aprile/maggio 1992
SITUAZIONE EX PAESI EST: RUSSIA
Nota preliminare:
a) si tratta naturalmente della Russia in senso stretto, cioè dell'attuale Federazione russa e non dell'ex URSS.
b) tutte le note sono un po' falsate dalla adozione di un indice "per paesi/nazioni", indice che ha forzatamente un senso molto relativo dato che sottovaluta il carattere "internazionale" di molti dei fenomeni indicati.
c) i fenomeni indicati sono in genere letti secondo uno schema più o meno implicito, che ne omette sfumature anche essenziali (vedi punto e).
d) non si tiene in genere sufficientemente conto delle variazioni anche rapide a cui i detti fenomeni sono soggetti.
e) lo schemino di cui al punto c) è il seguente:
soggetti: borghesia imperialista
borghesia di Stato (in qualche caso nazionale)
proletariato
coalizioni: bn/p = popoli oppressi
bn/bi = borghesia compradora
doppio potere (precario): bi/p
f) in genere sono poco sviluppati i problemi istituzionali e culturali.
1) In questo momento, per quanto concerne la Russia, si parla abitualmente di una fase di Grande Depressione, paragonabile alla Grande Depressione americana del 29. Se ne parla in un senso assai diverso da quello per cui si parla di "crisi" per tutto il mondo capitalista. Come abbiamo visto, e vedremo più in dettaglio, per quanto riguarda il mondo capitalista si può parlare più propriamente di una situazione di stagnazione con ricorrenti momenti di vera e propria crisi, ma non di una vera e propria depressione generale e profonda. Almeno in questo momento. Per contro ciò che caratterizza la situazione economica attuale della Russia è propriamente una depressione profonda e generalizzata. Fin da ora conviene accennare ad un problema molto importante che ne deriva. Noi stessi abbiamo varie volte nel passato più immediato accennato alla possibilità che il sistema capitalistico/imperialista, nel suo insieme, trovasse una valvola per uscire dalla sua lunga fase di stagnazione/crisi, nella espansione verso l'Est ex socialista. In questo momento, per contro, la questione rischia di porsi con un segno contrario. La grave depressione in cui si trova la Russia, e con essa tutta l'area dell'ex URSS/Comecon, rischia di produrre degli effetti negativi nell'area imperialista occidentale, entrata in un intimo contatto con l'area ex socialista, a meno che provvedimenti di risanamento radicale non vengano presi da Ovest verso Est, a costi difficilmente calcolabili (economici ma anche politici). L'esempio che abbiamo sotto gli occhi proprio in questi giorni è quello dei costi esorbitanti che sta pagando la ex RFA per il ruolo assuntosi nel processo di unificazione della Germania. Su questo punto si ritornerà parlando della Germania.
2) Dati attuali
Il Prodotto Nazionale Lordo e la Produzione Industriale sono in caduta libera. Diminuzione di almeno il 15% in ragione d'anno nel primo trimestre del 92, di entrambi gli indici. Forse -30% a fine anno.
L'inflazione nel primo trimestre del corrente anno si aggira sul 350% (sempre in ragione d'anno) e la disoccupazione (almeno nel settore industriale) raggiunge circa il 20% della forza di lavoro. Questi sono indubbiamente indici da "Grande Depressione", che non hanno nulla a che vedere con gli indici della crisi strisciante dell'Ovest imperialista.
Quali sono i precedenti immediati? Negli anni 70 il PIB ha avuto una crescita media del 3%, nel primo quinquennio degli anni 80 una crescita media di circa il 2% e poco più nel secondo quinquennio (negli anni 60 la crescita era di circa il 5%). Dunque i sintomi di crisi si collocano negli anni 80 ed il tracollo all'inizio del decennio 90. Dunque l'inizio della fase critica si colloca sotto il segno di Gorbaciov ed il tracollo sotto il segno di Eltsin. Bisogna tenere presente che la Russia è il più grande dei paesi dell'Est europeo e dell'ex URSS, per dimensione, per popolazione e per disponibilità di materie prime e di patrimonio tecnologico. Il paese che, non solo dal punto di vista politico, ma anche dal punto di vista economico ha esercitato il ruolo egemone in tutta l'area. Un ruolo egemone che, nel momento in cui all'interno dell'area si verificano dei contrasti nazionali a livello delle strutture dirigenti dei diversi paesi, non può non assumere quell'aspetto "socialimperialista" di cui si è tanto discusso. Non prima per la semplice ragione che, prima, le strutture dirigenti dei diversi paesi lavoravano, più o meno coscienziosamente ad un progetto di integrazione economica e politica.
