LETTERA DI SERGIO SPAZZALI AI COMPAGNI
Milano, S. Vittore 1812/75
Cari compagni,
la mia incarcerazione ha dato luogo a discussioni tra i compagni che mi sono più vicini: sarei molto contento se questa fosse una occasione per chiarire fra di noi ed innanzitutto a me stesso il senso di alcune convergenze e di altre divergenze che fra di noi si sono verificate in questi ultimi tempi.
Per evitare equivoci di qualsiasi genere cercherò di chiarire nel modo più semplice possibile il mio punto di vista sulla situazione in cui attualmente si muove il movimento di classe nel nostro paese, riferendomi solo a questioni di cui io abbia personale esperienza o conoscenza.
Il primo elemento di cui tenere conto è il fatto che oggi in Italia consistenti masse proletarie pongono collettivamente la esigenza di soddisfare i loro bisogni in contraddizione cosciente con le compatibilità insieme politiche ed economiche del sistema. Per accennare solo a fatti recentissimi: il rifiuto di subordinare gli obbiettivi sul salario a quelli sulla occupazione, il rifiuto di subordinare la rivendicazione del diritto alla casa alla logica del valore mercantile della casa stessa, il rifiuto di accettare la organizzazione della scuola subordinata a logiche di professionalità (qualunque esse siano) ecc.
Quando si dice "contraddizione cosciente" non si vuol dire che sempre ed in ogni caso (e neppure spesso) il porre queste esigenze comporti a livello di massa la consapevolezza di mettere in discussione il sistema come sistema organico del potere di classe, ma si vuol dire che invece molto spesso queste esperienze vengono poste rifiutando di prendere in considerazione qualsiasi logica di compatibilità con checchessia (cioè anche con un progetto di socialità alternativa, e, quel che è più preoccupante, anche con una visione organica dei momenti di lotta, cioè con una qualsiasi strategia di lotta).
Per evitare di gridare al "millennio" bisogna tenere ben fermo questo dato: questo porre rivendicazioni da parte delle masse proletarie in modo (più o meno consapevolmente) incompatibile con la logica del sistema, non avviene da ora o da ieri. In un certo senso avviene "da sempre", in un senso più determinato ciò avviene in un modo particolarmente interessante dalla fine della seconda guerra mondiale; ed infine in modo che ha una particolare forza - nella qualità e nella quantità - ai nostri giorni, cioè al livello più alto raggiunto negli ultimi 30 anni. E' un grave errore di ottica ritenere che il 1968 sia in questo contesto una data che rappresenta una svolta eccezionale e definitiva.
Tutto ciò non significa affatto che il comportamento collettivo di masse proletarie che rifiutano (e più spesso solo ignorano) la logica delle compatibilità di sistema sia un fatto generale e profondamente radicato. Bisogna innanzitutto tenere in gran conto il fatto che, fuori dalle frontiere nazionali, questi comportamenti hanno scarsissime corrispondenze nell'area metropolitana (USA - Germania Occidentale - Giappone), mentre hanno delle corrispondenze importanti nell'area mediterranea e, un po' più lontano, nel Terzo Mondo.
Il maturare di questa particolare situazione nel nostro paese è spiegabile col fatto che il nostro paese dal momento almeno del boom-crisi (1960-63) ha rivelato appieno il carattere di anello debole del campo metropolitano e col fatto che sulla forte tradizione di un movimento operaio organizzato, si è inserita una abbastanza seria corrente di critica al revisionismo moderno (in molte versioni); la più seria di qualsiasi altro paese europeo, fatta forse eccezione per il Portogallo.
isogna però affermare con chiarezza che queste particolarità della situazione non sono sufficienti a far giudicare che nel nostro paese l'aspetto principale della contraddizione che oppone il proletariato alla borghesia, sia diventato la capacità offensiva della classe lavoratrice. E' ben vero che il livello della contraddizione si è elevato: cioè momenti di lotta si sono diffusi in tutte le articolazioni sociali della produzione e della distribuzione. Ma è ancora vero che il controllo e la repressione della borghesia sulla classe operaia costituiscono l'aspetto principale della contraddizione.
Sarebbe molto ingannevole ricavare il contrario da considerazioni del tipo: il governo è instabile o la D.C. è in crisi.
