
l’unico Liceo del territorio “I. Vian”, in questo lavoro educativo tutti i
comuni dovrebbero prenderlo come riferimento per collaborare e coniugare
risorse.
E’ necessario riabilitare quei valori che
fondano la dignità dell’uomo che sono stati travolti dalla macchina del
benessere, con i suoi motori della tecnica e del mercato, miscela che sotto
l’aspetto socio-politico si è rivelata nei suoi effetti collaterali
devastante, dando luogo ad indifferenza sociale, impoverimento culturale,
futilità ludiche e produzioni di beni privati che hanno degradato il patrimonio
dei beni pubblici, ambientali. E’ venuto il momento di urlare alle società
ricche di spostare la loro potenza, dalla crescita delle cose allo sviluppo
degli uomini e la scelta potrà essere fatta non più su basi scientifiche, ma
da opzioni propriamente morali ed esistenziali.
Un altro atteggiamento importante che le
amministrazioni locali dovrebbero assumere, per favorire una sensibilità ai
temi importanti della vita dell’uomo, sarebbe quello di sostenere le
associazioni culturali ed artistiche del territorio; il loro lavoro svolto
attraverso manifestazioni, incontri, convegni, spettacoli, mira
all’edificazione dell’essere umano. Esistono realtà molto interessanti:
“Il Salto” a Oriolo, “Officina delle Arti” a Viterbo, “Il
Pentagramma” a Bracciano, “Le Vignacce” a Canale, “Archè” ad
Anguillara, “Quantestorie” a Manziana ed altre. Tutte impegnate attraverso
la musica, il teatro, il cinema, la poesia, le arti visive, a stimolare la
popolazione, per avvicinarla alla cultura, per renderla consapevole della
propria possibilità alla conoscenza.
Il compito urgente della politica deve essere
quello d’innescare nella società la paura per le minacce ecologiche, la
passione dei sentimenti umani di comunanza e di solidarietà e la ragione,
potenzialità dell’innovazione politica.
E’ necessario che questa conversione delle
intelligenze politiche sia avviata al più presto, attraverso una
sensibilizzazione e una nuova partecipazione personale ed attiva alla Cosa
Pubblica.
Se l’umanità deve cambiare rotta, il
presupposto è un cambiamento di rotta delle coscienze, per riconoscersi nelle
grandi leggi cosmiche naturali e soprattutto ridonare dignità e senso alla
persona umana, alla sua esistenza, alle quali dedicarsi con tutte le energie e
l’amore possibili.
Filosofo Esper Russo
MENTALITA’
CITTADINA ED EQUILIBRIO AMBIENTALE
I cittadini si trasferiscono in campagna per
allontanarsi dallo smog e dallo stress, i Comuni si trovano a concedere sempre
più licenze edilizie, e sempre più estese zone naturali perdono
quell'equilibrio che è necessario e fondamentale per ogni forma di vita.
Il cittadino, ignaro e inconsapevole dei
meccanismi vitali che la regolano, tende a voler usufruire dei benefici
della campagna senza rispettarne le regole, ma inserendo il modo consumistico
nel vivere quotidiano, in varie forme. Una di queste è la "pulizia"
dell'ambiente, come ormai è abituato a fare in casa e nelle strade, con
l'immissione di massice dosi di prodotti chimici per combattere gli insetti che
gli danno fastidio, le zanzare, le vespe, le formiche e, in genere anche
tutti quelli che non conosce. Risultato:
- insetti supersiti più aggressivi resistenti e,
ora sì, potenzialmente pericolosi (vedi api e vespe killer)
- territorio pieno di veleni che contaminano i
prodotti: ortaggi, frutta, latte, uova carni, ecc.
- falde acquifere inquinate
- morte di tutta una serie di esseri viventi
dalle api, alle lucciole agli uccelli ed altri, con gravi ripercussioni
sull'ecosistema e quindi sul genere umano
- problemi di salute per le persone più
sensibili, anche dopo vari anni.