Sull'argomento torneremo con una nota sul "titoismo" e problemi connessi.
Questa posizione della Russia fa ovviamente sì che si tratti dell'unità meno fragile del gruppo, quella dotata di maggiori risorse interne per potersela "cavare", a meno di non essere completamente travolta nel gioco dell'imperialismo mondiale. Nel quale ultimo caso rischia, di contro, di essere la protagonista del tracollo più disastroso ed irreversibile. Apparentemente è quanto in realtà sta avvenendo nell'ultimo decennio del secolo.
Per una periodizzazione grossolana possiamo proporre la seguente:
- il trentennio "revisionista": dal 56 (XX Congresso) all'85 (avvento di Gorbaciov).
- il quinquennio gorbacioviano: dall'85 al 91 (tentativo di colpo di Stato dell'agosto). Periodo della resistenza della borghesia nazionale e di Stato alla pressione imperialista occidentale, e delle trattative per una spartizione fra imperialismi, nel quale la resistenza alla riforma politica ed allo scompaginamento dell'impero russo, significano semplicemente uno sforzo di instaurare un rapporto da pari a pari.
- il decennio 90: dominato dalla figura di Eltsin, nel quale la apertura alla riforma politica significa il totale cedimento all'imperialismo occidentale da parte della borghesia di Stato russa, la disgregazione dell'impero e la fase della Grande Depressione.
Può sembrare curioso, ma in sostanza non lo è, il fatto che nella fase della resa totale all'imperialismo occidentale la classe dirigente dei paesi ex socialisti sia rappresentata da una sorta di clowns e bigotti ed ubriaconi, manovrati da equipes di giovanotti, cultori di von Hayek e Friedmann (cosa che usa poco in Occidente) a loro volta manovrate dai consiglieri del FMI. E' il caso di Walesa, di Eltsin, e, domani, dei re Michele e Simeone ed altri del tipo.
Il trentennio revisionista costituisce un periodo molto lungo (lungo come il periodo della cosiddetta dittatura staliniana, più lungo del periodo fascista in Italia e del periodo nazista in Germania, e quasi quanto il franchismo in Spagna), che raggiunge la sua maturità nell'era brejneviana (1964/1982: quasi venti anni). Ancora oggi assai stranamente è dato di leggere sulla stampa borghese, che la Grande Depressione russa è una conseguenza dello stalinismo (Stalin è morto quaranta anni fa, e chi ha preso il potere in URSS dopo di lui, sono i suoi peggiori nemici, Krusciov in primo luogo). Più o meno sarebbe come dire che il responsabile del fascismo in Italia è il conte di Cavour o simili facezie. Krusciov e Brejnev, benché responsabili della repressione degli "eccessi" ungheresi, cecoslovacchi e polacchi (come del resto il super revisionista Deng, nemico dichiarato di Mao, in Cina) sono stati anche i responsabili del sostegno reso ai loro omologhi "titoisti" Kadar, Husak e Gomulka, oltre che naturalmente della "riabilitazione" dello stesso Tito. Quello che pertanto entra in crisi nella seconda metà degli anni 80 non è lo "stalinismo" (morto e sepolto da tempo) ma il revisionismo Kruscio-brejneviano.
In cosa è consistito il revisionismo Kruscio-brejneviano?
Essenzialmente nella famosa riforma economica senza riforma politica.
