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archivio NEWS 2007
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14/dic/oo7
Ai
giudici l'avvocato Mirko Mazzali aveva mostrato
una cartolina con le immagini del disastro
della diga del Vajont e aveva detto: "Questa è la
devastazione. Non quei tre quattro episodi
di danneggiamento contestati agli imputati"
IN
OGNI CASO NESSUN RIMORSO
supportolegale.org -
comunicato stampa
La
sentenza del processo contro 25 manifestanti
per gli scontri avvenuti durante le proteste
contro il g8 a Genova, ha deciso qual è il
prezzo che si deve pagare per esprimere le proprie
idee e per opporsi allo stato di cose presenti:
110 anni di carcere. Il tribunale del presidente
Devoto e dei giudici a latere Gatti e Realini,
non ha avuto il coraggio di opporsi alla feroce
ricostruzione della storia collettiva ad uso
del potere che i pm Andrea Canciani e Anna Canepa
gli ha richiesto di avvallare.
Anzi, ha fatto di peggio. Ha scelto di sentenziare
che c'è un modo buono per esprimere il proprio
dissenso e un modo cattivo, che ci sono forme compatibili
di protesta e forme che vanno punite alla stregua
di un reato di guerra.
Per completare l'opera ha anche fornito una consolazione
a fine processo per i difensori e gli "onesti
cittadini", chiedendo la trasmissione degli
atti per le false testimonianze di due carabinieri
e due poliziotti, un contentino con cui non si
allevia il peso della sentenza e il cui senso di
carità a noi non interessa.
Il
tribunale di Genova ha scelto di assecondare
tutte quelle forze politiche, tutti quei benpensanti,
tutti quegli avvocati, che - coscientemente -
speravano che pochi, ancora meno dei 25 imputati,
fossero condannati per poter tirare un sospiro
di sollievo, per poter sapere dove puntare il
proprio dito grondante morale e coscienza sporca.
L'uso del reato di devastazione e saccheggio
per condannare fatti avvenuti durante una manifestazione
politica apre la strada a un'operazione pericolosa,
che vorrebbe vedere le persone supine alle scelte
di chi governa, inermi di fronte ai soprusi quotidiani
di un sistema in piena emergenza democratica,
prima ancora che economica. Nessuno di coloro
che era a Genova nel 2001 e che ha costruito
carriere sulle parole d'ordine di Genova, salvo
poi tradirle con ogni voto e mezzo necessario,
ha voluto schierarsi contro questa operazione
assurda e strumentale: nessuno, o quasi, in tutto
l'arco del centro sinistra al governo ha saputo
dire che a Genova, tra coloro i quali oggi sono
stati condannati ad anni di galera, avrebbe dovuto
esserci tutti quanti hanno partecipato a quelle
giornate.
La
stessa cosa è stata portata avanti anche
da molti dei movimenti, e molte delle persone
che hanno cercato di sabotare i contenuti della
manifestazione che solo tre settimane fa, il
17 novembre, ha riempito le strade di Genova:
hanno voluto annebbiare le persone su chi fossero
coloro che si battevano per un modello di vita
e di società diverso, e chi difendeva
il modello che viviamo sulla nostra pelle tutti
i giorni; hanno voluto confondere le acque, forse
perché anche la loro dignità è confusa.
E allora decine di comunicati sulle possibili
Commissioni Parlamentari, sulla Verità e
sulla Giustizia, e troppe poche parole su 25
persone che stavano avviandosi a diventare capri
espiatori di un potere che ha avuto paura.
Genova però non si cancella con il revisionismo
a mezzo procura, né con le pelose scelte
di comodo e gli scheletri nascosti negli armadi.
Le 80.000 persone che lo scorso 17 novembre hanno
sfilato per le vie di Genova, non chiedevano una
Commissione Parlamentare, bensì che 25 persone
non diventassero il paravento dietro cui seppellire
un passaggio storico scomodo, che ha messo in discussione
l'attuale sistema di vita e di società.
Siamo convinti che quelle 80.000 persone ci ascoltano
e non permetteranno a un'aula di tribunale di espropriare
la propria memoria e devastare le vite di 24 persone.
A maggior ragione oggi, con una sentenza che cerca
di schiacciarci e farci vergognare di quello che
siamo stati e quello che abbiamo vissuto, di dipingere
quei momenti di rivolta a tinte fosche anziché con
la luce e la dignità che meriterebbero i
momenti più genuini che esprimono la volontà popolare,
noi diciamo che non ripudieremo nulla, che non
chiederemo scusa di nulla, perché non c'è nulla
di cui ci pentiamo o di cui sentiamo di dover parlare
in termini diversi che del momento più alto
della nostra vita politica.
Noi
pensiamo che tutti coloro che erano a Genova
dovrebbero gridare: in ogni caso nessun rimorso.
Nessun rimorso per le strade occupate dalla rivolta,
nessun rimorso per il terrore dei grandi asserragliati
nella zona rossa, nessun rimorso per le barricate,
per le vetrine spaccate, per le protezioni di
gommapiuma, per gli scudi di plexiglas, per i
vestiti neri, per le mani bianche, per le danze
pink, nessun rimorso per la determinazione con
cui abbiamo messo in discussione il potere per
alcuni giorni.
Lo abbiamo detto il giorno dopo Genova, e in tutti
questi anni: la memoria è un ingranaggio
collettivo che non può essere sabotato.
E per tutto quello che Genova è stata e
ha significato noi non proveremo nessun rimorso.
Oggi, come ieri e domani, ripeteremo ancora che
la Storia siamo Noi. Oggi, come ieri e domani,
diremo di nuovo: in ogni caso nessun rimorso.
SUPPORTOLEGALE
info@supportolegale.org
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1/dic/oo7
In
concomitanza con l'inizio dello sciopero della
fame promosso a livello nazionale, gli ergastolani
Annino Mele e Salvatore Pezzino per la caratterizzazione
in cui ci troviamo abbiamo deciso per la durata
di giorni dieci a partire dal 1 dicembre 2007
l'autoseppellimento.
