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Il Leoncavallo
di Primo Moroni
IL CONTESTO STORICO
Il 1975, l'anno in cui il centro sociale Leoncavallo viene occupato, si caratterizza in tutt'Italia, particolarmente a Milano, per stare alla frontiera tra due importanti momenti che hanno segnato la scena politica del Paese: il '68-72, col successivo '72-75 da una parte, e i movimenti politici del 1977 dall'altra.
Credo che sia importante soffermarsi con alcune riflessioni sulle date citate, in quanto è solo comprendendo l'evoluzione di un percorso politico e generazionale che si può chiarire un'ondata di lotte che ha fortemente segnato quegli anni. Con il periodo '68-72 si apre anche in Italia, come nel resto d'Europa, la grande stagione della contestazione studentesca giovanile; nel contesto nazionale il movimento giovanile riesce ad allearsi con la classe operaia: è questo elemento che, a mio giudizio, fa sì che il '68 in Italia duri per più di dieci anni.
Il '68-72 rappresenta un primo ciclo che si differenzia dalle lotte degli anni seguenti sotto diversi aspetti; uno di questi in particolare mi sembra sancire una vera e propria demarcazione.
Dopo la Strage di Stato di Piazza Fontana (12 dicembre 1969), si era costituita, soprattutto a Milano, un'alleanza tra le componenti democratiche della città e i movimenti; era così stato creato un importante organo di controinformazione, il "Bollettino di Controinformazione Democratica", che raccoglieva magistrati, giornalisti, intellettuali. La linea che portò a questa unione era: gli antagonisti dentro le istituzioni alleati con gli antagonisti dei movimenti extraistituzionali per accertare le verità sulle trame dello Stato, sui "corpi separati", sull'uso militare che la borghesia faceva della polizia, sul pericolo, allora letto come reale, di un colpo di Stato.
Il '72 è l'inizio di una nuova fase perché, dopo la morte di Giangiacomo Feltrinelli sotto un traliccio di Segrate mentre stava preparando un attentato, balza agli occhi delle componenti democratiche (o democratico-progressiste come venivano allora definite) che vi erano elementi di organizzazioni clandestine anche a sinistra; questo paralizza il livello di unità raggiunta, apre grosse contraddizioni, che risulteranno insanabili. Oltretutto, dal '72 in poi, i gruppi politici organizzati si strutturano sempre più in forme partitiche quali: Lotta Continua, Avanguardia Operaia, Partito Comunista d'Italia Marxista-Leninista, Partito d'Unità Proletaria; ciò contribuisce a frastagliare l'unità del movimento.
Nel '73 si registra una grossa occupazione alla FIAT, ma certamente il dato emergente è che ha inizio una lunga crisi delle organizzazioni politiche, quindi anche del ceto politico espresso dal '68.
Il 1975 è perciò un anno di frontiera per diversi motivi. Nelle fabbriche si è già dispiegata la risposta padronale alla precedente offensiva operaia; ha inizio la crisi dei Consigli di Fabbrica. Questa crisi inizia con una modifica profonda della linea del PCI, che mira a togliere autorità ai CdF, ormai incontrollabili.
È importante sottolineare che dieci anni dopo la rivista "Laboratorio Politico" diretta da Asor Rosa, Cacciari e Tronti, affidò una ricerca a Miriam Golden sulla svolta del PCI nei confronti dei CdF; la conclusione di questa ricerca fu che sostanzialmente il PCI si era reso conto d'aver perso l'egemonia sui Consigli. Credo che sia a partire da considerazioni di questo tipo che Lama e i vertici della CGIL decidono di ridimensionare i poteri dei Consigli, essendo impossibile dirigerli dall'alto.
Questa decisione di delegittimare i CdF avviene specularmente al dispiegarsi in profondità d'un'offensiva capitalistica che introduce massicciamente nuove tecnologie che espropriano gli operai della conoscenza acquisita sul ciclo di lavoro, impone con forza la restaurazione della gerarchia di fabbrica e fa un grande uso della cassa integrazione per allontanare le avanguardie dalla fabbrica.