Il che, fuori dai simboli di una scadente letteratura politica, voleva dire dare forma istituzionale ai poteri della nuova borghesia, la borghesia di Stato, (autonomia decisionale dei reali possessori dei mezzi di produzione, a parte le ridicole controversie sui loro privilegi "esistenziali" e sui loro strumenti mafiosi di organizzazione, comuni a qualsiasi borghesia), resistendo allo stesso tempo, al pericolo di una "conquista" in grande stile da parte dell'imperialismo occidentale. Varie sono state le fasi di forza e debolezza di questo disegno, che comunque implicava un intervento attivo e passivo sul mercato mondiale, ma è oramai certamente certificabile che questo progetto di classe (e non frutto di un semplice errore di linea nel PCUS) soprattutto per ragioni "interne" (debolezza economica ma anche politica della borghesia di Stato), ma anche "esterne" (svolgimento della fase lunga di stagnazione/crisi dell'imperialismo occidentale), era destinato al fallimento. In modo più o meno grezzo, la lotta contro il "titoismo" nel decennio 45/55 era per l'appunto diretta ad evitare questo rischio.
A metà degli anni 80 Gorbaciov "si accorge" che il progetto del revisionismo brejneviano non funziona e che l'unica alternativa reale è quella fra il tornare allo stalinismo puro e duro, oppure tuffarsi "coraggiosamente" dentro l'imperialismo occidentale. Come si sa, questa ultima è la sua scelta (sua e della classe sociale che egli rappresenta). Gorba si batte ancora, sull'ultima frontiera, contro la disgregazione della borghesia nazionale di Stato in borghesia compradora, ed in questo senso il colpo di Stato dell'agosto 91 è realmente un colpo di Stato gorbacioviano.
Fallito il quale, almeno per il momento, l'ubriacone Eltsin prende il potere, disgrega definitivamente l'ex URSS e mette in vendita tutto il patrimonio economico russo, sperando di trovare acquirenti nella b.i. occidentale, a suo turno in una situazione di lunga e grave fase di stagnazione/crisi. Questa è appunto la situazione dei giorni nostri.
Il capo dei giovanotti impiegati da Eltsin è Gaidar (il Balkzerovicz russo) ed il capo banda dei consiglieri occidentali è l'americano Jeffrey Sachs, lo stesso operante in Polonia. La resistenza al progetto eltsiniano in Russia è molto più forte di quanto possa esserlo in Polonia, ovviamente a causa della molto maggiore forza della borghesia di Stato russa rispetto a quella polacca. Nella Russia nuova versione, numerose manifestazioni e partiti neo-stalinisti e nazionalisti prendono vita. Il momento centrale di questo conflitto si verificherà nell'aprile 92, all'occasione della convocazione del Parlamento russo e della contemporanea discussione, a livello internazionale, dell'ingresso delle repubbliche dell'ex URSS nel Fondo Monetario Internazionale e nella Banca Mondiale, ma soprattutto della erogazione di una sorta di piano Marshall all'Est da parte dell'imperialismo occidentale.
Il fronte degli oppositori rosso/nero, come tutta la stampa occidentale ha tenuto a sottolineare, può sembrare bizzarro solo ad una osservazione molto superficiale. Se qualche sventolamento di bandiere zariste può apparire francamente ridicolo, bisogna (da una parte) considerare la catastrofica caduta culturale a livello di massa in trenta anni di revisionismo e l'ampia apertura concessa alla propaganda occidentale, e (dall'altra parte) il fatto che questa opposizione lungi dall'essere vetero/comunista - come vorrebbe la propaganda borghese - è semplicemente nazional/populista, nostalgica non del leninismo ma del revisionismo brejneviano fortemente connotato in senso "nazionale" (come in Polonia gli "amici di Jaruzelsky").
Vale la pena di ricordare qualche data essenziale:
- il 9 febbraio a Mosca si svolgono contemporaneamente due manifestazioni di piazza contrastanti. Quella degli oppositori (contro Eltsin) risulta la più numerosa e combattiva.
- nello stesso giorno viene fondato un nuovo "partito comunista" (essendo il vecchio PCUS vietato di ogni attività dopo il mancato colpo di Stato dell'agosto 91).
- negli stessi giorni si costituisce una specie di "fronte" (Assemblea popolare di Russia) che comprende anche i paranazisti di Pamiat.
- il 23 febbraio si svolge un'altra manifestazione contro Eltsin con scontri violenti con la polizia.
- il 25 febbraio Eltsin decide di fare una concessione del tutto formale, ridimensionando la posizione di Gaidar nel governo. E' interessante osservare che l'opposizione se la prende soprattutto con il governo di Eltsin, e meno con Eltsin stesso; e lo fa soprattutto su due argomenti: la miseria popolare provocata dalla riforma economica e la disgregazione della vecchia URSS e della stessa Russia (ceceni e compagnia).