Non potendo guardare in faccia alcun nostro futuro,
proviamo a chiuderci dentro le rispettive "morgue" rinunciando
a tutto e tutti, con la differenza che ogni giorno
per cinque minuti a partire dalle ore 16 ci suoniamo
le campane a morto.
L'autoseppellimento consiste in:
1. non uscire dalla propria "morgue" per
nessun motivo
2. niente udienze con il Direttore o altre autorità
3. niente colloqui con i familiari o telefonate
4. niente docce
5. nessuna visita medica
6. niente matricola o magazzino casellario
Ci
rivolgiamo alla direzione che dia disposizione
affinché i vari punti organici dell'amministrazione
non ci ostacolino nel portare a termine questa
nostra iniziativa, tranne doverla interrompere
anche se per poco in caso di perquisizione nelle
rispettive "morgue". Resterà poi
nostro desiderio quello di
lasciaci "vivere" la nostra esclusione
alla vita. Sarebbe veramente importante da parte
di chi ha il compito di rispettare quanto previsto
dall'articolo 27 della nostra Costituzione di ammettere
il fallimento, la contraddizione tra la speranza
e l'esclusione.
Dal 1 dicembre fino al 10 proviamo a seppellirci
ben consci che siamo da tempo e per sempre carne
archiviata. Archiviate anche i nostri fascicoli,
cosi' evitate di venirci a dire quel che alla fine
non potete darci.
Annino
Mele
Salvatore Pezzino
Carcere di Reclusione, Sezione AS
Saluzzo (CN)
dicembre 2007
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campagna
per l'abolizione dell'ergastolo:
www.informacarcere.it/campagna_ergastolo.php |
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2/ott/oo7
Folletto25603
e Leoncavallo s.p.a.
LA
TERRA TREMA al LEONCAVALLO
Vini
critici e vignaioli autentici, agricoltori periurbani,
produzioni agricole di qualità
23,
24 e 25 Novembre 2007 - MILANO
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LA
TERRA TREMA, è il nome dell’appuntamento
che riunisce l’agricoltura critica di qualità allo Spazio
Pubblico Autogestito Leoncavallo di Milano,
già sede della Fiera dei Particolari
- t/Terra e Libertà/Critical Wine,
ultimo “sogno possibile” condiviso
con Luigi Veronelli. LA TERRA TREMA è anche
il frutto della collaborazione tra Folletto25603
e Leoncavallo s.p.a.
Il
23, 24 e 25 Novembre più di cento piccole
aziende agricole - tra vignaioli provenienti da tutta
Italia, coltivatori e allevatori (in special modo
del Parco Agricolo Sud Milano e del Parco del Ticino)
- offriranno in degustazione e in vendita i propri
prodotti.
Nel corso dell’evento oltre ad assaggi confidenziali
e acquisti diretti sono previsti momenti pubblici di
confronto, interventi di produttori, scrittori e giornalisti,
proiezioni video, concerti, cene a filiera zero.
Particolare attenzione sarà dedicata al rapporto
tra città e agricoltura periurbana; alla condivisione
di un patrimonio culturale collettivo quale è il
sapere gastronomico; alla discussione delle problematiche
attinenti il settore agricolo e alimentare.
LA
TERRA TREMA è il risultato di una
frequentazione forzata ma quotidiano tra due geografie
che scorrono parallele, opposte, tanto da apparire
ossimoro/contraddizione. Un territorio agricolo
periurbano da una parte, una metropoli ipertrofica
dall’altra. Entrambi sono flussi in trasformazione.
Una divora l’altro con cemento e catrame.
I luoghi dell’agricoltura sono perciò compromessi
dalle urgenze impellenti proprie dello spazio metropolitano,
atto all’edificazione coatta e alla distribuzione
schizofrenica delle merci. Edificare/distribuire
imperativo presente. Opporre resistenza è un
vizio impossibile quasi. Opportunità di
pochi. Eppure questo è, per forza di cose,
il vivere quotidiano di contadini, allevatori,
piccoli produttori che abitano l’appena
oltre la periferia milanese. La periferia
milanese finisce laddove iniziano queste esistenze “periferiche” diverse
(citando Rumiz).
LA
TERRA TREMA è il desiderio di portare
porzioni di queste opposizioni nella metropoli
(quelle che Luigi Veronelli avrebbe detto hackers), è un
invito ai guardiani del territorio ad uscire temporaneamente
e a darsi al racconto delle proprie quotidiane
resistenze. LA TERRA TREMA vuole
ribadire che l’agroindustria e la grande
distribuzione, gli ipermercati, i grandi centri
commerciali, la ristorazione prefabbricata, sono
anzitutto i luoghi della negazione dei diritti,
dello sfruttamento, dell’infima qualità del
lavoro, della distruzione dei territori, della
omologazione di merci e sapori, l’alienazione
dei bisogni e del vivere sociale.
LA
TERRA TREMA al Leoncavallo - 23, 24 e 25 Novembre
2007 - Via Watteau 7 - Milano
Vini e vignaioli autentici, agricoltori
periurbani, gastronomie autonome
Folletto
25603 (Abbiategrasso, Mi)
Leoncavallo s.p.a. (Milano)
Email: laterratrema@canaglie.org
Sito: www.inventati.org/folletto25603/laterratrema
“I
ragazzi – per me lo sono – del Leoncavallo
ospitano (e qui la parola ha un valore totale dacché non è mossa
dal minimo interesse privato) i vignaioli, ripeto,
migliori e più conosciuti, e quelli, anche
migliori, ma non ancora conosciuti.
Ciascuno di loro – e in primis va
da sé, i miei lettori ed amici – sono
invitati a partecipare. Sarà una fiera
del tutto nuova; vi si assaggeranno i vini
di ogni parte d’Italia. Festeggeremo
la vita”.
(Gino Veronelli, in occasione della prima edizione
di tl/cw al Leoncavallo, Dicembre 2003)
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6/ott/oo7
crash!
again... non ci fermerete mai!
Alle
6.45 del 20 Agosto 2007 un atto militare tenta
di fermare l'esperienza del Laboratorio Occupato
CRASH! Le ruspe cofferatiane entrano nello spazio
per demolire tutto quanto costruito e vissuto
in un anno e mezzo di occupazione di un vecchio
edificio dismesso, a cui si era data nuova vita.