Le giovani avanguardie di fabbrica si rendono conto di non essere più in grado si esercitare il potere operaio in fabbrica e quindi fanno la scelta lenta ma inesorabile di alzare il livello di scontro: aumentano i pestaggi dei capi, si moltiplicano i sabotaggi simbolici, si coagulano le prime forme di autorganizzazione armata all'interno della classe operaia.
Si ha quindi una modifica dei rapporti di forza in fabbrica, insieme con una modifica dei comportamenti operai. Altre due caratteristiche vanno però analizzate per comprendere il contesto: la modifica delle organizzazioni della sinistra di classe formatesi negli anni precedenti e l'emergere sulla scena politica di una nuova generazione di giovani.
Dal '72, dicevo prima, avviene un processo di ridefinizione organizzativa dei principali gruppi politici della sinistra rivoluzionaria, un processo di ridefinizione non indolore e molto complesso. Alcune organizzazioni scompaiono, mentre altre cercano di percorrere strade diverse dalle precedenti, con scelte che producono forti lacerazioni. Si pensi per esempio a quanto accade a Lotta Continua, che non riesce più a conciliare le diverse anime che raccoglie. Soffermarsi un momento su Lotta Continua è importante, in quanto proprio una buona parte della componente operaia milanese è stata tra le forze politiche che hanno dato vita al Leoncavallo. Questa componente operaia di LC si riunirà a Milano, nel 1975, alla Palazzina Liberty per costituire una componente organizzata di dissenso interna all'organizzazione. Sarà la componente che, una volta scioltasi LC, darà vita al giornale "Senza Tregua", da cui nasceranno i Comitati Comunisti Rivoluzionari. Di pari passo con il decomporsi delle precedenti organizzazioni si viene a formare un nuovo aggregato politico: l'Autonomia Operaia organizzata, che a Milano ha nella rivista "Rosso" il suo punto di riferimento. Ma a fianco dei militanti delle precedenti organizzazioni in crisi di identità e con molte incertezze rispetto alle formule organizzative, appare sulla scena una nuova generazione di giovani che è cresciuta principalmente nei grandi quartieri metropolitani costruiti tra il finire degli anni '50 e gli inizi dei '60.
Una generazione, quindi, che si forma nel Gallaratese, a Baggio, al Gratosoglio o a Cologno Monzese o a Cinisello Balsamo. Si tratta d'una generazione di giovani che è cresciuta nel deserto di questi quartieri e ha compiuto un lungo percorso di sviluppo prima di potersi autorappresentare come soggetto politico; i suoi primi momenti aggregativi sono stati le compagnie di scuola, che successivamente diverranno compagnie di strada, fino alla ricerca di spazi per potersi esprimere, che assumeranno il nome di Circoli Autogestiti del Proletariato Giovanile.
Questi circoli, che dal '75 si affacciano sulla scena, sono proprio la risposta a un'esigenza di autorappresentazione che man mano diverrà sempre più espressione politica.
La cultura che i giovani occupanti di questi circoli esprimono è protesa alla ricerca di nuovi linguaggi e si avvicina molto alle forme espressive controculturali elaborate dalla rivista "Re Nudo" o una rivista che proprio allora sta nascendo, "A/traverso" di Bologna. Questi circoli si chiameranno: "Felce e Mirtillo", "La Pera è Matura" se sorgono a Pero, "Sesto Senso" se a Sesto San Giovanni; quindi all'inizio con una serie di definizioni di sé che sono ancora prepolitiche.
È precisamente nel confuso e articolato contesto del 1975 che sorge il Centro Sociale Leoncavallo.
L'OCCUPAZIONE
Occorre bene specificare, però, che il Leoncavallo, fin dal suo nascere ha caratteristiche dissimili da quelle rintracciabili nei nascenti circoli Autogestiti del Proletariato Giovanile.
L'occupazione del Leoncavallo è stata un'occupazione unitaria, diretta espressione di organismi politici adulti, formatisi dopo il '68. L'occupazione del Leoncavallo avviene in un quartiere di storiche e importanti tradizioni operaie: il quartiere Crescenzago-Padova-Lambrate, che è un prolungamento milanese della mitica "Stalingrado d'Italia" (Sesto San Giovanni). In questa zona vi sono diverse tra le più importanti fabbriche della città.