Qualcuno nega questa realtà, (anche se,
storicamente, la pratica di chiudere gli occhi ha provocato sempre disastri) e
molti vi si adagiano e vi si adattano, dandola per scontata, ma
fortunatamente non è così. E' possibile fare molto per prevenire tutto questo.
Con la volontà e la Cultura (intesa come conoscenza dei fatti e dei rimedi meno
invasivi) si può riuscire non solo ad eliminare i problemi, ma addirittura ad
evitarli.
Oggi questo è possibile: la vera CIVILTA' è,
infatti, la PREVENZIONE.
Vivendo nella campagna limitrofa a Roma, in un
villaggio abitato da cittadini, ho preso atto del problema e, come
comunicatrice, ho sentito il dovere di impegnarmi personalmente per dare
informazioni riguardo a ciò che si può fare per vivere meglio, in ambienti
incontaminati e quindi più sani. Mi sono purtroppo accorta che c'è ancora
molta ignoranza in merito, ma sono anche sempre di più le persone che ricercano
il benessere in modo naturale e desiderano sapere come ottenerlo. Il dovere di
noi rappresentanti dei Media è quindi non solo quello di ottenere audience
mediante scoops, ma di fungere da ponti tra la gente e tutto ciò che
attualmente è disponibile per vivere meglio. E l'ascolto non manca, l'ho
constatato direttamente nell'esperienza di giornalista in RAI. Da qui, le
ricerche per sviscerare i problemi e le soluzioni. Attualmente posso dire di
essere divenuta un'esperta nella lotta veramente biologica alle zanzare e sto
divulgando un metodo naturale e realmente efficace, che risolve il problema e
non inquina l'ambiente. Ho raccolto in proposito, dati, esperienze,
testimonianze e proposte.
Tutto è iniziato con un'intervista al dott.
Lauro Marchetti, sovrintendente e curatore dei Giardini di Ninfa, il
meraviglioso parco in provincia di Latina, dove l'estate scorsa le zanzare sono
state debellate. Ho perciò raccontato l'esperienza al Sindaco di Formello,
Comune nel Parco naturale di Veio, fornendo alcuni suggerimenti, per intervenire
in modo non dannoso sul territorio, che pare abbiano avuto favorevole
accoglienza.
La lotta alle zanzare, partita dalla realtà del
mio villaggio, si sta ora allargando a livello nazionale. Ovunque le
informazioni da me raccolte destano molto interesse e, volentieri, i Media le
diffondono.
Acquisendo dati su ciò che viene fatto dagli
Enti pubblici nelle varie regioni, so che ci sono leggi che già
tutelano e favoriscono con contributi chi ricorra ad interventi innocui per
l'ambiente. Anche nel Lazio sono in preparazione proposte regionali in tal
senso.
Poiché il rimedio naturale contro le zanzare, di
cui parlerò, è valido sia nei centri abitati che in campagna, stavolta sarà
la NATURA ad andare in città a bonificare l'ambiente.
dott. Daniela Rosellini
LA
VITA ETERNA DEL VETRO: RACCOLTA, RICICLAGGIO E RIUTILIZZO
In
natura nulla viene sprecato! Quando un animale mangia una mela aiuta la mela a
produrre un albero,tutti i rifiuti del suo pasto vengono riutilizzati e
riciclati dall’ ambiente circostante. Anche le sue feci daranno nutrimento
alle piante che mangera’ l’anno seguente. Gli uomini sono usciti da questo
ritmo naturale, producendo una quantita’e qualita’ di rifiuti che né
l’uomo né la natura possono smaltire. L'equilibrio è stato sconvolto. Stiamo
avvelenando il nostro stesso piatto.
Vetromaghie
dà il suo contributo utilizzando 100% vetro riciclato differenziato.
Questo
e’ possibile recuperando le bottiglie intere con il metodo cosiddetto “porta
a porta”, dividendole per tipologia di bottiglia e fondendo i vari colori
separatamente.