Nessun preavviso alla vile delibera a porte chiuse
agostana. Lo stabile torna vuoto e chiuso per
le volontà dell'amministrazione Cofferati:
l'ennesimo scempio di quanto Bologna è ancora
in grado di produrre dal basso al di là delle
ordinanze proibizioniste, della negazione della
socialità, della mercificazione culturale.
Un Laboratorio largamente attraversato, catalizzatore
di desideri e bisogni di decine di migliaia di
persone a Bologna, che ha visto prodursi e riprodursi
al suo interno reti sociali in cerca di spazi
di vivibilità.
Quello
che il Laboratorio CRASH! ha rappresentato in
città rimane nelle cronache: asilo per
quanti, in fuga dalla ruffiana cultura cortigiana
bolognese, hanno trovato li un luogo per esprimere
le proprie conoscenze; fruibilità per
tutti di ineguagliati eventi musicali; presentazioni
di libri, rassegne cinematografiche; condivisione
di saperi; laboratori teatrali e fotografici...
Ma soprattutto un virtuoso meccanismo di coinvolgimento
di quanti hanno vissuto lo spazio nella produzione
di eventi altri, di vivacità culturale
e politica. Quello che lo sgombero del Laboratorio
CRASH! porta è solo un vuoto.
Ma
il Laboratorio CRASH!, nella città/cavia
del delirio securitario cofferatiano, ha rappresentato
anche altro. Ed è proprio su questo piano
che la vendetta politica dell'amministrazione
ha preso corpo: anni di lotte contro la precarietà,
al fianco dei migranti per la chiusura dei CPT,
una rinnovata propulsività sociale che
ha saputo contrastare inquietanti presenze come
quella razzista di Forza Nuova il 21 Giugno,
che ha dato battaglia per difendere la libertà d'espressione
e le libertà personali di tutte e tutti
e dare soddisfazione a bisogni e desideri.
Con
questo sgombero prende forma un ulteriore tassello
di quello che è il modello societario
che Cofferati, in rappresentanza delle forze
politiche di cui è interprete, cerca di
imporre ed esportare in tutta Italia. Sono recenti
le dichiarazioni del ministro Amato che individuano
nel modello dello "Sceriffo Giuliani" l'ideale
gestionale da importare e diffondere ad opera
del costruendo Partito Democratico: un modello
di esclusiva repressione, ormai superato dalla
stessa New York, sua città natale. E se
da un lato l'eco dei peggiori e più rischiosi
modelli politici d'oltreoceano approdano qui
a partire da Bologna, è impossibile scordarsi
tutta la sequela di provvedimenti che in ogni
parte d'Italia prendono forma, spesso sotto il
vessillo di amministrazioni di centrosinistra:
dai recenti provvedimenti, d'eco cofferatiano,
contro i lavavetri a Firenze, all'espulsione
del diverso dalle città, alla manifesta
connivenza nei confronti di quanti, portatori
di eredità xenofobe e fasciste, si fanno
braccio armato di queste politiche, assaltando
occupazioni abitative, bruciando campi nomadi,
assassinando compagni, facendo squadrismo perfino
nel corso di eventi ludici come la recente, ma
non solo, cronaca romana mostra. Ma questa estate
non ha mietuto vittime solo a Bologna: a Milano,
Verona, Padova altre esperienze di autorganizzazione
e autogestione vengono sgomberate e chiuse, marcando
il segno di un inquietante parallelismo delle
politiche adottate dai sindaci forzaitalioti
Moratti, leghisti Tosi e diessini Zenonato e
Cofferati.
Se
il modello di amministrazione cittadino è questo,
la politica istituzionale si innalza sempre più a
simulacro mediatico, a vuoto gioco delle parti,
quanto mai distante dalle contraddizioni dell'esistente.
E così ecco lanciate mistificatorie campagne
di intolleranza e repressione all'insegna della
legalità, che a malapena celano una politica
di sacrifici fatta di stangate fiscali, attacchi
ai diritti, bisogni insoddisfatti, peggioramento
delle condizioni di vita. Ecco inabissarsi con
questo ceto politico anche il mito di un riformismo
progressista che si rivela come semplice maschera
di una esasperata voglia di impattare contro
la società, di entrarvi per distruggerla
e funzionalizzarla plasmandola ad esclusivo modello
di sè, per la propria riproduzione.
La
necessità di una risposta antagonista
a queste politiche non potrebbe manifestarsi
adesso in modo più palese. Ed in questo
stanno tutti i conflitti che all'interno delle
città, e non solo, sorgono: dalla vittoriosa
lotta della Val di Susa del No Tav, alla Vicenza
del No DalMolin, alle battaglie per la laicità e
per la libertà d'espressione vanno costruendosi
terreni di rottura dai quali partire per rilanciare
su altri terreni. E nei territori gli spazi sociali
assumono un ruolo centrale nel tentativo di costruire
alterità e contrapposizione, nel strutturare
queste ed altre battaglie, divenendo espressione
di ingovernabilità dei conflitti. Del
resto la Bologna dello sgombero di CRASH!, ma
anche di Metrolab, della chiusura del Livello
57 e del Link, delle ruspe abbattute sui campi
rom, delle ordinanze anti-alcolici, della chiusura
forzata di ogni ambito di socialità e
ludicità, della cultura-merce ad alto
prezzo solo per pochi, finisce con l'innescare
dinamiche che semplicemente si autoalimentano.
Assistiamo allo spettacolo di un sindaco costretto
a trincerarsi dietro decine di agenti di polizia
e bodyguards perfino alla festa del suo partito
perchè contestato e fischiato. L'allarme
sicurezza così amministrato alimenta nuove
insicurezza, la legalità brandita a mo'
di manganello produce clandestinità e
questo perchè tutta questa parte della
città non è riducibile ad un deserto
sociale. Chi vuole negare, neutralizzare le esistenze
di noi tutti, genera nuovi conflitti non amministrabili.
