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Una prima lettura dei documenti di Palmi (da "Forzare l'orizzonte" all'"Intervista" di gennaio) ed anche del libro di Curcio e Franceschini ("Gocce di sole nella Città degli spettri") può dare l'impressione che un farraginoso ed assai poco conveniente apparato teorico sia messo a servizio di una tesi banale ma in sostanza condivisibile: è venuta l'ora di rendersi conto della necessità di un solido lavoro di propaganda.
Invece non è così. L'apparato teorico rivela ben altre ambizioni. Né più né meno che abolire la centralità del problema di produzione dei beni materiali ed insieme la centralità della classe operaia come soggetto rivoluzionario. Mettere in primo piano i cosiddetti "comportamenti trasgressivi" più o meno di chicchessia e trasformare il progetto di rivoluzione in un progetto di "rivolta". Con tutti i corollari d'uso: attualità della lotta contro il politico, della estinzione del partito e dello Stato etc. è d'obbligo dire che queste sono tesi che vanno apertamente e chiaramente combattute.
Sul piano puramente teorico l'analisi della sovrastruttura, del "mondo dei segni", e dei suoi rapporti con la struttura, il "mondo delle forze produttive e dei rapporti di produzione" è assolutamente inaccettabile. I "segni" e le "cose" sono entrambi in ugual modo prodotti dal lavoro umano. Sono entrambi "corpi materiali" ad eguale titolo. Le caratteristiche di ciascuna cosa e di ciascun segno sono sempre ed egualmente "significati" e cioè "rapporti sociali". Ciò che caratterizza in modo specifico il segno è che il suo significato è di essere "significante", cioè di rimandare al significato delle cose. è ben vero che il lavoro di manipolazione dei segni è di grande importanza per giungere ad una efficacie manipolazione delle cose. Ma non è assolutamente vero che il lavoro nel mondo dei segni segua regole diverse dalla unica regola; essere strumentale al lavoro nel mondo delle cose. Ed a tanto si riduce il carattere in ultima analisi determinante della struttura rispetto alla sovrastruttura. è evidente che qualsiasi lavoro nel mondo dei segni è un puro delirio se non è funzionale al lavoro sulle cose. In questo senso molto semplice i problemi che si pongono a livello della trasformazione della natura determina in ultima istanza il lavoro umano nel mondo dei segni. La espressione "ultima istanza" non è per nulla oscura o misteriosa. Vuol solo dire che ben può darsi il caso di segni che rimandano ad altri segni, ma che per loro natura alla fine dei rimandi tutti i segni nel loro insieme rimandano alle cose, alla produzione di cose, ai rapporti di produzione, alla natura come prodotto del lavoro umano. Nella loro polemica contro le concezioni deterministiche e meccanicistiche gli autori dei documenti in questione, sembrano scoprire nel lavoro nel mondo dei segni ("conquistare l'egemonia ideologica... l'arma più potente..." pag. 171 di "Gocce di sole") la dimensione della libera manifestazione del lavoro umano, a partire dalla quale (facendo leva sulla quale) si può trasformare il mondo.
Niente di più errato. Il lavoro nel mondo dei segni è tanto libero da determinazioni quanto quello della natura. Cioè è per definizione libero, dato che consiste in trasformazione per un fine (e non a causa di...), e ugualmente è per definizione determinato dal fatto che manipola leggi della natura date e non modificabili arbitrariamente. Qui si potrebbero aggiungere mille spiegazioni filosofiche per rendere più raffinata la terminologia. Ma allo scopo non è necessario.
Produzione di vita e trasformazione della natura sono la stessa cosa. Il lavoro umano ha appunto questo e solo questo scopo. Un processo che non può avere mai fine (il tempo è dimensione essenziale), comunismo o non comunismo. Abbiano i beni la forma merce o no. Il potere dei capitalisti consiste nella riproduzione dei rapporti di produzione capitalistici nel mondo della produzione di beni, poiché altrimenti sarebbe un potere sul niente. Il loro potere di manipolare il mondo dei segni nasce dal loro potere di riprodurre i rapporti di produzione capitalistici nella sfera di riproduzione dei beni, e non inversamente. è superfluo richiamare le argomentazioni di DhÜring e le risposte di Engels.