Se
la raccolta fosse piu’ accurata le industrie potrebbero utilizzare fino a 90%
di vetro riciclato.
Riciclare
il vetro e’ una scelta importante, eccone le ragioni:
Il
vetro non e’ tossico per l’ ambiente ma si biodegrada in milioni di anni.
Il
vetro puo’ essere riutilizzato per molte volte senza bisogno di modifiche; il
metodo del vuoto a rendere e’ un ottimo modo per riciclare.
Il
vetro utilizzato dalle vetrerie proviene da cave di sabbia che scompaiono a
vista d’occhio distruggendo interi ecosistemi.
Il
vetro riciclato essendo gia’ vetro si squaglia senza piu’ trasformarsi
chimicamente quindi fondere rottame di vetro vuol dire utilizzare una
quantita’ minore di combustibile e non immettere nell’ ambiente gas tossici
dovuti alla trasformazione dei componenti chimici in vetro.
Vetromaghie
utilizza vetro riciclato per creare oggetti d’arte sperimentale improvvisata
unici ed irripetibili, utilizzando la tecnica della soffiatura libera, la
termofusione di bottiglie e di oggetti soffiati, la colatura su stampi naturali
fatti di materiali organici, la tecnica a cera persa. In altre parole liberiamo
il vetro le bottiglie dalla costrizione della forma stampata industriale.
Improvvisazione,
sperimentazione vuol dire non usare stampi per dare forma ai nostri oggetti, ma
solo le mani (coperte da tappettini di giornali bagnati) e la forza di
gravita’ e stampi organici trovati in Natura; vuol dire giocare con il vetro,
lasciare che questo materiale primordiale si esprima attraverso i nostri corpi,
facendoci danzare in un ballo passionale.
In
questo modo il vetro non si stressa e le sue molecole possono muoversi all’
interno degli oggetti con piu’ naturalezza. In questo modo il vetro puo’
trasmetterci armonia ed insegnarci il continuo movimento spiraleggiante della
vita.
I
nostri prodotti vanno dal ciondolo alla lampada, dalla tazza alla brocca,
dall’ istallazione artistica luminosa al mosaico di materiali riciclati
Comprando
i nostri oggetti ci aiutate a riciclare di piu’...
CORSI
Il
vetro e’ un materiale da sempre affascinante e misterioso ed e’ un grande
terapeuta naturale.
Il
vetro ci insegna ad essere fluidi, ad adattarci alle cose della vita, a non
lottare con noi stessi per rietrare in stampi che non ci si addicono, ad
accettare il cambiamento continuo che subisce il nostro animo. Molti disordini
mentali e sociali dipendono dalle rigide regole che alcuni uomini troppo
razionali, continuano ad applicare alla vita naturale. Come mettere una balena
appena nata in una vaschetta per pesci rossi!!!!!
Vetromaghie
propone corsi di vari livelli per gli amanti e i professionisti del vetro. Il
corso consiste nel lasciarsi guidare dal vetro nel suo mondo fluido, imparando
ad essere gentili ed armonici nei movimenti, imparando le tecniche di
lavorazione di base se si e’ principianti o approfondendo alcune tecniche di
lavorazione piu’ di altre per chi ha gia’ esperienza con il vetro. Il corso
minimo dura mezza giornata e va bene per chi vuole solo provare a toccare questa
materia incandescente. Il corso che noi consigliamo dura due giorni (solitamente
un fine settimana) e da’ la possibilita’ ai partecipanti di conoscere il
vetro e di creare oggetti vari, dalla tazza al fermacarte alle decorazioni per
la casa, per se o per i propri amici.
Vetromaghie
collabora con l’associazione culturale L’Occhio del Riciclone per diffondere
informazioni e sensibilizzare sul tema del riciclaggio e del rispetto
dell’ambiente.