- l'opposizione tutta unita (da Ligaciov il revisionista a Panfilov il neonazista) tenta la carta della convocazione del sospeso parlamento dell'URSS (sospeso o sciolto, non si è mai capito bene, dopo il vertice di Minsk del 14/2 nel quale più male che bene era stata varata la fantomatica Comunità di Stati Indipendenti che dovrebbe sostituire l'ex URSS). La convocazione, insieme ad una manifestazione di piazza è fissata per il 17 marzo.
La data è significativamente scelta per il primo anniversario del referendum popolare che aveva approvato invano il mantenimento della vecchia URSS.
- il 17 marzo sia la riunione dell'ex parlamento che la manifestazione di piazza risultano un fallimento. Il parlamento, presente in modo limitato, non sa dove riunirsi, perché la sua sala abituale di riunione è stata prenotata per una assemblea della setta "Avventisti del settimo giorno" e la manifestazione di piazza non è straordinaria. Interessante notare che alla iniziativa partecipano anche antistalinisti di ferro come Medvedev (socialdemocratico, ma certamente non neonazista).
- se l'iniziativa del 17 marzo risulta, dal punto di vista dell'opposizione (per la quale non abbiamo motivo alcuno di tifare), sbagliata, le manifestazioni politiche contro Eltsin si moltiplicano.
- anche Sobcjak, sindaco dell'attuale S. Pietroburgo ed ex sostenitore di Eltsin, si dichiara ferocemente contrario alla politica economica del governo, sostenendo che questa politica apre la strada a soluzioni autoritarie (in sostanza quanto aveva sostenuto, dimettendosi, il ministro degli Esteri di Gorba, Shevarnadze). Parimenti ferocemente antieltsiniano si manifesta il presidente del parlamento di Russia (non dell'ex URSS), Khasbulatov, e lo stesso vice di Eltsin, Rutskoy. Gli argomenti di questi autorevoli oppositori, dunque rappresentanti di classi sociali importanti, sono sempre gli stessi: la miseria popolare rischia di portare alla rivolta, la disgregazione dell'ex URSS rischia di portare a guerre nazionaliste, la riforma politica si rivela in realtà per quel che è: una scorciatoia per uno Stato autoritario incaricato di sovraintendere alla svendita della Russia ai capitalisti occidentali.
- aprile 92: Eltsin tenta la contromossa: convoca il Parlamento della Russia (non dell'ex URSS), presieduto dal suo oppositore Khasbulatov e pieno di revisionisti (più o meno ex) e lo sfida alla approvazione della politica economica del suo governo e di una prospettiva di riforma istituzionale di tipo presidenzialista.
- nello stesso tempo porta avanti la trattativa internazionale diretta ad ottenere l'approvazione del nuovo Piano Marshall per l'Europa orientale, ed in primissimo luogo la Russia, per far capire concretamente ai deputati del parlamento (in ciò largamente sostenuto dagli imperialisti occidentali) che: "o mangiano questa minestra o saltano dalla finestra". Paga qualche prezzo formale: fa minacciare al suo governo le dimissioni, riduce ancora il ruolo di Gaidar e perfino di Burbulis (la sua anima nera).
- in conclusione alla fine aprile il Parlamento russo approva la linea Eltsin, con qualche emendamento populista (aumento dei salari minimi), il nuovo piano Marshall in occidente è approvato e le ex repubbliche sovietiche entrano nel FMI e nella BM. Fine della commedia e vero e proprio inizio della tragedia.