Lo stabile occupato è una fabbrica dismessa di prodotti farmaceutici che copre 3.600 mq; si tratta quindi d'una delle più grosse occupazioni di Milano. Partecipano all'occupazione i diffusissimi comitati di caseggiato, i collettivi antifascisti della zona, Lotta Continua, il Movimento Lavoratori per il Socialismo, Avanguardia Operaia, ecc.
La scelta da parte di tutte queste forze d'occupare unitariamente lo stabile avviene perché ci si era resi conto che l'ottica della fabbrica aveva invaso il sociale e che quindi bisognava creare dei luoghi di riferimento nei quartieri che funzionassero da cuscinetto tra le organizzazioni e la società civile. Nascono perciò lo "Stadera" in piazza Abbiategrasso, "La Casermetta" a Baggio, molti altri centri, tra cui il Leoncavallo, la cui caratteristica è quella di rispecchiare l'intera composizione sociale d'un pezzo di città: una composizione operaia, proletaria, popolare a forte spessore di memoria di sinistra, di classe.
I quartieri adiacenti, va infatti ricordato, hanno una grossa storia di lotta antifascista che risale alla Resistenza; si pensi alla "Volante Rossa", nei tardi anni '40 la parte "dura" del servizio d'ordine del PCI, che nasce alla sezione "Martiri Oscuri" del PCI di Lambrate.
La fisionomia del Leoncavallo è quindi quella di essere un centro di rilevanza cittadina, ma fortemente radicato nel quartiere, che raccoglie al suo interno una presenza proletaria molto forte e viene utilizzato come agorà dall'insieme eterogeneo delle forze politiche che lo compongono. La presenza giovanile nuova, diffusissima nell'hinterland della metropoli, non emerge dal Leoncavallo: il comitato di gestione è per lo più composto dai militanti delle organizzazioni in crisi.
Questo risulterà col tempo un limite, in quanto non furono colti gli elementi, per quanto embrionali essi fossero, d'una crescita politica di questa nuova generazione che stava iniziando a prendere coscienza della propria realtà di proletari espulsi dalla città. Milano è una grande centrifuga che spinge verso la periferia i soggetti deboli. Non a caso è a Bollate e a Quarto Oggiaro che nascono le teorizzazioni degli indiani metropolitani, giovani espulsi nelle periferie che vanno a riappropriarsi dei territori dell'"uomo bianco", in centro.
Le prime iniziative sono assemblee e feste, non essendo ancora diffusa in modo generalizzato la cultura dei concerti.
DAL '75 AI PRIMI ANNI '80
Dal '75 al '77 il Leoncavallo permane come un'espressione classica dell'egemonia operaia.
Gli anni che intercorrono dal '78 all'81-82 sono anni tremendi. Nel '78 Fausto e Iaio, due giovani occupanti del centro sociale, vengono uccisi mentre indagavano sullo spaccio di eroina nel quartiere [in seguito, si appurerà che gli assassini facevano parte di un commando neofascista giunto appositamente da Roma, NdC]. La reazione è imponente: centomila persone partecipano ai funerali; un gruppo di donne (tra cui le madri dei giovani uccisi) prendono parte attiva nella vita del centro costituendo il gruppo delle "mamme del Leoncavallo".
Inizia con l'omicidio Moro la stagione della grande repressione: il Leoncavallo è frequentato da un nucleo di compagni che produce una forte resistenza contro la ristrutturazione generale dello Stato. C'è scarsissima apertura al "nuovo"; molta gente abbandona il centro, mentre altri si chiudono sempre più a riccio su un'unica dimensione, quella della lotta alla repressione.
Si apre sempre più la frattura con le componenti neoistituzionali che avevano partecipato all'occupazione, una frattura dovuta alla indisponibilità di molti compagni occupanti a esprimere una dura condanna verso il "terrorismo". Sorge in questi anni il Coordinamento dei Comitati Contro la Repressione ed è proprio il Leoncavallo ad ospitarne la nascita.