La crescita di forze rivoluzionarie a livello di massa pone un problema, la cui mancata soluzione costituisce una remora gravissima alla crescita ulteriore di queste stesse forze, alla generalizzazione ed acquisizione in profondità della loro qualità rivoluzionaria. Si tratta ovviamente del problema di una direzione politica, del problema del partito.
Per fare un esempio ultra evidente della necessità, anzi dell'urgenza del partito, si può citare la esigenza di una lettura del momento nazionale nel suo contesto mondiale. Esigenza il cui soddisfacimento è assolutamente indispensabile per conseguire una corretta interpretazione della tendenza di fondo e del modo come operarvi.
Le diverse correnti critiche del revisionismo moderno hanno dato vita a momenti parziali di organizzazione politica, a tentativi di direzione politica che hanno trovato anche livelli di parziale verifica intorno ai momenti più avanzati di lotta, in tutta la loro disarticolzione. Ma il partito rivoluzionario (il partito marxista-leninista) è un'altra cosa, ed è un problema interamente irrisolto.
La situazione concreta identifica dei terreni assai precisi di impegno, rispondenti alle esperienze concrete dei compagni, sui quali verificare la capacità di acquisizione da parte delle avanguardie della teoria marxista-leninista in generale e della teoria marxista-leninista partito in particolare.
Il mio personale parere (ed è questione sulla quale sarebbe necessario un approfondimento a parte) è che ogni sforzo in tal senso sarà parziale sino alla vanità, se non sarà capace di tenere conto fino in fondo dell'esperienza politica e della elaborazione teorica dei compagni cinesi in generale, del Partito Comunista Cinese e del compagno Mao Tsetung in particolare.
In una prima approssimazione questi terreni di verifica si possono esemplificare (in base alle mie personali e perciò limitate esperienze) nei seguenti:
1) Prendere atto politicamente, cioè per trarne delle conseguenze sul piano del comportamento politico, del fatto che negli ultimi trent'anni la contraddizione principale, cioè quella che ha prodotto i più grandi cambiamenti a livello mondiale, è quella tra i popoli colonizzati e l'imperialismo. All'interno di questa contraddizione, l'elemento principale è stato e resta la capacità offensiva dei popoli contro l'imperialismo. Il movimento di classe in Italia ha espresso momenti solidaristici o pseudoidentificazioni ("il nostro Vietnam è alla Bicocca") del tutto inidonei a consentirgli una collocazione dentro questa contraddizione principale. Il problema della lotta contro le superpotenze e contro l'imperialismo "nazionale" non è stato risolto in reali momenti politici né in Italia né negli altri paesi metropolitani. E' necessario fra l'altro tenere presente che la soluzione di qualsiasi problema di FRONTE passa attraverso la soluzione anche di questo problema.
2) Nella giusta lotta contro le gerarchie retributive e di "prestigio-potere" nel luogo della produzione, aprire una lotta aperta e dura contro le tendenze alla formazione di nuove gerarchie di "prestigio-potere" interne al movimento, tipiche del revisionismo (riproduzione della divisione fra lavoro manuale e intellettuale all'interno stesso della organizzazione di lotta).
3) Nella giusta lotta contro il lavoro alienato, aprire una lotta dura e decisa contro le mistificazioni borghese o revisionista, per le quali l'unico lavoro non alienato sarebbe il furto o la cassa integrazione. Lottare per affermare la regola che oggi l'unico lavoro non alienato è la lotta di classe.
4) ella giusta lotta per contraddire la logica della distribuzione mercificata dei beni, lottare per orientare forze nella giusta direzione chiarita dal concetto che non vi può essere trasformazione dei rapporti di distribuzione, se non a seguito di una radicale trasformazione dei rapporti di produzione.
Nel contesto dei punti 2, 3, 4, lottare per chiarire che ogni questione relativa ai rapporti di produzione, al lavoro, ai rapporti di distribuzione, si riassume in definitiva nella questione del potere, il quale sta in cima alla canna del fucile.
5) Nella giusta lotta contro il consumismo, come alienazione ed eterodirezione, lottare perché sia chiaro che l'obiettivo non è quello di una società di consumatori invece che di produttori, ma quello di una società in cui la libera creatività dell'uomo trasformatore della natura cancelli ogni "differenza" fra produzione consumo. E così non favorire un consumismo in cambio di un altro. Alienazione è la separazione fra produzione e consumo, che subordina il secondo alla prima. In questa fase l'unico momento in cui produzione e consumo si identificano è la lotta di classe.