Da
oggi è il momento di marcare il segno
di un'assoluta incompatibilità dei soggetti
che in questa ed in altre città si muovono
rispetto a queste politiche. La distanza del
Palazzo resti tale: solo da noi tutti potrà venire
una risposta adeguata, di massa, a chi questa
città la sta uccidendo. Qualcuno, a corte,
ha deciso che l'alterità, a Bologna, non
debba avere casa. Rispondiamo contrastando il
delirio securitario, per le libertà d'espressione
e personali, perchè CRASH! torni ad avere
uno spazio. Bologna è di chi la vive e
rende viva!
Facciamo
appello a tutti coloro con cui abbiamo tracciato
segmenti del nostro percorso, coloro con i
quali abbiamo condiviso battaglie, piazze,
assemblee, socialità a portare assieme
a noi la propria rabbia per le strade di Bologna.
Costruiamo
per SABATO 6 OTTOBRE
un CORTEO A BOLOGNA in difesa degli spazi
sociali e contro il modello cofferatiano
Laboratorio
CRASH!
Per
adesioni: baz at
ecn punto org
www.ecn.org/baz
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1/set/oo7
Manifestazione
di Verona: Le idee, i desideri,
le lotte non si sgomberano!
A
Verona sabato 1 settembre ci saremo e cercheremo
di esserci ai prossimi appuntamenti e quando
servira'.
Ci saremo per quello che siamo. Una piccola parte
che insieme a tante altre ne puo' fare una grande.
Torneremo in piazza Zagata, borgo Venezia. Torneremo
in quel quartiere dove grazie alla Chimica abbiamo
passato del tempo prezioso: condiviso imparato
discusso conosciuto bevuto mangiato comunicato
riflettuto immaginato...
Alla Chimica abbiamo attraversato Critical Wine/Terra
e Liberta', come in altre parti d'Italia, da nomadi,
in movimento: l'ultimo sogno possibile di Veronelli,
un'idea e un desiderio di una banda di pazzi che
ha fatto incontrare migliaia di persone, vignaioli
e contadini in decine di iniziative, in luoghi
autogestiti diversi e simili alla Chimica sparsi
in tutta Italia... per costruire e promuovere nuovi
progetti, nuovi processi diretti di trasformazione
e distribuzione... per parlare, difendere e trasformare
i territori e l'agricoltura... per riappropriarsi
di gusti, cibi, vini, relazioni, e dei piaceri
a loro connessi.
Questa volta saremo in piazza zagata non per restare
la', ma per andare in giro nelle strade di verona.
Perche' le idee, i desideri e le lotte non si sgomberano
e non vanno da sole in giro per il mondo!
FOLLETTO
25603, politica dalla strada
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LE
IDEE, I DESIDERI, LE LOTTE NON SI SGOMBERANO!
Il
centro sociale la Chimica esiste perché nasce
da necessità politiche, culturali, esistenziali. Esiste
perché lo dimostra una storia ormai
lunga 10 anni, una storia fatta di lotte e
occupazioni: il forte di S. Lucia, la vecchia
pensilina degli autobus di Piazza Isolo, l’area
industriale dell’ex quacker chemical,
le scuole Fincato di via del capitel. Luoghi
abbandonati e dimenticati che abbiamo pulito,
sistemato, trasformato in spazi di socializzazione,
aggregazione, cultura. Spazi aperti riconsegnati
alla cittadinanza: non abbiamo mai rubato spazi
a nessuno, non siamo mai stati competitivi
con le esigenze del territorio come alcuni
vorrebbero far credere, come chi vorrebbe competitive
le esigenze degli anziani del quartiere in
cui abbiamo vissuto.
Lo
diciamo con forza perché in
questi anni abbiamo realizzato dei sogni, abbiamo
dato risposte concrete alla necessità di
spazi sociali e aggregativi, di spazi politici
e culturali, aperti alla cittadinanza, al quartiere,
vissuti dalle migliaia di persone che li hanno
ricostruiti, camminati, ridipinti e rimessi
a nuovo, riempiendoli di musica, disegni, giochi,
parole, sapori e saperi in azioni creative,
favorendo comunicazione e relazioni.
Abbiamo
scelto l’autorganizzazione:
non abbiamo bisogno di finanziamenti perché autoproduciamo
(con fatica) i mezzi con cui sostenere i nostri
progetti. Abbiamo scelto l’autogestione
che non tollera la distinzione tra gestione
ed utenza, coinvolge e responsabilizza, investe
sul protagonismo attivo delle persone che esprimono
con la loro presenza, desideri ed esigenze.
Investiamo sulla partecipazione dal basso,
che non riproduce gerarchie o strutture burocratiche
di associazione, si esprime e condivide le
scelte comuni attraverso le assemblee di gestione.
In questi anni ha preso vita un contesto nato
da una comunità di centinaia di persone
che hanno frequentato e attraversato le iniziative
proposte: concerti, rassegne cinematografiche,
dibattiti, presentazione di libri, il mercato
autogestito, eventi come Terre Ribelli/Critical
Wine e Brutti Caratteri, la libreria Ubik Books,
la trattoria comunarda Fornelli Ribelli, lo
sportello precario, i corsi di inglese, di
ginnastica, giocoleria…
Una
realtà attiva nelle lotte per la giustizia
sociale, contro la condizione precaria del
lavoro e per i diritti dei lavoratori, al fianco
dei migranti, contro il razzismo e per i diritti
di cittadinanza, contro il sessismo e le discriminazioni
verso gay, lesbiche e trans, contro tutte le
guerre, per una ecologia sociale e ambientale.
Esistiamo.
Lo diciamo con forza a questa giunta, al suo
buffo sceriffo flavio tosi, malato d’inguaribile
protagonismo. Meritato: l’instancabile
provocatore, il Gentilini al quadrato, l’abile
collaudatore di rapporti tra l’estrema
destra e la lega, celebre per gli autobus con
entrata per “negri”, per la guerra
santa ai rom, ai migranti, ai diversi, a tutto
ciò che non è compatibile con l’anacronistica
idea di città- castello- ricco recintato
identitario…
L’uomo
che ha vinto l’elezioni fomentando le pulsioni
più retrive legittimandole, dando cittadinanza
all’irrazionale alla paura e alla fobia.