Si possono fare tutte le analisi che si vogliono della attuale fase del capitalismo-imperialismo. Non è affatto chiaro che cosa voglia dire per quel che riguarda le conseguenze dominio reale e totale della capitale. In ogni caso non è sensato supporre che i capitalisti abbiano una vocazione suicida e che non concentrino il loro "lavoro" nelle aree dove la mercificazione della forza-lavoro operaia è una necessità (è possibile) (e queste aree esisteranno sempre, poiché il regno della assoluta abbondanza è fuori dal tempo) ed è per loro, fonte di profitto e strumento di riproduzione dei "loro" rapporti di produzione. Crisi catastrofiche non esistono e non esisteranno mai, se non nella forma di crisi di sopravvivenza dei proletari come singoli ma non come classe. è solo il libero "lavoro umano" dei proletari nella struttura e sovrastruttura (ed in questa ultima in funzione della prima) che da vita al processo rivoluzionario. Il quale è l'unica crisi catastrofica del capitalismo.
Ed è perché la sfera di produzione di beni è inevitabilmente centrale che i proletari che vi sono impiegati, gli operai, occupano un posto centrale nel processo rivoluzionario. Per via della loro insostituibile conoscenza del processo di produzione è perché è solo la loro ribellione alla riproduzione dei rapporti di produzione capitalistici (l'unica ribellione che sia rivoluzione) che può costruire la crisi catastrofica del capitalismo. Questo i capitalisti lo sanno.
La errata impostazione del rapporto fra lavoro umano e mondo dei segni (impostazione che vorrebbe il lavoro umano nel mondo dei segni più libero perciò più importante proprio perché manipola i segni invece delle cose) mentre sembra dettata da una esigenza di individuare la sfera della libera determinazione rivoluzionaria, conclude nel suo esatto contrario. Il lavoro umano è sempre per definizione manifestazione di libera determinazione. Se le ragioni di questo carattere si ricercano nelle leggi proprie del mondo dei segni non si scoprirà altro che la necessità delle leggi della natura. E si concluderà in una specie di "storia naturale della cultura" che è l'esatto contrario della libera determinazione.
Una volta, al tempo delle religioni, la posizione degli autori dei documenti in questione sarebbe stata criticata come viziata da "giansenismo". Sarebbe la provvidenziale legge dello sviluppo culturale che illuminerebbe le coscienze, non di tutti o di tutti in un colpo, ma di alcuni, gli "eletti". Il ruolo dei quali sarebbe naturalmente "sublime". Conosciamo tutti le conseguenze pedagogiche e politiche di un "gretto giansenismo". Dio ce ne liberi (dato che siamo in metafora religiosa)!
Non ultima delle stravaganti conseguenze di questa errata impostazione è il recupero di una specie di freudismo marca USA, per il quale l'Es proletario sarebbe la coscienza autentica di classe e il Super-Io la coscienza mistificata indotta dal potere come una specie di Ersatz artificiale. Il processo rivoluzionario ne risulterebbe come una sorta di psicoterapia di gruppo.
Si capisce che a questo punto la produzione di bottoni per reggere i pantaloni interessa tanto poco tanto i poveri produttori di un si vile prodotto. Per quanto ci concerne è meglio che continuiamo ad occuparci di bottoni e di bottonai.
Infine. Vigotskij ha dato il meglio di sé come psicologo e Bachtin come critico letterario. Lasciamo stare il resto.
In conclusione. Il progetto rivoluzionario ha per oggetto la trasformazione del rapporto di produzione di beni, da rapporto di produzione di merci, a rapporti di produzione di valori d'uso liberi dalla forma merce. è un progetto complicatissimo. La via per la sua elaborazione è stata appena imboccata e non può essere percorsa che nella lotta. Il lavoro nella sovrastruttura è essenziale a questo progetto, ma solo a condizione che si misuri con la questione centrale, in ultima analisi determinante. Un buon lavoro di propaganda non sarebbe da buttare via. Se il lavoro nella sovrastruttura perde di vista la sua finalità ultima diviene delirio o "gioco cronico". Sappiamo bene che il gioco è una necessaria esercitazione sui segni per preparare la manipolazione delle cose. Ma attardarsi nel gioco non è buon segno di funzionalità mentale. Non chiunque è nelle condizioni migliori per elaborare il progetto rivoluzionario e per verificarlo nella lotta. è la classe operaia che deve dirigere tutto.


30 marzo 1983
SERGIO SPAZZALI

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