6) Lottare duramente contro la "massificazione" delle masse attuata sistematicamente dal revisionismo moderno, che porta al nuovo fascismo mano mano che realizza i modelli della socialdemocrazia americana o tedesca occidentale. Ricordarsi sempre che questo è il fascismo di oggi e che i missini (o simili) sono solo dei killers in borghese del potere.
7) Nella giusta lotto contro la "cultura professionale" conforme alle esigenze del mercato del lavoro governato dal capitale, lotta per far passare la giusta linea fondata sul concetto che l'unica scienza proletaria (nel momento in cui la classe è del tutto alienata da ogni rapporto diretto con la natura, cioè da ogni rapporto che non sia mediato dalle relazioni di produzione capitalistiche), è la scienza della lotta di classe.
8) Nella giusta lotta contro l'asservimento sociale delle donne, lottare per far passare le seguenti direttrici di movimento:
a. se è vero che le donne di qualsiasi ceto sono asservite, è anche vero che l'utilità dall'asservimento delle donne per il sistema
sta nell'asservimento nella struttura familiare della donna proletaria, mentre sarebbe il sistema indifferente all'asservimento o meno della donna borghese se non (se si
tratta peraltro di questione non di poco peso) per il fine di costruire un modello culturale adeguato allo scopo principale
b. se è vero che l'emancipazione della donna significa anche lotta contro la divisione fra il pubblico ed il privato (rapporto caratteristicamente capitalistico), opporsi energicamente alla stolta idea che il trionfo del "femminile" e perciò la sintesi di pubblico e privato consista, nei fatti, nella generalizzazione del pettegolezzo
9) Lottare strenuamente contro ogni forma di privatizzazione del pubblico in forme mistiche, religiose o sentimentali, terreno sul quale la borghesia si sta muovendo con grande abilità.
10) Lottare fermamente contro ogni atteggiamento idealistico, secondo il quale il potere della borghesia si abbatterebbe automaticamente con la acquisizione a livello di massa della coscienza della sua irrazionalità. Svelare politicamente, cioè conseguentemente nei comportamenti politici, in mezzo alle masse, che il potere della borghesia è fondato sulla violenza materiale.
Se è vero che a livello mondiale, come a livello italiano, non viviamo un momento qualunque, ma un momento di grandi cambiamenti, più che mai l'urgenza di costringere i grandi cambiamenti in direzione rivoluzionaria, piuttosto che in direzione controrivoluzionaria, si impone. Il livello a cui siamo giunti in tutte le questioni particolari sopra elencate (cui evidentemente altre possono aggiungersi) non sembra comportare un grande ottimismo. Bisogna lavorare ancora duramente.
Mi sembra in questo momento preferibile elencare empiricamente i problemi che concretamente si pongono nella quotidianità della lotta, per verificare su questi i livelli ai quali siamo giunti, piuttosto che accontentarsi di eccellenti dichiarazioni di principio, che hanno un dubbio riferimento alla realtà, ma anche alla teoria rivouzionaria, che di un riferimento puntuale alla realtà non può fare a meno. Io personalmente ho finito col provare un autentico fastidio di fronte al confronto, nelle sedi più propriamente politiche, fra "sistemi di idee" più o meno chiari, come solo possono essere in definitiva le "pensate" individuali che non sono frutto di esperienza collettiva di lotta. Mi sembra che ogni contributo teorico è e sarà bene accetto solo quando servirà a chiarire problemi di comportamento politico collettivo. Terreno solo sul quale in definitiva troverà la sua verifica. Qui è Rodi e qui salta.
In questa situazione di ozio forzato in cui mi trovo (ozio del resto relativo, perché anche il carcere è un ottimo terreno di lotta), gradirò molto di conoscere il vostro parere, le vostre obiezioni, le vostre critiche, se troverete il tempo e la voglia di farmele conoscere.
Cercherò così di capire meglio io stesso il terreno su cui da tempo mi muovo dato che purtroppo per la mia pace, non sono affatto convinto di avere in tasca la verità.
Saluti fraterni.
Sergio