CONTATTI:
Vetromaghie Via V. Petroli, 190 Testa di Lepre (Roma) tel. 06/6687166 info@vetromaghie.it
www.vetromaghie.it
IL
RICICLATORIO
Facciamo
insieme la carta, il misirizzi, case di cartone, pupazzi, macchinine, strumenti
musicali ..
..e
tutto quello che vi viene in mente.
Qui
non si butta niente!!
Il
riciclatorio è un laboratorio di riciclaggio per bambini e non.
E’ un luogo e un tempo per mettere in gioco fantasia, creatività e manualità
per costruirsi da soli i propri piccoli giocattoli, a partire da materiale
povero, comune e di scarto.
Utilizzare
materiale povero o di recupero per realizzare giochi è un modo intelligente per
sperimentare, giocando, che anche la spazzatura può essere ancora una risorsa,
che ci si può divertire con niente e che ogni oggetto o materiale ha sempre un
valore e mille usi da inventare.
Nel
riciclatorio recuperiamo i materiali e recuperiamo anche la capacità di
giocare!
Costruiamo
il nostro giocattolo per scoprire che con quasi niente e un po’ di fantasia
possiamo fare cose bellissime.
Da
anni mi occupo di gioco ed educazione. Ho scoperto la mia essenza più profonda
diventando madre ed è stato inevitabile farne la mia vita. Ho inventato il mio
lavoro che è progettare e realizzare giochi educativi con piccoli e grandi, a
scuola, nei parchi, in biblioteca, nei musei, per strada .. dovunque, perché
dovunque è possibile giocare, accendere la fantasia, la voglia di stare
insieme, di mettersi alla prova e di imparare.
Lavoro
meraviglioso e difficile, atipico e precario, da inventare continuamente.
E’
stato bello trovare una piazza piena di persone che provano ogni giorno a
rendere concreto quello in cui credono, una piazza per scambiarsi esperienze e
confrontarsi, una piazza per giocare e per mettersi in gioco.
L’ASSOCIAZIONE
CULTURALE FRISIGELLO
Si
occupa di promuovere attività creative di ricerca: teatro, danza, musica,
poesia, cinema e arti figurative.
Sede
dell’ associazione è la ex Chiesa di S. Orsola, sconsacrata, centro
permanente di vita associativa. Lo spazio, del milleduecento è aperto a
registi, gruppi teatrali, artisti di strada, autori, poeti, musicisti,
danzatori, fulminati e illuminati, a tutte le persone che “cercano”.
L’ associazione vive un territorio ricco di storia, ma povero di attività in
metamorfosi.
La
Chiesa è aperta alle voci sconosciute, al “fuori catalogo”, al “fuori
commercio”, alle dissonanze, alle consonanze, ai “senza senso”, alle
risposte senza domande e alle domande senza risposte, ai fantasmi e ai briganti.
All’
arte.
Circolo
culturale Frisigello Ex chiesa di S.Orsola Via S.
Pietro, 2 01100 Viterbo
Email:
santorsola2@libero.it www.santorsolati.it
RIPRENDIAMOCI IL NOSTRO TEMPO
Se si potesse definire la realtà del mondo
contemporaneo con un unico aggettivo questo potrebbe essere: velocità. La
nostra cultura ci costringe a correre senza possibilità di riflettere o di
guardare indietro: obiettivi, progetti, proiezioni, pianificazioni, statistiche,
piani a lungo termine. Il sistema industriale ha modificato la percezione del
tempo e dello spazio: informazioni, immagini e modelli si avvicendano a
velocità folle omologando coscienze e allineando comportamenti. La
globalizzazione crea alienazione se porta con se sperequazioni, tensioni,
scontri e guerre; può essere invece una grande opportunità e occasione di
crescita se produce confronto e scambio tra culture, valori e tradizioni
diverse. La massificazione dei sistemi entro i parametri consumistici della
domanda e dell’offerta, del capitale e del profitto ha condotto l’uomo in
uno spazio/tempo che non gli appartiene più rendendolo solo in mezzo ad una
folla di uomini soli che corrono e corrono senza mai guardarsi in faccia. La
corrente postmoderna ha delineato la crisi dell’uomo contemporaneo e il
fallimento del progetto moderno come promessa di emancipazione.