Tre
parole d’ordine in campagna elettorale:
cacciare i rom, cancellare il centro sociale,
debellare il centro dalle presenze sgradite,
ambulanti in primis. Le vere emergenze di Verona.
In nome del decoro. Dal detto al fatto: un allucinante
battuta di caccia: prostitute, mangiatori di
panini, kebbabbari, phone, center, senzatetto,
Rom. Sgomberi, chiusure, multe, arresti, il tutto
sotto il vigile sguardo ed il sorriso compiaciuto
del primo cittadino. Attualità e non solo:
all’istituto storico per la resistenza
un naziskin doc, noto alle cronache cittadine
e non solo.
Lo
ricordiamo al centro sinistra con la forza e
la lucidità della memoria che non ammette
amnesie strumentali, ipocrisia e revisioni. Imperdonabile
la subdola repressione messa in atto nei nostri
confronti, sottovoce: 10.000 euro comminati dai
vigili urbani a quattro esponenti della chimica
in occasione dell’ultimo C.W. sono spiccioli
al confronto dei 30.000 euro che la precedente
amministrazione ipotizzava di attribuirci come
indennizzo per l’usufrutto abusivo dello
stabile di sua proprietà. Imperdonabile
l’incapacità e la codardia di offrire
alternative reali al centro sociale per emergere
nella precarietà nella quale versava,
riconoscendone la storia la forma i bisogni.
Imperdonabile la scelta consapevole di conquistare
voto e consenso dei presunti moderati, assecondandone
le fobie gli egoismi le passioni tristi. La deriva
in atto non esclusiva della destra, non è solo
politica e sociale: il quando sociale e il politico
si stratificano inquinano appieno la sfera esistenziale.
Per questo forme di vita non omologabili fanno
paura, non solo per ciò che sono e producono
materialmente ma anche per i linguaggi e gli
immaginari che hanno dimostrato di saper creare.
Gli
spazi sociali autogestiti sono stati in questi
anni il cuore in movimento di tutte le lotte
per i bisogni e diritti d’esistenza.
Urge
innanzitutto una presa di coscienza: ciò che
siamo stati e ciò che siamo.
La
consapevolezza del percorso comune è la
stessa cosa della responsabilità che abbiamo:
vivere uno spazio di relazioni liberate giorno
per giorno è concretamente un pezzo di
una società diversa che vorremmo costruire.
Significa
non fermarsi.
Urge
ricomporre e ricombinare i corpi e le menti di
chi questa esperienza ha attraversato e sostenuto,
soprattutto in una città come la nostra.
Ripartire dalla piazza, oggi piazza zagata, da
ciò che all’esterno della chimica
riusciremo a fare, a partire dalla socialità che
in questi anni abbiamo consolidato, rompendo
le barriere del pregiudizio.
Trasportare
le nostre azioni le nostre idee i nostri corpi
nelle strade, nelle piazze, di nuovo imprevedibili,
di nuovo invisibili…ma non troppo.
Riprenderci
la fisicità di un laboratorio, occupando
se necessario, consapevoli che l’occupazione
rimane uno strumento, non un fine, per ottenere
una piccola parte di ciò che ci spetta.
Questa
città ma non solo. Il vento che soffia
a Verona non ha niente di localista ma è comune
a tante ricche città di questo paese dove
il modello economico non prevede, non accetta,
odia soggetti non omologabili, utilizza le isteriche
politiche della paura dell’emergenza della
sicurezza della tolleranza zero, della richiestissima
categoria dell’illegalità per spostare
l’attenzione dalle contraddizioni, dai
veri problemi, dalle becere ingiustizie del sistema
e dai veri responsabili. Perché non è tollerabile
immaginare una società diversa e possibile.
Il
triangolo tosi cofferati zanonato ha infiammato
l’estate ed è solo l’apice
di un fenomeno in costante diffusione; ma l’estate
infiammata è quasi finita:
Urge
lasciare le nostre riserve dove ci vorrebbero
confinanti e riprenderci le città
Sui
sentieri che il movimento saprà tracciare.
A
partire dal campeggio NoDalMolin a Vicenza, un
laboratorio a cielo aperto di partecipazione
popolare in lotta contro ogni militarizzazione
del territorio e in difesa dei beni comuni.
A
partire da Bologna e ogni altra città sotto
assedio securitario e legalitario
A partire dal percorso che attraverserà Verona
sabato 1 settembre.
Il primo passo.
Solo l’inizio.
Manifestazione sabato 1 settembre 2007
concentramento ore 14.00
piazza Zagata Borgo Venezia davanti al csoa la
chimica
Questo è un
appello aperto. Per adesioni e contributi: lachimica@autistici.org
http://www.ecn.org/porkospino
http://veronainforme.noblogs.org
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16/giu/oo7
SONO
ARRIVATE LE MAGLIETTE DEL FOLLETTO!!!
Prenotatele,
ne sono rimaste poche! scrivi a folletto25603@inventati.org
fronte
retro |
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1/giu/oo7
SBALLOTTAGGI
Nel
corso di questa campagna elettorale ad Abbiategrasso
se ne sono dette, fatte, dedotte. Come da copione,
forse peggio di quanto ci si potesse aspettare.
Defezioni, tradimenti, accuse, tristi tiritere:
lo spettacolo non è stato piacevole.
Avveniva veloce una trasmutazione fisica: corpi
che si trasformavano in partiti, comitati. Al diavolo
amicizie, anni di lavoro passati spalla a spalla,
addio stima reciproca, addio rispetto, come non
fossero mai stati, come fosse stata sempre e solo
ipocrisia. È avvenuto questo in campagna
elettorale.
È successo però di osservare e confrontarsi
con cittadini che avevano comunque voglia di dire,
fare, partecipare. Si è cercato con loro
di far quadrare un cerchio, in tanti hanno avuto
voglia, hanno sperato di dare una svolta, di ridestare
le sorti di quei corpi politici. Cercato di parlare,
cercato di parlarne.
La classe politica non poteva ascoltare, che non
era più carne umana ma lobby, casta, forse
società per azioni. Con arroganza, alla
fatidica scadenza, si è offerta al confronto
ma poi ha cercato di racimolare veloci consensi,
candidati ed elettori.
