Caso IRI
L'IRI è una finanziaria pubblica fondata negli anni '30 dal regime fascista per acquistare, e così salvare, industrie private (e banche) colpite dalla crisi del 29/30. Si tratta del frutto nazional-fascista di quella stessa politica che nell'Inghilterra e negli USA "democratici" si è chiamata keynesiana o roosveltiana, cioè di intervento dello Stato nell'economia. Negli anni 80 in tutto il mondo capitalista colpito da una crisi economica di grandezza paragonabile a quella del 29/30, vediamo che, dietro alla parola d'ordine del neo liberismo reaganiano, negli USA, in Inghilterra, in Francia, ed anche in Italia, il potere considera un buon contributo al superamento della crisi la "privatizzazione" delle imprese economiche statali, che a suo tempo erano state acquistate dallo Stato proprio per far fronte ad un'altra crisi economica. Questo fenomeno, apparentemente contraddittorio, merita di essere preso in considerazione. Per limitare il problema, consideriamo solo il caso italiano. Quello che vogliamo sostanzialmente mostrare è che lo Stato italiano utilizzando le entrate fiscali (cioè le imposte sui salari fissi) ha finanziato industrie in crisi nel 29/30. Finita la crisi ha fatto finanziare le imprese statalistiche dal sistema bancario privato (che ne ha tratto utili considerevoli (x)) ed ora ('80) restituisce alle imprese capofila del capitalismo privato, che approfittano della crisi per ingrandirsi, le imprese statali "sane" (cioè produttive di profitto), gratis, cioè più precisamente sotto forma di rimborso dei prestiti fatti dal capitale finanziario privato a tassi esorbitanti nel passato e sui quali il capitale finanziario privato ha già fatto lauti guadagni. Ciò serve a chiarire che in un sistema in cui dominano i rapporti di produzione capitalisti, lo Stato non assume mai realmente il ruolo di finanziere pubblico (capitalismo di Stato), ma solo quello di amministratore delle imposte (vere e proprie, come le tasse e le imposte dirette e indirette, e delle "pseudo imposte" come quelle raccolte attraverso l'emissione della moneta inflazionata e la gestione del deficit di bilancio, (politico del "deficit-spending"). Non è, perciò, possibile imporre una politica alle partecipazioni statali, in un paese in cui dominano i rapporti di produzione capitalisti, che sia indipendente dagli interessi del capitale privato. Perché le industrie controllate dallo Stato giochino un ruolo indipendente dal capitale privato è indispensabile una rivoluzione politica radicale. Un cambiamento dei rapporti di produzione dominanti in tutto il sistema sociale.
Dunque oggi l'IRI "privatizza". Cede a privati molti industrie e banche, ma -in questi giorni (giugno 85)- principalmente un grande settore industriale, quello alimentare (SME) e una grande banca d'affari (cioè che fa investimenti a medio lungo termine: la Mediobanca). Come spiega ciò l'IRI? Per quanto riguarda la SME (gruppo alimentare) sostiene che in primo luogo non si tratta di un settore "strategico" e in secondo luogo che essendo un settore "sano" (che produce profitti) può essere venduto "bene" ai privati ricavando così il denaro necessario per rimborsare (in parte) i debiti con le banche. Dato che lo Stato ora si rifiuta di fornire dei capitali all'IRI per rimborsare questi debiti con le banche, il settore alimentare è uno dei settori fondamentali della produzione di beni di consumo. Dunque un settore chiave per quanto riguarda la determinazione del livello del salario reale proletario e (anche solo da un punto di vista puramente capitalistico) per la determinazione dal valore della forze lavoro (in analoga posizione si trovano i settori della costruzione di case di abitazione, dei trasporti, della sanità). Da questo punto di vista si tratta perciò di un settore sicuramente "strategico". Anche dal punto di vista della trasformazione tecnologica è un settore in cui si stanno verificando grandi concentrazioni industriali e grandi trasformazioni e modernizzazioni dei processi di lavorazione. Perciò anche da questo punto di vista si tratterebbe di un settore "strategico". Tanto è vero che il capitale più moderno e progredito vi è interessato (x). In che senso, dunque, per l'IRI lo SME non farebbe parte di un settore strategico?
A sentire Prodi (il presidente dell'IRI) sarebbero "strategici" solo quei settori industriali che producono macchine a tecnologia avanzata (informatica, robotica etc.) ed in questi settori l'IRI dovrebbe concentrare i suoi investimenti. Ma questi settori sono settori nei quali il capitale privato investe con altri profitti, non si tratta certo di industrie in crisi. Vorrebbe Prodi farci credere che lo stato italiano ha deciso di mettersi a fare concorrenza al capitale privato nei settori economici più avanzati? E perché mai dovrebbe fare una cosa del genere, specialmente in questo clima di neoliberismo? Probabilmente le intenzioni di Prodi debbano essere interpretate come intenzioni di finanziare indirettamente con denaro pubblico, l'attività di ricerca dei privati (mentre le attività industriali in difficoltà (specialmente siderurgia) verrebbero radicalmente ristrutturate (nel senso di "ridotte"). Ma per ristrutturare l'IRI è necessario superare una difficoltà fondamentale: liberarsi dagli esorbitanti oneri finanziari, che derivano dalla massa di debiti contratti con le banche. Questo indebitamento è il risultato di una politica deliberatamente "suicida" dello Stato. Infatti lo Stato in teoria dovrebbe finanziare lui con le sue risorse l'IRI e non farlo finanziare ad altro tasso di interesse dalle banche. Per questo è nato l'IRI e non per diventare cliente del capitale finanziario. Ma lo Stato rifiuta da tempo di finanziare l'IRI. E ciò perché vuole costringere l'Istituto a cedere le sue attività redditizie ai privati per pagare così i debiti che è stato costretto a contrarre. E il gioco è fatto. Così l'IRI non è quello strumento della finanza pubblica che potrebbe stimolare la sviluppo delle forze produttive in tutto il sistema economico, ma solo un puntello regalato dallo stato ai capitalisti privati più grandi perché rafforzino il loro potere su tutto il sistema economico, bloccando lo sviluppo delle forze produttive ed appropriandosi della innovazione tecnologica per i loro fini esclusivi di profitto. Come abbiamo detto anche nel settore delle banche possedute dall'IRI sta avvenendo il processo di "privatizzazione". Questo processo riguarda diverse banche minori, ma in primo luogo riguarda la Mediobanca a cui abbiamo accennato. La cessione della Mediobanca avverrà a quanto pare ad una banca internazionale privata. Lo stato così inaugurerà ad alto livello, privandosi di uno dei suoi più potenti strumenti di politica finanziaria, la tendenza alla integrazione internazionale del sistema bancario italiano che è prevista per i prossimi anni. Ciò significa una cosa molto chiara: anche nel sistema bancario controllato dallo stato si verifica lo stesso fenomeno che abbiamo visto nel caso Fiat. I soggetti economici che controllano il flusso della ricchezza sociale diventando dei soggetti transnazionali, che neppure gli Stati, semmai lo volessero, possono più controllare. è anche così chiaro quanto diventa più difficile staccare l'anello Italia dalla catena capitalista internazionale, senza grandi perdite di ricchezza sociale.
Ciò va tenuto presente per rendersi bene conto che è una pura illusione credere che in una economia capitalistica esista la benché minima possibilità di attuare una politica finanziaria ed industriale indipendente dagli interessi del grande capitale, per mezzo dei cosiddetti Enti economici di Stato.
(x) e vi è interessato anche perché intende attraverso l'industria alimentare influire sulla ristrutturazione dell'agricoltura in generale.
(giugno '85)