Impegnati in questa folle e disumana corsa quanto
tempo ci rimane da dedicare a noi stessi? Tempo per amare, per riflettere, per
conoscersi e per conoscere, per capire, per costruire, per confrontarci, per
viaggiare, per ascoltare, per dialogare, per coltivare interessi, per leggere un
libro, per crescere, per fermarsi a pensare?
Riappropriamoci del nostro tempo e del nostro
spazio.
Camminare.
Camminare assecondando il ritmo dei nostri piedi
e il battito del nostro cuore.
Piedi nudi sulla nuda terra per recuperare un
equilibrio e un’identità, piedi nudi sulla nuda terra per sentire nuovamente
il legame con la nostra madre, piedi nudi per riguadagnare il passo di un moto
naturale e costruire un cammino di conoscenza.
“Voi lavorate per tenere il passo con la terra
e con l’animo della terra. […] E io vi dico che davvero la vita è tenebre
se non vi è slancio, e ogni slancio è cieco se non vi è conoscenza. [...] E
non dimenticate che la terra ama sentire i vostri piedi nudi e che al vento
piace scherzare con i vostri capelli”.(Gibran)
Paolo Fortugno
www.nocoke.org
Nasce
dall'esigenza e dalle esperienze di un gruppo di attivisti che, unendosi nella
lotta contro la riconversione a carbone di TVN, vuole sperimentare forme di
comunicazione capaci di rompere la cappa di silenzio dei media ufficiali.
Così
se da un lato complicità e silenzio si fondono per pilotare le coscienze,
tutt'intorno si innescano i meccanismi dell'interazione e della mobilitazione
dal basso. Questo, anche se con milioni di sfumature, rispecchia fedelmente
quella rivoluzione culturale postmoderna che vuole la sensibilità collettiva
molto più attenta alle questioni ambientali, alla tutela della salute e
dell'ecosistema in generale.
Ormai,
soprattutto nel ricco occidente, nulla passa inosservato. Comitati, osservatòri,
gruppi d'inchiesta, medici, professori e semplici cittadini analizzano
simultaneamente l'altra faccia del progresso riuscendo ad influenzare, non solo
l'opinione pubblica mondiale, ma anche le scelte di alcune importanti conferenze
internazionali. Senza entrare nel merito, appare evidente che il trattato di
Kyoto sia figlio legittimo delle contraddizioni esplose grazie al dilagare di
questa neonata sensibilità.
Certo, non sono ancora i movimenti a determinare certe scelte, ma oggi, grazie
all'effervescenza delle battaglie che animano molti territori, gli alfieri del
libero mercato giocano a carte scoperte e mostrano tutta la loro fragilità. Gli
affari sono affari e la logica del profitto, dopo aver messo in crisi lo stato
nazione, si sbarazza della democrazia trasformandola in una nuova e più
efficace oligarchia.
Detto
questo il discorso diventa assai complesso perché, ovviamente, non si limita
più all'analisi di una singola specificità (inquinamento, salute, tutela
dell'ecosistema), ma ci segnala un incredibile passaggio storico. Se è vero che
i governi nazionali non sono più così incisivi, se gli organismi
transnazionali nati dagli accordi di Bretton Woods (1944) sono, insieme a pochi
altri, gli unici dove si decidono le sorti dell'umanità allora, probabilmente,
il meccanismo della rappresentanza istituzionale non ha più alcun valore. E'
per questo che molti "rappresentanti", nascosti dietro il labaro di
una falsa democrazia, sono distanti anni luce dai desideri, dalle speranze e
dalle ambizioni della società che li circonda. Questi personaggi, proprio come
accade oggi a Civitavecchia, sono sordi e silenti davanti alla volontà
popolare. Così, mentre burattini e burattinai giocano la loro partita, nuove
esperienze cominciano a mettere radici sperimentando, dalla metropoli alle
periferie, inedite forme di comunicazione, socialità e conflitto.