Non c’è da stupirsi che ci sia stata
la fuga dalle urne elettorali, che ci sia accaniti
sulla propria scheda elettorale, che tanti abbiano
segnato con uno sfregio il proprio diritto al voto.
Cosa chiedeva di votare il sinistro centrosinistra?
Vai a vedere.
L’appiattimento dei temi, la politica del
menopeggio, l’omologazione dei candidati,
la presunzione, la sordità.
Non c’è da stare allegri, l’astensione è un
momento grave, un momento di crisi violenta e negativa.
Ci sarebbe da chiedersi dove e perché sono
stati persi i voti. Ci sarebbe.
Eppure ci si ostina a ostentare la sicurezza di
non essere i colpevoli del proprio tracollo. La
colpa è altrove. Nell’elettore mancato,
indeciso, perplesso.
Ora il ballottaggio, è il momento del richiamo
ufficiale al “voto di coscienza” e
di responsabilità agli elettori indecisi
(al popolo del non voto, al popolo che ha scelto
di non esprimersi). Ma cosa garantiscono gli amministratori
e il candidato sindaco del centro sinistra di concreto
a questa popolazione perplessa: lo spettro della
destra o garanzie concrete?
Per che cosa vuole distinguersi il centrosinistra?
Cosa risponde alle domande che questo popolo ha
ostinatamente posto? Quelle domande che cittadini
e città vivono sulla propria pelle:
Quale
futuro per il territorio? Un futuro di cementificazione
e di crescita forzata? Un futuro deciso da pochi
per molti? Un futuro di infrastrutture? Cos’altro?
Un futuro legato all’incenerimento dei
rifiuti?
Quale sarà il coinvolgimento degli abitanti
nelle scelte che riguardano l’impiego delle
aree dismesse e, in generale, le sorti della città?
Continuerà ad esserci spazio solo per i
poteri politici e quelli economici?
E i lavoratori precari del comune? Si riassorbiranno
tutti i precari degli asili nido senza condizioni
ad esempio?
E la casa? Si intende costruire, ancora? Si intende
lasciare libere le case sfitte o darle a chi ha
bisogno?
A chi produce cultura, iniziative di quartiere,
mette a disposizione il proprio tempo e spazio,
che risposte concrete vogliamo dare? Si vuole continuare
a non rispondere o a rispondere di arrangiarsi?
Oggi,
sotto esame non è la comunità “indecisa” (circa
7500 persone, se vi sembrano poche), chi è sotto
esame sono politici e amministratori che si sono
candidati a governare! Questo i candidati sindaci,
fossero meno presuntuosi, dovrebbero riconoscerlo.
Qui non si chiedono posti nei consigli di amministrazione,
non si chiedono assessorati, o altri posti dentro
il comune. Si chiedono risposte e garanzie precise,
senza troppi giri di parole.
Bisogna avere il coraggio di rispondere e voglia
di rischiare, altrimenti chiunque vincerà avrà da
fare i conti con una realtà non rappresentata,
non rappresentabile, una realtà che ha voglia
di fare e di agire ma che si vede troppo distante
da poltrone e sale consiliari, una realtà che
non ha rappresentanti al Palazzo, all’interno
delle istituzioni, e che troverà altri ambiti
di espressione e di partecipazione non tradizionali
e, se serve, anche conflittuali. Una realtà con
cui fare i conti. Appunto.
Una
postilla felice: In tutta questa storia c’è con
chi congratularsi, per fortuna. C’è da
guardare, a cuor sereno, a Cassinetta, e a quelle
persone (i politici? Ma Andrea Frassoni è un
uomo politico?) che hanno lavorato giorno per
giorno a stretto contatto con gli abitanti; alle
loro pratiche (sempre additate come estremiste)
e alle loro fatiche che sono state ripagate.
Il confronto paga, paga l’umiltà di
ritenersi normali, paga la fatica di
ascoltare, rispondere, domandarsi.
Folletto
25603, pronti al peggio
Alice Boni e "il suo entourage"
VerdiAbbiategrasso
QuandoEsceEsce
La Terra Trema ad Abbiategrasso
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5/mag/oo7
guarda
le foto della festa
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27/apr/oo7
ABBIATEGRASSO -
Immobilismo. Mancanza
di un programma di svolta. Poca attenzione ai
temi della disuguaglianza e del disagio sociale.
Appiattimento su questioni di facciata come la
sicurezza, le infrastrutture, l'immigrazione
vissuta solo come emergenza (dove sono i valori
condivisi del centrosinistra?).
Sono critiche politicamente pesanti quelle che
arrivano alla giunta Fossati da Alice Boni, consigliere
di maggioranza, rappresentante di spicco di Rifondazione
Comunista, anche per il suo ruolo di "cerniera"
tra il mondo delle istituzioni e quello dell'associazionismo
di base e dei cosiddetti movimenti (con il Folletto
in testa).
Ma
Alice Boni non ha la vocazione della "guastatrice"
e non parla a cuor leggero, tanto per fare un dispetto
a qualcuno. Sottolinea il fatto che le sue critiche
non sono strumentali, al servizio di altre liste
o candidati, accomunati dalla stessa fame di potere:
«Io credo che esistano anche altri modi di
fare politica. Rinuncio a fare il consigliere comunale,
riparto da zero... E' evidente che la gente non crede
più nei partiti, che c'è una crisi
della democrazia rappresentativa, ma si può
fare politica anche stando tra le persone, sottolineando
l'importanza delle "pratiche", delle azioni
concrete. E' una cessione di sovranità alla
società civile».
La
sua decisione di non presentarsi nella lista di
Rifondazione alle prossime elezioni è il
risultato di una lunga e tormentata riflessione.
«E'
una scelta che arriva dopo tanti mesi di disagio,
vissuti quasi in apnea», spiega Alice, che
ha deciso di venire allo scoperto, insieme ai compagni
di strada del Folletto.