È senza dubbio vero che una parte dei frequentatori del Leoncavallo tra il '78-79 compie la scelta della lotta armata, una scelta della lotta armata che attraversa molti collettivi di allora, un fenomeno che io ritengo essere il prodotto logico di una lenta disintegrazione delle possibilità dei movimenti di rappresentarsi, cosa che ha lasciato poche alternative: per alcuni il rappresentarsi nelle organizzazioni neoistituzionali, per molti altri il ritiro al privato, per altri l'eroina e il suicidio.
È possibile quindi tentare un sunto dei primi sei anni di vita del Leoncavallo, che è uno specchio fedele del movimento:
- '75-76: tentativo d'utilizzo del centro volto a elaborare alternative politiche alla decomposizione delle vecchie organizzazioni;
- '77: si punta sulla rivendicazione delle lotte precedenti, mostrando quindi una parziale chiusura nei confronti del neo-movimento del '77, che a Milano si rappresenta nell'esperienza dei Circoli proletari giovanili;
- '78-81: perdita da parte di tutti i movimenti di una fascia di militanti che compie la scelta della clandestinità, scelta peraltro comune e condivisa in molti altri luoghi sociali della città. Anche il Leoncavallo è segnato da questo fenomeno, al quale seguono gli arresti di massa; la reazione degli occupanti del centro è di chiudersi su se stessi per occuparsi principalmente della repressione. Non voglio con questo muovere critiche ai compagni che gestivano il centro in quel periodo, ma sicuramente vi è stata collettivamente un'incapacità di compiere una lettura politica più generale della fase in corso.
IL PERIODO RECENTE
A partire dall'85, dopo un lunghissimo dibattito interno, la chiusura del centro verso nuovi fenomeni si diluisce. Avviene la decisione, molto sofferta, d'offrire uno spazio ai punk che un tempo occupavano il Virus di via Correggio.
Nasce così l'Helter Skelter (un luogo di concerti in cui suonano diverse band), ma la convivenza è da subito molto conflittuale, credo per via dell'impostazione politica dei compagni occupanti, che vedevano in queste culture marginali il mascheramento di comportamenti piccolo-borghesi.
Nell'ultimo anno e mezzo il Leoncavallo si è completamente trasformato, quasi liberato dall'immagine cupa che aveva in precedenza; ciò grazie a una nuova gestione assembleare che raggruppa compagni provenienti da altri centri sociali e a una nuova aggregazione politica formatasi in via dei Transiti (autonomi della terza generazione?), che ha fatto da cuscinetto con la precedente gestione.
Hanno ripreso a funzionare i laboratori fotografici con il gruppo di fotocomposizione, sono sorti nuovi gruppi musicali, sono state ospitate diverse realtà. Nell'ultimo anno e mezzo al Leoncavallo sono passati tutti i più importanti gruppi delle autoproduzioni: CCCP, Officine Schwartz, Casino Royale, Wretched. I giovani che ci sono oggi al Leoncavallo sono espressione d'una determinata visione del mondo esistente; non è per il momento pensabile che vadano oltre, hanno bisogno di spazi per crescere. è una nuova composizione difficile da definirsi; da una percezione di disagio diffusa è come se si fosse formata una specie di avanguardia culturale.
Anche se privi d'una capacità d'analisi politica complessiva, c'è nei giovani che frequentano il Leoncavallo l'esigenza cercare una nuova socialità in risposta all'individualismo dilagante. Direi di più, alla "tre giorni contro l'eroina e la repressione" che abbiamo organizzato al parco Lambro, mi sembra che sia emersa una certa maturazione da parte di questi giovani nel comprendere l'intreccio politico ed economico che sta dietro la legge Craxi-Jervolino sulle tossicodipendenze. In quei tre giorni si è in parte espressa una tendenza a una ricomposizione dei soggetti marginali.
Ora, per il processo d'intelligenza capitalistico distruggere il Leoncavallo, che è stato un po' il fulcro attorno al quale quest'abbozzo di ricomposizione si stava sviluppando, corrisponde all'esigenza d'impedire l'aggregazione dei soggetti.
(Intervista a Primo Moroni, dopo lo sgombero del 16 agosto 1989, tratta dal libro bianco sul Leoncavallo, a cura della federazione milanese di Democrazia Proletaria, ottobre 1989)
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