La
battaglia contro il carbone è l'inizio di un percorso che ha - per quanto ci
riguarda - l'intenzione di allargarsi a tutti quei conflitti contrapposti ai
meccanismi economici, politici e culturali che giustificano e/o sponsorizzano il
business delle nocività: scorie, veleni, polveri, onde elettromagnetiche... In
questo senso creare connessioni diventa assolutamente necessario. Questo non
solo perché la contaminazione regala input alla conflittualità, ma anche
perché nessun territorio può limitare la sua analisi alla propria vertenza.
L'archivio
storico della vicenda intorno alla riconversiona a carbone della centrale Torre
Valdaliga Nord è in costante costruzione e ri-costruzione.
Il
sito www.nocoke.org nasce (purtroppo) molto dopo l'inizio di questa battaglia;
ti chiediamo pertanto di aiutarci, segnalando errori, date salienti ed eventi
importanti eventualmente omessi dalle parti per ora completate di questo lungo
elenco.
COORDINAMENTO
PER LA TUTELA DELLA SALUTE E DELL'AMBIENTE
Il
Comitato Cittadino di Bracciano, protagonista delle mobilitazioni di Bracciano
sul problema della discarica di Cupinoro negli anni '90, ha visto affievolirsi
la partecipazione sul tema della gestione della discarica. Ciò era determinato
dalla convinzione diffusa a Bracciano che ormai la discarica si sarebbe
esaurita. Ma così non è stato. Con il parere favorevole della passata
Amministrazione Comunale si predisponeva il raddoppio della discarica di
Cupinoro e ciò senza la minima informazione alla cittadinanza.
Il Comitato Cittadino nel dicembre del 2002 ha chiesto alle forze politiche ed
associative presenti sul territorio di incontrarsi e decidere come intervenire
sulla questione. All'invito hanno risposto in modo positivo la Legambiente, il
Wwf, il Prc.
Associazioni e partiti dopo alcuni mesi hanno costituito il Coordinamento per la
tutela dell'ambiente e della salute a cui hanno successivamente aderito Pdci e
Fiamma.
Il Coordinamento ha inoltrato un esposto alla Magistratura per ciò che concerne
gli eventi della discarica di Cupinoro e si è posto con continuità come
interlocutore dell'Amministrazione segnalando tutte le situazioni non
trasparenti che venivano di volta in volta rilevate.
A settembre del 2003 il Coordinamento è venuto a conoscenza di un ulteriore
progetto di discarica. Tale progetto è stato subito definito "Malagrotta
2" essendo proposto dall'attuale gestore della discarica di Roma. Al
Consiglio Comunale si chiedeva di esprimere parere sfavorevole sia sul raddoppio
di Cupinoro che sull'avvio di Malagrotta 2. Il Consiglio Comunale all'unanimità
ha espresso tale parere.
Il
Coordinamento si è allora proposto di informare la cittadinanza consapevole che
solo una mobilitazione di tutti i cittadini può modificare le decisioni della
Regione Lazio: è stata organizzata una mostra sulle discariche ed un convegno
il 21 dicembre con il sindaco ed un esponente di Legambiente.
Il
resto è la storia che stiamo vivendo; ora le riunioni del Coordinamento vedono
la presenza attiva di numerose altre persone, non necessariamente legate alle
Associazioni e ai partiti che hanno dato vita al Coordinamento. Si sta perciò
anche ridefinendo la sua struttura organizzativa; a questo processo democratico
invitiamo tutti i cittadini che condividono i nostri contenuti:
Pertanto
invitiamo associazioni, partiti, singoli cittadini, a contattarci, a
confrontarsi e ad organizzarsi.
www.sosbracciano.it
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