«La
discussione all'interno del centrosinistra abbiatense
è cominciata con la presentazione della lista
Ceretti. Quella poteva essere l'occasione di riflettere
su cosa e come cambiare. Ceretti poneva anche delle
questioni reali, come la mancanza di relazione con
i cittadini, la scarsa partecipazione della società
civile. In realtà la sua adesso sembra solo
una lotta di potere, ma lì c'erano dei segnali
che dovevano essere colti. E invece è stato
cacciato Lazzaroni...»
Il
problema è la "crisi della politica"
e della rappresentanza, che arriva fin dentro il
partito della Rifondazione Comunista. L'immagine
plastica di questa crisi la offrono quelli del Folletto:
«Si era pensato a un percorso di avvicinamento
alle elezioni per riflettere sul programma e il candidato
sindaco. Noi avevamo dato la nostra disponibilità
e la sede di Rifondazione era piena di gente, c'era
un bel clima e un gran viavai. Poi il partito ha
deciso che era già stato tutto deciso e adesso
in Rifondazione fanno le riunioni in quattro».
«Il
programma è diventato un orpello fastidioso
- spiega Alice Boni. - Io, e non solo io, pensavo
che non fosse giusto dare l'appoggio a un sindaco
senza un programma, senza valori condivisi espressi
esplicitamente. Anche l'idea dei gruppi di lavoro
in realtà ha seguito la solita logica delle
persone che devono venire al partito e non viceversa.
E ancora adesso il programma non c'è. Io
l'ho visto in anteprima e certe questioni, come
l'inceneritore o la nuova strada, vengono semplicemente
evitate».
Anche
il bilancio degli ultimi 5 anni non sembra molto
positivo. «Non c'è più la sicurezza
lavorativa che c'era qualche anno fa. So che il
potere di un Comune in questi casi è limitato,
ma ad esempio di poteva evitare di esternalizzare
i lavoratori degli asili e quindi trasformarli
in precari.
Penso anche a una situazione come quella del Folletto,
che da uno stato di legalità si ritrova oggi
nell'incertezza più totale».
Alice
Boni dice di non riuscire più a vedere la
differenza tra centrosinistra e centrodestra. «Cosa
deve votare un cittadino? Programmi diversi, un
modo di fare politica diverso o vota semplicemente
persone diverse, piuù o meno rassicuranti,
più o meno simpatiche, più o meno
cordiali? Un programma di centro sinistra dovrebbe
parlare di lotta alle diseguaglianze e al disagio
sociale, cose scomparse dalla politica. Non si
parla più degli esclusi dal ciclo produttivo,
di tutta quella parte della città che non
fa opinione e che viene abbandonata all'impegno
sul territorio di associazioni come il Folletto.
Si parla di insicurezza insistendo sugli stranieri
e la criminalità quando non c'è un
solo dato che dimostri l'esistenza di un'emergenza.
La vera insicurezza è quella della casa
e del lavoro! Chi le dice queste cose oggi? Non
lo dice più neanche Rifondazione, schiacciata
e oscurata, a cui spetta al massimo sollevare temi
scomodi come quello della salvaguardia del territorio».
Qualcuno
potrebbe avere il sospetto che tutto nasca dalla
mancanza di risposte del Comune al Folletto, destinato
a rimanere senza una sede:
potrebbe sembrare uno sgambetto fatto per dispetto.
«Lo sgambetto se lo sono fatto da soli - dicono
i Folletti. - Noi continueremo per la nostra strada.
Abbiategrasso
viene portata come esempio in tutta Italia per
la collaborazione nata tra la nostra realtà
e il Comune. E questa collaborazione era garantita
da Alice Boni, che con questa scelta rinuncia a sedere
in consiglio, rinuncia alla sua poltrona, mentre
c'è gente che fa l'assessore e il consigliere
avendo preso 5 voti e rappresentando solo se stesso.
Ora il sindaco ci viene a dire pubblicamente che
se lo votiamo poi risolveremo la situazione. Noi
non ci stiamo a questa logica politica novecentesca.
Oggi la gente ha voglia di prendere in mano la propria
vita, di essere protagonista nel territorio in cui
vive. Ci sono enormi buchi lasciati dalla democrazia
rappresentativa ed è qui che noi lavoreremo!».
Secondo
Alice «era arrivato il moento della svolta.
La giunta Fossati aveva investito sulla riqualificazione
dei monumenti, sulla città slow... Va bene,
ma ora si trattava di fare un salto di qualità,
di non limitarsi a garantire la continuità
dando un voto alla cieca a Fossati. Bisognava cominciare
a parlare di precarietà, di esclusi, perché
non è vero che ad Abbiategrasso stanno tutti
bene! Bisogna parlare degli ortisti dietro l'Annunciata
che erano lì da 30 anni e adesso devono andarsene.
Bisogna fare prevenzione perché poi non si
debba ricorrere ai servizi sociali e alle casse comunali.
Occupiamoci
degli ultimi e basta con il dogma della crescita!
Potevamno aprire dei tavoli permanenti di discussione,
invece ci siamo chiusi ad ogni
prospettiva di cambiamento. E io non ci sto».
Intanto il Folletto ha
preparato " Una festa alle elezioni" per
sabato 5 maggio nel parchetto di via Lattuada. Una
festa di quartiere con " musica, animazioni
per bambini, materiale informativo, chiacchere e
relazioni".
Fabrizio
Tassi, Libertà
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apr/oo7
CIRCOSTANZE
STUPEFACENTI
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In
molti parlano di droghe e tante sono le informazioni
che circolano intorno ad esse (tra la popolazione
studentesca e in quella giovanile, nel mondo
degli adulti, nei mezzi di comunicazione e nelle
sedi istituzionali).
Molte
di queste informazioni sono errate, spesso sono
addirittura leggende o pretesti strumentali alla
morale o alla politica. Ci si nasconde dietro
un
“è male”, “è proibito”,
o ci si abbandona al consumo e all’abuso
inconsapevole, ad uno scambio d’informazioni
di bassa qualità
e poco precise.
Capita
che intorno a questo argomento si faccia fatica
a trasmettere informazioni e ad affrontare i
rischi e i problemi connessi. Questo accade quando
si demonizzano le sostanze, ma anche quando si
santificano.