3) Prospettive economiche ed istituzionali
Benché ammesso e concesso che la borghesia di Stato russa sia di una consistenza e di un potenziale incommensurabilmente più grande di quelli degli altri paesi ex socialisti dell'Europa orientale, appare evidente che anche in Russia l'aspetto principale della contraddizione è rappresentato attualmente da una sorta di borghesia compradora, mani e piedi venduta (ammesso che qualcuna la compri, e questo è il suo vero problema) alla borghesia imperialista occidentale. E' evidente che dal nostro punto di vista di classe, non abbiamo niente da rimpiangere dei revisionisti moderni krusciocvian/brejneviani, i veri responsabili del tracollo dell'URSS all'interno e sulla scena internazionale. Ed ancor meno abbiamo ragione di simpatizzare con i loro successori nella opposizione antieltsiniana (per non parlare naturalmente dei neozaristi e neo-nazisti che di questa opposizione fanno parte integrante). Ne consegue che evidentemente in Russia il conflitto fra borghesia di Stato e borghesia compradora venduta all'imperialismo occidentale (sempre ammesso che quest'ultimo abbia un reale interesse a comprarla) è destinato ad essere più duro ed a perpetuarsi più a lungo che in qualunque altro ex paese socialista. La linea di sviluppo di questo aspetto principale (attualmente) della contraddizione sembra ugualmente chiaro: l'infeudamento all'imperialismo finanziario occidentale e la istituzionalizzazione di un potere politico di tipo neobonapartista (di fronte al quale le escogitazioni italiane di Miglio, Craxi e Cossiga fanno ridere).
Insomma un altro episodio di terzomondializzazione, a fronte del quale solo la contraddizione di classe appare dotata di senso.
4) La necessità di indagare l'aspetto più propriamente sovrastrutturale/culturale
All'apparenza non solo la cultura della crisi borghese (pur tanto fiorente nella Russia prerivoluzionaria e rivoluzionaria) ma anche la sua versione proletaria e rivoluzionaria (il leninismo) sembrano scomparse dalla scena. Da una parte la cultura veteroliberale (von Hayek) dei giovani riformatori (una cultura non solo economica ma politica nel senso più largo), obsoleta perfino dal punto di vista "occidentale", sembrano caratterizzare la nuova classe dirigente.
Dall'altra parte un nazional/populismo, fatto di folklore, religione e ogni possibile forma di corporativismo sembrano connotare ogni forma politica di opposizione. Naturalmente sarebbe ed è necessario fare una indagine strutturale di questi fenomeni; in ogni modo bisogna tenerne conto. L'unico elemento che sembra tenere insieme queste due contrastanti culture (ammesso che si possano chiamare tali) è costituito da una drammatica ed estrema valorizzazione dello "individuo", sia che gli sia attribuito il compito di fare soldi (yuppismo) sia che gli sia attribuito il compito di non farne (ecologismo, femminismo) . Ciò che solo conta, per questa "cultura", è quello di identificare l'"uomo nuovo" con Stakanov (persona del resto molto rispettabile dal nostro punto di vista) e non con il "diverso", e perciò di rivendicare il diverso contro il nuovo. Punto e fine. Ciò naturalmente non ha nulla a che vedere con il marxismo-leninismo-maotsetungpensiero. Ma tanto vale. Questo terreno va indagato in modo più approfondito.
Nota sul titoismo
Nell'immediato dopoguerra, e fino al 55 (vita e morte di Stalin non hanno nulla a che vedere con questa questione), in tutto il campo socialista, la questione del "titoismo" ha avuto un posto principale.
E ciò non solo nei paesi nuovamente conquistati al socialismo, ma nella Unione Sovietica stessa (specialmente questione ukraina).
In che cosa consisteva il "titoismo" e l'"antititoismo" (cioè lo stalinismo, come si usava dire)?
Essenzialmente nella questione della trasformazione di una potenziale borghesia nazionale in una borghesia di Stato o no. "No" non vuol dire la eliminazione di una potenziale borghesia nazionale, in senso fisico, ma la sua strumentalizzazione in un regime di dittatura proletaria. O "no". Dunque i sensi diversi dell'internazionalismo: o delle federazioni fra Stati o della integrazione di ex Stati (con tutte le questioni di autonomia "culturale" ecc.).
Quanto la propaganda borghese ha detto della scomunica di Tito da parte del Cominform (48) o dei processi famosi Slansky, Rajk, Gomulka etc. sono tutte delle fesserie, poiché in realtà il problema era reale come i fatti attuali rappresentano in modo evidente.
Con Krusciov è il "titoismo" che ha vinto, con il "titoismo" hanno vinto le borghesie di Stato, con il "titoismo" è il revisionismo come espressione di una classe sociale, che è stato sconfitto dall'imperialismo occidentale e debolmente "conquistato".
Questione da approfondire. A parte il compagno Stalin.