Questo
lavoro non vuole stare in nessuna di queste opzioni
e non vuole essere un manuale per consumatori
di sostanze stupefacenti. Questo libretto contiene
semplicemente informazioni corrette e oggettive.
Ci
auspichiamo che accresca controllo e consapevolezza
rispetto alle sostanze e rispetto a se stessi;
ci auguriamo soprattutto che contribuisca allo
scambio, alle relazioni e al dialogo tra persone
intorno a questi argomenti, senza preconcetti.
Indipendentemente dall’essere consumatori
di sostanze, indipendentemente dall’età e
dal proprio ruolo nella società.
folletto
25603 for high quality life
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17/mar/oo7
CONTADINI
IN CITTA', CITTADINI IN CAMPAGNA
CONTRO L'AGROINDUSTRIA E LA GRANDE DISTRIBUZIONE
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Dalla
provincia di Milano che sta diventando periferia,
il Folletto occupato incontra gli agricoltori.
Pezzi di campagna arrivano nelle grandi metropoli
per difendere il proprio territorio e l'agricoltura
(quella tradizionale, piccola, di qualità)
italiana, europea e di tutto il mondo. Difendere
la cultura della terra vuol dire difendere la
Terra dall'aggressione del sistema economico
globalizzato.
Modificare
i rapporti sociali di produzione è necessario:
facilitare le relazioni dirette tra consumatori
e produttori, creare dei coproduttori, coltivare
un orto, partecipare a gruppi d'acquisto, autoprodurre
cultura, sviluppare la vendita diretta dei prodotti
della terra, intensificare le relazioni tra cittadini
e contadini, creare mercati senza mercanti, saperi
e sapori... sono esempi reali di quanto abbiamo
chiamato micropolitiche della resistenza. Al di
là di mode, fiere e convegni, slow food
e life gate, al di là di strategie di marketing
a proposito del prodotto tipico.
Le
campagne si stanno trasformando. Esistono ormai
spazi periurbani in cui le città con le
loro tonnelate di cemento aggrediscono i terreni
agricoli. Ma le campagne e gli agricoltori possono
aggredire la città. E' necessario sviluppare
anche degli elementi di espressione conflittuale.
I
supermercati, gli ipermercati e i grandi centri
commerciali, sono i templi della negazione dei
diritti, dello sfruttamento, dell'infima qualità del
lavoro, della distruzione dei territori, della
omologazione delle merci e dei sapori e della
snaturalizzazione dei bisogni e del vivere sociale.
La
Politica Agricola Comunitaria e l'OCM-vino (Organizzazione
Comune del Mercato vitivinicolo) vanno fermate
perchè
difendono gli interessi di pochi che rappresentano
l'agroindustria, senza tenere in considerazione
chi la terra la lavora per davvero.
Vogliamo
supportare una porzione precisa della produzione
agricola: quella dei piccoli produttori sensibili,
critici e legati al proprio territorio e al proprio
lavoro. Contadini che producono prodotti naturali
di qualità. La grande distribuzione surclassa
questi produttori. Vogliamo una distribuzione
diretta e partecipata. NON VOGLIAMO L'OCM E LA
PAC.
LA
TERRA TREMA, Folletto 25603, Abbiategrasso
(Milano)
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Manifestazione
Nazionale a Roma
Sabato 17 marzo 2007, dalle 10:00 alle 13:30
Appuntamento in P.zza Montecitorio sit-in con aperitivo
critico
Per
un'agricoltura contadina e senza OGM
contro la politica della UE che favorisce l'agroindustria
e declassa il cibo ed il vino a semplice merce
Perché la terra non è un supermercato,
e il cibo non è una merce
Per
info: terraterra.noblogs.org www.croceviaterra.it agricoltoricritici.splinder.com
|
guarda le foto della giornata
ascolta
gli interventi
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-
11/mar/oo7
W
GLI ORTI E GLI ORTISTI
CHI DISTRUGGE LA TERRA DISTRUGGE ANCHE NOI!
Gli
orti tra la Siltal, l'Annunziata e il Folletto
domani mattina (lunedì 12 marzo) verranno
rasi al suolo.
Con le lamiere, le reti di materassi, le assi
di legno, le onduline e altri materiali di recupero
improvvisati a delimitare proprietà non
legittimate dalle leggi, spariranno le decine di
ortisti. La storia di queste persone non saremo
di certo noi a narrarla in queste 4 righe anche
se in questi anni abbiamo imparato a conoscerla.
Una sola cosa vogliamo farla notare : la vita di
queste persone è l'orto. Nessuno (proprietari,
palazzinari e politici) è
riuscito a trovare una soluzione alternativa. C'è
chi da quarantanni ogni anno segue i cicli delle
stagioni e si abbassa verso la terra. Da quarantanni,
trentanni, ventanni ci si incontra, ci si scontra
in quel pezzo di terra. Un'umanità diversa,
di altri mondi, di altri tempi. Qualcosa che non
centra (voce del verbo centrare) un cazzo con le
mostre d'arte, le accademie, i politici, i fari
alogeni e i giardinetti patinati con improbabili
piante esotiche. Non centra un cazzo con le speculazioni
immobiliarie o con le tonnellate di cemento versate
sulla nostra terra. Non centra un cazzo con i calcoli
politici o schede nelle urne. Non centra un cazzo
con gli ipermercati o con le villette col prato
inglese. Non centra un cazzo col la seconda terza
casa al mare, in montagna e in campagna... Oggi
abbiamo visto sguardi vecchi di ottantanni guardare
il proprio orto con rassegnazione, tristezza, incredulità...
forse anche liberati dalla fatica. Forse abbiamo
visto gente ammazzata prima del tempo.
Chiediamo a tutti di venire e toccare con mano.
Chiediamo uno sforzo a capire dialetti incomprensibili,
storie straordinarie, fuori dal "normale" (ma
cos'è
la normalità!?!)...
Domani mattina arriveranno le ruspe. Gli ortisti
saranno lì ha guardare la propria vita demolita.
Noi saremo lì insieme a loro.
Vediamo cosa succede.
Folletto25603,
pronti al peggio
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2010 | 2009 | 2008 | 2007 | 2006 | 2005
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